5 – Trasporti a fune

Alla categoria dei trasporti a fune appartengono, di norma, i sistemi di trasporto ad elevata pendenza (sia di terra che aerei) così come gli impianti d’attraversamento aereo suggeriti dalla logistica, entrambi, comunque, sostenuti da vettore a fune.

In particolare al primo gruppo competono più propriamente le ferrovie funicolari, le funivie, le seggiovie e, in genere, gli impianti di risalita mentre al secondo competono i trasporti a teleferica: ad es. da cava vrs. Cementeria (Cornizzolo-Merone) e/o impianti di trattamento viciniori.

I problemi geologico-tecnici, al di là della scelta ottimale del tracciato, risultano in un caso (vie funicolari) i medesimi già visti per le strade ferrate, resi, tuttavia più complessi dalle pendenze in gioco e dalla direzione obbligata dell’applicazione mentre negli altri casi vengono ad assumere aspetto decisivo le problematiche relative alle fondazioni di ancoraggio e dei tralicci di supporto.

Nel presente capitolo, unitamente alle definizioni delle funzionalità fisiche peculiari nonché dei vettori in essere per le differenti tipologie applicative, vengono esaminati gli aspetti più significativi inerenti l’inserimento del sistema nel contesto geo-ingegneristico.

5.1 – Ferrovie funicolari

Gli impianti a funicolare vengono utilizzati per necessità di trasporto con pendenze > 10% costituendo delle brevi tratte, quasi mai > 2÷4 km di lunghezza, adibite generalmente al traffico viaggiatori.

Lo scartamento può essere normale o ridotto; il tracciato può risultare tutto in rettifilo o, al limite, con curve di raggio  150 m, entro pendenze che raggiungono anche il 70%.

La velocità di marcia del convoglio non supera i 30 km/h; di conseguenza non è necessario che le rotaie abbiano elargamento e rialzamento in curva sebbene risulti necessario che, di tratto in tratto, l’armamento venga ancorato al sistema terreno-roccia.

Una ferrovia funicolare, per tratti schematici, può essere immaginata costituita da 2 piani inclinati su cui prendono movimento 2 vetture, collegate fra loro da una fune che, nella parte alta dei predetti piani, si avvolge in un tamburo che, generalmente, è collegato ad un argano motore; allorquando una vettura scende lungo un piano l’altra sale su quello vicino mentre la fune si svolge da un lato e si avvolge dall’altro. Prendendo avvio dall’ipotesi che lo sforzo di trazione da applicare alle vetture sia costante il profilo razionale della rampa non corrisponde a quello a pendenza uniforme in quanto si deve tener conto anche della componente del peso della fune traente (assolutamente non trascurabile).

Da sviluppi analitici, per praticità non riportati, risulta che l’equazione del profilo razionale della via compone una cicloide avente come cerchio di rotolamento quello di raggio:

R = (Ps2Pd2)/4p sen αm

in cui Ps e Pd sono i pesi delle due vetture (Ps quello della vettura che sale e Pd, di quella che discende), p il peso della fune in kg/mlin e αm il valore di αs = αdnel mezzo della linea, essendo α l’angolo che la tangente in un punto del profilo forma con l’orizzontale (Fig. 5.1).

Alcuni ricercatori, al posto della cicloide (e con sufficiente approssimazione) ha adottato la parabola d’equazione:

x2(tgα2-tgα1)/2L

Come funi si adoperano quelle in acciaio con anima tessile. Le funi si distinguono in:

afuni spiroidali che possono essere aperte se formate da successivi strati di fili a sezione circolare avvolti a spirale; oppure semichiuse se il primo strato è costituito da fili a sezione circolare alternati con fili a sezione a x o, infine, chiuse se il primo strato è formato da fili sagomati a S e quindi presentano una superficie esterna liscia;

bfuni spiroidali di trefoli (Hercules) con trefoli avvolti a spirale (senza anima tessile); si usano esclusivamente per portanti di teleferiche;

cfuni piane a trefoli con anima tessile; tali funi sono molto usate per trazione, avvolgimento su pulegge o tamburi (Fig. 5.2).

Fig. 5.1 – Schema del profilo longitudinale di una funicolare.

Le caratteristiche generali di tali funi (diametro d in mm, sezione metallica utile in mm2, peso per mlin, resistenza alla rottura in kg per σR = 120÷140÷160 e 180 kg/mm2) sono riportate nelle Tabb. 5.1, 5.2 e 5.3.

Fig. 5.2 – Differenti tipi di funi metalliche: A) spiroidale; B) semichiusa; C) chiusa; D) Ercole; E) ed F) con anima tessile.

Il carico di rottura della fune si ottiene ricercando lo sforzo di trazione limite sopportabile da ciascun filo elementare che la costituisce, in base alla sua sezione ω ed al relativo valore di σR; moltiplicando tale sforzo per il numero n dei fili e per un coefficiente k variabile entro 0.9÷0.85 si ottiene:

T = k ω n σR

Considerando il caso della vettura A (Fig. 5.1)) all’inizio della salita e volendo calcolare la tensione della fune nel ramo che sale in una sezione molto vicina al tamburo dell’argano motore, il valore dello sforzo di trazione in detta sezione (prescindendo dalle resistenze ordinarie della via) risulta:

T1 = Ps sen αs + p(h02+h01) + R

dove R è la somma delle resistenze d’attrito della fune sulle pulegge di sospensione e sui rulli di comando. Nella sezione immediatamente dopo il tamburo, nel ramo in discesa, lo sforzo di trazione è invece dato dalla relazione:

T2 = Pd sen αd

prescindendo dalle resistenze ordinarie al moto.

Affinché la fune non scorra sulla superficie del tamburo è necessario che i valori T1 e T2 siano legati fra loro dalla relazione:

T1 ≤ T2 e

nella quale f rappresenta il coefficiente d’attrito fra fune e tamburo, υ l’angolo di abbracciamento (υ < π se la fune non si avvolge sul tamburo, mentre se la fune si avvolge sul tamburo n volte risulterà υ  2nπ).

Tab. 5.1 – Caratteristiche delle funi a trefoli da 42 fili.

In un calcolo più esatto, oltre alle resistenze d’attrito dovute ai veicoli (anche per le eventuali curve) occorre tener conto anche della rigidezza della fune e dell’inerzia del sistema, calcolata quest’ultima (convenzionalmente) in base al doppio dell’accelerazione media positiva e negativa corrispondente all’avviamento e alla frenatura.

Il grado di sicurezza minima delle funi nel caso più sfavorevole deve essere di 8 rispetto al carico addizionale

Esistono 2 tipi di funicolare:

–       a fune aperta;

–       a fune chiusa.

Nel tipo a fune aperta si hanno due binari su un’unica piattaforma sui quali si muovono di moto alterno due convogli (costituiti da una o più vetture) collegati da una fune d’acciaio avvolta in una puleggia di rimando posta nella stazione superiore. In alcuni impianti si ha un solo binario con raddoppio centrale per l’incrocio.

Le funicolari a fune chiusa presentano due pulegge alle estremità della tratta collegate da una fune chiusa, la quale è fatta muovere da un opportuno argano; in tal modo è possibile inserire più treni nel medesimo circuito collegati con la fune traente la quale deve essere mantenuta in tensione contrappesando la puleggia di rinvio della stazione inferiore permettendole degli scorrimenti su carrelli che si muovono lungo piani inclinati. Nei moderni impianti l’azione frenante si esercita sulle rotaie.

Tab. 5.2 – caratteristiche delle funi a trefoli a 72, 114 e 180 fili.

Per rotaia si utilizza il tipo Vignole leggero, poggiato su massicciata mediante traversine per pendenze  35%; con pendenze superiori la rotaia viene fermata da longherine in conglomerato cementizio armato con giunti di dilatazione.

Quali funi si adoperano i modelli a trefoli con anima di canapa: resistenza σR = 180 kg/mm2 e Ø esterni da 20÷50 mm.

I motori sono elettrici, trifase con potenze entro 80÷150 kW.

Le problematiche geologico-tecniche, a parte la scelta relativa alla definizione del tracciato ottimale (dipendente da fattori talora discrezionali) ricalcano, come detto, quelle delle normali strade ferrate (cui si rimanda) al di là dell’obbligo-necessità di fondare in sicurezza notevoli masse quali contrappesi agli elementi portanti e traenti del sistema.

5.2 – Teleferiche e funivie

Le teleferiche (chiamate talora impropriamente funivie se adibite esclusivamente al trasporto di persone) rappresentano il mezzo di trasporto che meglio s’adatta a superare forti dislivelli, ove la costruzione di qualunque altra via risulterebbe di difficile attuazione ed, in ogni caso, onerosa.

Nella presente trattazione non si considerano le teleferiche per trasporto materiali o altri tipi di vettori industriali per i quali si rinvia a letterature specifiche.

Tab. 5.3 – Caratteristiche delle funi Hercules.

Nelle funivie la via è costituita dalla fune di acciaio (portante) sulla quale corrono i carrelli che, per mezzo di sospensione, portano i vagoncini; i carrelli sono trainati da un’altra fune (fune traente).

Il costo di una funivia o di una teleferica, ove sia possibile eseguire delle ampie campate per quanto consentito dall’andamento plani-altimetrico del terreno, è sempre inferiore a quello di una strada ordinaria o di una funicolare. Inoltre anche il suo costo di esercizio è sempre inferiore a quello di ogni altro mezzo di trasporto, per cui, tutte le volte che esistono le condizioni orografiche e di traffico, la funivia è la soluzione più soddisfacente dal punto di vista economico.

Fig. 5.3 – Schema d’impianto per funivia a sistema tribune (2 portanti e 1 traente).

Una funivia (o teleferica) solo raramente è costituita da una sola campata; generalmente la configurazione del terreno è tale che occorre poggiare la fune in punti intermedi per mezzo di sostegni o piloni.

La scelta del numero di tali sostegni, della loro posizione e della loro altezza nonché dei criteri di fondazione in funzione dei carichi costituisce il problema fondamentale per la progettazione della linea e viene risolto per tentativi.

Il sistema di funivia più usato è quello trifune costituito da: due funi portanti fra loro indipendenti, ciascuna percorsa da un vagoncino, ed una fune traente che collega fra loro i due vagoncini in modo da trasmettere lo sforzo di trazione necessario al loro movimento. Le funi portanti sono ancorate alla stazione superiore e contrappesate a quella inferiore, in modo da mantenerle sempre in tensione (Fig. 5.3).

Le portanti (funi del tipo semichiuso o del tipo Hercules) nella stazione inferiore poggiano sui sostegni mediante delle scarpe (oscillanti o meno attorno ad un perno fisso) di grande raggio nella cui gola si adagia la fune; la gola di tali scarpe, che quasi sempre sono in acciaio, è rivestita di bronzo.

La fune traente, che collega il vagoncino che sale con quello che scende, è azionata da un argano motore, che quasi sempre si trova nella stazione superiore.

Allo scopo di diminuire le variazioni dello sforzo di trazione per effetto del peso della fune traente, in tutti gli impianti, i vagoncini sono collegati anche inferiormente con un’altra fune, detta zavorra; per tale motivo la traente e la zavorra formano un anello chiuso: la prima attraverso l’argano motore, la seconda attraverso una puleggia di rinvio.

In molti impianti si trova, poi, una fune-freno che è una fune chiusa che corre parallelamente alla traente-zavorra, e che, nel caso di rottura della traente, viene automaticamente collegata con i vagoncini. S’installa, infine, anche una fune di segnalazione, tesa sopra le portanti, la quale collega per mezzo di due piccoli pantografi i vagoncini con le stazioni in modo da rendere possibili le segnalazioni.

I vagoncini sono collegati superiormente con dei carrelli aventi un numero di ruote variabili in funzione del peso complessivo (da otto a sedici ruote), che scorrono sulla portante. Le ruote sono accoppiate a due a due con sistema a bilanciere così che si ottenga la massima adattabilità del carrello stesso sulla fune.

Fig. 5.4 – Schema di calcolo per le funi.

5.2.1 – Calcolo delle funi

Una fune sospesa fra due punti e soggetta alla sola forza peso si dispone secondo un arco di catenaria omogenea, la cui equazione in coordinate cartesiane, riferita agli assi della Fig. 5.4, è:

da cui:

dove p = parametro della catenaria = ordinata del punto O. Risulta p = H/q dove H è la tensione orizzontale costante della catenaria e q il peso per metro di fune ed anche (poiché s è lo sviluppo della catenaria):

La catenaria possiede, inoltre, le seguenti proprietà:

–       il raggio di curvatura R è uguale alla normale AA1:

–       la sottotangente A0A2 è data da:

–       la sottonormale A0A1 è data da:

–       tutte le catenarie coassiali sono omotetiche rispetto all’origine degli assi coordinati.

Poiché in O risulta y0 = p e perciò cos α0 = 1 (ossia in O la catenaria ha tangente orizzontale) in tale punto, la tensione è uguale a H = pq .

In un punto qualsiasi la tensione T1 viene data dalla risultante della H orizzontale e della s1q agente verticalmente, cioè:

che si può scrivere:

Questa relazione esprime che la tensione in un punto qualunque è data dal peso per metro della fune moltiplicato per l’ordinata del punto considerato rispetto agli assi di Fig. 5.4.

Considerando 2 punti A e B aventi dislivello h si ha, quindi, che la tensione TB in B è data dalla relazione: TB = TA + qh.

Per il calcolo della configurazione delle funi si può ricorrere a metodi esatti come a metodi approssimati. I primi consistono in una soluzione dell’equazione della catenaria in funzione dei dati noti. Il procedimento viene reso più agevole dall’uso delle tabelle delle funzioni iperboliche. I risultati che si ottengono con tale metodo, tuttavia, sono influenzati dalle approssimazioni contenute nelle tabelle suddette.

Per quanto riguarda i metodi approssimati, sia grafici che algebrici, questi sono molto più spediti e consentono, specialmente nella redazione del progetto di massima, di studiare varie soluzioni in relazione alla configurazione del terreno. Tra i metodi grafici si ricordano quelli dei poligoni funicolari e delle catenarie campioni.

Metodi approssimati algebrici

Tali procedimenti consistono nel sostituire alla catenaria una parabola che passi per i punti dati A e B ed abbia lo stesso parametro.

Sviluppando in serie cosh x/p si ha:

Trascurando i termini successivi al secondo, si ha:

cioè:

ossia l’equazione della parabola riferita al medesimo asse xx per la catenaria.

Sostituita così alla catenaria una curva, la cui configurazione si avvicina molto a quella effettiva, si possono calcolare i valori della freccia massima e degli angoli che la tangente alla curva forma agli appoggi con la corda.

Chiamando con c la lunghezza della corda e considerando il peso della fune eguale a cq applicato in mezzeria, con le notazioni in Fig. 5.5 si ha, per l’equilibrio dei momenti intorno ad A e a B (ricordando che le reazioni agli appoggi hanno verso opposto a T1 e T2):

da cui si ricavano:

Fig. 5.5 – Grafico relativo al metodo approssimato algebrico per il calcolo delle funi.

Per quanto riguarda la freccia, poiché si è sostituita alla catenaria la parabola, il valore massimo si avrà in mezzeria e quindi fm = ql2/8H, valore della freccia in mezzeria per un arco di parabola.

Distribuendo il carico sulla corda si ottiene un valore più approssimato e la formula diviene:

fm = qlc/8H = lc/8p

Dalla freccia massima si risale alla lunghezza s dell’arco di parabola attraverso la:

La fune portante si calcola considerando l’azione del contrappeso, della componente del peso proprio, delle resistenze di attrito sugli appoggi e dell’eventuale sforzo di frenatura per carico appeso e forza d’inerzia nel caso in cui la frenatura avvenga lungo la portante medesima (questi ultimi si computano pari al doppio della componente del peso del vagone lungo l’asse della fune).

In generale, quindi, detti:

  • C1 il peso del contrappeso;
  • R le resistenze di attrito agli appoggi;
  • P il peso del vagoncino;
  • q il peso per metro della fune;
  • h il dislivello fra i punti estremi;
  • l la distanza orizzontale fra detti punti estremi;
  • βmax l’angolo massimo che la fune forma con l’orizzontale (tale angolo può presumersi corrispondente a quello relativo alla stazione superiore);

lo sforzo Tmax con cui calcolare la portante risulta:

Tmax = C1 + qh + R + 2P sen βmax

La sollecitazione massima a trazione, detta A l’area effettiva della fune (somma delle aree dei vari fili), è data da:

σt = Tmax/A

mentre quella a flessione (secondo le norme) si ricava dalla seguente espressione:

σf = √0.5E/ATmax

dove Tmax è la massima tensione totale tenuto conto degli attriti ed E il modulo di elasticità della fune. Il grado di sicurezza della portante si sceglie  3.5.

La fune traente (di tipo flessibile con anima) si calcola, viceversa, tenendo conto del contrappeso (diverso da quello usato per la portante), della componente del peso proprio e dei pesi delle vetture, degli attriti sugli appoggi (sui sostegni, in stazione etc.), della rigidità all’avvolgimento sulle ruote di rinvio e sui volani delle stazioni, nonché delle forze d’inerzia all’avviamento ed alla frenatura; il relativo grado di sicurezza viene assunto  5.

Per le altre funi (freno, soccorso, zavorra) si considera un grado di sicurezza ~ 3.5.

Tab. 5.4 – Carichi massimi in kg in funzione del Ø della fune (dati generali).

5.2.3 – Elementi costituenti l’impianto a fune aerea

Linea

Schematicamente, nelle linee a 3 funi a sistema continuo, si distinguono un lato carico, sul quale scorrono gli elementi carichi ed un lato scarico lungo il quale scorrono quelli vuoti. Per quanto la fune portante del lato carico presenti una maggiore sezione rispetto a quella del lato scarico le loro tensioni risultano comunque proporzionali alle rispettive resistenze (le frecce formate risultano uguali).

Nella compilazione del profilo, al fine di ottenere quello più vantaggioso, occorre aver cura di porre gli appoggi della fune portante in modo che questa si disponga come la curva catenaria o parabolica ideale e che tale accorgimento venga applicato per tutta la lunghezza così come per ogni singolo tratto.

D’altra parte la configurazione naturale del terreno montagnoso, che presenta pendenze e contro-pendenze d’ogni grandezza, esige che la fune ne segua il profilo il più fedelmente possibile ed alla minima altezza consentita affinché si possa realizzare un’economia nella costruzione dei sostegni di sostegno. Sotto tali ipotesi é facile comprendere come non esistano regole fisse per tracciare il profilo longitudinale di un sistema di trasporto aereo a fune e che in pratica per il medesimo impianto si abbia sempre da scegliere la soluzione migliore fra le diverse proposte offerte dai produttori.

La verifica del profilo si esegue controllando le pressioni della fune portante a vuoto e a carico sui sostegni; tali pressioni, come visto, risultano uguali e minime se gli appoggi si trovano sulla curva catenaria; in ogni altro caso vanno ripartite in modo uniforme su più elementi come, ad es., qualora si tratti di superare un dorso isolato di montagna.

Nella ripartizione delle pressioni occorre tener presente che l’inclinazione d’un tratto di fune a vuoto, rispetto al successivo, non presenti, in generale, pendenze ρ > 10%.

La differenza d’inclinazione ρ1 fra le corde di 2 campate successive deve essere naturalmente più piccola di ρ per tener conto delle frecce della fune nelle campate medesime. Risulta di grande utilità, in questo caso, la formula di Rebuffell che ricava i valori di ρ dalla relazione:

ρ1 = ρ – gL/2T = ρ – CL

nella quale g è il peso per metro della fune, T la sua tensione ed L la somma delle distanze orizzontali delle 2 campate.

Per un medesimo profilo il fattore g/2T = C permane costante.

Stabilito il profilo della fune portante, sono stabiliti anche gli appoggi della fune di trazione, consistenti in rulli di guida posti sui medesimi sostegni di sostegno. Data la tensione della fune occorre esaminare che le frecce relative non producano inconvenienti, ossia che non risultino tali che la traente possa intersecare la portante, né tali da dover toccare il terreno.

Volendo mantenere la sicurezza dell’appoggio delle funi e per tener conto degli eventuali piccoli errori nelle quote del terreno, si studia un profilo ideale dovuto non alle tensioni reali T ma a tensioni pari a:

T1 = 1.5 T

Sostegni

I sostegni (o piloni) presentano differenti altezze; l’altezza minima è generalmente entro 4÷5 m sufficiente per permettere il passaggio degli elementi (vagonetti o cabine) e al disotto di essi il normale transito di funzione.

Qualora il terreno fosse completamente libero l’altezza può ridursi a 2.5÷3. Lungo i profili aerei si ritiene necessario, in media, un sostegno per ogni 100 m di lunghezza. I telai portanti vengono generalmente realizzati in ferro: tali elementi presentano di norma una base quadrata mentre i montanti compongono un’inclinazione del 10% rispetto ad un piano verticale nella direzione della linea.

Nel riquadro di Tab. 5.5. sono tabulati le carpenteria in ferro e le murature delle fondazioni necessario ai diversi elementi.

I sostegni sono sottoposti allo sforzo risultante T (Fig. 5.6) delle tensioni delle funi portanti ed agli sforzi dovuti alla pressione del vento.

Tab. 5.5 – Caratteristiche tecnico-costruttive dei sostegni (cavalletti).

Nel calcolo di T occorre tener presente l’attrito delle funi sulle scarpe d’appoggio, il cui coefficiente di norma può ritenersi pari a: ρ = 0.1÷0.3.

Il calcolo del sostegno si può eseguire analiticamente supponendolo tagliato secondo una retta RR e uguagliando i momenti (due a due) della forza T e degli sforzi sulle aste 12, 13 e 14 successivamente.

Fig. 5.6 – Calcolo statico (grafico) per un sostegno.

In tal modo si calcolano solo le sezioni dei montanti 12,13 e della diagonale 14, ovvero quanto può bastare per un controllo di verifica. Di norma, tuttavia, vengono calcolate tutte le aste del sostegno per mezzo della statica grafica secondo la procedura seguente:

La forza T si trasporti in A; scelta la scala per la rappresentazione delle forze e tenuto presente che gli sforzi di compressione s’indicano con segno negativo mentre quelli di tensione s’indicano col segno positivo, da un punto qualunque a (Fig. 5.7) si conducano: ab parallela e uguale a Tbc parallela a 3 e acparallela a 4, determinando in tal modo c.

Fig. 5.7 – – Calcolo statico (grafico) per un sostegno.

Si conducono quindi bd parallela a 5 e cd parallela a 6 determinando così d. Si procede quindi alla costruzione del diagramma con le seguenti successive operazioni: tracciare de parallela a 7df parallela a 9ef parallela a 10fg parallela a 11fh parallela a 13gh parallela a 14hi parallela a 15, trovando così i punti d,e …i che stabiliscono nella scala gli sforzi sulle aste del sostegno (b,d,f,e,h sono allineati e semplificano l’operazione)

Unendo b con i le forze ai = F e bi = F1 indicano le reazioni nelle fondazioni ed è evidente che ognuna delle 3 forze FF1 e T è la risultante delle altre due.

Per le pressioni del vento, considerato sempre nel senso traversale alla linea come quello più sfavorevole, si costruisce un altro diagramma. Calcolate tali pressioni nelle misure VV1V2 e V3 (Fig. 5.6) per ottenere un sistema staticamente determinato, si immagina esistente l’asta ad; si costruisce quindi nella scala delle forze la figura reciproca della Fig. 5.6. Si ottengono così gli sforzi sulle aste; è da notare che nei due diagrammi considerati (Fig. 5.6), per il calcolo delle sezioni di dette aste vanno presi metà degli sforzi risultanti perché ogni sostegno ha le facciate eguali, due a due, alla Fig. 5.7. La testata del sostegno si calcola separatamente con le normali regole di meccanica ; la trave di sostegno delle funi viene calcolata in base al momento flettente più grande tra i due: T1mT2n.  Di norma il primo é il maggiore perché corrisponde al lato carico della linea; per avere momenti uguali si usa talvolta dare ai bracci m ed n dei valori inversamente proporzionali a T1 e T2. Un calcolo più complesso e più esatto del sostegno, può, viceversa essere eseguito con le seguenti operazioni:

–       calcolo grafico delle azioni delle funi sul sostegno;

–       effetto del vento sulle funi e sul sostegno; effetto del frenaggio e della temperatura;

–       ripartizione degli sforzi sulle diverse facciate del sostegno.

Prima di effettuare il calcolo grafico per trovare la reazione delle tensioni delle funi sul sostegno, occorre determinare analiticamente diversi dati relativi all’elemento medesimo considerato nella sua posizione nel profilo longitudinale della linea, e cioè:

–       distanza orizzontale fra il sostegno e il consecutivo = a;

–       differenza di livello fra le sommità di questi due sostegni = b;

–       pendenza della retta congiungente le sommità dei due sostegni = b/a = tgα;

–       differenza aritmetica fra le pendenze delle rette congiungenti la sommità di un sostegno con le sommità del sostegno antecedente e susseguente tgα – tgβtgγ;

–       pendenza della retta della campata susseguente, rispetto alla retta della campata antecedente = tgδ;

–       aumento di tgδ dovuto al peso proprio della fune portante g(a+a1)/2T = tgΩ; nella quale a1 è la lunghezza orizzontale della campata susseguente, T la tensione della fune sull’inclinazione e g il peso per metro della fune stessa;

–       valore di tgδ + tgΩ = tgΦ;

–       valore di gb;

–       tensione media T0 sopra ogni sostegno tenendo conto del solo peso della fune che va in diminuzione della tensione iniziale della fune stessa alla parte superiore della linea;

–       attrito sopra ogni sostegno, dovuto alla pressione della fune a vuoto A = μT0 tgΦ nella quale si può ritenere μ = 0.2;

–       tensione minima Tmin sopra ogni sostegno = T0 diminuita degli attriti A misurati a partire dalla parte superiore andando verso il basso;

–       tensione massima Tmax sopra ogni sostegno uguale a T0 aumentata degli attriti A;

–       valore di 0.5 g a1;

–       valore di g1b dove g1 è il peso per metro della fune di zavorra;

–       tensione T1 dovuta alla fune di zavorra tenendo conto del peso proprio della fune che va a diminuire la tensione iniziale superiore;

–       valore di 0.5 g1 a;

–       valore di 0.5 g2 a, dove g2 è il peso per metro della fune traente;

–       valore di g3 b ove g3 è il peso per metro della fune a freno;

–       tensione T2 dovuta alla fune a freno, tenendo conto del peso proprio della fune stessa.

–       valore di 0.5 g3 a.

Il poligono funicolare viene costituito come segue (Fig. 5.8).

Fig. 5.8 – Poligono funicolare.

Da un punto qualunque P, si conduce PB parallela alla corda della campata antecedente e su questa retta si porta il valore della tensione T (Tmax o Tmin). Si porta il valore 0.5 g a1 sulla circonferenza di raggio PB in BA e verticalmente in AD il valore del peso della vettura; quindi DE parallela alla corda della fune a freno nella campata antecedente al sostegno e FG parallela a DE e distante da questa del valore 0.5 g3 a.

Col compasso si porta DG eguale alla tensione T2 della fune a freno; da G si conduce la parallela GH alla corda della campata susseguente al sostegno e a partire da questa, sull’arco di centro G e raggio GD si porta in HI il valore di 0.5 g3 a. Si conduce IL parallela alla corda della campata della fune di zavorra, antecedente al sostegno e un’altra parallela inferiore, distante dalla prima del valore di 0.5 g1 a: su quest’ultima si porta M tale che IM = T1.

Si conduce quindi MN parallela alla corda della campata della fune traente, susseguente al sostegno, OP1 parallela a MN e distante del valore 0.5 g2 a. Si unisce il punto d’incontro O di OP1 con l’arco di centro P e raggio PA, con M. Da P si traccia la retta PQ parallela alla corda della campata della fune portante susseguente al sostegno; quindi RS, parallela a PQ e distante del valore 0.5 g a1, che interseca l’arco in R; si unisce P con R ed O con R.

Risulta OR che è la reazione della fune sul sostegno, escluso l’attrito.

Con centro in R e raggio eguale all’attrito si descrive una circonferenza che interseca PR in T e V.

I segmenti OT e OV rappresentano le reazioni sul sostegno, compresi gli attriti, in un senso e nell’altro.

Le reazioni trovate si scompongono per il calcolo del sostegno, ciascuna in due: una orizzontale e l’altra verticale. Le medesime operazioni si ripetono con la vettura prima e dopo il sostegno che si considera.

Ancoraggio fisso delle funi portanti

L’ancoraggio fisso delle funi portanti rappresenta l’operazione più importante nelle realizzazione di un impianto aereo costituendo la fondazione dell’intero sistema; l’operazione viene eseguita ancorando la fune ad un sistema a raggiera affondato entro un masso di calcestruzzo e cemento. La fune, dalla sommità dell’ultimo appoggio, deve comporre un angolo tale che la risultante R (Fig. 5.9) delle tensioni T cada preferibilmente al centro della propria base in ogni caso entro la base stessa supponendo le tensioni T uguali nei 2 tratti antecedente e susseguente all’appoggio( in realtà, dal lato AB, la T rivela un valore T1 più piccolo per effetto dell’attrito sulla scarpa. Ritenendo T = T/eμα l’ipotesi va a vantaggio delle sicurezza).

Fig. 5.9 – Ancoraggio della fune portante alla fondazione basale del sistema.

Il blocco abcd col suo peso P si oppone alla tensione T. Per la stabilità del sistema si deve avere:

0.5 ab bc l γ > Tm

dove l è la larghezza del blocco e γ il suo peso specifico. Risulta quindi:

ab > 2Tm/(bc l γ)

Si determina allora il lato ab della fondazione in relazione alla formula e quindi se ne verifica la stabilità a mezzo della statica grafica; ossia lo si divide in tante parti verticali applicando ai rispettivi baricentri le forze corrispondenti ai singoli pesi costruendo il poligono funicolare di tali forze avente per primo lato la tensione T; tale poligono, per la stabilità, deve cadere interamente nei limiti del blocco di fondazione. Un metodo speditivo di verifica e quello di trovare la risultante Q di T e P; la Q deve incontrare cd in e tale che de > 0.33 cd. Per la resistenza allo scorrimento del blocco di fondazione si deve avere:

Φ (P  T sen α) + K > T cos α

dove Φ è il coefficiente di attrito sul piano cdP il peso totale del blocco e K la resistenza opposta dalla parete ad dello scavo.

Valgono, evidentemente, tutti gli accorgimenti geologico-tecnici già visti per le opere di sostegno. Nelle Figg. 5.10 e 5.11 sono definiti dei profili standard per blocchi di fondazione relativi a stazioni di rinvio e sostegni di transito.

Fig. 5.10 – Basamento tipico per stazioni di rinvio.

Fig. 5.11 – Basamento tipico per sostegno di catenaria.

5.3 – Blocchi di fondazione per tralicci e antenne

II calcolo dei blocchi di fondazione di alte strutture sottoposte a spinte orizzontali (quali i sostegni per trasporti a fune, le antenne ripetitrici e i tralicci per elettrodotti) può condursi con criteri analoghi a quelli indicati per le palancole (→ vol. 2) con la differenza che il peso proprio assume importanza e che il blocco o masso di fondazione non può più essere schematizzato con una parete verticale.

Una nota formula di stabilità è quella francese che considera l’equilibrio del masso (Fig. 5.12) sotto l’azione del peso proprio G, della forza orizzontale Hlimapplicata in sommità del traliccio per cui si verifica il rovesciamento e della resistenza passiva della terra sulla parete del blocco. La. spinta passiva è data dalla relazione:

che corrisponde ad un’inclinazione del piano di scorrimento pari a:

dove h è l’altezza della struttura di sostegno, φ è l’angolo d’attrito interno del terreno, λ il coefficiente di spinta passiva del terreno e Γ il peso specifico apparente del terreno mentre il tiro limite risulta dall’equazione di equilibrio dei momenti di dette forze rispetto allo spigolo A della fondazione supposto quale centro di rotazione:

 (formula francese)

dove a e b sono le dimensioni di base del blocco (b normale alla direzione di H). Il tiro ammissibile in esercizio viene determinato con un coefficiente di sicurezza di 1.5.

Fig. 5.12 – Ipotesi d’equilibrio della fondazione di un traliccio secondo la formula francese.

Dal punto di vista teorico la formula presenta diverse pecche, quali quelle di non essere verificata l’equazione di equilibrio delle forze orizzontali, di essere trascurata la resistenza di attrito sulle pareti e di aver supposto passante per lo spigolo A la reazione del terreno.

Inoltre il diagramma della spinta passiva è incongruente col movimento supposto per il blocco. In ogni caso rimane il fatto che la relazione viene correntemente impiegata con successo e fra le tante formule proposte è una di quelle che porta a risultati più vicini all’esperienza. Ci si trova di fronte, infatti, ad uno di quei casi piuttosto frequenti nei quali una semplice relazione riesce a sopravvivere fra nuove complesse rigorose teorie.

Altri autori hanno studiato il problema impostandolo su basi scientifiche; tra questi Frölich che ha adottato l’ipotesi di Mohr sull’andamento parabolico del diagramma delle reazioni per le palancole.

Fig. 5.13 – Reazioni del terreno in un blocco di fondazione tendente a ruotare per l’applicazione di una forza orizzontale.

Se nel blocco di fondazione della Fig. 5.13 s’intende incrementare la forza H a partire dal valore 0, da principio non si producono rotazioni apprezzabili e pertanto alla forza applicata fa equilibrio unicamente una resistenza di attrito T = H lungo la superficie di base del blocco, mentre al momento applicato fa equilibrio quello del peso del blocco e delle reazioni verticali del terreno ancora sulla superficie di base. Quando il blocco è appoggiato direttamente sulla superficie del terreno questo stato di cose permane, con il crescere della forza applicata, fino al rovesciamento.

Se invece, come avviene nella maggioranza dei casi, il blocco è incassato nel terreno, con l’incrementarsi dell’intensità della forza H esso tende a ruotare e di conseguenza spinge con una delle sue pareti (In Fig. 5.23 la destra) sul terreno circostante. Questo a sua volta reagisce con pressione di risultante S1. La S1, unitamente alla T, equilibra la H e quindi può scriversi T + S1 = H.

La struttura, al crescere di H, ruota intorno ad un asse che giace sul piano d’appoggio della fondazione, come avveniva anche prima che entrasse in gioco la S1.

La S1 con le fondazioni profonde, entra in azione quasi subito all’applicazione della forza orizzontale H; incrementando ulteriormente l’intensità di H la S1cresce e ad un certo punto la T, dopo aver raggiunto un valore massimo, diminuisce fino ad annullarsi, dopo di che, avendo la base del blocco tendenza a scorrere in senso opposto alla H, la medesima cambia di segno.

Sull’andamento più o meno rapido dell’inversione di segno della T influisce sensibilmente la profondità di posa del blocco dipendendo principalmente da essa l’intensità della S1 e dovendo essere sempre verificata la condizione S ± T = H. Dopo cha la T, invertita di segno, ha raggiunto il suo valore massimo (Tmax) compatibile con la resistenza di attrito del blocco sul terreno, si verifica che al crescere della forza applicata lo scorrimento della base della fondazione si produce in senso opposto a quello della H e pertanto l’asse di rotazione del sistema dal piano d’appoggio si sposta verso l’alto. Non appena hanno inizio questi scorrimenti anche sull’altra parete (in Fig. 5.13 la sinistra) interviene una reazione della terra di risultante S2 talché la condizione di equilibrio delle forze orizzontali diventa Tmax + S2 – S1 = 0. Evidentemente, affinché risulti possibile l’inversione di senso della T (e quindi si entri in questa terza fase caratterizzata dalla comparsa della S2) occorre che la fondazione sia sufficientemente profonda in modo che il valore massimo (spinta passiva) possibile per la S1 possa produrre lo scorrimento della fondazione. Altrimenti, al crescere della H, la terra dalla parte di S1 cederebbe e quindi si produrrebbe lo scorrimento della fondazione nel senso della H se essa è > T. Pertanto è evidente che l’altezza del tratto di blocco immerso nel suolo influisce notevolmente sul modo con cui il terreno può reagire sulle sue superfici. Finora si è considerato un blocco di determinate dimensioni, per il quale sono state analizzate le diverse condizioni d’equilibrio che si verificano all’incrementarsi della forza orizzontale applicata a partire dal valore 0. Un ragionamento simile può ripetersi considerando, viceversa, costante l’intensità della H e variabile la profondità del piano di posa del blocco. Si ritrovano così le 3 fasi indicate e precisamente: la prima con fondazione superficiale, la seconda, e poi la terza, approfondendo sempre più il piano d’appoggio.

5.3.1 – Formule di Frölich

In Fig. 5.14 è indicato il diagramma delle pressioni ad andamento parabolico supposte coincidenti le due pareti del blocco normali al piano di figura.

Fig. 5.14 – Distribuzioni delle reazioni del terreno sulle pareti del blocco.

La parabola, secondo Frölich, è definita dalla condizione che essa passi per il punto A sulla superficie del terreno con tangente A-B coincidente con la linea del diagramma della spinta passiva, e per l’asse di rotazione O.

Indicando con σh2 = λ2 t Γ la pressione alla base del blocco di fondazione e con σhp = Γ t tg2 (45° + φ/2) = Γ t λp quella passiva, pure alla base, la pressione ad una profondità generica x risulta:

        *

Per la stabilità della fondazione (Fig. 5.15) oltre alle reazioni della terra sulle parete influiscono sia il peso proprio del blocco, dipendendo da esso la resistenza di attrito Tmax sulla sua base, sia le dimensioni in pianta (principalmente nel senso della forza applicata).

La massima resistenza d’attrito, conosciuto l’angolo di attrito esterno φ’ fra terra e muratura, è:

essendo G il peso del blocco e f‘ il coefficiente d’attrito esterno. Sostituendo la relazione nell’equazione di equilibrio delle forze orizzontali si ottiene:

S1  S2 = H + fG

Fig. 5.15 – Modello delle reazioni della terra su un blocco di fondazione per un elemento ad antenna o traliccio.

Sostituendo poi ad S1 ed S2 i valori che risultano dall’integrazione della * si giunge alla prima equazione di equilibrio:

nella quale b è la dimensione del rettangolo di base in direzione normale alla forza applicata H.

Nel caso la S2 risulti nulla deve aversi λ2 = 0 e dalla relazione ultima si ricava:

Pertanto, affinché l’asse di rotazione si trovi sul piano d’appoggio del blocco, e quindi non intervenga la S2, occorre sia verificata l’ineguaglianza:

La seconda equazione di equilibrio si ottiene annullando la somma dei momenti delle forze applicate e delle reazioni del terreno. Essa per il punto B (Fig. 5.15), trascurando l’attrito che si sviluppa lungo le pareti della fondazione in quanto esso è da ritenersi minimo, si esprime:

dove Mv è il momento delle forze verticali ed M0 quello delle forze orizzontali.

Il diagramma delle reazioni del terreno al piano di fondazione, quando intervengono le spinte S, può considerarsi di forma triangolare e pertanto il momento delle forze verticali risulta:

          **

essendo σ il massimo carico consentito dal terreno al bordo della fondazione che può assumersi pari ai 4/3 del carico medio ammissibile al piano di posa del blocco (profondità t).

Per la valutazione del momento M0 occorre distinguere i due casi: che sia presente la sola S1 o che intervenga anche la S2. Nel primo caso, ammettendo che il diagramma delle pressioni σ sia esteso a tutta l’altezza del blocco e si annulli al piano di base, si trova per integrazione della * :

Nel secondo caso, ancora per integrazione del diagramma intrecciato, si ottiene:

II coefficiente λp della spinta passiva dipende unicamente dall’angolo di attrito della terra ma, dal momento che in realtà anche la coesione influisce favorevolmente su di esso, Frölich consiglia di sostituire al posto di λp Γ un coefficiente K maggiore, il cui valore, per le diverse terre, va determinato con esperienze di laboratorio. In prima approssimazione lo stesso può assumersi come indicato in Tab. 5.6 (Hutte).

Tab. 5.6 – Tabella Hutte per i coefficienti K di Frölich.

Introducendo questo coefficiente K, la condizione (S2 = 0; asse di rotazione sulla superficie di appoggio), diventa:

e la condizione di equilibrio diventa, per la ** :

      ***

La condizione (S2 > 0) diventa:

e la corrispondente equazione di equilibrio diviene:

Se il blocco di fondazione è a pianta quadrata (a = b) con peso specifico di 2 t/m2 e si suppone che il suo peso sia ~10% del peso del traliccio, risulta G = 2.2 bt e pertanto le precedenti equazioni assumono la forma semplificata:

5.3.2 – Applicazione del procedimento di Frölich

Per l’analisi della stabilità dei blocchi di fondazione mediante le formule sopra indicate si procede nel seguente modo: si determina la profondità, ovvero la larghezza del blocco, applicando la terza relazione (essendo l’altra misura fissata a priori) quindi, con la prima relazione, si verifica se la distribuzione delle pressioni sulle pareti è quella corrispondente alla prima ipotesi (S2 = 0). In caso negativo si ripete il calcolo utilizzando l’ultima relazione.

In generale, con fondazioni larghe, pesanti e poco profonde si riscontra il primo caso mentre per fondazioni strette, leggere e profonde il secondo. Le dimensioni ottenute con le precedenti formule sono tali da garantire che le rotazioni prodotte siano minime in quanto, come si è detto, l’ipotesi adottata sull’andamento del diagramma delle pressioni, assicura che in nessun punto venga superata la resistenza del terreno.

Naturalmente per il progetto di fondazioni di una certa importanza (piloni di linee elettriche, funivie, tralicci d’antenna etc.) occorrono più tentativi per determinare la soluzione più economica, adottando diverse dimensioni dei blocchi, ove particolari ragioni non ne limitino la sagoma.

A fondazioni più larghe corrispondono minori altezze e pertanto il problema consiste nel raggiungere il minimo costo, tenuto conto del volume delle murature e degli scavi nonché delle opere di sbadacchiatura etc.

5.3.3 – Condizione di equilibrio limite

La condizione di equilibrio limite data da Krey per la palancola è stata estesa da Frölich ai blocchi di fondazione introducendo negli sviluppi anche il loro peso proprio. Si giunge così alla formula di equilibrio limite:

     (formula di Krey & Frölich)

Pertanto, introducendo in essa le dimensioni della fondazione ottenute mediante il procedimento indicato al precedente paragrafo, e dividendo la forza Hlim per quella H effettivamente applicata, si ottiene il grado di sicurezza al rovesciamento:

che non deve risultare < 2.

Esempio

Si debba progettare la fondazione di un traliccio alla cui sommità è applicata una forza orizzontale H = 700 kg (Fig. 5.16): il terreno sia costituito da sabbia di caratteristiche: μ = 0.5; Γ = 1.6 t/m3; carico medio ammissibile 20 t/m2 per cui risulta δ = 4/3 20 = 26.7 t/m2.

Fig. 5.16 – Fondazione di una struttura a traliccio sottoposta a forze orizzontali.

Dalla Tab. 5.5 si trova, per sabbia asciutta, K = 4.8 t/m3. Essendo fissato in m 1.3 il lato della fondazione, dalla relazione *** si ottiene t = 1.93 m (l’equazione cubica si risolve per tentativi) e poiché sostituendo detto valore nella prima relazione per basi quadrate risulta: 5.32 > 4.8 è verificata la condizione necessaria per l’applicabilità della relazione S2 = 0.

Dalla relazione ultima si ottiene il coefficiente di stabilità η = 2.83.

Volendo tener conto anche dell’ azione del vento sul traliccio si considera, agli effetti del calcolo, in luogo della spinta H, la risultante di tutte le forze orizzontali.

Con la formula francese, supposto φ = 34°, si ha:

e quindi η = 1.57.

5.3.4 – Blocco di fondazione a gradoni

In alcuni casi altri fattori influiscono sul dimensionamento dei blocchi; ad es. possono trovarsi terreni superficiali inconsistenti e sotto di essi banchi resistenti che conviene raggiungere; oppure può avvenire che, per la presenza di falde di acqua, lo scavo ed il getto delle murature oltre una determinata quota risultino particolarmente costosi. In quest’ultimo caso, occorrendo una base di fondazione notevolmente ampia, conviene risegare il blocco (Fig. 5.17) per realizzare una economia di murature. Il peso della terra sovrastante alle riseghe influisce favorevolmente sulla stabilità e di esso va tenuto conto nella valutazione di G. Con le fondazioni di questo tipo può ritenersi sempre verificato il primo caso, ossia assenza della spinta S2 .Le formule corrispondenti sono:

dove:

Fig. 5.17 – Fondazione a blocco con gradoni di un traliccio da elettrodotto sottoposto a forze orizzontali.

L’espressione fra parentesi quadre della relazione ultima è, in generale, molto prossima all’unità.

La relazione consente, ad es., la determinazione di b o di a, fissate che siano le altre dimensioni, ma di norma, poiché l’incognita compare anche nel peso G, risulta più conveniente procedere a calcoli di verifica stabilendo per tentativi le dimensioni della fondazione.

Per valutare il coefficiente di sicurezza si può impiegarsi ancora la relazione di Krey & Frölich  dove a e b sono le dimensioni del rettangolo di base della fondazione.

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