8 – Fondazioni su pali

I pali sono elementi strutturali in legno, calcestruzzo o acciaio utilizzati per trasmettere i carichi di superficie agli strati più profondi del terreno; tale effetto si può realizzare o per distribuzione verticale del carico lungo il fusto del palo o per trasmissione diretta del carico a uno strato profondo attraverso la punta. Una distribuzione verticale del carico si realizza attraverso l’attrito nei cosiddetti pali sospesi mentre si parla di trasmissione diretta del carico attraverso la punta nei rapportanti di punta. La distinzione dei pali in base al meccanismo resistente è convenzionale in quanto tutti i pali funzionano come combinazione di resistenza laterale e capacità portante di punta a parte il caso in cui il palo penetri attraverso uno strato estremamente soffice fino a incontrare un substrato solido. I pali sono usati (Fig. 8.1) per:

a – trasmettere i carichi della struttura sovrastante (verticali o trasversali) attraverso uno strato di terreno;

b – resistere ad azioni di sollevamento o ribaltamento come avviene in graticci di fondazione collocati al di sotto del livello di falda o sostenere le portanti di strutture a traliccio soggette a effetti ribaltanti;

c – compattare depositi incoerenti, attraverso l’addensamento dovuto alla penetrazione del palo e alle vibrazioni prodotte dall’infissione. Questi pali possono essere estratti in un secondo tempo e riutilizzati;

Fig. 8.1 – Configurazioni di fondazioni su pali.

d – limitare i cedimenti quando fondazioni diffuse o a graticcio vengono poste su un terreno di cattiva qualità o su uno strato compressibile;

e – irrigidire il suolo di sottofondazione di una macchina o limitare l’ampiezza di vibrazione e la frequenza naturale del sistema;

f – aumentare il coefficiente di sicurezza di spalle o pile di ponti soprattutto se l’erosione può costituire un problema;

g – rinviare i carichi di costruzioni off-shore attraverso lo strato di acqua fino al fondale. In questo caso i pali sono solo parzialmente infissi e risultano soggetti tanto a carichi assiali (suscettibili di provocare fenomeni di instabilità) che a carichi trasversali.

I carichi verticali possono non essere rilevanti per quanto elementi molto alti possano richiedere verifiche di stabilità al carico di punta.

Nei casi nei quali si ricorre ai pali per limitare i cedimenti su terreni di recupero si deve porre attenzione a utilizzare in parallelo tanto il terreno originale che i pali, in modo da ridurre al minimo il numero di pali necessari.

I pali vengono inseriti nel terreno mediante diverse tecniche:

– infissione statica, ottenuta con una successione di colpi assestati sulla testa del palo impiegando un battipalo: tale tecnica si rivela assai rumorosa producendo, in più, vibrazioni localizzate in grado d’innescare possibili danni all’ambito circostante;

– infissione mediante dispositivo vibrante fissato all’estremità superiore del palo: tale tecnica risulta, di norma, abbastanza silenziosa mentre le vibrazioni necessarie all’infissione permangono entro livelli non eccessivi. Il metodo è applicabile a depositi di terreno scarsamente coesivo;

– infissione a contrasto mediante martinetto: la tecnica si rivela adatta per pali corti e, in genere, rigidi.

– realizzazione di un foro con successivo inserimento del palo; oppure riempimento della cavità con calcestruzzo che, dopo presa, viene a costituire il palo. Le tecniche applicative per questa metodologia sono numerose e differenti.

Volendo progettare una fondazione su pali è necessario calcolare la sezione trasversale e la lunghezza del palo basandosi sul carico trasmesso dalla struttura sovrastante, sullo sforzo ammissibile nel materiale di cui è fatto il palo e sulle proprietà del terreno in situ. Si adottano formule dinamiche o prove di carico sui pali (o una combinazione dei due metodi) per determinare se i pali risultano progettati in modo adeguato e correttamente disposti.

La determinazione analitica della capacità portante di pali si rivela complessa in quanto le formulazioni disponibili sono numerose ma raramente confrontabili nei risultati.

E’ altresì da notare che, sebbene tutte le equazioni che forniscono la capacità portante valgano in presenza di un solo palo, si ricorre di rado all’impiego di pali isolati preferendo quasi sempre un sistema multiplo. Unitamente a questo fatto è necessario osservare come le proprietà del terreno assunte in fase di progetto siano quelle ottenute dal programma iniziale di indagini sul terreno mentre le proprietà del terreno esistenti quando la fondazione diviene funzionale possono essere assai diverse, in dipendenza dalla modalità di inserimento dei pali nel terreno e del numero di pali disposti in gruppo.

Il capitolo, di conseguenza, affronta soprattutto i metodi di determinazione statica della capacità portante degli elementi singoli costituendo anche un’introduzione ai materiali e ai metodi impiegati per la produzione dei pali. I successivi paragrafi trattano invece il problema della stima della capacità portante dei pali basandosi sulla resistenza all’infissione in situ (capacità portante dinamica) e l’energia fornita dal battipalo.

8.1. – Elementi in legno (Norme ASTM D25)

I pali in legno sono costituiti da tronchi d’albero accuratamente sfrondati dei rami, trattati, in genere, con sostanze conservative. Per l’infissione il tronco viene rovesciato e fatto penetrare dalla parte della punta. Talvolta è possibile infiggere il tronco facendolo penetrare dalla parte della base per fini particolari, come in terreni molto teneri capaci di scorrere attorno al fusto, e con la base del tronco appoggiata su uno strato rigido per incrementare la capacità portante. L’estremità del palo viene fornita di una punta metallica quando si devono penetrare terreni duri o ghiaiosi, altrimenti viene tagliata squadrata o con forma appuntita.

In genere esistono limitazioni dimensionali per quanto attiene alla punta e alla base del palo come pure al difetto di linearità dell’asse ammissibile.

L’Handbook ASCE (USA) suddivide i pali in legno in:

–       Classe A: utilizzabili in presenza di carichi elevati e notevole lunghezza di libera inflessione;

–       Classe B: utilizzabili per carichi di media intensità;

–       Classe C: utilizzabili al di sotto del livello permanente di falda o per opere temporanee.

Per quanto concerne le condizioni igriche, ponendo un palo di legno al di sotto del livello permanente di falda, l’elemento assume durata praticamente illimitata; viceversa quando il medesimo è soggetto a cicli alternati di umido e secco la vita utile risulta molto più breve. In questo caso gli elementi, prima dell’impianto, vengono trattati con sostanze protettive.

La testa di un palo di legno infisso risulta quasi sempre danneggiata dalla frantumazione delle fibre dovuta all’energia rilasciata dal maglio; tale effetto può essere in certa misura controllato ricorrendo ad una cuffia di inserimento o a una fascia metallica disposta attorno alla testa. Un palo risulta soggetto a rottura se il terreno è molto duro oppure contiene dei massi; quando, invece, durante l’impianto, viene a verificarsi un improvviso aumento della penetrazione (e non sono attesi strati di terreno soffice) si deve sospettare una rottura del fusto del palo.

Il carico di progetto ammissibile basato sul materiale costituente il palo è:

Pa = Ap fp

dove Ap è l’area media della sezione trasversale alla testa del palo; fp è lo sforzo ammissibile di progetto definito in dipendenza del tipo di legno.

La capacità portante statica basata sul terreno circostante il palo viene calcolata come per i pali costituiti di altri materiali (→ § succ.).

Un’importante caratteristica di cui tenere conto è che il coefficiente d’attrito fra legno e terreno può avvicinarsi al valore tg Φ‘per una combinazione di addensamento del terreno prodotto dal volume del palo e per la penetrazione di grani di terreno nella superficie del legno, in particolare modo per terreni granulari.

8.2 – Elementi in cls

I pali in calcestruzzo possono essere prefabbricati, precompressi, gettati in opera o di costruzione composta (Tab. 8.1)

8.2.1 – Pali prefabbricati.

Gli elementi di questa categoria vengono prodotti nella lunghezza richiesta in un cantiere specializzato, lasciati maturare e quindi inviati in cantiere.

I pali prefabbricati possono essere in calcestruzzo armato ordinario (Fig. 8.2a) o in calcestruzzo armato precompresso (Fig. 8.2b).

I pali prefabbricati utilizzanti un’armatura ordinaria vengono progettati per le azioni flettenti presenti durante le fasi di sollevamento e trasporto in sito, per i momenti flettenti provenienti da carichi trasversali e per fornire una resistenza adeguata ai carichi verticali e a qualsiasi sforzo di trazione che si sviluppi durante l’impianto. Tenuto conto che sforzi di trazione che si generano durante le manovre di sollevamento e trasporto e in fase di infissione sono transitori, lo sforzo ammissibile nel calcestruzzo viene talora incrementato anche del 50%. La percentuale minima di armatura è intorno a valori dell’1%.

I pali precompressi vengono realizzati precaricando dei cavi di acciaio armonico ad alta resistenza (fULT = 1700÷1850 MPa) fino a un valore dell’ordine di 0.5÷0.7 fULT ed effettuando il getto del palo attorno ai cavi. Una volta indurito il calcestruzzo i cavi di precompressione vengono tagliati e la forza di trazione ora presente nei cavi viene a produrre uno sforzo di compressione nel palo di calcestruzzo in quanto i cavi d’acciaio tendono a ritornare alla loro lunghezza indeformata.

Effetti della viscosità e altre perdite (accorciamento elastico del palo sotto il carico di compressione prodotto dai cavi di precompressione) danno luogo a una riduzione dello stato di precompressione del palo. Tali perdite possono essere assunte pari a ~250 MPa a meno di perdite prodotte dall’accorciamento assiale del palo causate dei carichi di progetto.

Fig. 8.2 – Pali in calcestruzzo.

Il valore finale degli sforzi di compressione indotti dalla precompressione sono solitamente dell’ordine di 5 MPa. È norma diffusa impiegare calcestruzzo ad elevata resistenza (35÷55 MPa) nei pali precompressi a causa degli elevati sforzi iniziali di compressione prodotti dalla precompressione. Si ricava anche un modesto vantaggio costituito dal minore peso del palo a parità di capacità portante.

Il carico ammissibile di progetto Pa basato sul materiale costituente il palo, viene calcolato per i pali precompressi, tenendo conto delle perdite di precompressione dovute ai carichi e agli effetti viscosi, con la relazione:

Pa = Ag (0.33fc’ – 0.27fpe)

dove Ag è l’area lorda (totale) del calcestruzzo e fpe lo sforzo di precompressione efficace a meno di tutte le perdite (~5 MPa).

La precompressione del palo tende a compensare gli sforzi di trazione causati, sia in fase di sollevamento e trasporto che in fase d’impianto. Tale caratteristica assume importanza decisiva se  l’elemento viene installato in ambienti ostili e se gli sforzi di trazione indotti dall’impianto sono abbastanza elevati da causare temporaneamente delle fessure. Infatti, nel breve intervallo di tempo in cui tali fessure restano aperte, l’elemento è esposto all’intrusione di materiale estraneo con conseguente possibile deterioramento dell’acciaio. Soprattutto perché un tale deterioramento non sarebbe rilevabile se non dopo un lungo periodo di tempo.

I pali in calcestruzzo offrono una durata praticamente  illimitata; certi terreni d’origine organica, tuttavia, contengono materiali in grado di formare acidi, con possibilità di reagire col calcestruzzo, danneggiandolo. Allo stesso modo l’acqua di mare può reagire col calcestruzzo con esiti negativi obbligando gli operatori a prendere speciali precauzioni nel definire le proporzioni della miscela.

Il calcestruzzo non precompresso impiegato in strutture marine, inoltre, obbliga all’impiego di aggregati chimicamente inerti, ad elevate % di cemento nell’impasto, all’utilizzo di prodotti cementizi (tipo V) con alta resistenza ai solfati e, infine, a rapporti acqua /cemento < 0.53.

8.2.2 – Pali gettati in opera

Un palo gettato in opera è costruito realizzando un foro nel terreno e riempiendolo di calcestruzzo. Il foro può essere ottenuto per trivellazione o formato infiggendo una cassaforma o una camicia nel terreno. La camicia può essere infissa con un mandrino; a seguito dell’estrazione di quest’ultimo si ottiene un foro rivestito vuoto. Il rivestimento può anche essere infisso dotando l’estremità di una punta. In alternativa la camicia può anche essere impiantata con l’estremità aperta: il terreno che rimane all’interno viene estratto a getto successivamente, a infissione completata.

Sono disponibili diversi metodi d’impianto con risultati finali variamente differenti.

In Fig. 8.3 sono indicate alcune delle tipologie disponibili di pali gettati in opera. Dall’esame dela figura è possibile osservare come essi siano, sostanzialmente di 3 tipi: (a) con cassaforma o camicia di rivestimento, (b) senza rivestimento del foro o (c) con espansione alla base (estremità).

Il carico di progetto ammissibile per tutti i pali in calcestruzzo (non precompresso) viene definito dalla relazione:

Pa = Acfc + Asfs

in cui Ac e As rappresentano, rispettivamente, l’area del calcestruzzo e quella dell’acciaio; fc ed fs sono gli sforzi ammissibili nel calcestruzzo e nell’acciaio.

E’ possibile applicare un fattore di riduzione, sia a fc che a Pa, per tener conto di eventuali eccentricità accidentali.

Un palo con sezione longitudinale (Fig. 8.3a) può essere realizzato utilizzando una trivella ad asta continua a fusto cavo (Ø 250÷400 mm). Scavato il foro fino alla profondità richiesta si collega un tubo flessibile alla sonda pompando malta in pressione attraverso il fusto facendolo uscire dalla punta nella cavità che si forma mano a mano che la sonda viene estratta lentamente. Il terreno attorno al fusto elicoidale della trivella impedisce alla malta di fuoriuscire lungo le pareti del foro consentendo di applicare una minima pressione attraverso la pompa per ridurre la quantità dei vuoti nella malta e realizzare un solido contatto malta-terreno lungo il fusto del palo. La parte superiore del fusto del palo viene armata inserendo nel calcestruzzo fresco l’opportuna quantità di barre d’armatura.

Il palo Franki (Fig. 8.3b) viene costruito ponendo del calcestruzzo molto magro nella cavità, quindi pressandolo mediante battitura fino a formare una base allargata delle dimensioni richieste. La cavità viene successivamente riempita di calcestruzzo per completare il palo.

Il rivestimento può essere estratto una volta gettato il palo oppure lasciato se l’estrazione si rende difficoltosa.

Fig. 8.3 – Tipi comuni di pali gettati in opera. (a) palo Western senza rivestimento; (b) palo Franki senza rivestimento con espansione alla base; (c) palo Franki con cassaforma ad espansione alla base; (d) tubo con o senza saldature; (e) palo Western con cassaforma; (f) palo Monotube; (g) palo Raymond normale; (h) palo Raymond rastremato a tratti.

8.3 – Elementi in acciaio

Sono costituti, in genere, da membrature ad H ottenute per laminazione da barre o direttamente da pali tubolari. Si impiegano anche travi con profilo ad ali larghe o ad I; in ogni caso la forma ad H risulta la più adatta a sopportare gli elevati sforzi di impianto cui un palo può essere soggetto.

Nel profilo ad H l’anima e le ali presentano uguali spessori; per altri profili, ad es. WF o I standard, l’anima è più sottile delle ali.

I pali realizzati con tubi sono costituiti da elementi saldati o privi di saldature impiantabili o con l’estremità aperta o a punta chiusa. I tubi d’acciaio, a loro volta, vengono sovente riempiti di cls dopo l’infissione per migliorarne, laddove richiesto, le caratteristiche statiche.

Il palo a H induce un minimo spostamento di volume di terreno poiché l’area della sezione trasversale non è molto grande. A profondità maggiori tende invece a formarsi un tappo tra le ali della sezione così che gli ultimi m verso il fondo possono rimaneggiare il terreno per un volume dell’ordine di quello del tappo. Allo stesso modo un tubo infisso con l’estremità aperta viene considerato un palo con piccolo volume di terreno spostato; tuttavia anche in questo caso si forma un tappo all’interno del tubo con una profondità da 1 a n m al di sotto del livello del terreno all’esterno; l’effetto è quasi sicuramente dovuto ad una combinazione tra l’attrito che si sviluppa sul perimetro interno e le vibrazioni prodotte dall’impianto. Tra il livello di profondità alla quale il tappo si stabilizza al livello finale d’infissione il terreno sottostante può risultare rimaneggiato in base al volume del tappo e non all’area del tubo.

I pali a H offrono il vantaggio di possedere una rigidezza sufficiente a spezzare o a spostare da un lato i massi più piccoli; allo stesso modo i pali formati da tubi aperti offrono il vantaggio di possedere una cavità accessibile dalla superficie onde poter spezzare gli eventuali massi incontrati durante l’avanzamento grazie all’introduzione di un tagliente o di una testa perforatrice.

Le giunzioni vengono realizzate nei pali in acciaio con saldature o con giunti bullonati. Per i pali a H esistono piastre d’anima prefabbricate sotto forma di elementi a U (da disporre dorso a dorso con interposta l’anima del palo), di lunghezza opportuna ed adattabili all’anima e al profilo interno delle ali (Fig. 8.4)

I pali a H e quelli tubolari possono richiedere punte rinforzate per penetrare terreni duri o contenenti massi senza eccessivi danni all’estremità. Il carico di progetto ammissibile per un palo in acciaio, basandosi solo sul materiale è definito dalla relazione:

Pa = Ap fs

dove Ap è l’area della sezione trasversale del palo misurata sull’estremità che viene battuta ed fs è lo sforzo ammissibile nell’acciaio (fornito dalla normativa o dalle specifiche del costruttore).

Fig. 8.4 – Elementi in acciaio: giunzioni per pali ad H o tubolari.

8.4 – Capacità portante statica funzione delle proprietà del suolo

I parametri del terreno necessari per l’analisi della capacità portante statica di pali consistono nell’angolo di attrito interno (Φ) e nel valore della coesione (c) adottando sia valori degli sforzi in condizioni non drenate (sforzi totali) sia sforzi efficaci.

I parametri del terreno necessari per un’analisi basata sull’equazione delle onde sono le costanti di risposta ad un impulso (recupero elastico da deformazione) e di smorzamento.

I parametri del terreno necessari ad un’analisi del comportamento del palo in direzione trasversale sono il modulo di reazione laterale o il modulo elastico laterale.

In generale i parametri del terreno possono essere determinati con prove triassiali di laboratorio su campioni indisturbati; un approccio del genere porta a risultati soddisfacenti per pali disposti in fori trivellati. Viceversa, i parametri ottenuti risultano poco corretti per pali infissi in quanto il terreno, in vicinanza del palo, subisce tanto un notevole rimaneggiamento che una variazione del contenuto d’acqua, solitamente accompagnato da un aumento di densità, se non da un packing delle particelle; e visto che una tale modifica del terreno è assolutamente non modellabile non vi è modo di riprodurla (con un minimo di attendibilità) da parte di nessuna delle prove correnti di laboratorio. Per questa ragione è ormai tendenza costante usare prove penetrometriche statiche (CPT) o pressiometriche per ottenere i valori dei parametri in situ.

Di fatto la maggior parte dei progetti di pali sono ancora fondati prevalentemente sul valore del numero di colpi N di prove penetrometriche standard (SPT) per depositi di sabbia e su prove di resistenza a compressione non confinata per la valutazione di qu (penetrometro tascabile, Torvane Test, prove di compressione) per i terreni coesivi (→ vol. 1°).

I valori di N ottenuti con prove penetrometriche standard vanno tarati ai sensi delle procedure viste nei paragrafi relativi.

I pali infissi nel suolo producono sempre una certa quantità di rimaneggiamento del terreno nelle immediate vicinanze del palo (r = 3÷5 Ø) e in queste condizioni si presentano nel terreno parametri di resistenza non drenata in grado di avvicinarsi ai valori rimaneggiati-drenati se il grado di saturazione S è basso. Di norma, in ogni caso, trascorre un certo periodo di tempo (da qualche mese a qualche anno) prima che i carichi di progetto finali effettivi vengano applicati  e durante tale intervallo le pressioni in eccesso nei pori si dissipano e i parametri del terreno rimaneggiato-drenato meglio descrivono il comportamento reale del sistema terreno-palo.

La capacità portante di pali disposti in argille soffici, infatti, cresce col tempo; la maggior quota di tale recupero di capacità portante si ottiene in un periodo entro 1÷3 mesi. L’incremento di capacità portante è, viceversa, trascurabile in argille molto dure e sovraconsolidate; sotto queste condizioni, infatti, la capacità portante può diminuire (seppure di poco) col tempo in quanto l’elevata pressione laterale si dissipa per effetto di fenomeni viscosi dopo determinati periodi di tempo.

Quando i pali vengono disposti entro fori preventivamente trivellati, il terreno esistente si mantiene più o meno in condizioni drenate. E’ possibile, altresì, notare deterioramenti della coesione all’interfaccia fra calcestruzzo umido e terreno ma tale effetto viene parzialmente compensato dal leggero aumento del diametro del palo a motivo del fatto che i granuli del terreno circostante vengono inglobati nel fusto del palo a seguito dell’idratazione del cemento.

La perdita di K0 prodotta dall’espansione della cavità risulta compensata dalla pressione laterale esercitata dal calcestruzzo umido più denso del terreno.

8.5 – Capacità portante statica dei pali

La capacità portante statica dei pali può essere calcolata sotto ogni condizione di carico con le relazioni:

Pu = PPu + ΣPsi

Tu = ΣPsi + W

nelle quali Pu è la capacità portante ultima del palo in compressioneTu è la resistenza ultima all’estrazione; PPu è la capacità portante ultima di punta; ΣPsi è il contributo alla resistenza laterale (attrito lungo fusto) dovuto ai diversi strati di terreno attraversati e W il peso del palo.

La capacità portante ammissibile Pa (o Ta) si ottiene applicando opportuni coefficienti di sicurezza ai diversi contributi di resistenza tramite le espressioni:

Pa = PPu/FSp + ΣPsi/FSs

o adottando uno solo (FS):

Pa = Pu/FS      e     Ta = Tu/FS

I valori ottenuti devono essere compatibili con le resistenze basate sul materiale costituente il palo. Il coefficiente di sicurezza FS varia entro 2÷5 in dipendenza delle incertezze di progettazione; i valori sono maggiori rispetto a quelli utilizzati per fondazioni superficiali a causa delle maggiori incertezze sull’interazione palo-terreno e per motivi economici dato che le fondazioni su pali risultano più onerose.

In ogni caso la capacità portante ultima di un palo Pu non costituisce la somma della capacità portante laterale ultima e della capacità portante di punta ultima. La resistenza laterale ultima, infatti, si manifesta per un piccolo valore dello scorrimento relativo fra palo e terreno, dove quest’ultimo viene definito quale somma delle differenze fra la deformazione nel fusto del palo, legata al carico applicato, e la deformazione nel terreno, prodotta dal carico che viene trasferito dal palo per attrito lungo la superficie laterale; tale scorrimento, all’aumentare del carico, si sviluppa lungo il fusto del palo verso il basso. Nel momento in cui si sviluppa la resistenza limite al taglio per ampi scorrimenti negli strati superiori, parte del carico torna a trasferirsi nel fusto del palo il che, a sua volta, torna a dare luogo a maggiori scorrimenti relativi a profondità sempre maggiori.

Con l’ulteriore aumento del carico, gli sforzi di taglio lungo il fusto del palo raggiungono il valore limite ovunque, a parte la zona prossima alla punta.

Da questo punto inizia a svilupparsi uno stato di resistenza ultima nel materiale immediatamente al di sotto della punta in quanto questa si sposta nel mezzo; e a sotto tali condizioni la capacità portante del palo è formata da una combinazione di resistenza limite e ultima lungo il fusto cui viene ad aggiungersi il contributo della punta.

Per uno spostamento significativo della punta (Fig. 8.5) la resistenza ultima di punta è completa- mente mobilitata e la capacità portante risulta definita dalla relazione iniziale.

Per quanto sia diffusa la metodologia di calcolare il contributo della resistenza laterale quale valore medio lungo incrementi di profondità, è possibile ricavare un più ampio riscontro di correlazione sommando i contributi di ciascuno strato penetrato dal palo usando la stima dei parametri del terreno disponibili come parametri validi per lo strato utilizzando il principio secondo cui l’incremento di densità del terreno con la profondità può anche dare luogo a diversi strati invece che ad uno singolo.

Fig. 8.5 – Sviluppo della capacità portante di un palo entro ammasso ed entro successione di strati.

Diversi studi delle curve carico-cedimento e profondità-carico ottenute sulla base di prove di carico indicano che lo scorrimento necessario per sviluppare la massima resistenza laterale è dell’ordine di 5÷10 mm e che l’effetto risulta, praticamente, indipendente dal diametro del fusto e dalla lunghezza di affondamento pur potendo dipendere dai parametri del terreno.

La mobilitazione della resistenza ultima di punta, di norma, richiede uno spostamento della medesima dell’ordine del 10% del suo diametro, per pali infissi, e fino al 30% per pali trivellati e cassoni di fondazione (il riferimento è per lo spostamento totale misurato in punta); l’effetto, per materiali diversi dalla roccia, comprende anche il contributo prodotto dagli sforzi di taglio che dalla superficie laterale vengono trasferiti attraverso il terreno innescando un cedimento al di sotto della punta del palo.

È opinione comune, in ogni caso, che nell’ambito dei carichi di esercizio abituali la resistenza laterale costituisca il principale meccanismo di trasmissione del carico per tutti i terreni (a parte i più soffici).

Fig. 8.6a – Tipologie e caratteristiche dei pali in produzione.

Fig. 8.6a – Tipologie e caratteristiche dei pali in produzione.

L’esame, infine, di numerose curve di trasferimento di carico mostra che la legge di trasferimento è approssimativamente parabolica e decrescente con la profondità per suoli coesivi (Fig. 8.7).

   

Fig. 8. 7 – Curve di trasferimento del carico.

8.6 – Capacità portante statica ultima di punta dei pali

La capacità portante (statica) ultima di punta di un palo si può calcolare utilizzando le equazioni per la valutazione della capacità portante fornite in precedenza.

In generale si trascura il termine N poiché la larghezza del palo in punta non è grande; può però essere tenuto in conto avendo a che fare con un palo con espansione all’estremità.

Come affermato in precedenza, i parametri del terreno possono essere ottenuti con prove di laboratorio su campioni indisturbati ma più spesso vengono utilizzati dati da prove in situ di compressione non confinata ottenuti mediante Penetrometro Standard o Penetrometro Statico.

La capacità portante di punta viene calcolata con la relazione:

in cui Ap è l’area portante efficace della punta del palo, c la coesione, B la larghezza della punta del palo, Nc il coefficiente moltiplicativo della coesione nell’equazione della capacità portante, corretto per tenere conto degli effetti di forma e di profondità (per Φ = 0c = su e per Nc si prende un valore pari a 9), N’q è il coefficiente moltiplicativo del sovraccarico (pressione geostatica q = γL) che tiene conto degli effetti di forma e di profondità, N’γ è il coefficiente moltiplicativo del termine che comprende le dimensioni della punta del palo (non essendo influenzato da effetti di profondità non viene corretto, coincidendo con Nγ), q è lo sforzo verticale efficace (o pressione geostatica) agente alla profondità cui è posta la punta del palo mentre il coefficiente η vale 1 in tutte le espressioni della capacità portante( a parte quella di Vesic).

Questi coefficienti sono basati sulle condizioni iniziali in situ del terreno e non sui valori dei parametri del terreno modificati per effetto dell’impianto.

Trascurando il termine Nγ e introducendo la correzione per tener conto del peso proprio del palo, la relazione viene espressa dalla formula:

L’espressione consente di ricavare per c = su e Φ = 0 il valore Nq = 1: la capacità portante ultima di punta diventa allora:

In generale quasi tutti gli operatori utilizzano per Φ>0 il termine Nq invece di (Nq-1) considerando eccessivo ridurre di 1 tale fattore per tener conto del peso proprio del palo. In fase di progetto la capacità portante ultima di punta viene divisa per un coefficiente di sicurezza opportuno (1.5÷3) per ottenere la capacità portante ammissibile di punta.

I coefficienti di Hansen possono essere usati nell’equazione della capacità portante insieme ai fattori correttivi di forma e profondità (vedi tabelle relative)

Meyerhof ha proposto, quali coefficienti Nc e Nq da usare nella relazione, quelli definiti in Fig. 8.8. il cui diagramma è stato tracciato utilizzando prove di carico su pali provenienti da differenti fonti.

Fig. 8.8 – Coefficienti di capacità portante per fondazioni profonde (Mayerhof).

Lo stesso Meyerhof usa un rapporto di profondità critico (Lc/B) il cui valore corrisponde alla profondità di impianto per la quale la capacità portante (e la resistenza laterale) raggiungono un valore limite.

La capacità portante limite di punta in un terreno coesivo per L/B ≥ Lc/B è data (kN) dalla:

Anche Meyerhof usa 9su come resistenza limite per l’argilla (Φ = 0). Volendo utilizzare i coefficienti Ni di Meyerhof ci si attiene alla procedura:

– calcolando R1 = L/B si ottiene R2 = Lc/B dalle curve della profondità critica di Fig. 8.8 in corrispondenza dell’angolo d’attrito (Φ) dato.

– leggendo il diagramma a Φ costante, se R1 > 0.5R2 e Φ < 30° si ricavano i coefficienti dalle curve superiori (Ni). Viceversa si interpola linearmente tra le curve superiori (Ni‘) e quelle inferiori (Ni), ossia:

e, allo stesso modo, per Nq.

– qualora invece Φ > 30°, a seconda del valore di L/B si traguarda sulle curve ridotte mostrate nella parte in alto a destra del diagramma eventualmente interpolando.

Lo scarto fra le curve Ni e Ni‘ esprime la presenza di altri fattori locali quali presenza di sabbia sciolta o densa, terreni con grado di compressibilità variabile e, per terreni coesivi, il rapporto di sovraconsolidazione.

I coefficienti di capacità portante Ni e Ni‘ si possono calcolare, secondo Vesic, con la relazione:

L’indice di rigidezza ridotto (Irr) nell’espressione viene calcolato a partire dalla deformazione volumetrica εν a mezzo della relazione:

L’indice di rigidezza Ir viene calcolato utilizzando il modulo di elasticità tangenziale G‘ e la resistenza al taglio s del terreno con la:

In presenza di condizioni non drenate o di suolo in stato d’addensamento, il termine εν viene assunto = 0 ottenendo Ir = Irr. Il termine Ir può essere stimato dai valori tabellari:

Terreno                                           Ir

Sabbia (Dr = 0.5÷0.8)                    75-150

Limo                                                50-75

Argilla                                          150-250

Si usano i valori più bassi in corrispondenza di valori più elevati dello sforzo principale efficace medio ηq.

Il metodo di Vesic, come visto in precedenza, è basato sulla teoria dell’espansione di una cavità cilindrica dove il comportamento della punta del palo è simile a quella del penetrometro statico durante una prova. Utilizzando questa caratteristica sono state proposte alcune espressioni per Ir:

per punta ducth-cone                                     Ir = 300/fr

per punta piezoconica                                    Ir = 170/fr

nelle quali fr è il rapporto d’attrito %.

Il termine N’c della relazione della capacità portante viene calcolato con la relazione:

Quando Φ = 0:

Sotto le medesime ipotesi Meyerhof esprime la relazione con:

La relazione di Janbu calcola Nq’ (ψ in radianti) con l’espressione:

La Tab. 8.1 propone un confronto tra i valori calcolati di Nc’ e Nq’ utilizzando le formule di Vesic e quelle di Janbu. I coefficienti di capacità portante di Janbu, in generale, non presentano valori diversi da quelli di Meyerhof introducendo la limitazione in base al rapporto L/B e con l’inclusione di un fattore di forma ~1.3 in Nc’.

Tab. 8.1 – Coefficienti capacità portante Nc’ e Nq’ di Janbu e Vesic.

Per i dati da prove penetrometriche standard (SPT) Meyerhof propone la relazione:

nella quale la capacità portante ultima di punta (PPu) viene espressa in kN, N è la media statistica del  di colpi dell’SPT effettuata entro una zona avente per limiti 8B sopra e 3B sotto la punta del palo e B la larghezza del palo.

Nella relazione di assume che N = N55 mentre il termine Lb/B rappresenta il valore medio del rapporto di penetrazione della punta nello strato portante.

Per i dati da prove penetrometriche statiche (CPT) con L/B ≥ 10 la capacità portante ultima di punta (espressa in unità conformi a qc) vale:

dove qc è la media statistica della resistenza della punta conica del penetrometro in un intorno analogo a quello definito per il calcolo di N nella relazione di Meyerhof.

8.7 – L’impianto dei pali

Rivelandosi talora operazione difficoltosa garantire il corretto allineamento dei pali sovente i pali infissi non vengono esattamente collocati in pianta secondo il progetto; una tolleranza di 5÷10 cm è di norma considerata tollerabile.

Scarti maggiori, viceversa, possono rendere necessarie modifiche del progetto delle strutture di fondazione per tener conto delle eccentricità o richiedere l’impianto di ulteriori elementi. I gruppi di pali vanno infissi partendo da quelli più interni procedendo verso l’esterno in quanto lo spostamento laterale del terreno può rendere l’operazione eccessivamente onerosa (terreno indurito) o produrre un sollevamento dei pali già infissi.

Le resistenze all’avanzamento si valutano pari a: 4÷5 colpi/25 mm per elementi in legno; 6÷9 colpi/25 mm per elementi in calcestruzzo e 12÷15 colpi/25 mm per elementi in cls.

L’impianto di pali può indurre rigonfiamenti in terreni saturi, a grana fine e drenaggio lento: il terreno spostato, infatti, aumenta la pressione nei pori così che l’indice dei vuoti non riesce a cambiare rapidamente; solo quando la pressione nei pori viene dissipata l’entità del rigonfiamento diventa riducibile.

Poiché il sollevamento viene prodotto dal volume di terreno spostato può rivelarsi limitato usando pali di piccolo volume (elementi ad H o tubolari a punta aperta). E’ possibile anche limitare il sollevamento realizzando preliminarmente un foro sottodimensionato nel quale impiantare l’elemento (legno o a forma tubolare chiusa) in modo da ridurre il volume di terreno spostato.

Entro terreni granulari un riassestamento del terreno innescato dalle vibrazioni d’impianto può dare luogo a fenomeni di subsidenza lungo l’area circumvicina al punto che elementi già infissi possono risultare prevaricati

8.8 – Efficienza di palificate multiple

Nel caso in cui diversi pali collegati a mezzo di un’unica piastra (testata multipla) vengano a costituire un gruppo sorge la domanda se il carico gravante sulla testata o le capacità portanti di gruppo possano essere assunti pari alla sommatoria delle capacità portanti di tutti i pali (considerati individualmente) oppure se si debba considerare un valore bilanciato e/o parametrato. Qualora la capacità portante risultasse pari alla somma dei contributi individuali dei diversi elementi, l’efficienza di gruppo (Es) viene definita dalla relazione:

Es = 1

Tale parametro viene, di norma, definito dalla relazione:

Es = Cap. Port.gruppo/ elementi x Cap. Port.singolo elemento

Per pali ad attrito disposti in terreni coesivi la resistenza al taglio del blocco sommata alla capacità portante di punta dei singoli pali viene usata come valore della capacità portante del gruppo ma in nessun caso tale capacità portante di gruppo viene considerata maggiore della capacità portante del singolo palo, preso a sé, moltiplicata per il numero di pali che formano il gruppo.

L’equazione di Converse-Labarre, un tempo largamente diffusa per il calcolo dell’efficienza di un gruppo di pali, viene oggi raramente usata. Le specifiche AASHTO per i ponti la riportano solo come un suggerimento per il calcolo di pali ad attrito. La relazione di Converse-Labarre, si ricorda, è data dall’espressione:

nella quale mn e D sono indicati in Fig. 8.9 e θ = tg-1 D/s (in °). L’applicabilità dell’equazione è limitata a gruppi di pali disposti secondo rettangoli in cui siano bene individuabili i valori citati.

Fig. 8.9 – Efficienza di gruppo dei pali.

Con testate di calcestruzzo gettate a diretto contatto col terreno la capacità portante di gruppo è pari alla capacità portante del blocco misurato in pianta (basata sulla resistenza al taglio lungo il perimetro della palificata) cui viene sommata la capacità portante di punta del blocco misurata alla profondità alla quale si trova la punta dei singoli pali.

8.9 – Cedimenti di palificate

II cedimento di una palificata è esattamente dato dallo spostamento della punta del palo più l’accorciamento elastico del palo valutato tra la testata e la punta (Fig. 8.10).

Fig. 8.10 – Cedimenti della testata e dei pali.

Con pali portanti di punta lo spostamento di questa risulta minimo mentre il contributo principale è costituito dall’accorciamento elastico del palo. Per pali ad attrito lo spostamento della punta costituisce il contributo significativo che dà luogo al cedimento. Il cedimento dei pali in gruppo impone le determinazioni:

–       degli sforzi negli strati di terreno al di sotto della punta e di valori corretti delle proprietà elastiche del terreno, in modo da consentire il calcolo dello spostamento alla punta del palo. (modello di Boussinesq);

–       del carico sopportato dai pali all’interno del gruppo e la distribuzione del carico lungo il fusto del palo in modo da poter calcolare l’accorciamento assiale.

Per ottenere il carico gravante sul singolo palo in modo da potere ricavare l’accorciamento del per effetto del carico, è possibile utilizzare un programma per l’analisi di platee assegnando come dato d’ingresso un valore composito di ks a quegli elementi di platea che forniscono un contributo alla rigidezza del terreno in corrispondenza delle posizioni dei pali (Metodo di Butterfield & Banerjee).

Il valore mediato di ks si ottiene calcolando il coefficiente di rigidezza a compressione del palo, della forma λAE/L. La rigidezza della molla (in corrispondenza del nodo) simulante l’effetto del terreno si ottiene con Ki = ks(ab), dove ab è l’area d’influenza della platea (Fig. 8.11b)

Fig. 8.11 – Procedura per ottenere il modulo di reazione equivalente del terreno.

Il modulo di reazione equivalente del terreno si ricava assumendo che 2 molle, simulanti il comportamento del palo e del terreno, funzionino in parallelo (come in Fig. 8.11b) e permangano soggette al medesimo accorciamento; la relazione viene espressa dalla:

ksabX + λAEX/L = KX

da cui si ricava la rigidezza della molla equivalente K‘ = ksab+λAE/L

Il valore mediato del modulo di reazione equivalente del terreno risulta, per il nodo considerato, pari a Ks = K’(ab). Il programma porta, quale risultato, la forza nodale complessiva KX, separabile nei 2 contributi che competono al palo e al terreno utilizzando la relazione riportata.

Palificate di grandi dimensioni tendono a subire cedimenti maggiori di palificate più piccole a parità di carico per palo; il fenomeno è dovuto all’effetto risultante dalla sovrapposizione degli sforzi al di sotto della punta dei pali dovuto alla presenza di un maggior numero di pali.

Palificate sostenute da terreni argillosi possono presentare sia cedimenti elastici come di consolidazione. I cedimenti elastici costituiscono il contributo principale per argille preconsolidate; i cedimenti di consolidazione sono essere prevalenti per argille normalmente consolidate usando pali ad attrito o sospesi.

Palificate sostenute da terreni non coesivi subiscono solo cedimenti immediati; il problema consiste nel valutare correttamente l’incremento di sforzo negli strati sottostanti, l’estensione in profondità (ampiezza L1) della zona di manifestazione e le proprietà elastiche onde utilizzare la relazione δ = σL1/Es per ricavare lo spostamento δ della punta dei pali.

8.10 – Pali trivellati

II palo trivellato viene costruito realizzando un foro cilindrico della profondità richiesta riempito poi di calcestruzzo. Il fusto può essere cilindrico o presentare un allargamento (bulbo), alla base, realizzato mediante sottoescavazione. Le tipologie caratteristiche di questi elementi strutturali sono illustrate in Fig. 8.12.

Fig. 8.12 – Configurazioni tipiche di pali trivellati

Il termine cassone viene anche utilizzato per definire grandi elementi prefabbricati di tipo scatolare che possono essere immersi attraverso strati di terreno soffice o acqua in una determinata zona per fornire una zona di lavoro all’asciutto.

8.10.1 – Metodologie costruttive

I primi pali trivellati vennero costruiti scavando a mano il fusto e il bulbo alla base per quanto già nel primo ‘900 fossero disponibili metodi di perforazione ad azionamento meccanico. Attualmente gli oneri di cantiere non consentono l’escavazione manuale o assistita dei pali, motivo per il quale l’uso di macchine escavatrici/riversatici è universalmente diffuso. I metodi fondamentalmente usati sono 3:

Metodo di perforazione a secco (Fig. 8.13)

In primo luogo si realizza tramite perforazione la sede del palo, eventualmente con un bulbo alla base; di seguito il palo viene parzialmente riempito di calcestruzzo; si passa quindi a inserire la gabbia costituita dalle armature e infine si completa il sistema con un’ulteriore gettata. Le barre di armatura non vengono estese per l’intera lunghezza del fusto in quanto é sempre necessario un copriferro alla base del palo; è consigliabile estenderle per un tratto compreso fra l’intera lunghezza del palo e la metà di tale lunghezza (vedi figura).

Fig. 8.13 – Pali trivellati: perforazione a secco.

Questo metodo per la costruzione di pali trivellati richiede che il terreno presente in situ non presenti il rischio di franare (possibilità di fenomeni di collasso localizzati) oppure che si tratti di terreno coesivo e che la falda si trovi al di sotto della base del palo o, ancora, che la permeabilità sia così bassa da consentire di realizzare la perforazione e il getto di calcestruzzo (eventualmente previa aspirazione dell’acqua accumulata nel foro mediante pompaggio) senza che la presenza di acqua influenzi la resistenza del calcestruzzo.

Metodo di perforazione con rivestimento (Fig. 8.14)

Il rivestimento viene utilizzato in quelle situazioni in cui si possono presentare fenomeni di franamento entro la cavità o di eccessive deformazioni laterali verso l’interno del foro. Una volta disposto e fissato il rivestimento il foro viene svuotato del fango e il palo viene prolungato oltre il rivestimento fino alla profondità richiesta con perforazione a secco. In dipendenza dalle condizioni in situ o di progetto il diametro del fusto nella parte al di sotto del rivestimento viene ridotto almeno fino alla dimensione del diametro interno del rivestimento per consentire un maggiore movimento alla sonda.

Il rivestimento può essere lasciato in opera oppure estratto. Lasciandolo in opera l’intercapedine a forma d’anello fra il diametro esterno del rivestimento e il terreno (in genere riempita di fango o da fluidi di perforazione) viene sigillata con malta iniettata in pressione.

L’estrazione del rivestimento può dare luogo a un sostanziale aumento delle dimensioni della porzione superiore del palo in dipendenza dello scarto esistente fra il diametro esterno del rivestimento e quello iniziale del palo.

Fig. 8.14 – Pali trivellati: perforazione con rivestimento.

Metodo di perforazione con impiego di fanghi (Fig. 8.15)

Il metodo è applicabile a tutte le situazioni in cui si richieda un rivestimento e, nel contempo, non si riesca ad ottenere un’adeguata tenuta d’acqua e/o a tenere l’acqua, presente nel terreno, al di fuori della cavità che dovrà essere occupata del palo.

La bentonite è la sostanza più comunemente utilizzata, miscelata con acqua, per produrre fanghi (fanghi bentonitici) in quantità dell’ordine del 4÷6% in peso.

Il fango ottenuto deve essere in grado di formare una pellicola avente funzione di filtro sulla parete del foro mantenendo in sospensione le particelle di dimensioni più piccole (Ø < 6 mm) prodotte dallo scavo. Di norma il fusto del palo non viene sottoescavato alla base a formare un bulbo poiché tale operazione lascia degli intagli non consolidati alla base.

Fig. 8.15 – Pali trivellati: perforazione con fanghi.

8.10.2 – Specifiche d’utilizzo

I pali trivellati si possono usare nella maggior parte dei casi in cui si richiedono fondazioni su pali. Gli elementi trivellati presentano i seguenti vantaggi:

– eliminazione dell’esigenza di una testata, in quanto si possono disporre ancoraggi, nel calcestruzzo ancora umido, nelle posizioni richieste per un collegamento diretto dei pilastri.

– possibilità di usare un minor numero di pali;

– possibilità d’utilizzo in terreni ghiaiosi dove i pali infissi sono suscettibili all’incurvamento;

– facilità ad aumentare la parte superiore del fusto del palo per resistere a maggiori momenti flettenti.

– possibilità di realizzare pali di ogni diametro (0.4÷4.0 m).

Presentano altresì i seguenti svantaggi:

– impossibilità all’impiego se in prossimità della superficie del terreno non è presente uno strato di capacità portante adeguata;

– possibilità che condizioni atmosferiche sfavorevoli possano rendere difficili perforazione e getto; del calcestruzzo.

– possibilità di decompressioni nel terreno in assenza di precauzioni adeguate;

– possibilità di problemi nell’eliminazione del terreno scavato (detriti) e del fango.

8.10.3 – Capacità portante nei pali trivellati

La capacità portante di base (ovvero di punta) si può calcolare utilizzando le equazioni di Terzaghi, ossia:

Per il caso (standard) di punta disposta in terreni coesivi o granulari l’equazione si riduce a:

nella quale L‘ è limitata a un tratto di fusto lungo 15Bmax affinché la capacità portante non possa aumentare con la profondità fino a valori extra-reali mentre Aprappresenta l’area della base del palo  egli altri termini sono già stati definiti in precedenza.

Si adotta un coefficiente di sicurezza FS pari a 3 sia nel caso di argilla che in quello di sabbia per limitare i cedimenti. In alternativa, in terreno sabbioso, è possibile fare uso delle formule di Meyerhof intese a limitare i cedimenti della punta a non oltre 25 mm e in grado di consentire di calcolare Qa (kN) nel modo seguente:

–       con prova penetrometrica standard (SPT):

–       con prova penetrometrica statica (CPT):

Per pali trivellati in roccia la capacità portante ammissibile si può ottenere come illustrato nel § relativo alle fondazioni in roccia dove la capacità portante ammissibile del palo si calcola con la relazione:

8.10.4 – Cedimenti nei pali trivellati

Definendo il cedimento di un palo come lo spostamento verticale ΔH dell’estremità superiore del fusto, si rileva che il cedimento risulta somma di 2 contributi:

nella quale λ è un fattore correttivo che tiene conto della variabilità dell’attrito laterale lungo il fusto del palo. Il termine ΣQsi nella formula viene opportunamente modificato per tener conto della frazione di carico di progetto sostenuta dall’attrito.

Mantenendo le procedure standard il cedimento di punta non eccede i 25 mm. Poiché il risultato è un valore ultimo, il cedimento di punta deve risultare ridotto di un fattore pari al coefficiente di sicurezza FS o del rapporto fra carico di progetto e capacità portante ultima di punta.

Nel caso generale, la deformazione elastica del palo è definita da un’espressione del tipo λPL/AE. Per il calcolo del cedimento di punta si può fare uso dei metodi illustrati in precedenza per ricavare i coefficienti di sforzo necessari a ottenere un profilo dello sforzo verticale al di sotto della base del palo utilizzando, a seguire, l’espressione:

nella quale H è lo spessore (2B÷5B) dello strato sottostante la base del palo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *