Appendice B – Geognostica da perforazione e campionamento

Le perforazioni rappresentano un mezzo di fondamentale importanza, che consente al tecnico di conoscere in dettaglio la costituzione geologica del sottosuolo, le caratteristiche petrografiche, tecniche e idrogeologiche delle singole formazioni, sia mediante lo studio in situ, sia analizzando in laboratorio i reperti litologici estratti.

La tecnica di esplorazione per sondaggi è largamente usata in quasi tutti i campi dell’Ingegneria Civile: nei progetti di fondazione di edifici e di manufatti speciali (ponti, viadotti etc.); nel progetto di gallerie; nella scelta di tracciato di strade e ferrovie; nello studio dei dissesti e dei movimenti franosi; nella progettazione di dighe e traverse; nello studio e nella ricerca delle acque sotterranee. Si eseguono, inoltre, perforazioni per scopi particolari: iniezioni d’impermeabilizzazione e consolidamento; ancoraggi e chiodature di versanti e pareti in frana; prove di permeabilità etc.

Ulteriori applicazioni della tecnica delle perforazioni, che esulano dal campo dell’Ingegneria Civile, si ritrovano nel campo della ricerca e sfruttamento degli idrocarburi e nell’Ingegneria Mineraria in genere.

B1 – Sistemi di perforazione

Tralasciando i sistemi di perforazione manuale (pozzi scavati, pozzi Norton, pozzi trivellati a mano), alcuni dei quali usati sin da tempi antichissimi, le moderne tecniche di perforazioni meccaniche si suddividono in 3 tipi: a percussione; a rotazione; mista (rotazione + percussione).

Sistemi a percussione – sono particolarmente adatti per l’attraversamento di depositi alluvionali e di copertura (rocce incoerenti), ma sono utilizzati con successo anche in rocce lapidee, sebbene con velocità d’avanzamento notevolmente bassa e, dunque, poco conveniente.

Fig. B1 – Attrezzatura a batteria di perforazione con sistema a percussione canadese.

Schematicamente, l’attrezzatura consiste in un attrezzo tagliente (scalpello), di varie forme a seconda del terreno impegnato, assicurato all’estremità di un’asta pesante munita di snodo, il tutto manovrato da una batteria di aste (sistema canadese) o da un cavo (sistema pensilvano) che scorre in una puleggia fissata al vertice di una semplice capra o di una torre di perforazione (derrick). Il moto dell’attrezzatura di perforazione, che viene sollevata e lasciata cadere violentemente, è fornito da uno o più argani a frizione collegati a un motore elettrico, diesel, a scoppio etc., o viene trasmesso direttamente dal motore stesso all’attrezzo mediante un bilanciere a corda regolabile (Fig. B1). Lo scalpello va a colpire il terreno, guidato sempre nello stesso punto da una sezione di tubo infisso verticalmente, e sgretola progressivamente la roccia, inoltrandosi in profondità; i detriti rocciosi vengono estratti a intervalli mediante una cucchiaia cilindrica, munita di valvola attraverso cui i detriti penetrano nella parte cava del cilindro che, una volta pieno, viene ritirato dal foro e vuotato. Il materiale estratto con questo sistema, molto triturato e caoticizzato, si presta male a esami specialistici (petrografico, paleontologico, geotecnico etc.), per i quali è necessaria una campionatura o carotaggio il più possibile completo e indisturbato

Fig. B2 – Carotiere per sistema a percussione.

Per ottenere ciò, lo scalpello deve essere costituito da un carotiere (Fig. B2), di tipo diverso a seconda della tenacità del materiale impegnato, attrezzo in grado di prelevare un nucleo poco disturbato di roccia (carota) di lunghezza variabile a seconda del tipo d’attrezzo.

Una volta che il carotiere è pieno per tutta la sua lunghezza, la carota viene strappata, ossia divelto dal fondo, con apposita manovra e l’attrezzo viene recuperato e vuotato in superficie. Il lavoro di recupero del carotaggio continuo, molto delicato e, dunque, lento, viene spesso evitato prelevando un campione a intervalli regolari di avanzamento e/o ogni volta che si noti un sostanziale cambiamento litologico.

Le perforazioni a percussione possono essere eseguite a secco mantenendo cioè nel foro solo un certo quantitativo d’acqua per raffreddare e lubrificare l’attrezzo tagliente e per facilitare il recupero dei detriti. Altrimenti, la perforazione viene eseguita a circolazione d’acqua o di fango (perforazione idraulica), sistema molto usato (in particolar modo con le attrezzature di tipo canadese, che ha il notevole vantaggio di estrarre dal foro i detriti di perforazione senza dover far uso della cucchiaia e, dunque, snellendo molto il lavoro. Una pompa immette, attraverso una testa d’iniezione, acqua e fango attraverso le aste, sino al fondo del foro in corso d’opera; il fluido risale attraverso il foro stesso, trascinando in superficie i detriti, e va a scaricarsi in un’apposita, vasca ove i detriti sedimenta no, mentre il fluido, opportunamente filtrato, viene aspirato dal pescante della pompa e torna in circuito. I fanghi o miscele di perforazione sono composti da acqua e vari materiali (argilla, bentonite, olio, silicati etc.).

Fig. B3 – Schema di perforazione con tavola rotary e circolazione di fango.

Essi devono avere caratteristiche tali (peso specifico, viscosità etc.) da assolvere a vari compiti, come, ad es., stabilizzare il foro in assenza di rivestimento o prima che questo sia messo in opera, formando una spessa patina (panello) intorno alle pareti (patina che impedisce franamenti e anche infiltrazioni d’acqua), lubrificare e raffreddare la colonna e l’attrezzo di perforazione, trascinare in superficie i detriti etc.

Sistemi a rotazione – sono adatti per tutti i lavori di esplorazione del sottosuolo e per lavori specialistici (consolidamento, impermeabilizzazione, prove idrauliche etc.). Le attrezzature impiegate, più o meno complesse, imprimono all’attrezzo di perforazione un moto rotatorio agendo su aste cave, quadre o cilindriche, avvitate in serie man mano che la perforazione si approfondisce. Il moto viene impresso alla batteria di aste, in alcuni casi, da una tavola rotarv(Fig. B3), mentre il peso stesso delle aste le fa gradatamente muovere in verticale (attrezza ture pesanti, adatte alle grandi profondità); in altri casi, come per le attrezzature leggere o medie, la macchina stessa imprime il moto rotatorio alla batteria di perforazione e sostiene e spinge in basso la colonna mediante un mandrino o altri dispositivi.

Fig. B4 – Attrezzatura media da perforazione con sistema a rotazione: 1, carotiere; 2, aste; 3, avampozzo; 4, mandrino; 5, sonda; 6, motore della sonda; 7, testa d’iniezione; 8, pompa per l’acqua; 9, motore della pompa; 10, capra.

Per entrambi i tipi di attrezzatura è necessario un argano di manovra e una antenna, capra o derrick di altezza tale da permettere il montaggio e lo smontaggio della batteria di perforazione (Fig. B4).

Le tecniche di perforazione variano a seconda del tipo di campionatura desiderata, della profondità che si vuole raggiungere e, ovviamente, a seconda del tipo di attrezzatura. Per sondaggi a grande profondità (ricerche di falde, idriche profonde, ricerche di idrocarburi, etc.) si usa spesso la perforazione a distruzione di nucleo: l’attrezzo tagliente, uno scalpello a punta piana o un trapano a coni dentati (Fig. B5), ruotando intorno al proprio asse, frantuma la roccia, i cui detriti (cuttings) vengono asportati con il sistema idraulico già precedentemente descritto (circolazione di acqua, fango o aria compressa). Questa tecnica di perforazione permette avanzamenti rapidi, poiché il lavoro può continuare ininterrotto per più giorni, senza, cioè, periodiche estrazioni dell’intera batteria per il recupero del carotaggio.

Fig. B5 – Scalpelli e corone di perforazione con sistema a rotazione; a, scalpello a coda di pesce; b, tricono; c, corona a diamanti; d, corona a cilindri di widia.

La perforazione a carotaggio continuo, sempre consigliabile in geognostica a piccola o media profondità, viene effettuata sostituendo lo scalpello con un carotiere, semplice o doppio (Fig. B6), munito alla base di una corona dentata, con denti di acciaio speciale, Widia (lega di carburo di Tungsteno al Cobalto) o costituiti da diamanti industriali incorporati nel metallo della corona. Il carotiere, girando e avanzando in verticale, fresa un cilindro di roccia (carota) che viene recuperato periodicamente.

Fig. B6 – Tipi di carotieri per perforazione con sistema a rotazione: a, carotiere doppio; b, carotiere semplice.

La tecnica a carotaggio continuo, dunque, è molto più lenta di quella a distruzione di nucleo, ma permette un’analisi dettagliata della stratigrafia del sottosuolo, scopo primo dei sondaggi geognostici. Negli ultimi decenni, tuttavia, ha preso grande diffusione un sistema di perforazione a rotazione che riunisce i vantaggi della distruzione di nucleo (avanzamento rapido) e quelli del carotaggio continuo (campionatura accurata senza soluzione di continuità). Tutto ciò viene realizzato mediante la perforazione a circolazione inversa che consiste nell’immettere il fluido di perforazione in pressione non più attraverso le aste, ma attraverso il foro stesso, sfruttando lo spazio tra le pareti dello scavo e la batteria di perforazione. Il fluido giunge a fondo foro e risale, passando attraverso uno speciale carotiere doppio, sino in superficie attraverso le aste.

Le carote ricavate dal carotiere (aperto in alto e direttamente comunicante con le aste) vengono evinte automaticamente ogni 15÷20 cm d’avanzamento, risalendo in superficie sotto la pressione del fluido attraverso le aste cave; il loro diametro interno è, ovviamente, uguale a quello della corona del carotiere e, attraverso un particolare raccordo, raggiungono il tubo di scarico del fluido e vengono raccolte all’uscita (Fig. B7).

Fig. B7 – Schema di principio di sistema di perforazione a rotazione con circolazione inversa.

Questo sistema, apparentemente perfetto, ha tuttavia notevoli limiti di applicazione: infatti, pur permettendo una perforazione continua (con manovre limitate alla sostituzione delle corone usurate) non può essere usato in rocce fessurate, nelle quali si hanno perdite del liquido di perforazione.

Sistemi a turbina – si tratta di sistemi a rotazione mediante attrezzature speciali a turbina idraulica con asse di rotazione coincidente con quello delle aste. La turbina, generalmente a più stadi, e applicata immediatamente prima dell’attrezzo tagliente e lo segue in profondità: pertanto, le aste della batteria hanno solo il compito di addurre il fluido motore (che é la stessa miscela di perforazione) alla turbina e rimangono praticamente ferme. A questo sistema che presenta diversi inconvenienti viene spesso preferita una apparecchiatura nella quale la turbina idraulica rimane in superficie e sostituisce soltanto la tavola rotary, con il vantaggio rispetto a quest’ultima di eliminare tutti gli organi di trasmissione. In questo tipo di attrezzatura, il fluido idraulico che muove la turbina è, in genere, un olio pesante, spinto in forte pressione da una pompa a circuito chiuso capace di una notevole portata. I sistemi a turbina, anche se tuttora in fase di perfezionamento, hanno dimostrato di poter fornire prestazioni notevolmente superiori rispetto alle rotary, specialmente in rocce lapidee.

Sistemi misti – le moderne attrezzature pesanti da perforazione profonda sono munite, oltre che della tavola rotary, del sistema a bilanciere proprio della percussione canadese, in modo da poter operare sia a rotazione che a percussione. L’uno o l’altro sistema viene applicato a seconda del tipo di roccia impegnato e della profondità alla quale si opera, preferendosi la percussione in terreni sciolti di copertura e la rotazione in roccia lapidea. Nella pratica generale, anche per perforazioni di media profondità, si effettua, ove possibile, la prima parte del foro (avampozzo) con il metodo a percussione e con diametri piuttosto grandi, per passare quindi al sistema a rotazione per approfondire e terminare il foro.

B2 – Tubazioni di rivestimento

Tutti i fori di perforazione, effettuati con uno qualsiasi dei sistemi descritti nel precedente paragrafo, devono essere armati in corso d’opera per evitare che il franamento delle pareti conduca alla chiusura dello scavo e all’incastro della batteria di perforazione, inconveniente molto temuto dagli specialisti poiché comporta lunghe e difficili operazioni di recupero e, talvolta, la perdita dell’intera attrezzatura. Il rivestimento, inoltre, serve a isolare eventuali livelli idrici e a mantenere la verticalità dell’opera in corrispondenza di vuoti, quali si possono incontrare in rocce fratturate o carsiche.

Il rivestimento provvisorio è realizzato mediante la posa in opera di una o più colonne di tubi, innestati, avvitati o saldati insieme (la lunghezza dei segmenti varia, generalmente, da 3 a 11 m), di diametro tale da poter entrare facilmente nello scavo eseguito dallo scalpello o dal carotiere.

La tecnica di avanzamento, con i sistemi di perforazione a secco, prevede, in linea di massima, che la colonna di manovra segua l’avanzamento della punta: ciò significa che ogni 2÷3 m di perforazione è necessario ripulire il foro dai detriti mediante la cucchiaia e spingere in basso la colonna di tubi o mediante battuta o mediante un sistema di cavi e pulegge azionato dall’argano. Inoltre, ogni 50÷60 m é necessario immettere una nuova colonna completa, di diametro inferiore al precedente, onde evitare un progressivo bloccaggio dell’attrezzatura a causa dell’attrito con il terreno, e proseguire la perforazione con attrezzi (scalpelli, cucchiaie, carotieri) di diametro minore. Questo tipo di armatura si dice completa (Fig. B8a) mentre, laddove l’intero foro è stato effettuato senza dover scalare di diametro, l’armatura è detta semplice (Fig. B8b).

Fig. B8 – Tipi di armatura dei fori di perforazione; a, armatura completa; b, armatura semplice; c, armatura telescopica.

Vi è un terzo tipo di armatura, detto telescopico (Fig. B8c), quando le colonne di diverso diametro vengono messe in opera solo per il competente tratto di foro, ottenendosi così un notevole risparmio di tubi. Le tubazioni di rivestimento sono fornite in una vasta gamma di diametri, che variano a seconda del tipo e della marca delle attrezzature di perforazione. I diametri usati maggiormente per tutti i lavori di Ingegneria Civile variano tra 650 mm (26″) a 61 mm (2″3/8).

Per ottenere un carotaggio continuo di buona qualità, tuttavia, non é consigliabile adoperare diametri < 73 mm (2″7/6).

I sistemi di perforazione a circolazione di fango permettono avanzamenti molto lunghi a foro scoperto, cioè senza rivestimento, poiché il fango crea una spessa patina (cake o panello) sulle pareti del foro, stabilizzandole entro certi limiti. Ma allorché si incontrano terreni troppo franosi o spingenti, o manifestazioni idriche tali da non poter essere contrastate dal fango, è necessario abbassare la colonna di manovra (e spesso cementarla) e scalare di diametro. Pertanto, nelle operazioni di perforazione é della massima importanza la scelta del diametro di partenza, scelta che deve essere fatta in base a un novero di considerazioni tecniche (scopo della perforazione, sistema adottato, diametro previsto a fondo-foro, condizionamento finale etc.) ed economiche (costi unitari dei diversi rivestimenti, cementazioni, tempi di manovra etc.): ciò prevede una conoscenza, sia pure sommaria, della stratigrafia dei terreni da impegnare e delle loro caratteristiche presunte.

Fig. B9 – Metodi di cementazione nei fori di sondaggio.

B3 – Cementazioni

Durante le operazioni di perforazione o, a foro ultimato, durante le operazioni di condizionamento definitivo di esso (ad es. con un piezometro), é necessario realizzare la cementazione dei rivestimenti al terreno, sia per ancorare bene le tubazioni, sia per chiudere l’intercapedine esistente tra tubi e roccia e quindi rendere stagno l’intero foro o parti di esso, con lo scopo di evitare inquinamenti e di proteggere le tubazioni dalla corrosione.

Esistono 4 diversi metodi di cementazione:

–       riempimento di cemento fluido del fondo dello scavo e quindi infissione della tubazione di rivestimento prima che il cemento stesso abbia fatto presa (Fig. B9a);

–       chiusura con un otturatore (di cemento, argilla o altro materiale) del fondo della colonna di rivestimento, già in opera, ed immissione di cemento fluido nell’intercapedine mediante un tubo che giunga sin quasi a fondo-foro (Fig. B9b);

–       iniezione di cemento fluido a mezzo delle aste di perforazione, con la tubazione già in opera, attraverso un pistoncino forato e posto ad otturare l’estremità inferiore della colonna, in modo che il cemento risalga dal basso lungo l’intercapedine tra roccia e rivestimento (Fig. B9c);

–       immissione di cemento fluido all’interno della tubazione, sino a riempire questa e l’intercapedine entro a una certa altezza; blocco, quindi, della colonna nella parte alta mediante un pistoncino attraverso il quale si immette aria compressa, che fa defluire il cemento nell’intercapedine e alla base della colonna stessa, ove crea un tappo. A presa avvenuta, si riperfora il tappo e si prosegue la perforazione con un diametro minore (Fig. B9d).

B4 – Raccolta dei dati delle perforazioni

Qualunque siano gli scopi e i sistemi impiegati nell’esecuzione di una perforazione, essa fornisce una serie di dati di fondamentale importanza da suddividere in: dati tecnici (posizione topografica, quota assoluta del piano-campagna, velocità di avanzamento, rivestimenti, prove tecniche specifiche, condizionamento finale etc.); dati economici (computi metrici dei materiali impiegati, attrezzature impiegate, consumo d’energia etc.); dati geognostici s.s. (campionatura quotata, litologia, % di carotaggio, fessurazione, quote di prelievo di campioni d’acqua, minerale o gas etc.). A questi dati, di assunzione più o meno immediata in corso d’opera, se ne aggiunge una serie di altri, proveniente dall’elaborazione dei primi (analisi petrografica, paleontologica e tecnica dei campioni; elaborazione delle prove tecniche, dei dati idrologici e idrochimici etc.).

Dati tecnici ed economici. Ogni perforazione deve essere ubicata su carta topografica o su mappa, con precisione tanto maggiore quanto più specifico è lo scopo dell’indagine. Nella maggior parte dei lavori ingegneristici, l’ubicazione deve essere ottenuta mediante battuta topografica, in modo da determinare con precisione anche la quota assoluta del piano-campagna in corrispondenza del foro, quota alla quale verranno riferiti tutti i dati di profondità in corso d’opera. Durante la perforazione, particolare attenzione dovrà porsi alla velocità d’avanzamento che, già di per sé, fornisce  utili indicazioni sulle condizioni meccaniche delle rocce impegnate.

Verrà, inoltre, presa nota dei diametri degli attrezzi usati, dei diametri del foro scoperto, di quello dei rivestimenti messi in opera, con le profondità (riferite al piano di campagna) alle quali è stato necessario scalare di diametro. Questi dati figurano abitualmente nel rapporto del capo-sonda, unitamente a quelli relativi alle cementazioni, riperforazioni e agli eventuali incidenti verificatisi durante la perforazione, quali, ad es., franamenti del foro, improvvisa caduta della batteria di perforazione denotante l’incontro di una cavità sotterranea, perdite improvvise del fluido di perforazione in corrispondenza di fessure o livelli beanti, aumento del volume del fluido stesso in relazione all’incontro di una falda idrica etc.

Nel suddetto rapporto, l’operatore annoterà la costituzione del fango di circolazione e tutti gli elementi di carattere economico, quali, ad es., lunghezza del tratto perforato, il numero di aste utilizzate, lunghezza dei rivestimenti, materiali impiegati nella cementazione, materiali impiegati per il condizionamento finale etc. Uguale cura deve essere posta nel notare le quote di livellamento delle falde idriche impegnate, da rilevarsi, a perforazione ferma, sistematicamente a ogni sospensione e ripresa del lavoro: le misure, effettuate a mezzo di una rotella metrata abbinata ad una sonda elettrica, sono possibili, in genere, quando si usa la perforazione a secco o a circolazione d’acqua, ma non quando si usano i fanghi di circolazione poiché questi bloccano le falde, o, comunque, impediscono ogni valutazione obbiettiva.

La conduzione delle eventuali prove tecniche in corso d’opera o a foro terminato e condizionato sono quasi sempre seguite da specialisti e hanno modalità d’esecuzione variabili a seconda dei terreni incontrati e delle finalità di esse. Si distinguono le prove geotecniche in situ, come, ad es., le prove penetrometriche; le prove di permeabilità per iniezione di acqua in pressione (prova Lugeon) e quelle per pompaggio sulle falde idriche (prove di emungimento); le prove di assorbimento di miscele di consolidamento e di impermeabilizzazione. Prove geotecniche a parte, le altre sopra elencate consistono nel misurare gli assorbimenti di acqua o di miscele particolari da parte di una serie di tratti unitari di foro scoperto, opportunamente isolati mediante pistoncini a tenuta stagna (prova Lugeon, prove di assorbimento), oppure nel sottoporre una o più falde idriche a emungimento, con progressive variazioni della portata della pompa, controllando le variazioni del livello dinamico dell’acqua nel pozzo in funzione del tempo.

Questo ultimo tipo di prova viene effettuato senza soluzione di continuità su periodi di tempo piuttosto lunghi (da 72 ore fino a più settimane) e necessita di apparecchiature particolari e di personale specializzato

Dati geognostici s.s. Lo studio della campionatura riveste sempre una grande importanza, non soltanto per quelle perforazioni eseguite espressamente e soltanto per scopi geognostici, ma anche per quelle eseguite a distruzione di nucleo, nelle quali l’esame dei campioni si limita al cutting portato in superficie dal fango.

Il carotaggio continuo o i campioni recuperati a intervalli periodici, che permettono un’accurata visione d’insieme dei terreni attraversati dalla sonda, vengono immagazzinati in apposite cassette a compartimenti e corredati di indicazioni (etichette, cartellini etc.) sui quali viene riportata la profondità di prelievo (campioni singoli) o le profondità progressive in avanzamento dei tronchi di carota prelevati a ciascuna manovra.

In base a tali dati e all’esame del carotaggio è possibile ottenere la % di carotaggio (c%) che si calcola in base all’espressione: c% = 100 L1/L2, in cui L1 è la lunghezza somma delle carote estratte, ed L2 è la lunghezza del corrispondente tratto perforato. Ad es., se su un tratto di perforazione di 3 m si sono ottenute carote per complessivi 60 cm, la c% è pari al 20%. Questo dato è molto importante poiché permette di visualizzare sufficientemente le condizioni strutturali e quindi meccaniche della roccia in situ.

Fig. B10 – Cassetta per conservazione degli elementi di un carotaggio.

Sul carotaggio si possono, inoltre, operare le cosiddette prove di strato, che permettono di calcolare l’immersione dei piani di strato attraversati dalla sonda, fornendo importarti dati sulla struttura tettonica impegnata.

La campionatura, una volta completata e catalogata, viene studiata in prima analisi da uno specialista che porrà particolare riguardo nel descrivere tutti gli elementi osservabili relativi alla litologia (tipo di roccia, dimensioni e natura degli elementi granulari, cristallini etc., tipo e natura del cemento, della matrice etc., colore, stato di alterazione etc.), alla struttura (stratificazione, scistosità, tipo e densità di fratturazione etc.), alla paleontologia (natura, tipi e distribuzione dei fossili osservabili).

Successivamente, se è il caso, una parte della campionatura opportunamente selezionata e catalogata  verrà destinata alle indagini specialistiche in laboratorio (geotecniche, petrografiche, micro-paleontologiche, idrogeologiche etc.).

Oltre alla campionatura degli strati rocciosi attraversati dalla perforazione, altri campioni sono normalmente prelevati in corso d’opera, campioni di gas, di idrocarburi, d’acqua, anch’essi destinati alle analisi di laboratorio.

Questi campioni, prelevati con procedure normate, devono essere accuratamente etichettati con i dati inerenti la quota di prelievo, la roccia di provenienza etc.

B5 – Presentazione dei dati

II novero dei dati raccolti, sia quelli di immediata accessione in corso d’opera, sia quelli derivanti dallo studio e dalle analisi specialistiche dei campioni di roccia, di minerale, di gas, d’acqua etc. estratti da ciascuna perforazione, permette di sintetizzare un quadro grafico, più o meno complesso a seconda del numero dei dati stessi, che visualizzi tutte le informazioni disponibili, comparandole tra loro.

Tali quadri schematici o Logs (Figg. B11 e B12) variano a seconda dei tipo di lavoro del quale le perforazioni sono parte principale o integrante, come, ad es., le prospezioni sul tracciato di una strada, di una galleria, su un asse-diga etc.; le ricerche d’acqua, le ricerche di idrocarburi etc.

Il quadro schematico-tipo reca in alto un frontespizio,ove sono annotate le indicazioni topografiche di ciascun foro (località, comune, quota assoluta, latitudine e longitudine), le sigle e il numero di inventario del foro stesso, le date di inizio e fine lavoro, il nome dell’operatore e del capocantiere.

A volte tale frontespizio é completato da un rettangolo in cui viene riprodotto uno stralcio della mappa topografica locale, con l’ubicazione del foro e le relative vie di accesso.

Al di sotto del frontespizio, in una serie di colonne parallele, vengono riportate tutte le informazioni e i dati scatturiti dalla perforazione, rappresentati simbolicamente o in forma di diagrammi e istogrammi.

Le prime colonne a partire da sinistra sono generalmente adibite alle caratteristiche tecnico-esecutive (sistema di perforazione, diametri del foro e dei rivestimenti, velocità di avanzamento, cementazioni etc.).

Seguono le colonne occupate dalle indicazioni progressive di profondità e quota assoluta in funzione di una scala metrica prefissata, alla quale tutto il quadro viene riferito: le quote e le profondità marcano tutti i punti caratteristici della perforazione (passaggi litologici, livelli idrici, perdite di circolazione e altri incidenti in corso d’opera) che compaiono nelle colonne immediatamente seguenti.

La prima è la colonna stratigrafica, nella quale i diversi terreni sono rappresentati in scala da simboli convenzionali del tipo di quelli adoperati per le sezioni geologiche. I simboli, comunque, sono illustrati e i terreni descritti in maniera concisa ma completa, con tutti i dettagli emersi dall’esame della campionatura e dalle analisi specialistiche.

Tra la colonna stratigrafica e quella dedicata alla descrizione della stratigrafia viene messa in genere la colonna della % di carotaggio, espressa sotto forma di istogramma. Segue quindi la colonna nella quale vengono opportunamente rappresentati i livelli idrici incontrati in corso d’opera, il loro spessore, le quote di livellamento (in caso di falde in pressione), le perdite di circolazione etc.

Fig. B11 – Esempio di quadro grafico per la presentazione dei dati una perforazione effettuata a scopo idrogelogico.

Oltre le suddette colonne, sempre presenti perché compendiano i dati base di ogni perforazione, altre se ne aggiungono a seconda delle finalità del lavoro: una o più colonne dedicate alle prove d’acqua in pressione, alle prove di iniezione, ai valori del coefficiente di permeabilità dedotto dalla elaborazione dei dati, ai valori ottenuti in avanzamento dalle prove penetrometriche etc. I suddetti dati sono generalmente espressi in forma diagrammata o mediante istogrammi.

Infine, quando il foro, una volta ultimato, viene utilizzato definitivamente (come pozzo di sfruttamento o piezometro d’osservazione), allo schema grafico viene aggiunta una colonna nella quale, sempre in forma schematica e in scala, viene rappresentato il condizionamento in tutti i suoi dettagli (filtri, camicia di ghiaietto, cementazioni etc.).

Le prove di emungimento, eventualmente effettuate sul foro, prevedono, invece, un dossier a parte, composto dalle tabelle nelle quali sono raccolti i dati immediati raccolti durante la prova e da numerose altre tabelle e diagrammi che illustrano i risultati elaborati (curva caratteristica, portata critica e di esercizio, portata specifica, valori della trasmissività, della permeabilità e del coefficiente di immagazzinamento etc.).

Il quadro schematico di ciascuna perforazione può essere,all’occorrenza, integrato con brevi note e con una concisa relazione, completa di documentazione fotografica.

Fig. B12 – Esempio di quadro grafico per la presentazione dei dati completi una perforazione effettuata nell’ambito di uno studio geologico per un’opera di sbarramento.

B6 – Modalità Tecnologiche per l’esecuzione d’indagini geognostiche

L’ANISIG (Associazione Nazionale Imprese Specializzate nelle Indagini Geognostiche) al fine di qualificare ed uniformare le modalità operative ha stabilito che i propri associati si debbano attenere alle seguenti istruzioni, essenzialmente derivate dalle “Raccomandazioni sulla programmazione ed esecuzione delle indagini geotecniche” elaborate dalla Commissione AGI per la Normativa Geotecnica.

Tale documento, pubblicato nel giugno 1977, rappresenta quindi la fonte principale di riferimento alla quale si rimanda per ulteriori chiarimenti.

Gli argomenti trattati riguardano i mezzi ed i metodi atti a soddisfare le esigenze che più frequentemente si pongono in Italia, con una serie di norme sintetiche suscettibili di periodiche revisioni ed integrazioni.

Tali norme concernono i seguenti principali tipi di indagine trattati nelle Raccomandazioni AGI:

–       perforazioni di sondaggio;

–       prelievo di campioni;

–       prove di resistenza meccanica dei terreni (penetrometriche dinamiche e statiche, scissometriche, dilatometriche);

–       prove di permeabilità.

Per quanto riguarda la posa in opera di strumentazioni geotecniche (cioè di apparecchiature da installare nel terreno per controlli differiti nel tempo), le suddette Raccomandazioni AGI si limitano ai dispositivi piezometrici; per contro le presenti modalità si estendono agli inclinometri ed agli assestimetri, restando nell’ambito dei tipi più noti e delle prescrizioni fondamentali; è sottinteso che i dettagli operativi debbano essere specificati in ogni particolare caso, con adattamenti alle istruzioni delle case costruttrici.

B6.1 – Perforazioni di sondaggio

Le perforazioni di sondaggio possono sostanzialmente distinguersi in due tipi principali a seconda delle finalità:

a) sondaggi stratigrafici nei quali si richiede un campionamento “rappresentativo” e cioè tale da consentire un’accurata ricostruzione del profilo stratigrafico;

b) sondaggi geotecnici, nei quali si richiede (oltre a quanto previsto nel punto (a) una o più delle seguenti altre operazioni:

–       prelievo di campioni “indisturbati” per la determinazione in laboratorio delle proprietà fisiche e meccaniche;

–       prove in situ per la determinazione delle proprietà meccaniche;

–       eventuale posa in opera di particolari strumentazioni.

Alcune delle operazioni sopra citate possono essere anche eseguite entro fori ottenuti parzialmente o totalmente “a distruzione”, cioè senza un continuo ed accurato rilievo stratigrafico. Per campionamento “rappresentativo” connesso a sondaggi stratigrafici s’intende il prelievo di campioni “rimaneggiati” e cioè con gradi di qualità Q.1 – Q.2 od eccezionalmente Q.3, come specificato nel § 3.3 delle Raccomandazioni AGI.

B6.2 – Campionamenti indisturbati o a disturbo limitato

Sempre con riferimento al § 3.3 delle Raccomandazioni AGI, per campioni “indisturbati” (o a disturbo limitato) s’intendono quelli prelevati con apparecchiature idonee per gradi di qualità Q.4 – Q.5 in terreni coesivi oppure Q.2 – Q.3 in materiali incoerenti o tali da non consentire comunque un grado di qualità superiore. E’ opportuno precisare che, dal punto di vista contrattuale, la qualità deve essere intesa come “obiettivo” e non come “risultato” per varie ed obiettive ragioni:

–       il rispetto delle modalità previste per un campionamento “indisturbato” non può sempre garantire il grado di qualità richiesto, quando intervengono particolari difficoltà connesse alla natura del terreno, alla profondità, al regime idrologico sotterraneo, alla presenza di gas etc.;

–       un giudizio di qualità “a posteriori” può essere spesso soggettivo e discutibile;

–       le eventuali contestazioni dovrebbero quindi riguardare esclusivamente i tipi di apparecchi adottati, le modalità operative e quelle di conservazione e trasporto, se non confacenti alle norme che saranno più avanti citate con riferimento ai §§. 3.3., 3.4. e 3.6. delle Raccomandazioni AGI.

Oltre ai requisiti generali dei campionamenti, si discuteranno in sintesi le principali procedure con riferimento alle modalità di avanzamento:

–       a percussione;

–       a pressione;

–       a rotazione.

B6.3 – Prove di resistenza meccanica dei terreni

In tale denominazione generale si configurano svariate prove in situ, ormai generalmente adottate anche se rispondenti a diversi standard, fra cui le più note (→) sono:

–       a) prove penetrometriche dinamiche discontinue, tipo SPT (Standard Penetration Test);

–       b) prove penetrometriche dinamiche continue, tipo SCPT (Standard Cone Penetration Test);

–       c) prove penetrometriche statiche, tipo CPT (Cone Penetration Test) e CPTU (Cone Penetration Test Undrained)

–       d) prove scissometriche tipo FV (Field Vane);

–       e) prove dilatometriche, tipo DMT (Dilatometer Marchetti Test).

Le prove a) – d) possono essere eseguite entro fori di sondaggio geotecnico, in alternanza tra loro e con campionamenti.

Le prove b) – c) continue per definizione, non vengono normalmente alternate ad altre operazioni e non comportano estrazione di terreno.

Le prove e) possono essere eseguite sia in maniera continua, utilizzando lo stesso dispositivo di spinta delle prove c), che in modo puntuale entro fori di sondaggio.

L’eventuale continuità delle prove a) entro appositi fori presuppone comunque l’estrazione dell’apparecchiatura ed una riperforazione (o pulizia) dopo ogni prova a meno di non utilizzare, anziché la scarpa campionatrice, la prevista punta conica e procedere ad oltranza fino al rifiuto strumentale.

B6.4 – Prove di permeabilità

Queste prove, miranti alla determinazione più o meno approssimativa del coefficiente di permeabilità in terreni sciolti od ammassi rocciosi, possono essere eseguite:

–       in pozzetti superficiali;

–       entro fori di sondaggio, consecutivamente od in alternanza ad altre operazioni di indagine;

–       entro fori o tratti di foro appositamente allestiti (prove di emungimento in pozzi).

Nella presente normativa si considerano soltanto i procedimenti più comuni del tipo b), con la seguente suddivisione:

b’) prove tipo LEFRANC in terreni sciolti;

b”) prove tipo LUGEON in ammassi rocciosi.

B6.5 – Posa in opera di strumentazioni geotecniche

Per “strumentazioni geotecniche” si intendono in generale tutti i dispositivi atti a controllare l’evoluzione nel tempo dello stato tensionale dei terreni (pressioni efficaci e neutre) e dei movimenti (orizzontali o verticali) indotti da costruzioni o fenomeni naturali. Tali strumentazioni possono essere poste in opera alla fine di un sondaggio o entro fori appositamente predisposti. Nella presente normativa si considereranno le seguenti categorie di dispositivi più noti:

–       piezometri;

–       assestimetri;

–       inclinometri.

B6.6 – Mezzi e programmazione delle indagini

Nella Tab. 1.1 delle Raccomandazioni AGI si indicano sinteticamente i mezzi di indagine d’uso corrente, con riferimento alle finalità dello studio. Nel caso di programmazione a cura della Committente o di un Consulente della stessa, all’impresa esecutrice dovranno essere trasmessi tempestivamente i seguenti dati:

–       planimetria della zona con l’indicazione possibilmente quotata di ogni punto da indagare;

–       profondità massima da raggiungere e tipi di indagini richieste, compatibilmente con la natura dei terreni che verranno accertati (campionamenti puramente stratigrafici o per prove geotecniche di laboratorio, prove in situ, posa in opera di strumentazione etc.);

–       gradi di finalità relativi alle suddette operazioni, oppure criteri generali che consentano di stabilirli nel corso dei lavori;

–       eventuali informazioni disponibili sulla stratigrafia e l’idrologia sotterranea, atte a facilitare la messa a punto delle modalità operative più idonee.

B7 – Perforazione di sondaggio

B7.1 – Perforazione a rotazione

Le attrezzature necessarie sono costituite da sonde a testa rotante, a tavola rotary, a mandrino, con le quali, tramite aste di perforazione collegate a carotieri o distruttori di nucleo, si ottiene l’avanzamento nel terreno esercitando una pressione accompagnata da un movimento rotatorio.

Perforazione a carotaggio continuo

La perforazione viene eseguita tramite sonda a rotazione mediante carotieri semplici o doppi a seconda della natura dei terreni attraversati, di diametro normalmente compreso tra 60÷150 mm, tali da rendere minimo il disturbo dei materiali attraversati e da consentire il prelievo dei campioni rappresentativi (carote). Le pareti del foro saranno sostenute, a seconda delle esigenze, da fluidi di circolazione (acqua, fanghi), da rivestimenti, o tramite la cementazione del foro stesso; la scelta del tipo di sostegno e in funzione dei terreni da attraversare.

I campioni estratti dai carotieri (carote) vengono poi sistemati in apposite cassette catalogatrici atte alla loro conservazione, ove saranno riportati in modo indelebile il numero di sondaggio e le profondità di riferimento. Nel corso del sondaggio verrà rilevata la stratigrafia del terreno attraversato; in essa compariranno tutti gli elementi relativi ai campionamenti ed alle prove in situ ed una descrizione geotecnica approssimativa dei singoli strati attraversati, oltre alle eventuali note dell’operatore relative a perdite di circolazione, a rifluimenti in colonna, alla percentuale di carota ottenuta etc.

Nel corso del sondaggio, se eseguito a semplice circolazione d’acqua, all’inizio e alla fine di ogni turno di lavoro, verrà misurato il livello dell’acqua all’interno del foro avendo cura che fino alla quota della scarpa dei rivestimenti, se adoperati, il foro sia libero da materiali impermeabili che impedirebbero alla falda di raggiungere, durante l’interruzione del lavoro, il livello statico.

Perforazione a distruzione di nucleo

Tale perforazione potrà essere eseguita per l’attraversamento di formazioni di cui non interessi una esatta conoscenza o per il raggiungimento della quota necessaria prevista per la esecuzione di prove in situ o per l’installazione di strumentazioni geotecniche. Durante la perforazione potranno essere prelevati campioni del detrito uscente dal foro (cutting) mediante i quali potrà essere ricostruita una approssimativa identificazione dei terreni attraversati.

La perforazione sarà condotta mediante utensili del tipo triconi o scalpelli di vario tipo o martelli a fondo foro e le pareti del foro saranno sostenute, a seconda delle esigenze, da fluidi di perforazione, da rivestimenti o tramite la cementazione del foro stesso.

B8 – Campionamenti indisturbati o a disturbo limitato

Requisiti generali

Per campioni indisturbati (o a disturbo limitato) s’intendono quelli prelevati con apparecchiature idonee a conferire il massimo grado di qualità compatibilmente con la natura del terreno e cioè, in base alla classificazione proposta dalle Raccomandazioni AGI (pag. 25):

Q.4 – Q.5 per terreni coesivi: possibilità di determinare tutte le caratteristiche con la sola eventuale eccezione di quelle meccaniche di resistenza e deformabilità;

Q.2 – Q.3 per terreni incoerenti o comunque difficili: determinabilità della reale composizione granulometrica e possibilmente anche del contenuto d’acqua naturale.

Ogni campionamento deve essere preceduto dalle seguenti operazioni:

–       adeguata stabilizzazione del foro mediante rivestimento provvisorio o fluido di perforazione, con pulizia del fondo;

–       controllo della profondità dopo l’introduzione del campionatore;

–       ulteriore manovra di pulizia con metodi adeguati (da definirsi in ogni caso specifico), qualora si accertasse la presenza di detriti sul fondo foro per un’altezza incompatibile con la lunghezza del campionatore; la tolleranza in tal senso può essere maggiore nel caso di apparecchi muniti di pistone e cioè “chiusi” alla base prima dell’infissione. Ultimata l’infissione, il campionatore viene estratto usando gli accorgimenti necessari per staccare il campione dal terreno sottostante e per ridurre il disturbo dovuto alla decompressione ed al risucchio.

II campione deve essere conservato nello stesso tubo o contenitore di prelievo, ripulito alle estremità, sigillato ermeticamente con paraffina fusa o tappi a tenuta e munito di etichetta (non degradarle con l’umidità) in cui siano indicati:

–       designazione del committente, del cantiere e del sondaggio;

–       profondità del prelievo (da/a metri rispetto al piano campagna) o ad altro riferimento prescritto);

–       data di prelievo.

Nella documentazione da fornire al Committente si dovrà anche indicare:

–       tipo di campionatore e sue dimensioni;

–       metodo di infissione del campionatore;

–       lunghezza del campione, misurata prima della sigillatura;

–       classificazione macroscopica del terreno, per quanto e visibile alle estremità del campione;

–       altre eventuali osservazioni ritenute utili dall’operatore o misure complementari richieste dal Committente.

I campioni indisturbati devono essere protetti dai raggi del sole, dal gelo e da fonti di calore. In cantiere pertanto dovranno essere conservati in locali idonei e tali da garantire un sufficiente grado di umidità. In caso di lunga conservazione degli stessi si dovrà provvedere in tempi brevi al loro trasferimento in laboratori dotati di camera umida. Per il trasporto dei campioni indisturbati bisognerà tenere conto m funzione della qualità dei campioni stessi di:

–       vibrazioni, surriscaldamento, gelo, durata del trasporto ed eventuali controlli doganali.

Nei successivi paragrafi si citano i principali tipi di campionatori, con la suddivisione in 3 categorie connesse alle modalità d’infissione nel terreno (percussione, pressione e rotazione).

B8.1 – Campionamenti a percussione

Il campo di impiego dei campionatori a percussione riguarda per lo più i seguenti casi:

–       terreni incoerenti o di varia composizione con inclusi lapidei, nei quali l’uso di altri metodi più raffinati sia impossibile o non garantisca un miglior grado di qualità;

–       terreni di vario tipo ove non sia richiesto un alto grado di qualità (per prove di classificazione).

I campionatori a percussione consistono essenzialmente in una testa con valvola a sfera ed opportuni sfiati collegata a tubi robusti a pareti grosse predisposti con astuccio interno di contenimento in PVC, lamiera zincata o di ottone e talvolta con estrattore a cestello alla base.

II ricorso alla percussione può essere ammesso anche con campionatori a pareti sottili, quando l’avanzamento “a pressione” (vedi § 4.3.) sia difficoltoso ed in alternativa ai campionatori speciali “a rotazione” un maglio guidato che batte direttamente sul campionatore provocate dall’azione del maglio di battuta non consentono alti gradi di qualità di campionamento.

B8.2 – Campionamenti a pressione

II campo d’impiego dei campionatori a pressione riguarda particolarmente i terreni di limitata consistenza e a grana fine. Per l’avanzamento a pressione si impiegano campionatori a “parete sottile”, e basso coefficiente di parete, per tale definizione si rimanda al § 3.3 delle Raccomandazioni AGI. II tubo d’infissione, in acciaio di qualità funge anche da contenitore e pertanto deve essere resistente alla corrosione ed adeguatamente lavato all’interno (acciaio inossidabile o cadmiato o comunque trattato in modo opportuno). Alla base il tubo deve risultare tagliente (angolo di taglio della scarpa = 4° -15°).

I campionatori a pareti sottili possono essere:

a) di tipo aperto (campionatore Shelby) in Fig. B13: iI campionatore aperto risulta composto da una testa con valvola a sfora e relativi sfiati collegata con viti a brugola al tubo d’infissione che funge da contenitore del campione di terreno.

Fig. B13 – Campionatore a pareti sottili di tipo aperto (Shelby) per terreni mediamente teneri.

b) di tipo a pistone “libero” o “fisso o stazionario“. In questo tipo di campionatore il pistone ha la funzione di chiudere il tubo campionatore all’estremità inferiore e viene sbloccato quando si vuole iniziare il prelievo.  Nel tipo a pistone “libero” il pistone si muove insieme alla sommità del campione durante l’avanzamento nel terreno ma una clampa conica gli impedisce di abbassarsi nel corso dell’estrazione.

Nel tipo a pistone “fisso o stazionario” si possono distinguere 2 tipi di campionatori:

–       ad azionamento meccanico;

–       ad azionamento idraulico.

Fra i campionatori ad azionamento idraulico si descrive il campionatore Osterberg (Fig. B14) che è il più noto ed usato. II campionatore Osterberg è costituito da un pistone mobile, solidale al tubo di prelievo, che scorre sull’asta interna che collega la testa del campionatore al pistone fisso.

La pressione sul pistone mobile viene esercitata attraverso le aste di collegamento (campionatore-superficie), con acqua in pressione. Uno sfiato posto sull’asta di collegamento testa campionatore/pistone fisso appena sopra al pistone fisso, permette l’azzeramento della pressione a fine corsa.

Durante il campionamento bisognerà operare in modo che l’avanzamento a pressione sia continuo (senza interruzioni) ed il più rapido possibile onde minimizzare l’entità dei disturbi, particolarmente nel caso di terreni coesivi di bassa consistenza. Questi campionatori se correttamente usati consentono di ottenere nei terreni coesivi alti gradi di qualità.

Fig. B14 – Campionatore a doppio pistone (Osterberg).

B8.3 – Campionamenti a rotazione

II campo d’impiego dei campionatori a rotazione riguarda particolarmente i terreni coesivi molto consistenti e talvolta anche i materiali granulari compatti con matrice limo-argillosa o con un certo grado di cementazione.

I campionatori a rotazione consistono in doppi carotieri speciali. Si tratta di campionatori rotativi a due pareti indipendenti. La parete interna non rotante e munita di una scarpa tagliente atta a penetrare a pressione per un breve tratto e quindi sporgente rispetto alla corona della parete esterna rotante. Tale sporgenza é prefissata a priori (decrescente con l’aumentare della compattezza del terreno) nel campionatore tipo Denison o è autoregolabile mediante un dispositivo a molla nel campionatore tipo Mazier. Un lamierino sottilissimo o un tubo di PVC, interno al tubo non rotante, funge da contenitore del campione nel campionatore tipo Denison . Nel campionatore tipo Mazier modificato il tubo interno non rotante costituito da un tubo in acciaio di qualità (acciaio inossidabile, cadmiato o comunque trattato in modo opportuno funge da contenitore del campione.

B9 – Prove di resistenza meccanica dei terreni

B9.1 – Prove penetrometriche dinamiche tipo SPT

La prova, che viene eseguita nel corso di una perforazione con carattere discontinuo e in genere fino a profondità massima di 40 m dal boccaforo, consiste nella misura della resistenza alla penetrazione di un campionatore a pareti grosse infisso a percussione secondo le modalità contenute nella normativa ASTM n.D. 1586/68: “Standard Penetration Test and Split-Barrel Sampling of Soil“, e compresa nella “Raccomandazione” ISSMFE per la standardizzazione delle prove penetrometriche in Europa (1976).

Dopo la pulizia del fondo foro, avendo cura di evitare rifluimenti e franamenti delle sue pareti, dovranno essere svolte le seguenti operazioni:

–       sarà impiegato un dispositivo automatico per lo sganciamento del maglio che avrà un peso di 140 libbre (63,5 kg) ed altezza di caduta pari a 30″ (76 cm); la massa battente scorrerà lungo aste di collegamento al terminale d’infissione aventi peso per metro lineare 6,5 kg (+0,5 kg/m); entro il foro di sondaggio, ove le prove vengano eseguite a profondità superiori ai 10 metri, andranno installati alcuni centratori di guida ed irrigidimento;

–       verrà infisso un campionatore Raymond munito di valvola a sfera in sommità misurando separatamente il numero dei colpi (N) necessari alla penetrazione di 3 tratti consecutivi di 15 cm ciascuno; il valore di N SPT e dato dalla somma dei colpi ottenuti per il 2° e il 3° tratto (ultimi 30 cm) ; il ritmo della percussione dovrà essere compreso tra 10 e 25 colpi/minuto;

–       un numero di colpi superiore ai 50 per l’infissione di uno dei tratti di 15 cm, testimoni dell’avvenuto raggiungimento del rifiuto e quindi la fine della prova.

B9.2 – Prove penetrometriche dinamiche continue tipo SCPT

Tale prova (Standard Cone Penetration Test) consiste nel misurare il numero dei colpi necessari ad infiggere per 30 cm nel terreno una punta conica collegata alla superficie da una batteria di aste. Le misure verranno fatte senza soluzione di continuità a partire dal piano campagna. Ogni 30 cm di profondità si rileverà il numero di colpi necessario all’infissione.

Per evitare che l’attrito laterale lungo le aste alteri i valori di resistenza alla penetrazione, un rivestimento formato da tubi metallici diametro 48 mm, peso 5,3 kg/m seguirà la punta dopo ogni avanzamento di 30 cm. II peso e la corsa della massa battente e le caratteristiche geometriche della punta seguiranno le norme standard: peso del maglio = 160 libbre (73 kg), altezza di caduta = 76 cm, punta conica diametro 51 mm con apertura di 60°, peso aste = 4,6 kg/m (+ 0,5 kg/m).

Sarà opportuno che lo sganciamento del maglio avvenga mediante dispositivo automatico. La prova verrà spinta fino alla profondità richiesta sempre che ostacoli particolarmente duri o forti attriti sul rivestimento non ne impediscano la prosecuzione.

Un numero di colpi superiore a 100 per affondamento di 30 cm, della punta o dei rivestimenti testimonierà l’impossibilità di proseguire alla prova. Qualora si raggiungesse il rifiuto prima della profondità finale prestabilita, la prova dovrà essere proseguita, previa riperforazione dal p.c. sino ad attraversare lo strato di materiale che ha determinato il rifiuto, per mezzo di opportuno preforo eseguito con apposita attrezzatura.

B9.3 – Prove penetrometriche statiche

Prove penetrometriche statiche tipo CPT – CPTE

La prova (Cone Penetration Test) e standardizzata dall’ASTM (D 3441) e compresa nella “Raccomandazione” ISSMFE per la standardizzazione delle prove penetrometriche in Europa (1989). Può essere eseguita con punta meccanica (prova discontinua, con rilievo puntuale delle misure ogni 20 cm) oppure con punta elettrica (misure continue), utilizzando un’attrezzatura a spinta idraulica di potenza non inferiore a 10 t., impiegando una punta munita di “friction jacket cone” per la misura dell’attrito laterale locale.

La sezione della punta conica, l’angolo di apertura del cono, la superficie laterale del manicotto di attrito devono essere uguali a quelle delle punte di Begemann e cioè: 10 cm quadrati, 60°, 160 cm quadrati rispettivamente.

Nel caso di strumentazione meccanica verranno registrate per punti, ad intervalli di 20 cm, la misura della resistenza alla punta (qc), dell’attrito laterale locale (fs). Utilizzando il penetrometro a punta elettrica si otterrà la registrazione continua della resistenza alla punta (qc) e dell’attrito laterale locale (fs) nonché la verifica dell’inclinazione della batteria delle aste d’infissione rispetto alla verticale.

I segnali sono trasmessi dalla punta ad una centrale di elaborazione dati posta in superficie via cavo attraverso le aste d’infissione. Di norma alla base delle aste di infissione (dello stesso diametro della punta) viene applicato un anello allargatore per ridurre l’attrito lungo la colonna.

Le prove raggiungeranno la profondità prefissata sempre che ostacoli o strati particolarmente compatti non ne impediscano l’approfondimento. Qualora si raggiungesse il rifiuto prima della profondità finale prestabilita la prova potrà essere proseguita, previa riperforazione dal piano campagna sino ad attraversare lo strato di materiale che ha determinato il rifiuto, per mezzo di opportuno preforo eseguito con apposita attrezzatura e con tubazione di rivestimento di diametro interno di poco superiore a quello delle aste del penetrometro, ~ 40 – 50 mm.

Qualora il preforo avesse diametro maggiore occorrerà inserire all’interno di esso una tubazione di guida di diametro analogo a quello sopra citato e munita di appositi centratori.

Prova penetrometrica statica con piezocono tipo CPTU

La prova è realizzabile utilizzando il piezocono ovvero una particolare punta elettrica munita anche di un filtro poroso, situato o nel cono o subito dietro la base del cono, e collegato ad un trasduttore di pressione. II piezocono consente la misura, senza soluzioni di continuità, durante la penetrazione, della resistenza alla punta (qc), dell’attrito laterale locale (fs), e della pressione interstiziale (U) in corrispondenza dell’elemento poroso. Alle quote volute la penetrazione pub essere interrotta per eseguire misure di dissipazione delle eventuali sovrappressioni neutre indotte dall’infissione.

Particolare attenzione deve essere prestata per la saturazione del setto poroso prima del suo utilizzo. Tali prove possono interessare solo terreni saturi che non provocano l’aerazione del setto poroso precedentemente saturato inficiandone le misure.

B9.4 – Prove scissometriche tipo FV

La prova e standardizzata dall’ASTM (D 2573). Durante l’esecuzione di un sondaggio, a profondità prestabilite e purché in presenza di terreni coesivi teneri e mediamente compatti, potranno essere eseguite prove di resistenza al taglio in sito “Field Vane“.

Gli apparecchi di torsione saranno fomiti di opportuni demoltiplicatori e consentiranno la lettura della resistenza al taglio effettiva e residua dopo rimaneggiamento. Le misure verranno eseguite con le seguenti modalità:

–       la batteria delle aste terminante con la paletta – scissometro, viene fatta penetrare nel terreno per 50 cm; si installa quindi lo strumento di torsione appurando il perfetto azzeramento della sua scala di misura;

–       si applica il momento torcente fino a raggiungere il suo valore massimo di resistenza a rottura del terreno, annotando (Lmax);

–       si toglie lo strumento di torsione e si ruota la batteria di aste (e quindi la paletta) per 10 giri completi;

–       si attendono 1-2 minuti, si reinserisce quindi lo strumento di torsione e si ripete la prova annotando la lettura residua (Lr) corrispondente alla resistenza del terreno in condizioni di completo rimaneggiamento.

In presenza di terreni debolmente consistenti sarà possibile condurre prove di taglio a quote diverse lungo la stessa verticale, in genere entro la profondità di 30 m dal piano di lavoro senza eseguire perforazioni tra una prova e la successiva (Vaneborer).

L’apparecchiatura, infatti, consente l’infissione delle palette di misura, opportunamente protette da una scarpa e l’attraversamento del terreno per limitati tratti.

Oltre certi limiti sarà comunque necessario estrarre l’apparecchiatura ed avanzare con un opportuno preforo.

B9.5 – Prove dilatometriche tipo DMT

La prova consiste nell’infiggere nel terreno una lama d’acciaio delle dimensioni di 10x20x2 cm, su una faccia della quale e inserita una sottile membrana metallica circolare espansibile.

La lama viene infissa nel terreno mediante una batteria di aste attraverso le quali passa un cavo elettropneumatico di collegamento con la centralina posta in superficie. II sistema di spinta può essere fornito sia da attrezzatura penetrometrica statica che da impianti di perforazione a funzionamento idraulico.

L’intervallo minimo tra due prove successive sulla stessa verticale e di 20 cm. L’approfondimento delle prove oltre la possibilità di spinta dell’attrezzatura, oppure il superamento di ostacoli che si oppongono alla infissione, potrà essere fatto mediante perforazione a distruzione con installazione di appropriate tubazioni di rivestimento-guida.

La misura dilatometrica si esegue inviando pressione di gas all’interno della membrana metallica e misurando:

–       la pressione alla quale la membrana inizia ad espandersi contro il terreno (P0);

–       la pressione necessaria per espandere di circa 1 mm, il centro della membrana stessa (P1).

Le 2 letture strumentali (P0) e (P1) vengono elaborate mediante le correlazioni sviluppate dal prof. Marchetti e possono fornire profili di:

–       Indice di materiale Id

–       Modulo edometrico M = 1/mv

–       Coesione non drenata Cu

–       Angolo d’attrito °

–       Coefficiente di spinta in sito K0

–       Grado di sovraconsolidazione OCR

B9.6 – Prove di Permeabilità

Premessa

Le prove di permeabilità in sito sono intese a determinare il coefficiente di permeabilità dei terreni. Sono di vario tipo, e le modalità esecutive sono da determinare sia in funzione del tipo di terreno, per cui è necessaria una preliminare conoscenza stratigrafica, che della precisione desiderata e della pressione di prova che si intende raggiungere.

I risultati ottenuti sono sempre approssimati, a volte anche con sensibili scostamenti dai valori veri, e ciò a causa sia dell’anisotropia e disomogeneità dei terreni che dell’inevitabile approssimazione esecutiva.

E’ comunque indispensabile, per l’attendibilità delle prove, curare in particolare:

–       la realizzazione di una cavità filtrante di geometria ben definita, con minimo disturbo del terreno circostante (nel caso di sondaggio ciò implica la scelta di idonei mezzi ed utensili di perforazione e l’abolizione di ogni additivo, come bentonite e simili, all’eventuale acqua di circolazione).

–       l’ottenimento di un moto laminare dell’acqua immessa (o estratta) secondo schemi di flusso il più possibile simili ai modelli teorici.

–       la conduzione delle prove in tempi sufficientemente lunghi per ottenere moti di fluidi in regime permanente (stabilizzazione della prova).

Nelle presenti Modalità Tecnologiche ci si limita ad esaminare le più usuali prove eseguite in fori di sondaggio, utilizzabili in genere per terreni con coefficienti di permeabilità K superiore a 10-3÷10-4 e in particolare:

–       prove tipo LEFRANC, che permettono di determinare la permeabilità di terreni al fondo di fori di sondaggio al di sopra o al di sotto del livello della falda;

–       prove LUGEON che consentono di valutare la permeabilità o la fratturazione di formazioni rocciose.

Prove tipo LEFRANC

Tali prove sono eseguibili al fondo di un foro di sondaggio e pertanto, se devono essere eseguite a diverse profondità, la perforazione va periodicamente interrotta per l’esecuzione della prova; va quindi realizzata una sezione filtrante al fondo del foro, sollevando per una lunghezza prestabilita la colonna di rivestimento o eseguendo un tratto di perforazione sotto la scarpa della colonna stessa. Tutto il tratto del foro non interessato dalla prova deve essere rivestito con una tubazione, e particolare cura va posta per evitare risalita dell’acqua all’esterno del tubo di rivestimento, ad esempio mediante la posa in opera di un otturatore (packer) pneumatico atto ad isolare la cavità di prova immediatamente sotto la scarpa del rivestimento.

Le prove possono essere condotte:

–       con carico idraulico costante, mantenendo fisso il livello dell’acqua immessa nel tubo di rivestimento e misurando la portata di regime.

–       a carico idraulico variabile, misurando la variazione nel tempo del livello dell’acqua nel foro, dopo aver creato un temporaneo innalzamento (o anche abbassamento, per prove eseguite al di sotto della falda acquifera) riempiendo il foro d’acqua (o emungendo acqua dalla falda).

Nel caso che il terreno interessato dalla cavità filtrante tenda a franare o a rifluire, è necessario adottare particolari provvedimenti per la creazione della cavità di prova, procedendo ad esempio come segue:

–       Rivestire il foro fino al fondo con tubazione provvisoria;

–       Immettere nel fondo del foro della ghiaia pulita (o comunque materiale granulare a permeabilità decisamente superiore a quella del terreno da provare);

–       Sollevare di qualche decimetro la colonna di rivestimento, curando che la base di questa non risalga mai al di sopra dello strato di ghiaia immessa;

–       Ripetere eventualmente le operazioni sopradescritte fino ad ottenere una sezione filtrante delle dimensioni prefissate.

Prove tipo LUGEON

Tali prove vengono effettuate immettendo acqua in pressione su tratti prestabiliti di foro di sondaggio per valutare la permeabilità di ammassi rocciosi in termini di assorbimento di acqua nell’unità di tempo, in funzione della pressione di prova e della lunghezza del tratto di foro interessato.

La permeabilità della roccia cosi misurata viene generalmente espressa in unita LUGEON; un LUGEON corrisponde alla permeabilità di un ammasso roccioso che assorbe 1 litro di acqua al minuto per ogni metro di foro, con una pressione di prova di 10 atm.

In generale se ne ricava un indice del grado di fratturazione; solo nel caso di mezzo omogeneo ed uniforme (roccia porosa, diffusamente microfessurata o con fratture molto ravvicinate) i risultati della prova possono essere tradotti nel coefficiente di permeabilità, se si realizza un flusso laminare a regime intorno al tratto di foro in esame. Le sezioni del foro da sottoporre a prova (di lunghezza in genere compresa entro i 5 m) possono essere realizzate durante l’avanzamento della perforazione del sondaggio, isolando successivamente le sezioni da provare con due otturatori, uno alla sommità ed uno alla base della sezione stessa.

Particolare cura va posta nella scelta e nella posa in opera degli otturatori, ad evitare perdite di acqua che potrebbero alterare anche sensibilmente i risultati, e che non sempre possono essere evidenziate (un rifluimento d’acqua a boccaforo indicherà una perdita attraverso l’otturatore superiore, ma non sempre tale acqua risale fino a giorno, ed inoltre, nel caso di prova con due otturatori, e impossibile verificare perdite attraverso l’otturatore inferiore).

Gli otturatori sono realizzati con elementi cilindrici in gomma, che si espandono sotto una spinta meccanica o idropneumatica. Questi ultimi sono decisamente da preferire, limitando l’impiego dei primi ai casi in cui le caratteristiche della roccia potrebbero portare ad un danneggiamento (taglio) del pistone idropneumatico. In ogni sezione la prova viene normalmente eseguita con diversi valori della pressione (in progressione crescente e poi decrescente), ogni volta mantenuti costanti per 10 – 20 minuti dopo il raggiungimento della condizione di regime (portata costante).

B.10 – Modalità tecnologiche per l’esecuzione di indagini ambientali

L’ANISIG al fine di qualificare e uniformare le modalità operative, ha stabilito che i propri associati se debbano attenere alle seguenti norme nell’esecuzione di indagini finalizzate alla caratterizzazione ambientale dei siti.

Tali norme riguardano i seguenti principali tipi di indagine:

–       perforazioni di sondaggio;

–       metodo di campionamento dei terreni;

–       monitoraggio delle acque di falda;

–       metodi di campionamento delle acque.

B10.1 – Perforazioni di sondaggio

Tipologia delle attrezzature

Le attrezzature sono costituite da sonde a testa rotante possibilmente dotate di martello idraulico per consentire il prelievo del terreno a percussione.

La perforazione viene eseguita a carotaggio continuo onde permettere un’accurata ricostruzione del profilo stratigrafico ed effettuare il prelievo di campioni. I campioni di terreno devono mantenere inalterata la percentuale dei composti contaminati eventualmente inglobati.

Piano di Indagine

Prima di procedere alla perforazione devono essere adottati tutti gli accorgimenti necessari per evitare fenomeni di “cross contamination“, contaminazione indotta, perdita di composti contaminanti volatili (a causa del surriscaldamento del materiale carotato) o diluizione del contaminante.

Pulizia attrezzatura di perforazione

Le perforazioni devono essere eseguite evitando l’immissione nel sottosuolo di composti chimici estranei. Pertanto per le perforazioni a scopo ambientale dovranno essere adottate le seguenti procedure:

–       rimozioni di lubrificanti dalle zone filettate con lavaggio mediante idropulitrice a vapore;

–       utilizzo di oli vegetali per la filettatura di aste e rivestimenti;

–       utilizzo di utensili di perforazione (corone e scarpe) non verniciati;

–       eliminazione di perdita di olio dalle parti idrauliche dell’attrezzatura di perforazione;

–       pulizia dei contenitori di stoccaggio acqua di perforazione;

–       pulizia di aste, rivestimenti e carotieri con impiego di idropulitrice a vapore ad alta pressione utilizzando acqua pulita ed eventualmente un opportuno solvente, allo scopo di rimuovere qualsiasi residuo di precedenti perforazioni.

Tipologia di perforazione

La perforazione verrà eseguita a carotaggio continuo. II carotaggio integrale deve garantire una percentuale di recupero ≥ 90% per essere rappresentativo del terreno indagato.

Il carotaggio nei terreni deve essere eseguito per quanto possibile a secco utilizzando carotieri semplici di diametro 100 mm evitando fenomeni di surriscaldamento del materiale carotato è preferibile quindi l’utilizzo di martelli idraulici che consentono il carotaggio a secco a percussione riducendo al minimo fenomeni di surriscaldamento del terreno carotato.

La manovra di carotaggio dovrà essere seguita dal rivestimento provvisorio del foro.

Qualora sia necessaria l’adozione di fluidi di circolazione dovrà essere utilizzata acqua pulita eventualmente additivata con polimeri biodegradabili; non dovrà essere utilizzata l’acqua e/o il fluido di recupero.

Il carotaggio sarà sistemato in cassette catalogatrici su cui saranno riportati in modo indelebile: Committente, località, N. sondaggio, profondità di riferimento.

Campionamento terreni

La scelta del campione e la sua conservazione costituiscono fasi critiche dell’indagine ambientale in situ e possono condizionare il risultato analitico ancor più della metodologia di analisi.

Un campione di terreno da sottoporre ad analisi di laboratorio deve garantire che:

–       non si è modificata la composizione chimica del campione sottoponendolo a riscaldamenti, lavaggi o contaminazioni provenienti dagli strumenti di perforazione;

–       la posizione planimetrica e la profondità è stata rilevata con precisione;

–       il campione dopo il prelievo sino al momento della consegna al laboratorio di analisi sia stato conservato secondo le modalità prescritte.

Nel prelievo in campo del campione si dovranno eliminare i ciottoli e privilegiare i materiali fini o di matrice fine (sabbia, limi e argille).

Nella fase di raccolta, omogeneizzazione e confezionamento del campione in presenza di prodotti volatili si dovrà prelevare il campione dal cuore della carota in quanto lo strato esterno potrebbe aver perso il contenuto di sostanze volatili.

I campioni per le analisi devono essere confezionati il più presto possibile dopo l’estrazione delle carote dal terreno. Dopo aver attraversato uno strato di terreno particolarmente inquinato, si procederà ad un’accurata pulizia delle attrezzature di carotaggio prima di continuare la perforazione al fine di non provocare contaminazioni incrociate.

Contenitori per campioni di terreno

Devono essere usati contenitori nuovi. Per il campionamento di terreni sui quali si deve determinare il contenuto di inquinanti organici, si devono utilizzare contenitori in vetro a bocca larga con tappo a chiusura ermetica con sottotappo teflonato.

Per il campionamento di terreni sui quali si deve determinare il contenuto di metalli si possono usare contenitori in polietilene a bocca larga muniti di sottotappo e tappo e chiusura ermetica. I contenitori devono essere riempiti sino all’orlo e immediatamente sigillati ed etichettati.

B.10.2 – Monitoraggio delle acque di falda

Le indagini attinenti le acque di falda prevedono la realizzazione di piezometri allo scopo di verificare la sussistenza di un gradiente idrochimico e/o idraulico verticale e permettere il prelievo di campioni di acque di falda a diverse profondità. I piezometri possono essere realizzati sia con perforazioni a carotaggio continuo, sia con perforazioni a distruzione di nucleo.

Piezometri

La tubazione definitiva dei piezometri deve essere realizzata con materiali compatibili con gli inquinanti presenti nel sito, avere diametro tale da permettere il campionamento delle acque, filtri di apertura adeguata in corrispondenza del livello acquifero da controllare.

Lo spazio tra perforo e tubazione filtro deve essere riempito con materiale costituito da ghiaietto siliceo arrotondato di opportuna granulometria.

Il tratto cieco nella zona vadosa dovrà prevedere una sigillatura anulare in compactonite e un riempimento con miscela cemento/bentonite. Il piezometro dovrà essere protetto in superficie con uno specifico pozzetto in testa. In superficie verrà inoltre effettuata una idonea cementazione per impedire infiltrazioni di acque meteoriche lungo il perforo. I piezometri verranno spurgati a fine lavoro con aria compressa (air lift) o con elettropompa sommersa fino ad ottenere acqua limpida esente da trascinamenti di sabbia e/o limo.

Campionamento di acque

II campionamento di acque nei piezometri deve essere svolto dopo aver estratto dal punto di prelievo un volume di acqua da 3 a 6 volte il volume del punto stesso e comunque sino a chiarificazione dell’acqua.

Le attrezzature di campionamento devono essere decontaminate prima dell’utilizzazione. Per il prelievo si utilizzano normalmente:

–       campionatori tipo bailers a galleggiante, in teflon o PE o PVC, con cui si riempie successivamente il contenitore idoneo;

–       pompe a vuoto o elettropompe sommerse.

Contenitori per campioni d’acqua

Devono essere usati contenitori nuovi. Per il campionamento di acqua in cui si deve determinare il contenuto di inquinanti organici si devono utilizzare bottiglie in vetro scuro da 1 litro, con tappo a vite e sottotappo teflonato. Per il campionamento di acqua in cui si deve determinare il contenuto di metalli si possono utilizzare bottiglie in polietilene da 1 litro munite di tappo a vite e sottotappo.

I contenitori devono essere riempiti di acqua sino all’orlo ed immediatamente sigillati ed etichettati.

Etichettatura dei campioni

Ogni contenitore dovrà essere corredato da un etichetta indelebile con riportati:

Committente, Località, Data, N. sondaggio, Posizione planimetrica e profondità, Firma operatore.

Trasporto e conservazione dei campioni

Ciascun campione prelevato in campo, sia di terreno che di acqua, va mantenuto al fresco (~ 4°C) mediante l’utilizzo di contenitori frigoriferi portatili e/o borse termiche e trasferito al laboratorio di analisi entro 24/36 ore dal prelievo.

Sicurezza in cantiere

Dovendo operare in presenza di sostanze potenzialmente tossiche e nocive è prioritario osservare e far osservare al personale i piani di igiene e sicurezza che verranno elaborati in funzione dell’ambiente in cui dovrà essere svolta l’indagine. In particolari condizioni ambientali potranno essere adottati specifici programmi di sorveglianza sanitaria. Il personale dovrà essere edotto dei rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici – fisici – biologici durante le perforazioni e dovrà essere dotato di Dispositivi di Protezione Individuale monouso (D.P.L), tute usa e getta in Tyvek, guanti monouso) e, dove richiesto, maschere antigas e antiacidi e/o autorespiratori.

B10.3 – Posa in opera di strumentazione geotecnica

AI termine della perforazione, o in fori appositamente predisposti, possono essere poste in opera particolari strumentazioni geotecniche quali, ad es.:

–       Piezometri

–       Inclinometri

–       Assestimetri

Nel 1° caso si sfrutta il foro già eseguito per altri scopi, mentre nel 2° e 3° caso generalmente si opera con il sistema “a distruzione di nucleo” con diametro tale da consentire il rivestimento delle pareti con una tubazione metallica provvisoria tale da consentire la posa in opera della strumentazione; in genere il fluido di circolazione, tranne il caso dei piezometri, sarà costituito da fango.

Piezometri

I piezometri di uso più comune possono essere dei seguenti tipi:

–       idraulici a tubo aperto

–       idraulici tipo Casagrande

Piezometri idraulici a tubo aperto

Constano di una colonna di tubi in PVC rigido o in metallo, fessurati ed eventualmente rivestiti di tessuto non tessuto per la parte in falda e ciechi per il rimanente tratto. Vanno posti in opera entro un foro rivestito con una tubazione prowisoria, di diametro utile pari almeno al doppio del diametro dei tubi di misura adottati. Una volta eseguita a quota la pulizia del foro, si inserisce la colonna fino a fondo foro; quindi si procede all’immissione, nell’intercapedine colonna – tubazione, di materiale granulare (sabbia, sabbia – ghiaietto) in modo da realizzare un filtro poroso attorno al tratto di colonna fenestrato. Tale operazione va eseguita ritirando la tubazione provvisoria mano a mano che si procede con l’immissione dall’alto del materiale filtrante, curando di controllare la quota di questo con idonei sistemi di misura (cordelle metriche etc.). II bordo inferiore della tubazione dovrà sempre trovarsi al di sotto della quota raggiunta dal materiale di riempimento.

Al termine della formazione del filtro, si procede all’esecuzione di un tappo impermeabile di ~ 1 metro di altezza, formato generalmente da palline di bentonite o argilla opportunamente pestellate, onde separare la zona filtrante dal tratto di foro superficiale, che andrà poi riempito con materiale di risulta, oppure cementato a seconda delle esigenze.

In superficie, si provvede quindi ad eseguire un idoneo pozzetto, possibilmente con chiusura a lucchetto o simili, per il contenimento e la protezione della testa del piezometro.

Piezometri idraulici tipo Casagrande

Sono costituiti da un filtro a candela (o più filtri sovrapposti, per aumentare la zona di captazione dell’acqua) collegato normalmente a due tubicini rigidi in PVC, ciechi.

L’installazione del piezometro tipo Casagrande differisce dalla precedente per l’esecuzione della zona filtrante. In questo caso, infatti, dopo aver pulito il foro si procede all’immissione di materiale granulare per un’altezza di ~ 50 – 60 cm. La tubazione provvisoria, di diametro minimo utile pari a 85 mm, per le candele filtranti in commercio, andrà al solito ritirata facendo in modo che in essa sia sempre contenuta parte del materiale filtrante.

A questo punto va calata la cella porosa del piezometro, saturata in precedenza a parte, collegando i tubicini in PVC fino alla superficie. Si immetterà quindi altra sabbia sino a superare la candela filtrante di altri 50-60 cm, sempre ritirando la tubazione di rivestimento ed infine si passera ad eseguire il tappo impermeabile, il riempimento completo del foro ed il pozzetto di testa come descritto al paragrafo precedente. Nel caso si preveda la posa in opera di due piezometri a diverse profondità nello stesso foro. il diametro minimo utile dovrà essere di 110 mm.

L’installazione prevedrà due zone filtranti all’interno delle celle porose e due tappi impermeabili. La zona filtrante e il tappo impermeabile, contenuti tra le quote di posa dei due piezometri, andranno dimensionati in altezza in funzione della stratigrafia e dell’individuazione degli strati permeabili ed impermeabili.

Inclinometri

Le tubazioni standard attualmente in commercio hanno un diametro esterno che non supera i 92 mm; in base a ciò il diametro minimo utile (perforo nudo o rivestito con camicia metallica provvisoria) deve essere di 110 mm per riempimento dell’intercapedine effettuato con valvola di fondo. Utilizzando invece un tubetto volante esterno per il riempimento, il diametro raccomandato è compreso tra 125 e 150mm. Trovano spesso impiego anche tubi inclinometrici di piccolo diametro (8 max = 68 mm), per cui può

rivelarsi sufficiente un diametro utile di 85 mm per il riempimento con valvola di fondo e un diametro tra 100 e 130 mm nel caso di utilizzo di tubetto volante esterno.

La colonna inclinometrica può essere installata in un foro di sondaggio o in perforazioni apposite eseguite anche a distruzione. Una volta completato e pulito il foro, che in funzione del tipo di terreno potrà essere rivestito o meno, si procede all’installazione della colonna inclinometrica formata da spezzoni di tubo in alluminio (anche PVC o vetroresina) collegati da manicotti.

II primo spezzone dovrà essere chiuso al fondo da un tappo semplice o dalla valvola di fondo, a seconda delle modalità di riempimento dell’intercapedine. Qualora la spinta idrostatica dell’acqua entro il foro contrasti l’inserimento della colonna, questa può essere appesantita con acqua o fango. In questo ultimo caso, al termine dell’installazione si dovrà eseguire un accurato lavaggio interno della tubazione, sostituendo il fango con acqua pulita.

Particolare attenzione va posta nell’assemblaggio della colonna e soprattutto nel collegamento tra i singoli spezzoni e i manicotti di giunzione, in modo da evitare piegamenti e/o torsioni dei tubi. Il riempimento dell’intercapedine tra il tubo inclinometrico e la parete del foro si otterrà con una miscela di cemento, bentonite ed acqua, iniettata dall’interno del tubo mediante la valvola di fondo a perdere oppure dall’esterno a mezzo di un tubetto flessibile.

Qualora siano presenti tubazioni di rivestimento, la loro estrazione va condotta senza alcun movimento di rotazione, per non danneggiare la colonna inclinometrica. L’installazione andrà ultimata posizionando in superficie un pozzetto di protezione provvisto di idonea chiusura.

Assestimetri

Per l’installazione degli assestimetri, occorrerà predisporre un foro appositamente rivestito per tutta la sua lunghezza con tubazione di manovra, del diametro generalmente compreso tra 130 e 150 mm. L’assestimetro più comunemente impiegato consiste in una serie di punti magnetizzati ad alette sporgenti, ancorati a diverse quote nel terreno di cui si vuole seguire l’assestamento e calzati attorno ad una colonna verticale.

Assestimetro a punti magnetizzati (tipo BRS)

Può essere installato entro un foro di sondaggio o in un foro apposito, purché rivestito con tubazione provvisoria. Consta di due tubi tra loro coassiali, di cui quello interno e metallico e cavo onde consentire l’inserimento di una apposita sondina di misura; il tubo esterno, di solito un corrugato flessibile in PVC, serve invece per assorbire gli attriti del terreno, svincolando in tal modo il tubo interno. Questo andrà sospeso, a colonna ultimata, sull’apposita testa da posizionare in superficie.

L’installazione prevede il collegamento dei primi spezzoni dei due tubi con una punta metallica d’appoggio, che andrà posta a fondo foro. Segue quindi il montaggio completo di tutti gli spezzoni di doppio tubo fino in superficie. A questo punto si procede al riempimento dell’intercapedine da fondo foro fino alla quota di posizionamento dell’anello magnetizzato più profondo, estraendo contemporaneamente i rivestimenti.

La quota va controllata con idonei sistemi di misura. I materiali di riempimento consigliati sono palline di bentonite e, in alternativa, sabbia; al fondo, in corrispondenza della punta, anche ghiaietto. Quindi viene calato il primo punto magnetizzato, spingendolo verso il basso mediante un attrezzo apposito in modo da vincere l’attrito delle alette sui rivestimenti, fino a farlo appoggiare sul riempimento in posto. Ora l’anello va ricoperto di altro materiale di riempimento, procedendo di seguito all’estrazione dei rivestimenti. Non trovando più contenimento laterale, le alette del punto magnetico si espanderanno di conseguenza fino ad ancorarsi nel terreno indisturbato.

Si proceda poi come descritto fino a completamento della colonna assestimetrica. Al solito, particolare attenzione va posta sia nelle fasi di riempimento che nell’estrazione delle tubazioni provvisorie. L’allestimento magnetico viene ultimato posizionando la testa di protezione e sospensione del tubo interno, munita di chiusura.

Altri tipi di assestimetri

Esistono in commercio altri tipi di colonne assestimetriche da installarsi in fori di perforazione sul modello della colonna appena descritta. Per queste rimangono validi sia il principio di funzionamento che le modalità di posa in opera. Misure assestimetriche possono anche essere condotte entro rilevati in corso di edificazione. Vengono utilizzati:

–       assestimetri magnetici del tipo di quello descritto. I punti di misura sono costituiti da piastre magnetizzate;

–       assestimetri a piastra, da installarsi prima della costruzione del rilevato per controllare i cedimenti

–       del piano di posa, mediante livellazione di un’asta solidale con la piastra stessa;

–       assestimetri a mercurio (pneumatici o elettrici), costituiti da sensori collegati tramite cavo ad un serbatoio di mercurio e ad una centralina di misura. I sensori vengono posizionati alle quote di interesse nell’evoluzione dei cedimenti;

–       assestimetri incrementali.

Per la definizione delle modalità di posa in opera, si adottino le raccomandazioni delle case costruttrici ai casi specifici.

TABELLE RIASSUNTIVE

Fig. B15 – Metodologie di Perforazione e Qualità di campionamento.

Fig. B16 – Classi di Qualità dei campioni ottenibili con diversi tipi di campionatori.

Fig. B17 – Qualità dei campioni.

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