8 – Gallerie e opere in sotterraneo

Mediante le costruzioni in sotterraneo si realizzano strutture resistenti, completamente o parzialmente immerse nel terreno-roccia, per varie finalità; gallerie idrauliche, minerarie, stradali, ferroviarie; cunicoli per sottoservizi, per esplorazione del sottosuolo, di drenaggio, per il trasporto di liquidi o gas; caverne o camere per il deposito di materiali solidi, liquidi o gassosi, o per il ricovero di macchine o veicoli, per l’installazione di centrali per la produzione di energia, per ricoveri antiaerei; pozzi per captazione d’acqua, per immettere fluidi nel sottosuolo, per ascensori, per alloggiare paratoie (nelle dighe), per stabilizzare pendii.

Fra le costruzioni in sotterraneo possono comprendersi, in senso lato, le strutture costruite all’aperto e successivamente interrate, come ad es., le tubazioni per il trasporto di liquidi (acquedotti, fognature) o di gas.

Le gallerie si realizzano in differenti posizioni rispetto alla superficie topografica: con riferimento ai terreni e al diametro (D), si distinguono le gallerie con grande ricoprimento (h) (h >> D), come le gallerie di valico, da quelle con piccolo ricoprimento (h ≈ 1÷2D) come, ad es., le gallerie ferroviarie metropolitane, subacquee, parietali; nel secondo caso è possibile (e spesso opportuna) l’esecuzione di gallerie cosiddette artificiali, ossia costruite a cielo aperto e quindi interrate; le gallerie possono avere imbocchi intermedi (pozzi, finestre, discenderie) per rendere più agevole la costruzione, specie per le esigenze di ventilazione e per ridurre la distanza di trasporto del marino, (materiale di risulta dello scavo). Secondo il rapporto con le acque superficiali si distinguono le gallerie sottofluvialisottolacustrisottomarine.

Le sezioni tipo e le dimensioni delle opere in sotterraneo sono molto diverse a seconda delle finalità e assai vari sono i problemi geologico – tecnici di progetto e di costruzione in quanto sovente, per le limitazioni tecniche ed economiche che s’impongono in fase di progetto alle indagini per un’attendibile ricostruzione della costituzione del sottosuolo e per un’adeguata caratterizzazione geotecnica dei terreni e delle rocce da attraversare, si devono spesso affrontare situazioni non previste.

Fig. 8.1 – Terminologia delle diverse parti schematiche di una galleria.

8.1 – Argomenti di progetto

II comportamento del rivestimento e dell’ammasso di terreni e/o rocce attraversato dall’opera sotterranea dipende non solo dalla geometria, dalla rigidezza della struttura e dalla posizione di questa rispetto alla superficie topografica, ma principalmente dalle proprietà fisico-meccaniche del terreno circostante e dai metodi seguiti nella costruzione dell’opera; lo scavo e le varie operazioni di costruzione determinano, infatti, sempre e necessariamente un’alterazione più o meno cospicua dello stato di tensione nello scheletro solido e conseguentemente dello stato di deformazione del terreno; la resistenza disponibile del terreno che interviene nel calcolo del rivestimento allora dipende dal nuovo livello di tensione e deformazione raggiunto nel sottosuolo in dipendenza dei sistemi di scavo e dei provvedimenti di sostegno provvisorio imposti dalla natura e dalla proprietà dei terreni.

Fig. 8.2 – Terminologia di un galleria con rivestimento in calcestruzzo.

Da ciò segue che la definizione del sistema geotecnico assume nelle gallerie particolare importanza per la varietà delle situazioni costruttive e che il proporzionamento geotecnico richiede la considerazione unitaria di tutte le questioni esecutive.

Fig. 8.2 – Sistema geotecnico attorno all’imbocco di una galleria.

Quando il terreno o la roccia vengono sottoposti prima dello scavo a trattamenti ili consolidamento, e se l’effetto può considerarsi permanente, il comportamento meccanico del sistema terreno-rivestimento deve essere valutato considerando anche la fascia di terreno trattato.

8.2 – Temi geotecnici nel progetto dei manufatti in sotterraneo

I temi geotecnici da considerare nei progetti in sotterraneo sono i seguenti:

–       la scelta del tracciato, in funzione delle finalità del progetto, dei caratteri geologici e morfologici del territorio, delle proprietà geotecniche dei terreni e delle rocce che si prevede d’incontrare, dei caratteri della circolazione idrica sotterranea e del regime delle pressioni neutre, della posizione e delle caratteristiche dei manufatti esistenti;

–       la scelta dei metodi di scavo e di avanzamento (a cielo aperto, a foro cieco; tradizionali, con tunneller) con particolare riguardo alla sicurezza in avanzamento e alla stabilità dei manufatti circostanti; il progetto degli eventuali procedimenti speciali (drenaggio in avanzamento, aria compressa, congelamento, iniezioni, e di consolidamento in generale) e le previsioni sulla resistenza alla perforazione e all’abbattimento del materiale;

–       la scelta della sezione-tipo (circolare, policentrica, rettangolare) in dipendenza delle finalità del progetto, dei metodi di scavo, delle caratteristiche geotecniche dei terreni e dello stato tensionale iniziale;

–       il proporzionamento dei sostegni (céntine, bulloni, chiodi, prerivestimenti) occorrenti per garantire la stabilità del cavo e per limitare gli spostamenti del terreno fino alla collocazione in opera del rivestimento definitivo;

–       il calcolo degli spostamenti del terreno (specialmente per h ≤ 1÷2D), e la scelta dei provvedimenti eventualmente occorrenti per assicurare la stabilità dei manufatti ricadenti nell’area d’influenza dell’opera sotterranea;

–       la verifica del rivestimento definitivo, di conglomerato (gettato in opera, prefabbricato) o metallico, occorrente per garantire un sicuro esercizio del manufatto nei riguardi della stabilità, della funzionalità ed eventualmente della tenuta, della durabilità;

–       il piano delle misure di sollecitazioni e di deformazioni nei rivestimenti e nei terreni, e delle pressioni neutre nel corso dei lavori e in fase di esercizio del manufatto, con la precisazione delle finalità e dei criteri di elaborazione, valutazione e interpretazione dei risultati.

Nelle gallerie di notevole lunghezza e con grande copertura il contributo della Geologia risulta quindi determinante per le necessarie previsioni sull’assetto dei terreni e delle rocce e sulla presenza di fluidi (acque, gas) che possono incontrarsi lungo il tracciato (Fig. 8.3). E’ altresì importante valutare i rapporti del manufatto con i sistemi di discontinuità delle formazioni geologiche attraversate; ad es., nel caso di terreno stratificato, gli strati possono essere piani, piegati o discontinui, o interrotti da faglie, e possono essere attraversati dalla galleria in posizione di franapoggio, reggipoggio, giustappoggio, traverso-banco etc. Molto importanti si rivelano altresì le previsioni di massima sulla presenza di falde acquifere e di gas tossici o infiammabili. I problemi esecutivi e lo stato di sollecitazione nel rivestimento possono essere molto diversi nei vari casi pratici e fortemente condizionati dalla sequenza costruttiva di cui occorre tener conto nei calcoli.

Fig. 8.3 – Rappresentazione schematica dell’assetto strutturale di una formazione stratificata attraversata da una galleria (alternanza di arenarie calcaree e marne con rare intercalazioni di argilloscisti). Distanze in hm.

8.3. Situazioni geotecniche particolari

Problemi geotecnici particolari di progetto e di costruzione possono presentarsi quando la galleria è prossima alla superficie topografica, oppure quando il ricoprimento è modesto (Fig. 8.4a), specialmente quando la galleria si sviluppa in prossimità della superficie topografica di pendii (Fig. 8.4b); in quest’ultimo caso la galleria si definisce parietale.

Situazioni geotecniche particolari si verificano sempre agli imbocchi, specialmente quando sono realizzati su versanti poco acclivi. La realizzazione dell’imbocco può causare la rottura del sovrastante pendio; è necessario, quindi, decidere preliminarmente sugli interventi di presidio; spesso il problema può risolversi ricorrendo per un certo tratto alla galleria artificiale, che viene realizzata a cielo aperto e successivamente ritombata come in Fig. 8.4c.

La non simmetria del sistema galleria-terreno da luogo ad azioni sul rivestimento dissimetriche e può, quindi, rendere necessario il ricorso a una sezione non simmetrica (Fig. 8.4d).

Quando la galleria passa a piccola profondità sotto costruzioni esistenti (Fig. 8.4e), le difficoltà costruttive aumentano e diviene indispensabile il controllo efficace degli spostamenti del terreno per salvaguardare l’integrità e la funzionalità delle costruzioni interessate. In tutti questi casi si rendono necessarie precauzioni e interventi speciali.

Fig. 8.4 – Situazioni geotecniche particolari: a) galleria con piccolo ricoprimento (h ≤ D); b) galleria parietale; c) imbocco in galleria artificiale ortogonale alle curve di livello di un pendio acclive; d) rivestimento non simmetrico di una galleria artificiale parietale; e) galleria sotto un edificio esistente.

8.4 – Scavi in sotterraneo

Lo studio delle condizioni geologiche, geologico – tecniche e geotecniche per la realizzazione di uno scavo in sotterraneo costituisce uno dei problemi più complessi dal punto di vista operativo in relazione alla realizzazione di Grandi opere. Risulta di conseguenza indispensabile, e preliminare, la fase di ricostruzione dell’assetto geologico, strutturale ed idrogeologico del sito in esame, tramite tutte le tecniche proprie di queste discipline.

Una campagna d’indagini geologico – tecniche deve quindi consentire l’acquisizione di tutte le informazioni che riguardano le caratteristiche fisiche e meccaniche dell’ammasso roccioso mentre l’utilizzo delle classificazioni degli ammassi rocciosi consente di individuare i tratti di galleria aventi differenti caratteristiche tecniche.

Successivamente deve essere elaborato un modello per ottimizzare le scelte progettuali fondamentali quali la forma del cavo, il metodo d’avanzamento unitamente ai tipi ed alle quantità delle armature e dei rivestimenti.

Un programma di strumentazione del cavo e il continuo monitoraggio delle condizioni dell’ammasso roccioso durante le varie fasi d’avanzamento devono infine consentire di mantenere sotto controllo gli sforzi e le deformazioni, verificando la validità delle assunzioni fatte in fase di studio, oppure procedere a modifiche al Progetto.

Si distinguono diversi tipi di gallerie, a seconda della loro funzione: ferroviarie, stradali, idroelettriche, di drenaggio, urbane, minerarie e per stoccaggio.

Gallerie ferroviarie

La necessità del tracciato ferroviario di presentare pendenze limitate e grandi raggi di curvatura, unita al fatto che tali gallerie non necessitano normalmente né d’impianti d’illuminazione (le rotaie fanno da guida) né d’impianti di ventilazione (trazione elettrica) riducendo così la componente impiantistica del progetto (con limitazione quindi della complessità e del costo dell’opera, oltre che della sezione di scavo) hanno fatto sì che esse siano le più frequenti.

Gallerie stradali

La necessità sopravvenuta in tempi moderni di assegnare alle moderne arterie stradali alte velocità di percorrenza impone sovente di svincolare i tracciati dal controllo orografico, la qual cosa ha fatto diventare prassi frequente la costruzione di gallerie stradali talora anche lunghe. Queste gallerie necessitano d’impianti d’illuminazione e di ventilazione per lo smaltimento dei gas di scarico. Le gallerie stradali, in genere, si eseguono quando:

–       si vogliono evitare tratti ripidi e tortuosi per passare da un versante all’altro;

–       l’ostacolo montuoso ha caratteristiche tali (ripidità dei versanti, cattiva qualità della roccia, etc.) da non consentire la costruzione di un percorso a cielo aperto;

–       l’altezza dell’ostacolo montuoso è tale da rendere impossibile il traffico per buona parte dell’anno.

La costruzione di una galleria, a parte quelle brevi scavate in rocce con buone caratteristiche, è sempre un’operazione che implica costi notevoli; tuttavia, si è sempre più orientati alla loro costruzione, soprattutto per le strade a grande traffico, in quanto i maggiori costi sono compensati

largamente, in genere, dall’economia del costo di trasporto.

Gallerie idroelettriche

Sono caratterizzate da un rivestimento liscio per consentire il moto regolare del l’acqua con minime pendenze e rendere, in tal modo, massimo il salto utilizzabile dalle turbine. Se in pressione, sono spesso di sezione circolare (in quanto questa, meglio di ogni altra, si presta a resistere a pressioni costanti e radiali lungo tutto l’estradosso). Nell’ambito di un progetto di sfruttamento idroelettrico possono venire realizzate anche intere centrali in caverna, ossia vaste camere anche solo parzialmente rivestite, in grado di ospitare la parte terminale delle condotte forzate, le turbine e tutti i sistemi accessori e di sicurezza per la produzione di energia elettrica.

Gallerie di drenaggio

Sono opere costose, adottate per la stabilizzazione di frane di grandi dimensioni. Sono giustificabili in situazioni idrogeologiche che comportino la necessità di captare notevoli afflussi idrici in corrispondenza di vie preferenziali (ad es.: zone di faglia o d’intensa fratturazione, contatti fra rocce e terreni di copertura).

Gallerie urbane

In generale l’asse della galleria coincide con l’asse di una grande arteria stradale e si trova a non grande profondità (8÷10 m); In ogni caso il problema aggiuntivo di primaria importanza è costituito dalla necessità di limitare e controllare l’entità dei cedimenti delle strutture limitrofe.

Gallerie minerarie

Per lo sfruttamento di minerali utili vengono realizzate gallerie, slarghi, camere, imbuti, discenderie, etc. che possono avere carattere temporaneo o permanente in funzione della loro destinazione: qualora fossero permanenti necessitano di sostegni in grado di fornire le necessario condizioni di sicurezza per lunghi tempi (gallerie d’accesso); le cavità di cui si prevede una durata utile limitata vengono protette, a parità di ogni altra condizione, con sostegni più leggeri.

Cavità di stoccaggio

Sopratutto in alcuni paesi già da qualche decennio si è sviluppata la tendenza ad immagazzinare materie prime utili in grandi camere sotterranee. Se sono fluidi a dover essere contenuti, grande importanza assume la valutazione della permeabilità delle rocce ospiti. Vengono realizzate anche camere sotterranee come deposito definitivo di sostanze altamente nocive non altrimenti eliminabili.

8.5 – Obiettivi e limiti delle indagini in situ

Lo scopo delle indagini per lo scavo di un tunnel è quello di valutare le condizioni del terreno o della roccia lungo il tracciato della galleria e di stimare la loro influenza sui seguenti aspetti della pianificazione, della progettazione e della costruzione:

– tracciato della galleria e pendenza, dimensione e forma, ubicazione degli imbocchi e delle finestre;

– stabilizzazione del sottosuolo prima, durante e dopo la costruzione;

– metodi di scavo e velocità di avanzamento;

– sicurezza, stabilità, previsioni di venute d’acqua, rischi di acque aggressive o inusualmente calde, presenza di gas tossici o esplosivi, temperature della galleria;

– effetti ambientali del tunnel sulle strutture soprastanti e sul regime delle acque sotterranee con una valutazione di impatto ambientale.

Le previsioni possono essere accurate solo per tunnel a profondità limitata in un sottosuolo ben conosciuto ed uniforme mentre diventano sovente incerte in terreni complessi, poco noti e con scavi a maggiore profondità.

Gallerie prossime alla superficie, viceversa, richiedono una indagine più accurata a causa del rischio di collasso della sottile copertura e per la possibilità di incontrare un fronte di scavo misto roccia – terra (situazione, quest’ultima, decisamente sfavorevole).

In profondità le indagini divengono più costose e forniscono un numero di informazioni precise minori. E’ più frequente, in questi casi, che i dati geologici rimangano frammentari fin anche alla fase esecutiva non raggiungendo mai il livello di precisione di progetti più puntuali quali una fondazione o un rilevato.

Per superare questo problema il tunnel medesimo viene utilizzato quale mezzo per ulteriori esplorazioni. I metodi basati su un’osservazione diretta nello scavo (observational method), infatti, permettono una certa flessibilità nell’uso di sistemi di sostegno e di scavo diversi anche durante la costruzione stabilendo, di fatto, varianti operative definitive rispetto al progetto di partenza.

In ogni caso, l’entità di possibili modifiche può, nella pratica, essere limitato alla necessità di mantenere determinate scelte di fondo, ad es. nel metodo di avanzamento e di rivestimento (come quelle tra scavo con esplosivo o frese e uso di spritz – beton o di calcestruzzo prefabbricato).

Le tecniche di investigazione e gli obbiettivi, ancora, variano in funzione della profondità del tunnel e a seconda che questo passi al di sotto della terraferma o di specchi d’acqua.

Per tunnel a modesta profondità i sondaggi geognostici si rivelano il principale metodo di investigazione laddove un’accurata delimitazione della topografia del bedrock risulta l’obbiettivo più importante.

La profondità del tunnel deve essere scelta in modo da rimanere sempre o nella copertura o in roccia e non lungo l’interfaccia, dove le condizioni variano in continuazione da punto a punto. Le zone di debolezza o di scavo misto (roccia – terreno) devono essere identificate e, possibilmente, evitate. Il terreno può, a propria volta, essere preventivamente trattato con iniezioni o drenaggi se le sue condizioni risultassero pessime.

Nei tunnel a maggiore profondità i sondaggi sono molto onerosi; potendo deviare dall’esatto allineamento anche di molti metri, è necessario eseguire decine di sondaggi per raggiungere gli ambiti d’interesse; inoltre, a causa dei limiti di spesa, i fori possono essere molto distanti l’uno dall’altro.

I sondaggi, in ogni caso, devono essere utilizzati in tutta la loro potenzialità, non solo quale mezzo per ricostruire la successione stratigrafica, ma anche per acquisire campioni, eseguire test, misure della falda e osservazioni. Anche gli affioramenti, qualora presenti, sono da analizzare attentamente.

I metodi geofisici, i sondaggi e l’interpretazione geologica sono quindi utilizzati per estrapolare i dati in profondità correlandoli ai punti nei quali si hanno informazioni.

Nelle esplorazioni offshore le perforazione sono più costose per la necessità di impiegare una piattaforma galleggiante e mezzi di navigazione. I sondaggi devono inoltre essere cementati al termine delle operazioni per ridurre la possibilità di infiltrazioni di acqua quando il tunnel è in fase di scavo.

Per limitare il numero dei sondaggi è possibile utilizzare metodi geofisici (in particolare profili sismici e sonici) per determinare la profondità delle acque, lo spessore dei sedimenti e della roccia al di sopra del tunnel da realizzare.

Lunghi sondaggi orizzontali possono talvolta evitare il ricorso a costose perforazioni verticali.

Oltre che dal carotaggio, informazioni si possono ottenere dalla velocità di penetrazione (in funzione della spinta e della velocità di rotazione), registrando la pressione e la portata dell’acqua di perforazione ed ispezionando le pareti del foro con una telecamera o uno scanner ad ultrasuoni. Il foro permette l’esecuzione di prove in situ lungo l’allineamento della galleria e anche di posizionare strumenti di misura se viene realizzato vicino e parallelo al perimetro del tunnel progettato.

L’esplorazione con tunnel pilota o pozzi offre molti vantaggi rispetto ad un’indagine con soli sondaggi in quanto essi forniscono una migliore visione della roccia rispetto alle carote e alle immagini da telecamera, permettendo di misurar e le orientazioni delle discontinuità, la persistenza, la rugosità, e il materiale di riempimento e di rilevare zone con acqua più o meno in pressione.

Gli stessi consentono inoltre di eseguire test in situ a grande scala, di misurare le venute d’acqua e di trovare il miglior impiego degli esplosivi e del tipo di sostegno. Attrezzato con strumenti di misura il tunnel pilota diventa un prototipo a tutti gli effetti, consentendo trattamenti del sottosuolo come iniezioni di cemento, drenagggi e bullonature.

I tunnel pilota possono essere situati in calotta, in platea o nel centro della sezione finale del tunnel oppure esternamente a questa.

Spesso viene costruito immediatamente al di sotto della platea della galleria principale: in questo caso funge da galleria di drenaggio o può essere utilizzato per il traffico interno dei veicoli che trasportano lo smarino di galleria o per sistemare i nastri trasportatori consentendo di porre in opera l’armatura e le installazioni elettriche e meccaniche senza il disturbo dei mezzi che operano il trasporto all’esterno del materiale. Un tunnel pilota completo può svolgere un ruolo importante anche ad opera terminata come tunnel di servizio o come parte del sistema di ventilazione.

La relazione delle indagini in situ descrivono le operazioni eseguite, i metodi usati, i risultati (che includono i logs dei sondaggi e i valori di livello delle prove), le condizioni della roccia e le previsioni sulle condizioni di scavo. Piante e sezioni, strumenti fondamentali per un rapporto chiaro, mostrano graficamente come le condizioni varino da punto a punto.

Il rapporto deve risultare esplicito anche sulla validità dei dati, sulle limitazioni e sulle interpretazioni.

8.6 – Considerazioni particolari sul progetto

8.6.1 – Tunnel o scavo a cielo aperto

Talora, nella progettazione di un’opera, si rivela necessario scegliere tra uno scavo a cielo aperto, uno scavo cut & cover (ossia uno scavo costituito da una trincea, in cui viene inserita o gettata in opera la struttura e che infine viene ricoperto), uno scavo completamente nel sottosuolo, o, sovente, l’affondamento controllato di una struttura prefabbricata (in particolare per costruzioni sottacqua). Molti tunnel poco profondi iniziano come scavo a cielo aperto e procedono poi con la tecnica cut & cover e dello scavo completamente sotterraneo. Il cut & cover risulta conveniente fino ad una profondità ~10 m, ma presenta controindicazioni nelle aree urbane dove crea disturbo al traffico e rumore e dove è necessario predisporre adeguati rinforzi per le fondazioni delle costruzioni limitrofe allo scavo.

8.6.2 – Ubicazione degli imbocchi e utilizzo di attacchi intermedi

D norma lo scavo di una galleria prende inizio, almeno contemporaneamente, dai due imbocchi; talora, tuttavia, si può procedere anche mediante attacchi intermedi per diminuire l’entità degli impianti (aerazione, pompaggio etc.) oltre che le distanze dei trasporti, aumentando la rapidità d’esecuzione. La scelta di utilizzare o meno attacchi intermedi dipende sostanzialmente:

–       dal tempo in cui il lavoro deve essere compiuto;

–       dalla natura dei terreni e, conseguentemente, dalle difficoltà che essi pongono;

–       dalla disponibilità di mezzi in quanto, ovviamente, ogni attacco richiede un cantiere indipendente.

L’attacco intermedio viene effettuato per mezzo di finestre o di pozzi.

Le finestre sono gallerie sussidiarie con asse trasversale a quello della galleria principale, che potranno eventualmente essere utilizzate come condotti per l’aerazione (in questo caso vengono rivestite) oppure vengono chiuse (in questo caso sono sostenute provvisoriamente). In genere sono scavate con pendenza verso l’esterno in modo che sia facilitato il trasporto del marino e l’allontanamento delle acque.

I pozzi sono fori a sezione circolare, quadrata o rettangolare e possono risultare sia verticali che inclinati. Vengono, ovviamente, localizzati dove la profondità della galleria del piano campagna non è eccessiva ubicati lateralmente alla galleria stessa alla quale sono collegati da camere di lavoro (per lo smarino è necessario predisporre montacarichi se il pozzo è verticale, oppure nastri mobili o sistemi a fune se il pozzo è inclinato). Gli sbocchi in superficie dei pozzi, inoltre, devono essere sistemati in località facilmente accessibili.

Criterio fondamentale per la decisione di aprire attacchi intermedi è la durata presunta dei lavori, che normalmente viene posta come condizione base nell’appalto.

Occorre perciò stabilire, per gli accessi intermedi, la sezione da adottare, il numero degli attacchi e la presumibile velocità d’avanzamento.

Le finestre sono frequenti in tunnel lunghi per offrire più fronti di scavo, per poter trasportare il materiale all’esterno più rapidamente per creare una certa ventilazione e per ragioni di sicurezza. Come accennato in precedenza, talvolta finestre e pozzi sono temporanei, ma possono anche essere integrati nella struttura definitiva.

In corrispondenza degli imbocchi risiedono spesso le peggiori condizioni, sia per lo scavo che per il sostegno, a causa di fattori diversi.

L’imbocco è il punto in cui vi è minor copertura, dove ogni crollo di materiale in galleria rapidamente si ripercuote in superficie, dove la roccia è più alterata e i giunti più aperti e dove i problemi della stabilità dei versanti si combinano con quelli dello scavo del tunnel; é anche il punto dove l’impresa inizia i lavori, dove si ha meno esperienza delle condizioni del terreno e dove l’uso degli esplosivi e delle armature può non essere stato ancora ottimizzato. Un rinforzo preventivo dell’area di imbocco, un monitoraggio intensivo dei movimenti del terreno e una certa precauzione nell’uso degli esplosivi risultano necessari in molti casi. Il luogo ideale per l’ubicazione di un imbocco, a parità di altri fattori, è un affioramento in cui vi sia roccia esposta di buone qualità e dove la roccia sopra la calotta della galleria presenti un soddisfacente spessore.

Gli imbocchi dei pozzi tendono ad esser più stabili di quelli delle gallerie orizzontali poiché la forza di gravità agisce lungo la direzione dell’asse dello scavo e poiché i moduli delle componenti orizzontali dello sforzo sono sovente simili tra loro.

I maggiori problemi nell’approfondimento di un pozzo usualmente s’incontrano nella regolite, ossia al contatto terra-roccia in posto, dove il suolo è ricco di massi di grosse dimensioni e la roccia sciolta, alterata e permeabile. Iniezioni di cemento o tecniche di congelamento possono essere necessari prima di approfondire lo scavo per prevenire venute d’acqua e stabilizzare il foro.

8.6.3 – Il tracciato e la pendenza

II tracciato e la pendenza sono scelti in funzione dello scopo per cui la galleria viene costruita, delle condizioni del sottosuolo e del metodo di scavo.

Un tunnel in un terreno uniforme usualmente segue il percorso più breve tra gli imbocchi per minimizzare i costi di escavazione e di sostegno fermo restando che, ad es., i tunnel per il trasporto dell’acqua devono rispettare parametri idraulici e quelli stradali e ferroviari devono soddisfare norme riguardanti la pendenza, la visibilità etc.

Quando le condizioni geologiche sono variabili, l’allineamento e la pendenza devono essere modificati per evitare di scavare i terreni instabili o difficili. Ad es., i tunnel poco profondi, come già detto, devono essere progettati in modo da passare o interamente nella roccia o nel suolo e non alla loro interfaccia, dove spesso si hanno venute d’acqua.

Limiti nella progettazione sono posti anche dai metodi di scavo e dai macchinari a disposizione. Le TBM non possono procedere oltre certe pendenze o con ridotti raggi di curvatura (ad es., il minimo raggio di curvatura per un tunnel del diametro di 6 m è > 100 m).

Queste restrizioni non esistono per tunnel scavati con frese puntuali o con esplosivo; questi ultimi, per contro, talvolta devono essere realizzati a maggiori profondità, ad es. per non procurare lesioni alle rocce al di sopra di una calotta di spessore limitato, oppure per la presenza di fondazioni a piccola distanza.

8.6.4 – La forma della sezione

Le sezioni delle gallerie possono essere circolari, ellittiche, a forma di ferro di cavallo e ad U rovesciata. Quest’ultima s’é sviluppata in passato soprattutto per la necessità di costruire muri verticali a sostegno di un arco di mattoni (o pietre). La sezione circolare è ideale nei tunnel utilizzati per il trasporto d’acqua in quanto si sfrutta ottimamente l’area di scavo e perché permette l’uso di acciai tubolari ad alta resistenza. La forma a ferro di cavallo si applica bene a canali fognari e a canali per il drenaggio delle acque piovane. La dimensione ridotta nella parte inferiore fa sì che, con portate limitate, esso si mantenga comunque pulito, mentre l’aumento di larghezza nella parte alta permette il drenaggio di quantità notevoli di acqua durante forti temporali o piene.

Un tunnel di trasporto richiederebbe teoricamente un’area rettangolare per il traffico. Solo una parte di un tunnel circolare può infatti essere utilizzata, anche se parte dello spazio nell’arco rovescio e in calotta può essere utilizzato per la ventilazione, il drenaggio e altri servizi. In un tunnel veicolare o ferroviario a due corsie a sezione circolare il traffico occupa il 50% dell’area totale, mentre in un tunnel a 3 corsie il fattore di utilizzo si riduce al 40%. In una galleria ellittica a 3 corsie il fattore di utilizzo sale al 52%.

Nella scelta della sezione del tunnel in progetto vanno considerate la qualità della roccia e le condizioni di sforzo sotterranee. Una sezione circolare è teoricamente la più stabile (avendosi la minore concentrazione degli sforzi) in condizioni della roccia isotrope e in condizioni idrostatiche delle tensioni naturali intorno al cavo, mentre una sezione ellittica con l’asse maggiore allineato lungo la direzione di massimo sforzo può essere migliore in caso di tensioni naturali verticali ed orizzontali differenti. Tutto questo porta a realizzare spesso sezioni più larghe che alte in conseguenza della normale distribuzione degli sforzi nelle rocce superficiali in cui lo sforzo orizzontale è maggiore di quello verticale.

La corretta progettazione della forma di una galleria, e, a maggior ragione, di una caverna può limitare grandemente l’insorgere di deformazioni, di colpi di roccia (rockbursting) e l’insorgere di fratturazione parallela alle pareti (slabbing).

La scelta del tipo di sezione della galleria è legata anche al metodo di scavo. Un cavo circolare si presta a un avanzamento con frese a sezione piena (TBM) che richiede il minor volume di scavo per una determinata sezione. Una sezione ellittica può essere ottenuta abbattendo il setto tra due tunnel circolari molto vicini tra loro. La sezione rettangolare è inevitabile quando si fa uso di esplosivo attraverso formazioni sedimentarie stratificate orizzontalmente.

8.6.5 – Tunnel singoli o doppi

Spesso il tecnico deve optare nella scelta tra un singolo tunnel maggiore o due tunnel a sezione più ristretta.

Il singolo tunnel è meno costoso se la qualità della roccia è buona e se vi è una copertura di un certo spessore sopra la calotta; se, viceversa, questa è sottile e la roccia è scadente o debole la soluzione di due tunnel appaiati diventa più interessante in quanto vi è un costo minore per assicurare il sostegno. Il costo più alto per aver scavato un maggior volume di roccia viene ampiamente compensato dal risparmio in armatura e rivestimento e dalle minori perdite di tempo dovute all’instabilità del terreno.

La distanza tra i due tunnel deve essere sufficiente perché il pilastro centrale costituisca un sostegno sicuro: le sue dimensioni dipendono dal livello tensionale e dalla resistenza dell’ammasso, e verranno determinate dopo accurate analisi in sito e calcoli.

Nello scavo di gallerie parallele per scopi minerari la distanza tra i due tunnel è generalmente almeno doppia della somma dei diametri delle due gallerie; nel caso in cui il tunnel sia scavato con esplosivo la distanza è ancora maggiore. Una separazione maggiore può rendersi necessaria in tunnel che devono essere scavati accanto ad altri già terminati e rivestiti in quanto la galleria esistente può venire danneggiata dalle nuove condizioni tensionali.

8.7 – Problemi connessi a venute di fluidi e a livelli termici in galleria

8.7.1 – Venute d’acqua

L’entità delle infiltrazioni in tunnel sotto la falda dipende dalla spaziatura e dalla permeabilità dei giunti e dall’altezza del carico d’acqua sopra al tunnel. In presenza d’acqua lo scavo del tunnel diventa più complesso, lento e costoso e gli incidenti più frequenti in quanto le macchine e le attrezzature umide o bagnate si rivelano più difficili da maneggiare.

Pompe di grande portata sono necessarie per prevenire l’allagamento della galleria quando vi sono ingenti venute d’acqua come può avvenire in rocce carsiche.

Infiltrazioni d’acqua possono causare danni anche a galleria terminata, sia deteriorandone le finiture, sia corrodendone i supporti metallici e il calcestruzzo, oltre a creare situazioni di pericolo ad esempio in gallerie stradali, tanto che in alcune nazioni viene stabilita un’infiltrazione massima d’acqua funzione della destinazione della galleria.

8.7.2 – Previsioni sulle venute d’acqua

L’acqua che raggiunge il cavo scorre normalmente lungo faglie e fratture, motivo per cui più lungo è il tunnel maggiore è l’infiltrazione e la possibilità d’incontrare zone fratturate o formazioni ricche d’acqua.

Più attendibile di una previsione sulla quantità prevista d’acqua che raggiunge il cavo è una attendibile previsione sulla natura e sull’ordine di grandezza dell’eventuale problema; per raggiungere questo scopo è necessario fornire una attendibile interpretazione geologica dell’area in esame e del regime delle acque sotterranee sulla base di un attento rilievo geologico e di misure di permeabilità. Le venute d’acqua in galleria sono legate a:

Tipo di roccia: più che al tipo in senso stretto si fa riferimento alle caratteristiche strutturali dell’ammasso roccioso (fratturazione più o meno intensa ed uniforme, presenza di discontinuità continue, faglie, fratture o, addirittura superfici di sovrascorrimento, discontinuità aperte o chiuse, caratteristiche idrauliche del materiale di riempimento etc.).

Condizioni d’alimentazione: le discontinuità in superficie possono raggiungere un bacino naturale permanente (laghi, mare), o non permanente (conca, valle); in questo secondo caso è utile avere indicazioni sull’entità della piovosità annuale potendo essere necessario redigere una carta delle isopiezometriche. Le discontinuità possono viceversa non avere connessione con alcun tipo di bacino naturale o meno in questo caso l’eventuale acqua presente sarà dovuta solo alla permeabilità della roccia stessa ed ai regimi pluviometrici locali (Fig. 8.5).

Fig. 8.5 – Schema venute d’acqua in galleria: 2) alimentazione regolare e concentrata; 13) stillicidi occasionali.

Presenza di rocce serbatoio: è possibile distinguere diversi tipi di rocce o terreni serbatoio che si possono sommariamente raggruppare in 3 classi: rocce porose a permeabilità elevata, rocce fratturate, e terreni sciolti. Dopo aver riconosciuto le condizioni geologico – strutturali locali e le condizioni idrauliche, occorre determinare il quantitativo d’infiltrazione che presumibilmente è in grado di caratterizzare la galleria.

Per determinare tale quantitativo si adottano due criteri:

–       criterio qualitativo o geologico;

–       criterio quantitativo.

Col criterio geologico il problema consiste nel localizzare con buona approssimazione a quale progressiva possano essere trovate le venute d’acqua e indicare, con la maggior precisione possibile, le modalità e la quantità con cui l’acqua entra in galleria segnalando la probabilità di avere venute d’acqua assenti, stillicidio, venute d’acqua concentrate, venute d’acqua diffuse.

Come noto, la permeabilità di una roccia è soprattutto funzione dell’apertura e della spaziatura delle fratture rilevabile in superficie o tramite sondaggi.

Un contributo può venire dall’indagine geofisica ma il punto di riferimento importante è costituito dalla localizzazione delle sorgenti che possono dare un’idea sulla quantità d’acqua che circola in un sistema di fratture e che, quindi, potrebbe essere richiamata da parte della galleria.

Col criterio quantitativo, invece, è possibile calcolare, seppur con approssimazione, la quantità d’acqua che può entrare in galleria mediante l’applicazione della legge di Dupuit considerando la galleria come un pozzo orizzontale in falda libera e calcolando il richiamo dell’acqua da parte dell’opera utilizzando la formula relativa:

Q = πk(H2h2)/log(R/r)

dove (Hh) è il carico idraulico; R il raggio d’influenza che coincide col raggio del bacino versante o con lo spessore della zona permeabile; r il raggio della galleria e k il coefficiente di permeabilità.

Un approccio diverso è quello proposto da Goodman per il quale le soluzioni proposte per una previsione delle venute d’acqua includono modelli sia d’infiltrazione attraverso le pareti della galleria senza abbassamento della superficie piezometrica, sia con un abbassamento di questa, sia durante l’avanzamento del tunnel in una zona satura, sia il flusso transitorio dell’acqua attraverso la parete del fronte di scavo.

L’equazione per quantificare le venute d’acqua in situazioni dove non vi può essere abbassamento della superficie piezometrica, ad es. sotto un lago, un fiume o un acquifero ben alimentato è la seguente:

q = 2K(H+h)/2.3 log (r/2h)

dove q è il flusso stazionario per unità di lunghezza attraverso le pareti del cavo completamente circondate da una formazione contenente acqua con una permeabilità KH la distanza dal sovrastante lago o fiume, h la distanza tra la calotta e la superficie topografica ed r il raggio del tunnel.

Soluzioni come queste possono essere utilizzate per avere un’indicazione approssimata sulle caratteristiche che deve avere l’impianto di pompaggio da utilizzare in galleria in condizioni uniformi.

8.7.3 – Il problema delle acque aggressive

Le acque aggressive sono fluidi che aggrediscono i cementi per la loro ricchezza in ione solfato (SO4) provocando un deterioramento dei rivestimenti. L’analisi chimica e chimico – fisica di un’acqua è importante in relazione quindi ad un eventuale impiego di cementi speciali.

L’aggressività di un’acqua è dovuta anche alla presenza di HFH2SO4H2CO3, H2COO3, CH3-CH(OH)-COOH, questi ultimi possono derivare dalla presenza di scarichi organici oppure di suoli molto acidi (torbe).

Risultano anche aggressive acque con contenuto salino > 150 mg/l e, in generale, con pH < 7.

L’entità dell’azione aggressiva sul cls per varie concentrazioni di soluto nelle acque e schematizzata come segue:

Tipo di attacco                                      Concentrazioni di ioni solfato (SO4) in ppm

Trascurabile                                                                 0 – 150

Positivo                                                                    150 – 1000

Considerevole                                                        1000 – 2000

Energico                                                                         > 2000

Per quanto riguarda la previsione della presenza delle acque aggressive si opera mediante l’analisi chimica delle sorgenti oltre che sulla base del rilievo geologico dell’area che può mettere in evidenza la presenza di rocce gessose, anidritiche, contenenti pirite etc.

8.7.4 – Perdite d’acqua

Perdite d’acqua sono possibili in tunnel che trasportano acqua in pressione o fluidi tossici. Scavi sotterranei per il trasporto, ad es., di petrolio non in pressione possono non essere rivestiti se la qualità della roccia é elevata, ma fluidi di maggiore tossicità o in pressione devono essere sempre contenuti con isolanti impermeabili.

La perdita d’acqua può essere pericolosa soprattutto se in pressione: l’acqua che circola ad alta velocità è fortemente erosiva. Se i terreni o i riempimenti dei giunti intorno al tunnel modificano le proprie caratteristiche variando il contenuto in acqua, ogni lesione nel rivestimento può portare allo sviluppo di forti pressioni per rigonfiamento.

8.7.5 – Depressione della falda

II drenaggio effettuato dal tunnel può abbassare il livello della falda. incidendo su riserve d’acqua potenziali o già striniate, oppure può generare fenomeni di subsidenza per la consolidazione dei terreni soprastanti. I rischi ambientali devono quindi essere attentamente valutati: l’azione drenante della galleria può essere permessa .se limitata e se non si prevede subsidenza nell’area; viceversa il drenaggio deve essere ridotto già durante la costruzione con iniezioni o in attesa della realizzazione del rivestimento che va a costituire una barriera permanente contro le infiltrazioni.

I metodi per controllare le infiltrazioni e le perdite di acqua includono i drenaggi e le iniezioni di cemento o di miscele chimiche, spesso usate anche in combinazione.

8.7.6 – Controllo a breve termine delle acque sotterranee

Durante la costruzione, la galleria deve essere mantenuta il più asciutta possibile per mantenere condizioni di sicurezza soprattutto quando lo scavo avviene in rocce argillitiche che possono trasformarsi facilmente in fango. La base della galleria viene attrezzata con canali laterali e con una serie di pozzetti per la raccolta dell’acqua e il suo successivo pompaggio all’esterno.

Venute d’acqua contenute possono essere controllate da pompe posizionate dentro la galleria. Viceversa, pressioni idrauliche elevate al punto di causare instabilità possono essere ridotte con fori di drenaggio sempre che l’incremento d’acqua in galleria possa venire smaltito dalle pompe. Se venute d‘acqua più consistenti e a pressione molto alta vengono previste dalle indagini in situ o dalle prove al fronte di scavo, possono essere ridotte da iniezioni realizzate dalla superficie, da fori pilota o dal fronte di scavo. Nel caso in cui gli altri metodi non diano buoni risultati l’afflusso di acqua può essere contenuto attraverso il congelamento del terreno o lavorando in ambiente pressurizzato (se la pressione dell’acqua non è troppo elevata) o abbassando il livello della falda (ad es. con well-points o pozzetti puntiformi realizzati dalla superficie). I costi in ogni caso sono elevati e le conseguenze ambientali devono essere attentamente valutate. L’abbassamento della falda è una risorsa estrema e viene più spesso utilizzata realizzando gallerie in terra che non in roccia.

Un altro metodo di impermeabilizzazione è costituito dall’iniezione di cemento o miscele chimiche da un ventaglio di fori leggermente inclinati verso l’esterno a partire dal fronte di scavo. L’uso di miscele chimiche o cementizie è funzione innanzitutto della pressione dell’acqua nel terreno.

L’esperienza ha messo in luce come i trattamenti di iniezione preventivi siano più efficaci di quelli messi in opera successivamente al verificarsi delle venute d’acqua in galleria.

8.7.7 – Controllo a lungo termine delle acque sotterranee

Quando un tunnel rimane privo di rivestimento, non sono comunque accettabili cascate d’acqua sulla strada o sui binari ferroviari soprattutto se esposti al gelo invernale. Allo scopo di evitare infiltrazioni locali possono venire installate lastre d’alluminio o in fibra di vetro corrugato che guidano l’acqua ai margini del cavo e da qui, con canalette, fuori dal tunnel.

Un sandwich di lana di roccia o di schiume di poliuretano posto tra le lastre e la roccia impedisce che si verifichino danni nel caso di congelamento dell’acqua.

Per impermeabilizzare tunnel rivestiti l’uso d’iniezioni di cemento è meno costoso e più semplice rispetto all’esecuzione di drenaggi anche perché la durata dei sistemi di pompaggio, necessari se lo smaltimento delle acque non può avvenire per sola gravità, è limitata e dipende dalla composizione chimica del l’acqua (ad es., alte concentrazioni di calcio e di ossidi di ferro portano ad intasare le pompe e i canali di drenaggio rapidamente).

La combinazione di uno strato di cemento con dreni poco profondi per smaltire l’infiltrazione residua è talvolta molto efficace.

L’iniezione di cemento dietro un rivestimento già eseguito (back-grouting) si rivela una procedura più accurata e meno costosa che non un’iniezione dalla superficie realizzata prima che il tunnel sia scavato ed è il metodo preferito se le infiltrazioni sono di quantità tale da essere tollerate durante lo scavo della galleria. Un’altra ragione per preferire il back-grouting è che questo assicura un contatto continuo e privo di vuoti tra rivestimento e roccia.

I giunti in un rivestimento formato da più elementi prefabbricati sono impermeabilizzati da guarnizioni e collanti. Rivestimenti gettati in posto vengono impermeabilizzati con una membrana impermeabile tra l’armatura e il rivestimento.

Tunnel che trasportano acqua o fluidi tossici sono spesso rivestiti da tubi di acciaio cementati successivamente alla roccia.

8.7.8 – Rischi connessi a gas

Del gas naturale può rimanere intrappolato in tasche in diverse formazioni geologiche. Alcuni gas, come, ad es., il metano, quando si diffondono nel tunnel sono pericolosi non solo per la loro tossicità ma anche per la potenziale esplosività. Il monossido di carbonio (CO) e il solfuro di idrogeno (H2S) sono tossici ma non esplosivi, ma anche gas non tossici come il biossido di carbonio(CO2) possono portare al soffocamento se troppo abbondanti. Quando viene scavato un tunnel in formazioni di cui è nota o sospetta la presenza di gas, deve essere campionata la roccia con sondaggi esplorativi per stimare la quantità e le caratteristiche chimiche dei gas presenti, cosi come è necessario campionare e analizzare periodicamente l’aria in corrispondenza del fronte di scavo e assicurare una buona ventilazione.

8.7.9 – Il problema della temperatura

Durante lo scavo di alcune grandi gallerie si sono registrate elevate temperature che hanno ostacolato le normali operazioni di lavoro da parte del personale; ad es. nelle gallerie alpine del Sempione, del S. Gottardo e del Fréjus si sono registrate temperature massime rispettivamente di 55.4°C, 40.4°C, 29.5°C

Sorge quindi il problema, per la sicurezza delle maestranze, di acquisire un modello, in sede progettuale, delle temperature incontrabili nell’esecuzione del cavo anche per un corretto dimensionamento delle opere di ventilazione.

Gli elementi su cui si fondano i calcoli sono: la temperatura media annua esterna, la disposizione delle geoisoterme, la conducibilità termica della roccia, le condizioni idrogeologiche, la quota del tunnel. In base a tali parametri sono state proposte diverse formule, la più nota delle quali è quella di Szechy:

T = lt + k + [(hc)/g]

Dove c è lo spessore dello strato soggetto alle variazioni di temperatura esterna, normalmente limitato a ≤ 25 m; h la copertura totale sopra al tunnel (m); lt la temperatura media annua esterna dell’aria (°C); g il gradiente geotermico (m/°C) determinato misurando la temperatura in sondaggi profondi e stimabile entro i 30÷50 m/°C e k il fattore di correzione, espresso in °C, che tiene conto della differenza fra la temperatura del terreno e quella dell’aria ed è funzione della quota del profilo topografico (a livello del mare vale 0.8, a 500 m 0.1, a 1000 m 0.3, a 1500 m 1.7, a 2000 m 2.3 e a 2500 m 3.0).

E’ stato possibile ricostruire, durante l’esecuzione di alcune gallerie, utilizzando i valori della temperatura esterna e interna alla galleria, l’andamento delle isogeoterme trovando che queste seguono, approssimativamente, la superficie topografica attenuandone le accidentalità, ma che presentano notevoli anomalie in presenza di ghiacciai in superficie, di acque fredde discendenti all’interno del cavo o di acque calde ascendenti.

Anche la natura delle rocce e la posizione dei piani di stratificazione o di scistosità esercitano una certa influenza sulla distribuzione delle temperature all’interno, cosi come l’orientazione del versante e la presenza di copertura vegetale.

8.8 – Tensioni negli ammassi rocciosi

Quando si considerano le tensioni in un ammasso roccioso, occorre conoscere non solo la tensione esistente in un punto, ma anche la distribuzione delle tensioni, ossia il campo tensionale completo esistente nell’ammasso stesso.

Quest’ultimo può essere dovuto all’azione concomitante di più tensioni come la forza di gravità, agente su ogni singolo elemento di massa, e le sollecitazioni tettoniche sviluppatesi nel corso della storia geologica. Il campo geostatico dipende, inoltre, da come tali sollecitazioni si propagano all’interno dell’ammasso, in funzione del suo comportamento meccanico.

Entro il corpo roccioso, infatti, tende a realizzarsi, nei tempi geologici, una situazione dì equilibrio tensionale che viene disturbato quando si esegue uno scavo sotterraneo; questo determina innanzitutto una redistribuzione delle tensioni che, in alcuni casi, possono essere sufficientemente elevate da oltrepassare il limite di resistenza dell’ammasso in una zona, più o meno estesa, di questo (normalmente nell’intorno delle pareti dello scavo).

Se questo si verifica la rottura della roccia può portare ad un’instabilità espressa come una progressiva chiusura del cavo con il crollo della calotta e/o con deformazioni dei piedritti; in casi estremi può avvenire l’esplosione della roccia, ossia una rottura repentina generalizzata che avviene in una massa di roccia resistente e fragile quando il suo limite di resistenza viene oltrepassato simultaneamente in tutta la massa.

Allo scopo di comprendere schematicamente i meccanismi d’instabilità che si possono determinare per l’insorgenza di tensioni indotte, è necessario riprendere alcuni concetti di base inerenti a sforzi e deformazioni. La discussione, in questo caso, viene limitata alla sola teoria dell’elasticità che, in termini operativi, risulta applicabile alle sole rocce dure. Scavi in rocce deboli, aventi proprietà tempo-dipendenti, richiedono, viceversa, l’applicazione di teorie comportamentali diverse e più complesse per le quali si rimanda ai capitoli successivi.

Prima di poter calcolare qualsiasi redistribuzione degli sforzi attorno ad uno scavo, occorre determinare, tramite misure o stime, il campo di sforzi naturale, cioè preesistente alla realizzazione del cavo premettendo, a completamento, come la misura diretta del campo di sforzi naturale sia ancora oggi un’attività complessa richiedente tempi e costi impegnativi.

Da tali considerazioni, allora, è nata l’esigenza di formulare una teoria che, nell’impossibilità di eseguire misure tensionali dirette, consenta una stima sufficientemente accurata delle tensioni naturali.

8.8.1 – La teoria di Terzaghi-Richart

Questi autori suggerirono di considerare un elemento cubico di una roccia sedimentaria, con strati orizzontali pianoparalleli, in una regione geologicamente indisturbata.

Per questo elemento cubico siano σz lo sforzo verticale e σx,σy quelli laterali; le deformazioni sono determinate secondo la teoria dell’elasticità dalle relazioni:

εz = [σz – ν(σxσy)]/E

εx = [σx – ν(σyσz)]/E

εy = [σy – ν(σxσz)]/E

Con deformazioni laterali nulle (εx = εx = 0 come è possibile ipotizzare per un elemento confinato lateralmente), si ha:

σx = σy = [v/(1v)] σz

Indicando con σv lo sforzo verticale e con σh lo sforzo orizzontale la relazione diventa:

σh = [v/(1v)] σv

Per una roccia con un coefficiente di Poisson pari a 0.25, la relazione mostra come gli sforzi laterali debbano essere pari a 1/3 dello sforzo verticale, in assenza di deformazione laterale.

In realtà le misure delle tensioni realizzate in diversi luoghi hanno mostrato quanto poco spesso i valori registrati siano quelli previsti dall’equazione e tutto ciò ha portato a concludere che le ipotesi di base assunte per questo modello non soddisfino le condizioni geologiche reali. La teoria riveste tuttavia una notevole importanza storica per l’influenza che essa ha esercitato sulla Meccanica delle rocce per almeno 20 anni.

8.8.2 – La regola di Heim-Talobre

Con riferimento ad una precedente idea di HeimTalobre evidenziò successivamente come l’incapacità della roccia a sopportare elevati sforzi deviatori (cioè elevate differenze tra σv e σh) assieme agli effetti delle deformazioni tempo-dipendenti dell’ammasso roccioso, possa portare gli sforzi laterali e quelli verticali ad equivalersi, nell’arco dei tempi geologici.

La regola di Heim è ampiamente utilizzata operando su rocce deboli, quali carbone o evaporiti, nelle quali si è potuta verificare una buona approssimazione con gli sforzi reali esistenti in situ.

La regola si applica con successo anche per altri materiali per la stima delle tensioni orizzontali a profondità > 1 km.

8.8.3 – Le misure in situ degli sforzi

Negli ultimi 2 decenni sono state sviluppate ed utilizzate in diverse parti del mondo numerose tecniche per la misura in situ delle tensioni. Una parte di queste è definita nelle Figg. 8.6 e 8.7 non riportanti misure ottenute in contesti geologici particolari quali le aree a recente attività tettonica.

In particolare il diagramma di Fig. 8.7 mostra come vi sia una buona corrispondenza tra le misure dello sforzo verticale e i valori calcolati con la semplice relazione:

σz = γ z

dove γ è il peso dell’unità di volume della roccia, generalmente compreso entro 20÷30 kN/m3 e z è la profondità alla quale si desidera calcolare lo sforzo.

In realtà, a profondità limitate, si ha una considerevole dispersione dei dati misurati attorno a quelli previsti teoricamente; almeno in parte ciò può essere dovuto al fatto che questi valori sono prossimi al limite d’accuratezza della maggior parte degli strumenti di misura utilizzabili in campo geologico.

Fig. 8.6 – Relazioni tra i valori medi del rapporto σH/σV e la profondità z.

Per contro non deve essere trascurata la possibilità che esistano effettivamente alti valori dello sforzo verticale anche per profondità limitate, in particolare là dove alcuni caratteri geologici o topografici inusuali possono aver influenzato l’intero campo tensionale.

Fig. 8.7 – Relazioni tra σV e z.

La Fig. 8.6 mostra un grafico in cui k, rapporto tra i valori medi dello sforzo orizzontale e di quello verticale, viene riportato in funzione della profondità. Si nota come, per la maggior parte dei punti riportati, i valori di k sono compresi tra i limiti definiti dalla relazione

(102/z)+0.3 < k < (15 102/z0.5

dove k = σh/σv.

II diagramma mostra come, per profondità < 500 m, lo sforzo orizzontale sia spesso significativamente maggiore dello sforzo verticale, mentre per profondità maggiori a 1 km, questi tendano, nei valori medi, a uguagliarsi come previsto dalla regola di Heim.

Questo comportamento è dovuto, quindi, all’incapacità della roccia di sopportare alti sforzi quando esistono grandi differenze nelle grandezze dei 3 componenti principali dello sforzo: se si realizzassero grandi sforzi orizzontali a profondità maggiori di 1 km, ciò indurrebbe fratturazioni, scorrimenti plastici o deformazioni tempo-dipendenti a carattere viscoso nella roccia e l’effetto tenderebbe a riequilibrare e ridurre le differenze tra gli sforzi.

Nella Fig. 8.6 viene riportato il valore medio dello sforzo orizzontale; in realtà, in molti casi, si registrano differenze significative tra i valori di questo sforzo nelle diverse direzioni orizzontali e sarebbe opportuno tenerne separati i valori.

L’ampia variabilità dei valori misurati in sito mette in luce l’incertezza insita in ogni tentativo di predire il valore degli sforzi agenti orizzontalmente sulla base di più o meno semplici teorie e, quindi, la necessità di eseguire misure dirette

8.8.4 -.Stato tensionale attorno ad uno scavo singolo

8.8.4.1 – Analogia tra linee di flusso e traiettorie degli sforzi principali

II metodo più in uso per la rappresentazione del campo di sforzi determinatesi in seguito alla realizzazione di uno scavo utilizza le traiettorie degli sforzi principali: queste sono linee tangenti alle direzioni degli sforzi principali, che sono ortogonali tra loro ed agenti in ogni punto del piano considerato nel corpo elastico in tensione.

La Fig. 8.8 rappresenta le traiettorie degli sforzi principali maggiore e minore attorno ad un foro circolare realizzato in una piastra sottoposta ad una compressione uniassiale. E’ da notare come le orientazioni degli sforzi principali siano significativamente diverse dalla verticale e dall’orizzontale in prossimità del cavo.

Fig. 8.8 – Traiettoria degli sforzi principali (M e m) attorno ad un foro circolare.

In modo analogo quando una costruzione cilindrica come la pila di un ponte è immersa in una corrente laminare, l’acqua scorre attorno al cilindro con linee di flusso deflesse dall’ostacolo (Fig. 8.9). Immediatamente a monte e a valle dell’ostacolo la velocità della corrente è ridotta e le linee di flusso si allargano verso l’esterno: tale separazione rappresenta, nel caso delle traiettorie dello stress, una zona in trazione; tale componente trattiva insorge al tetto e alla base di uno scavo circolare sottoposto ad uno sforzo uniassiale compressivo. Su entrambi i lati dell’ostacolo la corrente deve aumentare la velocità, per mantenere la continuità del corpo idrico, e le linee si addensano: nel caso del corpo elastico questo fenomeno esprime l’aumentare delle componenti compressive. Dalla figura si osserva come all’esterno di un’area avente diametro pari a circa 3 volte il diametro del foro le linee di flusso non vengano significativamente influenzate dall’ostacolo, il quale crea, quindi, solo un disturbo localizzato.

Fig. 8.9 – Linee di flusso deflesse da un ostacolo sotto corrente laminare.

Questa situazione si osserva anche nel campo di sforzi: i punti della massa rocciosa distanti dal centro del cavo più di 3 volte il raggio del cavo stesso non sono influenzati significativamente dalle variazioni indotte nella distribuzione degli sforzi.

8.8.4.2 – Misura degli sforzi attorno ad uno scavo circolare

Condizioni di deformazione piana

Considerando un ammasso roccioso sufficientemente esteso da poter assumere che, ad una data profondità, i valori degli sforzi principali siano costanti, è possibile supporre che lo scavo di un tunnel orizzontale, di sezione arbitraria ma costante, produca una redistribuzione degli sforzi tale da risultare, escluse le regioni prossime agli imbocchi, virtualmente la medesima su ogni sezione normale all’asse del tunnel.

Questa situazione esprime, con buona approssimazione, l’idealizzazione teorica delle condizioni di deformazione piana, secondo le quali, durante il processo di scavo, tutte le deformazioni avvengono in un piano (il piano verticale normale all’asse del tunnel), e il campo di sforzi ha lo stesso andamento qualunque piano verticale si consideri.

Se in questa situazione, schematizzata in Fig. 8.10, uv e w sono le componenti delle deformazioni lungo gli assi xy e z, risultanti dallo scavo, allora v = 0mentre u e w sono funzione di x e di z ma non di y. Per materiali a comportamento elastico lineare ciò è espresso dalle seguenti relazioni tra le deformazioni e gli sforzi indotti dalla creazione della cavità nel corpo:

dove:

Per calcolare gli sforzi, le deformazioni e gli spostamenti indotti attorno allo scavo in un materiale elastico è quindi necessario ricorrere alle espressioni matematiche della teoria dell’elasticità. Ciò significa che un insieme d’equazioni di equilibrio e spostamento, compatibili tra loro, devono essere risolte in riferimento a determinate condizioni al contorno ed alle leggi costitutive del materiale.

Fig. 8.10 – Condizioni di deformazione piana.

Una delle prime soluzioni proposte per il problema bidimensionale in un corpo elastico venne pubblicata da Kirsh per la semplice sezione circolare del cavo (le equazioni finali sono riportate in Fig. 8.11), utilizzando un sistema di riferimento in coordinate polari nel quale gli sforzi sono definiti in termini di trazioni agenti sulla faccia di un elemento definito dal raggio r e dall’angolo polare θ.

Fig. 8.11 – Modello ed equazioni di Kirsch relative alla definizione degli sforzi in un materiale circondante un foro circolare entro un corpo elastico sollecitato.

L’esempio a seguire mostra alcuni semplici ma importanti fenomeni riguardanti la distribuzione degli sforzi attorno allo scavo.

Sforzi sulla superficie dello scavo

Le equazioni riportate in Fig. 8.11 mostrano come lo sforzo radiale σr, e lo sforzo di taglio (τr)θ siano entrambi nulli sulla parete dello scavo dove r = a. Lo sforzo tangenziale sulla parete è dato, invece, dalla relazione:

σ0 = pz [(1+k) – 2 (1kcos2θ]

dove con pz è indicato lo sforzo verticale e con k il rapporto tra lo sforzo orizzontale e quello verticale.

In calotta (o meglio, in chiave) e alla base dello scavo, dove si hanno, rispettivamente, θ = 0° e θ = 180°, la relazione si riduce alla:

σ0 = pz (3k1)

Sui fianchi del foro, con θ = 90° e θ = 270° la relazione diviene invece:

σ0 = pz (3k)

Queste ultime equazioni sono rappresentate graficamente nella Fig. 8.12 dove si può osservare come, per k = 0, gli sforzi al centro della calotta e della platea abbiano carattere di trazione mentre, per k = 0.33 entrambi gli sforzi, nei medesimi punti, siano nulli; per valori più alti di k tutti gli sforzi sulle pareti dello scavo sono compressivi. Gli sforzi sui piedritti decrescono da un valore massimo di 3p, per k = 0, ad un valore di 2p, per k = 1.

Fig. 8.12 – Variazioni del rapporto k in funzione del posizionamento.

La condizione per la quale il solo sforzo che può esistere sulle pareti dello scavo è lo sforzo tangenziale è valida qualunque siano la forma e le dimensioni del foro, purché non vi siano altri sforzi applicati: quando la superficie interna del foro è sottoposta a sforzi, ad esempio a causa di

acqua in pressione, oppure per la reazione di un rivestimento in cemento armato o in seguito al carico trasmesso da una bullonatura, questi carichi devono essere considerati nel calcolo della distribuzione degli sforzi nella roccia attorno al cavo.

Sforzi distanti dalle pareti dello scavo

Come accennato in precedenza, l’influenza del cavo sul campo di sforzi tende ad estinguersi per distanze superiori a 3 volte il raggio del foro.

Assi di simmetria

Le equazioni presentate in Fig. 8.11 mostrano, per scavi simmetrici come quello circolare considerato, che l’andamento del campo tensionale si ripete identicamente in ciascuno dei quattro quadranti. Questo significa che un andamento completo del campo può essere ottenuto risolvendo le equazioni solamente per i valori di θ compresi entro 0°÷90° e che gli assi verticale ed orizzontale sono assi di simmetria del campo. Nel caso di uno scavo con platea e piedritti lineari ed una calotta ad arco, manca la simmetria tra le due parti superiore ed inferiore; esiste comunque un asse di simmetria corrispondente all’asse verticale per cui la geometria del campo può essere trovata risolvendo le equazioni per valori di θ compresi entro 0°÷180°.

In molti casi, in particolare quelli legati allo scavo di aperture multiple e ravvicinate come avviene spesso nella coltivazione di giacimenti minerari, non è possibile individuare assi di simmetria e occorre applicare le soluzioni complete delle equazioni per calcolare correttamente l’andamento di ogni parte del campo di sforzi.

8.8.4.3 – Indipendenza degli sforzi dalle costanti elastiche

Le equazioni presentate in Fig. 8.11 mostrano anche come gli sforzi attorno ad un foro circolare dipendono solamente dalla grandezza degli sforzi applicati e dalla forma del corpo sotto sforzo. Le costanti elastiche, modulo elastico e rapporto di Poisson, non compaiono in alcuna delle equazioni e questo significa che l’andamento del campo di sforzi è indipendente dal materiale considerato, purché questo abbia comportamento elastico lineare.

Questa considerazione è stata sfruttata in passato da numerosi ricercatori che hanno studiato la distribuzione delle tensioni attorno a fori tramite la fotoelasticità, tecnica che sfrutta la possibilità di visualizzare le tensioni in un modello di vetro o materiale plastico osservato in luce polarizzata. Il campo di sforzi osservabile in queste condizioni è legato alla differenza tra gli sforzi principali nel piano del modello; poiché l’andamento del campo non dipende dalle caratteristiche elastiche del materiale, è possibile utilizzare il campo visualizzato per prevedere l’andamento del campo attorno ad un cavo della stessa forma realizzato in roccia.

In realtà l’utilizzo di metodi numerici con elaboratori, più veloci ed economici, rende ormai di se arso interesse l’uso delle tecniche fotoelastiche per questi scopi.

8.8.4.4 – Indipendenza degli sforzi dalla dimensione dello scavo

E’ importante notare come le equazioni di Kirsh per il calcolo delle tensioni attorno ad un foro circolare in un ammasso infinito non presentino, come variabile, il raggio del tunnel (a) ma, piuttosto, un termine adimensionale come a/r; questo significa che i valori degli sforzi calcolati, ad es. sulle pareti del cavo, sono indipendenti dal valore assoluto del raggio.

Gli stessi livelli tensionali sono raggiunti in un foro di 1 m così come sulle pareti di un tunnel di 10 m di diametro, ovviamente realizzato in una roccia elastica perfetta.

Tutto questo ha portato, in passato, a notevoli confusioni. Alcuni progettisti sono anche giunti alla conclusione che, se gli sforzi indotti dovevano essere indipendenti dalla dimensione del cavo, allora anche la stabilità del cavo doveva essere altrettanto indipendente dalla dimensione.

Ciò avrebbe potuto essere corretto per una roccia che fosse un materiale elastico perfetto privo di difetti, ma questo non è il caso per ammassi rocciosi reali che si presentano sempre più o meno interessati da discontinuità.

Anche se gli sforzi sono i medesimi, la stabilità delle pareti (e del fronte dello scavo) in un ammasso roccioso è controllata dal rapporto tra le dimensioni dello scavo e le dimensioni dei blocchi, definiti dalle discontinuità della massa rocciosa: in definitiva, l’aumento delle dimensioni può non portare ad un aumento degli sforzi indotti, ma determina sicuramente un più probabile movimento reciproco tra i blocchi e quindi una diminuzione della stabilità dello scavo.

8.8.5 – Calcolo degli sforzi attorno ad altre geometrie di scavo

La distribuzione degli sforzi attorno al cavo circolare, vista così, risulta semplice prestandosi, nel contempo, ad una chiara esposizione del problema; in realtà, tuttavia, sono relativamente poche le gallerie con questa geometria ed è quindi necessario considerare la distribuzione degli sforzi anche attorno a cavi aventi forme differenti.

Prima dell’introduzione dei processori digitali e delle tecniche di soluzione numerica, hanno ricoperto una grande importanza nella Meccanica delle rocce le soluzioni teoriche pubblicate da numerosi studiosi sulla distribuzione degli sforzi attorno a scavi di forme diverse.

Dal 1960, con l’introduzione dei computer, sono state sviluppate numerose tecniche di analisi del campo tensionale. Il Finite Element Method (FEM, o metodo ad elementi finiti) fu uno dei primi introdotti per l’analisi numerica ed è tuttora largamente impiegato. Purtuttavia, nonostante la validità del metodo, lo stesso presenta anche alcuni inconvenienti: ad es., per un’alta definizione del campo di sforzo o per lavori estesi, i costi derivanti dalla preparazione dei dati, così come la memoria di calcolo ed il tempo macchina richiesti, possono diventare considerevoli.

Questo problema viene semplificato dall’uso di una tecnica alternativa nota come Metodo degli Elementi di Contorno (Boundary Element MethodBEM).

8.8.5.1 – Influenza della forma e dell’orientazione del cavo

Un esame dell’andamento degli sforzi attorno ad una galleria di forma differente da quella circolare mostra quanto la geometria sia importante.

Si consideri, ad es., un cavo con sezione ellittica e rapporto tra le lunghezze degli assi 2:1; ipotizzando i 3 casi in cui l’asse maggiore sia orientato di 0°, 45° e 90° rispetto ad un campo di sforzo uniassiale, come illustrato in Fig. 8.13.

Fig. 8.13 – Sforzi al contorno di uno scavo ellittico in un campo di sforzi uniassiale.

Lo sforzo compressivo massimo tangente alle pareti del cavo varia da 2p (per l’ellisse verticale) a 3.62 p (per l’ellisse inclinato a 45°) sino a 5p (per l’ellisse orizzontale). Il massimo sforzo di trazione tangente al tetto ed alla base dello scavo varia da  pz (per l’ellisse orizzontale e verticale)

 1.12 pz per l’ellisse inclinato di 45°.

Un’indicazione qualitativa del modo in cui gli sforzi sulle pareti del cavo possono variare in relazione all’orientazione dell’ellisse si può ottenere considerando che l’estremità a raggio di curvatura minore dell’ellisse agisce come punto di maggior concentrazione dello stress rispetto l’estremità a curvatura più blanda. Ovviamente la geometria ellittica orizzontale, per questo campo di sforzi, risulta assolutamente sfavorevole.

In un campo biassiale, gli sforzi tangenti alla parete, nei punti A e C della Fig. 8.14, sono dati dalle relazioni:

σa = pz [1+√(2W/ρA) – k]

σc = pz [k (1+√2W/ρC – k]

dove ρA e ρC sono i raggi di curvatura nei punti A e C.

Queste equazioni illustrano l’influenza del raggio di curvatura sulla concentrazione degli sforzi: minore è il raggio di curvatura, maggiore è la concentrazione dello sforzo compressivo. Questo è un principio generale applicabile anche nel caso di scavi con geometria differente.

Fig. 8.14 – Sforzi tangenti alla parete nel campo biassiale.

Considerazioni varie sulla distribuzione delle tensioni elastiche attorno a diverse forme di scavo in un campo biassiale permettono di individuare i principali criteri di progetto:

–       le concentrazioni di sforzo critiche aumentano quando il relativo raggio di curvatura della parete diminuisce; spigoli acuti dovrebbero, quindi, essere evitati;

–       poiché lo sforzo minore si ottiene per il raggio di curvatura maggiore, la forma migliore in condizioni di campo tensionale idrostatico è quella circolare;

–       in campo non idrostatico gli sforzi sulle pareti di un cavo ellittico possono essere minimizzati se il rapporto tra gli assi eguaglia il rapporto tra i valori degli sforzi in sito;

–       in condizioni di campo tali per cui il rapporto k tra sforzo orizzontale e verticale è molto basso, si ha l’insorgenza di stress di tensione su tutta la parete del cavo; questi sforzi assumono carattere compressivo man mano che il rapporto assume valori prossimi a 1/3 (come già mostrato per un cavo circolare).

8.8.5.2 – Sforzi attorno a scavi multipli

Considerando ancora una volta l’analogia tra il campo tensionale e la rappresentazione di una corrente laminare tramite linee di flusso, osservando cosa accade attorno alle pile di un ponte, è possibile notare che le linee di flusso risultano ravvicinate negli spazi tra le pile mentre la velocità del flusso, tra queste, è aumentata. L’entità dell’aumento della velocità dipende dal rapporto tra l’ampiezza iniziale del corso d’acqua e la somma delle luci tra le pile del ponte.

La forma nella quale le linee sono distorte dipende dalla forma delle pile: linee di flusso più morbide sono associate a pile di sezione circolare ed ellittica con l’asse maggiore parallelo all’asse della corrente.

Una stretta analogia esiste tra questo comportamento e la trasmissione degli sforzi tra i pilastri di una serie di tunnel paralleli. Gli sforzi in ogni punto del pilastro dipendono dallo sforzo medio sul pilastro, che è legato al rapporto tra l’area totale scavata e l’area rimanente tra i pilastri, e dalla concentrazione delle tensioni che si determina in funzione della forma dei pilastri.

8.8.6 – Influenza della gravità

La discussione sviluppata sin a questo punto è basata sull’assunto che la distribuzione degli sforzi verticale ed orizzontale sia uniforme; questo equivale a supporre un modello piano uniformemente caricato ed uno scavo eseguito ad una profondità tale per cui il gradiente dello sforzo dovuto alla forza gravitazionale possa essere ignorato. Un esame dell’errore che s’introduce con queste assunzioni rivela che esso è < 5% quando la profondità dello scavo è superiore a dieci volte l’apertura dello scavo stesso. Ovviamente per tunnel prossimi alla superficie, o per scavi di grandi dimensioni e relativamente poco profondi, le semplificazioni adottate non possono più essere giustificate.

8.9 – La progettazione dei sostegni in galleria

Esistono, in generale, 3 categorie di metodi per definire la stabilità di un cavo e gli eventuali interventi di sostegno necessari:

– metodi osservazionali, basati sul monitoraggio delle deformazioni registrantisi durante lo scavo;

– metodi empirici, basati sulla analisi statistica delle condizioni incontrate in gallerie precedentemente realizzate;

– metodi analitici che utilizzano l’analisi degli sforzi e delle deformazioni attorno al cavo.

I confini tra le 3 categorie sono a volte sfumati: ad es., il metodo NATM è basato su analisi numeriche, fa riferimento ad una classificazione, ma si utilizza soprattutto osservando e misurando in situ la validità degli interventi di sostegno realizzati, modificandoli ove necessario.

Analogamente i metodi in cui si calcola l’interazione tra roccia scavata e sostegno sono basati su analisi numeriche, ma non possono fare a meno della misura delle deformazioni in sito. Per semplicità l’NATM è stato considerato nella categoria dei metodi osservazionali mentre nei metodi analitici è stata inserita la Rock-Support Interaction Analysis di Hoek & Brown, considerata in questa sede.

8.9.1 – Metodi empirici

metodi empirici (e semi-empirici) fanno riferimento alle classificazioni tecniche degli ammassi rocciosi.

L’opinione e l’esperienza personale sono i componenti principali nella progettazione di una galleria e, sovente, i soli ingredienti nel caso in cui non vi siano altri metodi più formali. L’abilità nel giudicare e nell’avanzare delle previsioni è sempre limitata dall’ampiezza e dalla qualità della esperienza; ad es., per stimare il supporto necessario in un tunnel, si correlano le impressioni personali sulle condizioni del sottosuolo con la funzionalità dei sistemi di supporto in progetti precedenti eseguiti nelle medesime condizioni. In generale, tuttavia, risulta oltremodo difficoltoso ritrovare due volte sia le caratteristiche di una determinata situazione geologica sia le medesime procedure di scavo. I sistemi empirici, comunque, in parte risolvono il problema costituito dal limite dell’esperienza mettendo a disposizione quella ricavata da altre situazioni.

Tali metodi sono basati su 3 fasi operative:

–       descrizione della qualità della roccia attraverso un sistema di classificazione quantitativo per fornire un linguaggio universale con il quale l’esperienza globale ottenuta lavorando in terreni di diversa qualità può essere messa in relazione ad un progetto futuro;

–       definizione del comportamento del sottosuolo attraverso un sistema quantitativo formalizzato che definisca parametri quali il tempo di autosostentamento e le necessità di sostegno dello scavo;

–       correlazione tra qualità del l’ammasso roccioso e suo comportamento attraverso il confronto di risultati da una varietà di progetti in tutte le possibili condizioni.

I metodi puramente empirici sono quelli che predicono il tipo di rivestimento e armatura da utilizzare, sulla base delle conoscenze circa le condizioni del sottosuolo, usando determinate correlazioni. I metodi semiempirici predicono il carico di roccia empiricamente come un passo intermedio risalendo poi dal carico di roccia alle necessità di supporto attraverso un semplice modello teorico sul comportamento del supporto.

La maggior parte dei metodi empirici danno non più di un’indicazione di massima sulle necessità medie di supporto, ma spesso sono sufficienti per uno scopo pratico quando mediate dal giudizio del tecnico. Le previsioni dei metodi empirici, basate su dati oggettivi, sono spesso più vicine alla situazione reale che non le previsioni ottenute tramite i metodi della modellazione numerica, solo apparentemente più precise.

8.9.2 – Classificazioni tecniche degli ammassi rocciosi

II materiale roccia possiede, come visto, caratteristiche fisiche e proprietà meccaniche direttamente misurabili che possono essere utilizzate per una sua classificazione (ad es., in funzione della resistenza alla compressione monoassiale).

L’ammasso roccioso, nella propria natura di corpo discontinuo, disomogeneo ed anisotropo, presenta caratteristiche meccaniche dipendenti da diversi parametri (ad es. le caratteristiche delle discontinuità) difficili da misurare direttamente in situ e Tali difficoltà si scontrano con la necessità di disporre di una caratterizzazione dell’ammasso che ne metta in evidenza il comportamento meccanico, in particolare la resistenza e la deformabilità, il più quantitativamente, rapidamente ed economicamente possibile.

Da questo è derivato l’uso di classificazioni tecniche basate sull’analisi a posteriori di dati raccolti durante l’esecuzione di Grandi Opere (in particolare lo scavo di gallerie) e attraverso questi metodi empirici si sono sviluppate relazioni analitiche ed individuate classi di comportamento che hanno lo scopo di fornire utili punti di partenza per la progettazione di nuove opere.

8.9.3 – Il metodo del carico di roccia (Rock Loaddi Terzaghi

II metodo del carico di roccia fa uso della classificazione dell’ammasso roccioso per fare delle previsioni sul carico che agisce sul rivestimento della galleria, permettendo di progettare quest’ultimo in modo da resistere a questo sforzo. I primi tentativi per stimare il carico furono fatti da Ritter, poi da Kommerell & Bierbaumer e, successivamente, da Terzaghi.

Tutti questi primi approcci non considerano importanti fattori quali la flessibilità del sostegno, il non perfetto contatto tra sostegno e roccia, le condizioni di sforzo, la circolazione di acqua e l’esistenza di un danno indotto dalle esplosioni di avanzamento, ma hanno costituito per decenni dei punti di riferimento fondamentali per la progettazione dei sostegni in galleria.

Il concetto alla base di questo gruppo di metodi consiste nel fatto che un’armatura (rivestimento di uno scavo) deve sostenere l’intero peso di roccia e terra soprastante solo in casi estremi di tunnel a bassa profondità, dove la roccia contiene giunti verticali lisci e dove non agiscono stress orizzontali che ne aumentano l’attrito. I rivestimenti di tunnel, al di sotto di rilievi montuosi, certamente non sopportano il peso di centinaia di metri di roccia; infatti il carico è ridistribuito intorno al cavo attraverso una dilatazione e una mobilizzazione della resistenza al taglio lungo i giunti in un meccanismo noto come effetto arco. Il sostegno, quindi, deve sopportare solo il carico non sostenuto dall’arco di roccia.

Il carico di roccia può essere visualizzato come il peso del volume di roccia compresa tra quella sostenuta dall’arco di roccia e la calotta del tunnel (Fig. 8.15). Le dimensioni e il peso di questo volume di roccia possono essere stimati e sono in relazione al tipo di roccia, alla fratturazione e dalla dimensione della galleria.

La Rock Load Classification di Terzaghi che esprime il carico che agisce sulla base della ampiezza B del cavo e della sua altezza H, costituisce la prima valutazione razionale del carico trasmesso dall’ammasso roccioso finalizzata al dimensionamento delle céntine.

Fig. 8.15 – Rock Load Classification (Terzaghi).

Sulla base della descrizione della roccia, Terzaghi definisce 9 classi di qualità, da hard and intact a swelling rock, a ciascuna delle quali corrisponde una classe di rivestimento. Il metodo è stato sviluppato esclusivamente per sostegni realizzati con céntine metalliche e, per questi, si è dimostrato molto efficace permanendo in uso negli USA per oltre 35 anni.

8.9.4 – La classificazione di Lauffer-Pacher

La classificazione di Lauffer-Pacher viene successivamente ripresa e modificata da numerosi autori austriaci tra cui von Rabcewicz e Golser. Rappresenta, in pratica, l’evoluzione dalle prime osservazioni sull’importanza dell’assetto strutturale dell’ammasso roccioso alla relazione tra le classi di qualità dell’ammasso ed il suo tempo di autosostentamento.

Il concetto più significativo introdotto dalla classificazione è la relazione tra il diametro del cavo ed il suo tempo di autosostentamento: in un ammasso roccioso di discreta qualità è possibile realizzare un tunnel pilota, con un diametro ridotto, avanzando a sezione piena mentre, nelle medesime condizioni, un cavo di dimensioni maggiori può avere un tempo di autosostentamento così ridotto da rendere impossibile la posa in opera di un sostegno adeguato avanzando a piena sezione.

8.9.5 – La classificazione di Deere

Deere ha proposto un sistema di classificazione sulla base dei dati ricavati dai sondaggi ed in particolare sull’RQD, distinguendo 5 classi di qualità della roccia più la classe delle swelling rock (rocce rigonfianti); per ciascuna di queste classi vengono fornite indicazioni sul metodo di scavo e di rivestimento (céntine, chiodi, shotcrete) più opportuni.

Il metodo si basa su un Indice di facile ed economica valutazione ma non prende in considerazione elementi importanti quali le caratteristiche delle discontinuità e dell’eventuale materiale di riempimento. L’indice RQD resta un parametro importante nella definizione della qualità del carotaggio ma non fornisce, da solo, sufficienti informazioni sull’ammasso roccioso.

8.9.6 – Principi delle moderne classificazioni tecniche

I 3 più importanti sistemi classificativi attualmente in uso sono:

–       Rock Structure Rating (RSR) (Wickham, Tiedemann, Skinner – USA);

–       Rock Mass Rating (RMR) (Bieniawsky – SA);

–       Q-System (Rock Mass Quality) (RMQ) (Barton, Lien, Lunde – Norvegia).

Queste classificazioni tecniche sono esposte dettagliatamente nei paragrafi successivi dopo alcune osservazioni di carattere generale. L’impiego di uno qualsiasi dei metodi di classificazione degli ammassi rocciosi si articola in 4 fasi principali:

–       conoscenza della geologia del sito;

–       suddivisione degli ammassi rocciosi in unità con caratteristiche geomeccaniche omogenee;

–       misura o stima, per le unità distinte, delle caratteristiche litologiche, geometriche e meccaniche fondamentali;

–       elaborazione e sintesi dei dati.

Il sistema di classificazione deve avere le seguenti caratteristiche:

a) semplicità e facilità a memorizzarsi come a comunicarsi;

b) chiarezza nei termini, secondo una terminologia universalmente accettata;

c) utilizzo delle proprietà più significative degli ammassi rocciosi;

d) basi parametriche ricavabili velocemente ed economicamente in situ.

I parametri più importanti utilizzati nelle classificazioni sono, in generale:

– resistenza del materiale roccia;

– RQD;

– spaziatura, condizioni ed orientazione delle discontinuità;

– venute d’acqua;

– valori degli sforzi agenti nell’ammasso roccioso.

Una corretta applicazione delle classificazioni non può prescindere da una conoscenza approfondita della geologia del sito nel quale l’opera verrà realizzata: ciò che interessa, infatti, non è tanto l’origine o l’attribuzione petrografica dei corpi geologici quanto le ricostruzioni dei rapporti stratigrafìci e tettonici unite all’assetto strutturale delle diverse unità distinte.

Dal punto di vista meccanico occorre inoltre acquisire una conoscenza degli ammassi rocciosi utile a prevedere come questi reagiscono alle sollecitazioni indotte, direttamente o indirettamente, dal progetto e quali tipi d’interventi devono essere previsti perché l’opera possa essere correttamente realizzata.

Le classificazioni, in ogni caso, vengono usate sia nella fase di studio preliminare, sia in corso d’opera affinché sia possibile correggere ed apportare eventuali modifiche al progetto.

Nelle classificazioni attualmente impiegate vengono usati essenzialmente dati quantitativi tranne per alcune grandezze che risultano difficilmente esprimibili in termini numerici: si tratta quindi di classificazioni semiquantitative. Dalle classificazioni è possibile ricavare alcune informazioni quali:

–       qualità dell’ammasso roccioso (in termini numerici);

–       tempo di autosostentamento (espresso come il tempo entro il quale la roccia si sostiene senza l’ausilio di armature; è sempre funzione della qualità dell’ammasso roccioso e della dimensione della galleria);

–       massima dimensione della galleria in grado di autosostenersi;

–       tipologia dell’armatura più idonea, ossia il sostegno provvisorio che può rendersi necessario durante la realizzazione del cavo per poter proseguire l’avanzamento in sicurezza.

–       caratteristiche del rivestimento, ossia dell’opera di sostegno definitiva del cavo (di solito costituito da un arco di calcestruzzo armato).

8.9.7 – Rock Structure Rating (RSR)

Questa classificazione è stata sviluppata originariamente, sulla base dei dati ottenuti da diversi progetti di gallerie, aventi diametri compresi tra 2.4 m e 10.8 m ed una lunghezza complessiva di 320 km, realizzati negli USA.

L’RSR considera due gruppi di elementi che influenzano il comportamento dell’ammasso roccioso nel quale viene scavato il tunnel: il primo gruppo comprende elementi geologici quali tipo di roccia, caratteristiche, orientazione e spaziatura delle discontinuità, resistenza del materiale roccia, alterazione; il secondo comprende gli elementi relativi alla costruzione come la dimensione del tunnel e la direzione di avanzamento rispetto alla giacitura della roccia.

Questi fattori sono stati raggruppati da Wickham, Tiedemann e Skinner in 3 parametri numerici: AB e C la somma dei quali da il valore di RSR.

Fig. 8.16 – Parametro A, Classificazione RSR.

Il parametro A tiene conto dei caratteri della roccia quali la genesi (ignea, metamorfica, sedimentaria), la struttura (da massiva a intensamente fagliata o piegata) e la resistenza in senso lato (dura, media, tenera, decomposta); il massimo valore assegnabile ad A è 30 (roccia ignea, dura, massiccia), il minimo è 6 (roccia sedimentaria intensamente alterata e fratturata) (Fig. 8.16).

Fig. 8.17 – Parametro B, Classificazione RSR.

Il parametro B considera la spaziatura delle famiglie di discontinuità e la giacitura delle stesse rispetto all’asse dello scavo, nonché al senso di avanzamento; il valore massimo è 45, corrispondente ad uno scavo normale alla direzione della famiglia di discontinuità più significativa e con senso di avanzamento concorde con l’immersione, in una roccia poco fratturata e con inclinazione delle discontinuità compresa entro 50°÷90°. Il valore minimo (7) è riferito ad un ammasso intensamente fratturato, con direzione parallela all’asse della galleria e con inclinazione del set di discontinuità più significativo compreso tra 50°÷90° (Fig. 8.17).

Fig. 8.18 – Parametro C, Classificazione RSR.

II parametro C è determinato dalla somma dei parametri A e B, dalle condizioni delle superfici di discontinuità e dalle venute d’acqua previste nella galleria; il valore massimo per questo parametro è 25 per discontinuità chiuse o cementate ed asciutte; il minimo è 6, quando sono previste ingenti venute d’acqua in giunti molto alterati o aperti (Fig. 8.18). Il valore di RSR, ottenuto dalla somma dei 3 parametri, indica la qualità dell’ammasso roccioso; da questa, e dalle dimensioni del tunnel,

si ricava il tipo di sostegno necessario.

Le Figg. 8.19 e 8.20 mostrano i diagrammi relativi ai sostegni per tunnel con diametri di 10 e 24 feet rispettivamente. Gli stessi diagrammi forniscono il valore della pressione che il sostegno deve contrastare.

Fig. 8.19 – Diagrammi relativi a sostegni in tunnel con Ø = 10 feet (RSR).

Il metodo è stato costruito sostanzialmente sulle esperienze maturate con l’impiego di céntine metalliche ed è quindi per questo tipo di sostegno che si dimostra più affidabile; d’altra parte la correlazione tra RSR e le pressioni esercitate dalla roccia (espresse in Ib/sqft, dove 1 Ib/sqft è pari a ~ 0.5 kg/cm2 = 0.05 MPa) può anche essere utilizzata per il dimensionamento di un sostegno in bulloni da roccia o per il calcolo dello spessore di calcestruzzo spruzzato.

Fig. 8.20 – Diagrammi relativi a sostegni in tunnel con Ø = 24 feet (RSR).

In particolare, considerando solo l’armatura realizzata con céntine metalliche, le Figg. 8.19 e 8.20 mostrano 3 curve riferite a céntine in acciaio di diverse dimensioni, la cui resistenza aumenta procedendo dall’alto verso il basso. Le parti tratteggiate delle curve indicano condizioni in cui il supporto non viene usato per limitazioni di ordine pratico mentre la retta orizzontale tratteggiata rappresenta il valore di RSR per il quale si applicano le spaziature tra le centine indicate nella Fig. 8.21.

Fig. 8.21 – Spaziature tra céntine in funzione del Ø del cavo e del tipo di céntine.

II Rock Structure Rating fornisce una soluzione concreta al problema relativo al sostegno di una galleria valutando fattori geologici e costruttivi che sono comunemente disponibili già nelle fasi di studio preliminari. I procedimenti usati per prevedere la qualità degli ammassi rocciosi ed i sostegni di cui necessitano sono espressi con terminologia semplice e presentati in modo da poter essere facilmente impiegati. I limiti individuabili in questo sistema di classificazione sono relativi al fatto che alcuni parametri sono espressi in modo qualitativo (ad es. la resistenza della roccia) e quindi l’attribuzione del relativo coefficiente può essere incerta e inoltre che la descrizione delle caratteristiche delle discontinuità è poco dettagliata.

Il RSR ha comunque il pregio di tenere in considerazione caratteristiche geologiche fondamentali della roccia quali la genesi e l’assetto strutturale.

8.9.8 – Rock Mass Rating (RMR) – Geomechanics Classification

La Classificazione Geomeccanica degli ammassi rocciosi, proposta da Bieniawski nel 1973 e successivamente modificata è stata applicata a progetti diversi come lo scavo di tunnel, lo studio delle fondazioni e della stabilità dei pendii nonché per lo sfruttamento minerario in sotterraneo.

Uno degli obiettivi principali dell’autore, nell’elaborare questa metodologia classificativa, consisteva nell’introdurre una terminologia standardizzata e comune alle diverse culture degli operatori tecnici. I parametri su cui si basa la RMR sono 6, tutti determinabili in situ e ottenibili anche da dati di sondaggio. Vengono distinte 5 classi di qualità dell’ammasso roccioso assegnando coefficienti numerici ad ognuno dei parametri considerati.

Per entrate nella Classificazione Geomeccanica si deve fare riferimento alle tabelle riportate nelle Figg. 8.22 e 8.23.

Fig. 8.22 – Parametri d’entrata RMR.

La Fig. 8.22 comprende 5 parametri (resistenza a compressione monoassiale o Indice di resistenza al Point-Load Test, RQD, spaziatura delle discontinuità, condizioni delle discontinuità, previsioni di venute d’acqua); per ciascuno di questi parametri si distinguono 5 intervalli di valori, il più alto dei quali indica condizioni migliori. La somma dei coefficienti relativi ai 5 parametri varia da 8 a 100. La Fig. 8.23 si riferisce al coefficiente correttivo relativo alla giacitura delle discontinuità rispetto all’asse dell’opera.

nel caso di gallerie viene utilizzata il riferimento:

Fig. 8.23 – Parametri correttivi RMR.

Nella pratica operativa si definiscono i parametri generali.

Per procedere ad un calcolo funzionale si usano tuttavia le tabelle indicate in Fig. 8.24° e 8.24b.

Fig. 8.24a – Parametri finali RMR.

Fig. 8.24b – Parametri Finali RMR.

Una volta attribuiti tutti i coefficienti numerici sulla base del valore RMRC calcolato s’identificano 5 intervalli cui corrispondono altrettante classi d’ammasso roccioso ad ognuna della quali corrisponde una valutazione di qualità dell’ammasso (Fig. 8.25).

Fig. 8.25 – Caratteristiche  qualitative generali.

Di uso comune è derivare dal valore di RMRb i parametri caratteristici (per quella particolare zona) che, secondo Bieniawski, assumono i valori

La Fig. 8.26 dà informazioni sulle caratteristiche delle 5 classi di qualità, in particolare sul tempo medio di autosostentamento (per le gallerie), sulla coesione e sull’angolo d’attrito dell’ammasso roccioso oltre ad una relazione più dettagliata tra qualità dell’ammasso, tempo di autosostentamento e massima dimensione che si autosostiene.

Fig. 8.26 – Caratteristiche RMR riferite al tempo medio d’autosostentamento, alla coesione e all’angolo d’attrito interno dell’ammasso roccioso.

La Fig. 8.27 dà invece indicazioni dettagliate sul tipo di scavo (sezione piena o parziale) e sul tipo di sostegno da adottare. E’ da notare che questa tabella è valida solo per gallerie a forma di ferro di cavallo, con larghezza di 10 m, sforzo verticale inferiore a 25 MPa ed avanzamento con metodo tradizionale (esplosivo).

L’equazione indicata per il modulo di deformabilità è da utilizzarsi per valori di RMRC > 50; per valori inferiori è più opportuno utilizzare la relazione di Serafim & Pereira:

Nel caso sia stato misurato il valore del modulo della roccia intatta EI con prove di compressione strumentate, si possono applicare per confronto anche le formule proposte da Nicholson & Bieniawski

e da Asef et al.:

Fig. 8.27 – Sostegni secondo l’Indice RMR.

La Geomechanics Classification ha subito modifiche ed aggiustamenti a più riprese; in Fig. 8.28 l’autore riporta la carta di correlazione tra RQD e la spaziatura delle discontinuità utile ogni qual volta non siano disponibili dati di sondaggio.

Fig. 8.28 – Correlazione tra RQD e spaziatura delle discontinuità.

In Fig. 8.29, infine, Bieniawski fornisce una tabella utile all’attribuzione del coefficiente relativo al parametro condizioni delle discontinuità considerandone in dettaglio i 5 parametri elementari che meglio le descrivono (persistenza, apertura, rugosità, riempimento e alterazione).

E con quest’ultima indicazione, soprattutto, viene a cadere la principale fonte di soggettività, e quindi d’incertezza, nell’uso della classificazione.

Fig. 8.29 – Attribuzione del coefficiente relativo al parametro condizioni delle discontinuità.

La classificazione ha avuto ed ha tuttora un considerevole successo in tutto il mondo (ed è da notare come, nella medesima, non vi sia nessun riferimento né alla litologia né all’assetto strutturale della roccia).

8.9.9 – Q-System

Questa classificazione è stata sviluppata inizialmente attraverso lo studio di più di 200 casi di gallerie e caverne artificiali, con ampie variazioni di condizioni e sistemi di sostegno.

La qualità Q dell’ammasso roccioso è calcolata in funzione di 6 parametri, ognuno dei quali viene misurato o valutato in situ:

–       RQD;

–       numero di famiglie di discontinuità Jn;

–       rugosità delle discontinuità Jr;

–       alterazione delle discontinuità Ja;

–       venute d’acqua previste Jw;

–       condizioni di sforzo naturale (Stress Reduction FactorSRF.

Quando non si hanno a disposizione i dati di un sondaggio per misurare direttamente il valore di RQD, si considera il parametro Jv, che rappresenta il numero di discontinuità per m3 di roccia, secondo la relazione:

RQD = 115 – 3.3 Jv (RQD = 100 per Jv < 4.5)

II valore di RQD, misurato direttamente o calcolato, entra come valore % nella relazione per il calcolo di Q.

Il parametro Jn (Fig. 8.30) rappresenta il numero di famiglie di discontinuità. Quando le discontinuità non possono essere raggruppate in famiglie vengono considerate random joints (discontinuità sparse).

Fig. 8.30 – Parametro Jn nella Classificazione Q-system.

Il parametro Jr (Fig. 8.31) si riferisce alle irregolarità delle discontinuità; è necessario, quindi, definire sia la forma che la rugosità. Nella tabella relativa a Jresistono, in pratica, 2 sottoclassi, a seconda che le pareti delle discontinuità siano a contatto (I) o che non siano a contatto nemmeno se sottoposte a sforzi di taglio (II).

Fig. 8.31 – Parametro Jr nella Classificazione Q-system.

Il parametro Ja (Fig. 8.32abc) indica il valore di alterazione delle discontinuità ed è suddiviso in 3 sottoclassi in funzione del tipo di contatto esistente tra le pareti delle discontinuità. Vengono distinte superfici non alterate, debolmente alterate (scolorite) o alterate (superficialmente o in profondità); e si tiene conto anche del grado di apertura e del tipo di riempimento eventualmente presente. I parametri Jr e Ja da considerare devono essere, in genere, quelli riferiti al set di discontinuità in condizioni peggiori (Jr/Ja più basso); nel caso che tale famiglia sia orientata favorevolmente, può essere più significativo utilizzare i parametri appartenenti al set con la giacitura più sfavorevole rispetto all’asse del tunnel anche se con Jr/Ja più alto.

Fig. 8.32a – Parametro Ja nella Classificazione Q-system: giunti sostanzialmente chiusi. (1÷3 mm).

Fig. 8.32b – Parametro Ja nella Classificazione Q-system: giunti mediamente aperti. (< 5 mm).

Fig. 8.32c – Parametro Ja nella Classificazione Q-system: giunti mediamente aperti. (> 5 mm).

Il parametro Jw (Fig. 8.33) è basato su una stima delle possibili venute d’acqua in galleria; la presenza dell’acqua, che ha sempre un effetto negativo sulla resistenza al taglio delle discontinuità, può, inoltre, causare il rammollimento del riempimento costituito da materiali argillosi.

Fig. 8.33 – Parametro Jw nella Classificazione Q-system.

II parametro SRF (fattore di riduzione in funzione degli sforzi) viene assegnato distinguendo, innanzitutto, tra 4 sottoclassi (Fig. 8.34abc):

–       1 – ammassi rocciosi con zone di debolezza che interessano lo scavo;

–       2 – rocce rigide (competent rock);

–       3 – rocce con comportamento plastico (o spingente) (squeezing rock);

–       4 – rocce rigonfianti (swelling rock).

Fig. 8.34a – Parametro SRF nella Classificazione Q-system: Rocce con zone di debolezza interessanti lo scavo.

Nella seconda sottoclasse si considerano i rapporti σc/σ1 e σt/σ1 dove σc e σt sono la resistenza a compressione monoassiale e la resistenza a trazione del materiale roccia e σ1 e σ3 gli sforzi principali maggiore e minore presenti in situ.

Fig. 8.34b – Parametro SRF nella Classificazione Q-system: Rocce competenti.

In generale la resistenza alla compressione e alla trazione del materiale roccia dovrebbero essere valutati nelle condizioni più sfavorevoli per la stabilità, saturando i campioni se ci si aspetta che, prima o poi, tale condizione possa verificarsi anche in sito, e lungo le direzioni di minor resistenza nelle rocce con marcata anisotropia.

Fig. 8.34c – Parametro SRF nella Classificazione Q-system: ammassi spingente e rigonfiante.

Le prove effettuate sui campioni devono essere tali da prevedere le probabili condizioni di sforzo (σ1 e σ3) sia naturali che successive alla realizzazione dell’opera: un campo di sforzi fortemente anisotropo è sfavorevole alla stabilità della galleria.

I 6 parametri sopra descritti danno il valore della qualità dell’ammasso roccioso mediante la formula:

Q = (RQD/Jn) (Jr/Ja) (Jw/SRF)

Il valore di Q varia da 0.001 (rocce molto fratturate e spingenti) a 1000 (rocce rigide e praticamente senza giunti).

Un importante contributo alla definizione di Q è la sua normalizzazione nei confronti della resistenza a compressione monoassiale della roccia, parametro prima considerato ininfluente:

Q = (RQD/Jn) (Jr/Ja) (Jw/SRF) (σc/102)

Il rapporto RQD/Jn fornisce indicazioni sulle dimensioni dei blocchi in cui è suddiviso l’ammasso; il rapporto Jr/Ja fornisce, con buona approssimazione, un’indicazione sulla resistenza al taglio lungo le discontinuità in funzione delle diverse combinazioni prodotte dalla rugosità, dall’alterazione delle pareti delle discontinuità e dalla presenza di materiale di riempimento; il rapporto Jw/SRF é un parametro che descrive gli sforzi attivi presenti nell’ammasso prima dell’apertura del cavo.

8.9.9.1 – Relazione tra pressione di contrasto del rivestimento (support pressuree valore Q

Qualsiasi sia il metodo impiegato per la realizzazione di una galleria, è impossibile evitare deformazioni nella roccia interessata dallo scavo; per contrastare un eventuale eccesso di queste deformazioni si adottano tecniche e materiali diversi, indicati con il nome generico di sostegni (support) che devono fornire una sufficiente pressione di contrasto sulla superficie del cavo.

Fig. 8.35 – Relazione tra Qualità dell’ammasso e Pressione richiesta al sostegno.

Un’equazione empirica che mette in relazione la pressione richiesta al sostegno in funzione della qualità dell’ammasso roccioso Q, è la seguente:

PROOF = (2/JrQ-1/3

dove PROOF è la pressione che il rivestimento deve fornire in calotta, espressa in kg/cm2. I segmenti diagonali tracciati in Fig. 8.35 e numerati con i valori rispettivi di Jr sono stati ricavati da questa equazione. L’equazione non è valida quando il numero delle famiglie di discontinuità è < 3, perché il grado di libertà di movimento dei blocchi è, in tal caso, notevolmente ridotto; è necessario allora utilizzare l’equazione:

PROOF = 2 Jn1/2 Q-1/3/3Jr

Benché in molti casi venga usato un sostegno che fornisce una pressione di contrasto uguale sia in calotta che sui piedritti, questi ultimi possono talvolta esercitare una pressione significativamente diversa. Questa può essere calcolata con le formule precedenti ipotizzando una wall quality (qualità fittizia sui piedritti) ottenuta incrementando i valori di Q secondo i 3 casi:

Q                                                      Wall Quality

> 10                                                               5 Q

0.1÷10                                                        2.5 Q

< 0.1                                                                 Q

8.9.9.2 – Classi di sostegno

La figura 8.36 indica la classe di sostegno da adottare in funzione della qualità dell’ammasso e della dimensione equivalente.

Fig. 8.36 – – Relazione tra Qualità dell’ammasso e Classe del sostegno (su Dimensione equivalente).

Questa è data dal rapporto tra la dimensione vera del cavo (di solito viene usata la dimensione maggiore, in metri) e il fattore ESR (Escavation Support Ratio) che si ricava tramite la tabella di Fig. 8.38; in quest’ultima sono previste sei classi, in funzione dello scopo, cioè della destinazione, per il quale il tunnel viene realizzato (si introduce, in pratica, un fattore di sicurezza in funzione dell’importanza dell’opera).

Fig. 8.37 – Relazione tra Qualità dell’ammasso e Tipologia di sostegno.

Si hanno 38 categorie principali relative a diversi tipi di sostegno. La diagonale più bassa della Fig. 8.36 rappresenta il limite tra i tunnel che si autosostengono e quelli che richiedono vari tipi di sostegno. L’equazione di questa retta è:

DE‘ = 2Q0.4

Le tabelle di Fig. 8.39 indicano in dettaglio i sostegni relativi alle 38 categorie del grafico di Fig. 8.36; in realtà le classi di sostegno diventano 95, molte di più delle principali classi di qualità, in seguito ad un’ulteriore suddivisione sulla base dei rapporti RQD/JnJr/Jn e Dimensione/ESR.

Fig. 8.38 – Rapporto tra ESR e Tipologia di sostegno.

Fig. 8.39 – Sostegni tipo in relazione a Q.

Vengono considerate diverse tecniche di sostegno: shotcrete (S), rete metallica (mr), bullonatura puntuale (sb) e sistematica (B) con bulloni pretensionati (tg) o passivi (utg), céntine (sr) e getto d’arco in calcestruzzo (CCA) – Fig. 8.40.

Fig. 8.40 – Relazione tra Dimensione Equivalente, parametro Q e Tipologia di sostegno.

Dalle tabelle si può notare come due scavi aventi lo stesso valore Q possono, in un caso, essere bullonati e, nell’altro, sostenuti usando lo shotcrete. Il fattore condizionante che separa questi due casi è il rapporto RQD/Jn che descrive la dimensione dei blocchi. Ad es., ammassi rocciosi che hanno un valore di tale rapporto > 10 ricadono nella classe massive to blocky e richiedono solo un intervento di bullonatura .mentre, se il valore del rapporto è < 10 l’ammasso roccioso appartiene alla classe blocky and jointed rock ed è preferibile, proprio per le ridotte dimensioni dei blocchi e/o la presenza di diversi set di discontinuità, l’uso dello shotcrete.

Le 38 categorie danno indicazioni sul tipo di rivestimento definitivo; per conoscere il tipo di armatura adatta a consentire un avanzamento in condizioni di sicurezza per gli operatori si moltiplica Q per 5 oppure il valore di ESR per 1.5. Con questo valore si entra nelle figure già citate. Gli autori suggeriscono, per quest’ultima applicazione, la massima cautela, essendo scarsi i dati disponibili per una reale verifica di queste assunzioni.

Per l’impiego delle tabelle essi suggeriscono, inoltre, una serie di note supplementari per la scelta del sostegno più opportuno:

1 – nei casi di rilasci tensionali improvvisi sono spesso utilizzati dei bulloni pre-tesi tensionati con piastre di ripartizione allargate e spaziatura di 1 m (talora ridotta a 0.8 m). Il rivestimento viene posto in opera solo quando il fenomeno ha termine;

2 – sono spesso posti in opera, nel medesimo scavo, bulloni con differenti lunghezze (ad es. 3.5 e 7 m);

3 – sono spesso posti in opera, nello stesso scavo, bulloni con differenti lunghezze (ad es. 2.3 e 4 m);

4 – ancoraggi in cavi tensionati sono spesso usati per integrare la pressione di sostegno della bullonatura. Tipica spaziatura 2÷4 m;

5 – sono spesso posti in opera, nel medesimo scavo, bulloni con differenti lunghezze, ad es. 6, 8 e 10 m);

6 – ancoraggi in cavi tensionati vengono spesso usati per integrare la pressione di sostegno della bullonatura. Tipica spaziatura 4÷6 m,

7 – numerosi scavi, per le più vecchie centrali elettriche, in ammassi di questa categoria sono stati realizzati con bullonature, puntuali o sistematiche, reti, e con un arco in calcestruzzo in calotta quale supporto permanente (spessore 25÷40 cm);

8 – nei casi in cui si incontrano argille rigonfianti, ad es. montmorillonitiche (con venute d’acqua), in presenza di forte rigonfiamento viene lasciato lo spazio per l’espansione dietro il sostegno. Sistemi di drenaggio sono utilizzati ovunque possibile.

9 – casi in cui non sono presenti argille rigonfianti o rocce fortemente spingenti;

10 – casi in cui sono presenti rocce spingenti. Viene generalmente posto in opera, come rivestimento permanente, un pesante sostegno rigido;

11 – in accordo con l’esperienza degli autori, nei casi di rocce rigonfianti o spingenti, il sostegno temporaneo richiesto prima della messa in opera dell’arco in calcestruzzo (o shotcrete), può essere realizzato con una bullonatura (bulloni ad espansione pretesi), possibilmente associata a shotcrete, se il valore del rapporto RQD/Jn è sufficientemente alto (ad es. > 1.5); se l’ammasso è intensamente fratturato (RQD/Jn < 1.5) il sostegno temporaneo può consistere in shotcrete applicato in numerose passate e una bullonatura sistematica può essere aggiunta dopo la gettata dell’arco in calcestruzzo (o dello shotcrete) per ridurre le asimmetrie di carico sul calcestruzzo; la bullonatura può non essere efficace in condizioni di RQD/Jn < 1.5 o in presenza di elevate quantità di argilla se i bulloni non vengono cementati prima della messa in tensione. In questi ammassi, di qualità estremamente bassa, il bullone può essere ancorato per una lunghezza sufficiente anche utilizzando resine a presa rapida. In casi pericolosi di rocce rigonfianti e/o spingenti può essere necessario eseguire gli archi in calcestruzzo sino al fronte di scavo utilizzando, possibilmente, uno scudo temporaneo. Può essere inoltre necessario, in questi casi, sostenere anche il fronte dello scavo.

12 – per ragioni di sicurezza può essere necessario ricorrere ad avanzamento parziale durante lo scavo ed il sostegno della calotta. Categorie 16, 20, 24, 28, 32, 35 solo per SPAN/ESR > 15 m).

13 – avanzamento parziale necessario durante lo scavo ed il sostegno della calotta, dei piedritti e della platea, nel caso di ammassi fortemente spingenti. Categoria 38 solo con SPAN/ESR > 10.

8.9.9.3 – Tipi di sostegno

I principali tipi di sostegno previsti in questa classificazione sono: bullonatura, rivestimento in cemento e shotcrete.

Bullonatura: le lunghezze dei bulloni e dei tiranti dipendono dalle dimensioni dello scavo. Le lunghezze usate in calotta sono di solito correlate alla larghezza mentre quelle per i piedritti sono correlate all’altezza dello scavo, secondo le relazioni:

per la calotta:     bulloni                         L = 2 + (0.15 B/ESR)

tiranti                         L = 0.4 B/ESR

per i piedritti:      bulloni                         L = 2 + (0.15 H/ESR)

tiranti                         L = 0.35 H/ESR

dove L é la lunghezza (m); B e H sono rispettivamente la larghezza e l’altezza (m) dello scavo.

Rivestimento in cemento: per calcolarne lo spessore (in centimetri) si usa la seguente formula:

t = PR/σ

dove P è la pressione esterna applicata (kg/cm2), σ la resistenza a compressione del rivestimento (kg/cm2) ed R il raggio interno dell’anello di rivestimento (cm).

In questa espressione non sono considerati gli sforzi di taglio e di flessione. Il rivestimento in cemento è raccomandato per ammassi rocciosi di qualità scadente dove l’efficacia della sola bullonatura è incerta.

Shotcrete: la sua funzione è quella di prevenire il distacco di porzioni di roccia. Normalmente a contatto della roccia viene fissata una rete metallica sulla quale viene applicato lo shotcrete. La rete viene utilizzata quale elemento elastico per bilanciare la rigidezza del calcestruzzo, il quale tende, per la sua fragilità, a fessurarsi. Quando sono previsti spessori di molti cm di shotcrete, questo deve venire applicato in più strati di pochi cm.

8.9.9.4 – Considerazioni sul Q-system

La classificazione Q-System ha avuto molto successo e, per ciò che riguarda lo studio di gallerie, è da considerare la più completa. Ha il grande pregio di utilizzare, più di ogni altra, termini quantitativi, limitando la soggettività dell’operatore e semplificandone il lavoro.

Sono 2 le critiche che sono state mosse a questo sistema classificativo: la prima riguarda il fatto che i parametri considerati sono molti, a scapito della rapidità di uso della classificazione; la seconda mette in evidenza il fatto che sono stati trascurati dei parametri importanti che avrebbero

aumentato l’accuratezza della classificazione come, ad es., l’orientazione delle discontinuità.

Le due osservazioni sono evidentemente contrastanti: per quanto riguarda la prima si può affermare che in realtà è sufficiente una buona pratica per rendere rapido il suo impiego. Riguardo alla seconda gli autori sostengono che i parametri JnJr e Ja svolgono un ruolo più importante degli altri, determinando meglio il grado di libertà dei blocchi e la resistenza al taglio mobilizzabile tra questi. Inoltre, nelle note alla Classificazione, è detto che le osservazioni sulle caratteristiche delle

famiglie di discontinuità devono riferirsi, normalmente, al set più sfavorevole, considerando cosi, in qualche modo, anche l’influenza della giacitura.

Un’ulteriore osservazione che può essere svolta riguarda il parametro ESR il quale necessita di ulteriori esperienze reali per essere meglio quantificato.

La classificazione prevede un avanzamento tradizionale con esplosivo (drilling and blasting). Quando le modalità di esecuzione dello scavo sono diverse rispetto alla pratica normale, i valori calcolati tenderanno ad essere prudenziali o insufficienti e di ciò si dovrà tenere conto.

8.9.10 – Relazioni tra le classificazioni RSR, RMR e Q-System e impieghi diversi

In una pubblicazione sono stati analizzati da Bieniawski oltre un centinaio casi reali riguardanti gallerie e altri tipi di scavi sotterranei realizzati in Nord America, Europa, Sudafrica e Australia.

Da questo studio s’è potuto dedurre che tra i valori di qualità degli ammassi rocciosi ottenuti con le classificazioni RMR e Q-System esiste la relazione (Fig. 8.41):

RMR = 9 In Q + 44.

Fig. 8.41 – Relazione tra RMR e Q.

Successivamente, Rutledge, sulla base di esperienze di tunneling in Nuova Zelanda, ha trovato ulteriori relazioni che considerano anche l’RSR:

–       RMR = 13.5 log Q + 43.0

–       RSR = 0.77 RMR + 12.4

–       RSR = 13.3 log Q + 46.5

Kaiser & Gale suggeriscono, infine, RMR = 38.4 – 8.7 In Q.

Con l’ausilio di queste relazioni è possibile applicare separatamente le 3 classificazioni e confrontarne i risultati, in modo da minimizzare gli errori oppure, in fase di studio preliminare, è possibile applicare prima una classificazione (a seconda dei dati che si hanno a disposizione, spesso scarsi) e mediante le relazioni sopra riportate, usare come tabella di uscita un’altra classificazione che si ritiene più adatta allo scopo.

Le classificazioni tecniche costituiscono solo uno dei metodi per studiare la realizzazione di gallerie; esse però possono fornire dati utili anche per lo studio analitico, basato sulla modellazione numerica dell’ammasso roccioso.

La classificazione RMR è, ad es., utilizzabile per la determinazione delle costanti empiriche m e s del criterio di rottura dell’ammasso espresso da Hoek & Brown.

σ1’ = σ3’+ √ mσcσ3’ + sσc2

secondo le espressioni (Priest & Brown):

m = mi e[(RMR-100)/6.3]

dove mi è ricavato da prove triassiali su materiale roccia:

s = e[(RMR-100)/6.3]

La RMR è inoltre utilizzata per la valutazione del modulo dell’ammasso roccioso secondo le relazioni riportate in precedenza. Bieniawski propone anche la relazione, espressa graficamente, riportata nella Fig. 8.42.

Fig. 8.42 – Relazione tra Moduli EM/EL e Qualità dell’ammasso.

8.10 – La progettazione dei sostegni in galleria: NATM (New Austrian Tunnelling Method)

Permettendo alle forze che insorgono nell’ammasso roccioso in conseguenza dell’apertura del cavo uno sviluppo controllato, è possibile trarre il massimo vantaggio dalla capacità della roccia di sostenere se stessa. A questa potrà essere quindi adattato un sostegno significativamente più leggero rispetto a quello che sarebbe necessario se non si sfruttasse appieno il contributo fornito dall’autoportanza della roccia.

Il rivestimento finale è essenzialmente formato da due tipi di sostegno: il primo (armatura o supporto protettivo) è un arco flessibile realizzato per stabilizzare rapidamente la roccia. Può essere costituito da un arco di roccia ancorata con una bullonatura sistematica, e da una protezione superficiale in shotcrete, eventualmente rinforzato con una rete metallica e dalla chiusura con un arco rovescio (va ricordato che l’introduzione dei bulloni da roccia e del cemento spruzzato costituisce una tappa relativamente recente e fondamentale nella realizzazione delle gallerie).

Il comportamento del sostegno protettivo e della roccia circostante durante il processo di redistribuzione degli sforzi e delle deformazioni è attentamente controllato con misure di diverso tipo: di convergenza, estensimetriche, con celle di pressione etc.

Il secondo sostegno è dato da un arco interno in calcestruzzo che viene messo in opera quando il rivestimento protettivo ha raggiunto condizioni di equilibrio, con lo scopo di aumentare la stabilità ed il fattore di sicurezza. Il metodo, indicato come NATM, è stato sviluppato sulla base degli studi di Rabcewicz e di altri ricercatori austriaci; il nome sta ad indicare il contrasto metodologico rispetto all’Old Austrian Method che faceva uso principalmente di armature in legno.

Il metodo è sostanzialmente basato sull’impiego di uno strato, anche sottile, di shotcrete, utilizzato in combinazione con un’opportuna bullonatura applicata subito dopo la volata. Questa armatura trasforma la roccia circostante il cavo in una struttura ad arco autoportante, riducendo la decompressione e l’indebolimento delle pareti.

Si realizza in pratica una struttura portante formata dall’anello di roccia deformata plasticamente attorno al cavo e dalla armatura, posta in opera a diretto contatto della roccia, che fornisce una significativa componente di resistenza pellicolare. Uno spessore di 15 cm di shotcrete applicato ad una galleria Ø 10m sopporta oltre 45 t/m2 di carico: un sostegno in sole céntine metalliche cederebbe al 65% di questo carico, mentre un’armatura tradizionale in legno non ne reggerebbe che una piccola frazione.

Il sistema di sostegno dello scavo usato con il metodo NATM è flessibile in due sensi; é flessibile meccanicamente perché si può deformare e adattare alle deformazioni indotte dalla roccia pur continuando ad agire come una struttura coerente; inoltre è versatile poiché può essere continuamente modificato per rispondere a condizioni che variano da progressiva a progressiva. L’alternativa più tradizionale, che consiste nell’installare un singolo sistema di sostegno in tutto il tunnel, impone un dimensionamento di questo in funzione delle peggiori condizioni previste, non di quelle medie. Anche se quest’ultimo è semplice e richiede meno perizia, controlli, ispezioni, monitoraggi e test, risulta efficace in tunnel brevi e di piccolo diametro, quando le condizioni del sottosuolo sono uniformi e ben note, mentre il metodo NATM è certamente preferibile in tunnel più larghi e più lunghi e in terreni conosciuti solo parzialmente o variabili.

8.10.1 – Effetti della redistribuzione del campo tensionale

Si è visto in precedenza come le variazioni del campo tensionale indotte nell’ammasso roccioso dall’apertura di una galleria portino al progressivo sviluppo di un nuovo equilibrio.

Questo viene raggiunto entro un tempo variabile in funzione delle caratteristiche della roccia, con o senza il coinvolgimento della reazione del rivestimento, in dipendenza del fatto che la resistenza al taglio della roccia sia o meno superata.

Secondo Rabcewicz si possono individuare 3 differenti stadi nella progressiva redistribuzione delle tensioni, se la roccia circostante non è stata disturbata da un tunnel realizzato precedentemente nelle vicinanze.

In una fase iniziale, lo sviluppo di una superficie lungo la quale viene superata la resistenza al taglio isola un corpo cuneiforme, su entrambi i lati del cavo. Questo tende a muoversi in direzione normale all’asse dello sforzo principale maggiore, deformando la sezione iniziale del cavo.

Il secondo stadio, conseguente alla variazione della geometria del cavo, corrisponde all’inizio della convergenza della calotta e della platea; nel terzo stadio, questo movimento aumenta e la roccia scorre sotto la pressione laterale continua e tende a chiudere la galleria.

Con i metodi di scavo tradizionali non si eseguivano misure di convergenza e gli effetti della redistribuzione delle tensioni non erano sufficientemente noti; in realtà non si indagava molto sul fenomeno, anche perché l’avanzamento non era quasi mai a piena sezione ma con cunicoli che venivano successivamente allargati.

Il comportamento di un rivestimento tradizionale in muratura era tale da consentire grandi deformazioni nell’ammasso roccioso e, se talvolta questo permetteva lo sviluppo di un arco di roccia deformata plasticamente che partecipava all’azione portante senza danneggiare il rivestimento, molte volte invece il rivestimento stesso cedeva e doveva essere ricostruito.

Una delle principali cause di queste rotture era la mancanza di un arco rovescio in platea che, non solo era realizzato poche volte ma, quando veniva posto in opera, seguiva troppo tardi lo scavo, in genere dopo il completamento della calotta e dei piedritti dell’intero tunnel. Questa assenza rendeva incompleta la struttura del rivestimento che, anche se aveva spessori eccezionali, rimaneva aperta nella sua parte inferiore.

Viceversa, con l’applicazione dello shotcrete tutto attorno al perimetro del cavo, gli sforzi agenti sulla superficie dello stesso decrescono rapidamente e le deformazioni conseguenti al riarrangiamento tensionale non occorrono improvvisamente ma si esplicano attraverso spostamenti progressivi che non rappresentano un rischio per gli operatori.

Con condizioni favorevoli, gli sforzi possono essere rilasciati sino a valori prossimi al limite di rottura, in particolare se l’arco di rinforzo ha solo carattere temporaneo; affinché assuma un carattere permanente è necessario intervenire con un arco in calcestruzzo calcolato in modo tale che porti ad un fattore di sicurezza adeguato.

8.10.2 – Supporto protettivo temporaneo in shotcrete

Una struttura di sostegno primario troppo rigida non consentirebbe quelle limitate deformazioni nella roccia che sono necessarie affinché la roccia stessa collabori al proprio sostegno; sarebbe inoltre necessario utilizzare molto materiale, e molto resistente, con un appesantimento del lavoro di posa ed aggravi economici.

D’altra parte, una armatura altamente deformabile permetterebbe lo sviluppo di un ampio arco di roccia autoportante ma le eccessive deformazioni porterebbero ad un indebolimento dello stesso: il rilascio tensionale causerebbe lo sviluppo di fratture che diminuirebbero la resistenza. Il peso della massa di roccia così rilassata andrebbe a scaricarsi sul sostegno primario con, in pratica, un aumento eccessivo del volume di roccia interessata dalle operazioni di scavo.

Un sostegno temporaneo delle pareti dello scavo che soddisfi le diverse esigenze deve, innanzitutto, sigillare la nuova superficie esposta della roccia rapidamente e, in secondo luogo, deve determinare una resistenza pellicolare sufficientemente elevata per impedire un eccessivo rilassamento; nello stesso tempo, deve essere sufficientemente deformabile per permettere lo sviluppo di un anello di roccia deformata e portante.

Con l’applicazione di uno strato di shotcrete immediatamente dopo l’avanzamento, eventualmente abbinato all’impiego di bulloni da roccia, si realizza il più delle volte un arco ausiliario che soddisfa questi requisiti. La rapidità con la quale si sviluppa nello strato spruzzato di shotcrete un’elevata resistenza può essere incrementata con l’aggiunta di acceleranti nella presa del cemento; additivi chimici impermeabilizzanti consentono, inoltre, la messa in opera dello shotcreteanche in presenza di venute d’acqua.

Come risultato dell’interazione tra roccia e shotcrete si ha la formazione di un anello di roccia in uno stato poco disturbato che partecipa attivamente all’azione portante dell’arco in shotcrete; l’uso di bulloni da roccia permette di estendere questa zona in profondità nell’ammasso.

Un’altra proprietà del supporto spruzzato allo stato fluido è quello di sigillare le minute aperture e di aumentare, quindi, l’energia necessaria per la propagazione di una frattura: ciò spiega come gallerie scavate entro rocce di pessima qualità e rivestite immediatamente con uno strato di pochi centimetri di shotcreterimangano in equilibrio. La realizzazione di tubi di drenaggio nello strato di shotcrete consente di prevenire, a tergo di questo, l’aumento delle pressioni idrauliche nella roccia fratturata.

L’arco rovescio viene ancora realizzato per ultimo, lasciando al rivestimento della calotta e dei piedritti la possibilità di deformarsi; l’esperienza indica, comunque, come sia vantaggioso, e sovente imperativo, chiudere il rivestimento con un anello completo a breve distanza dietro il fronte di avanzamento.

8.10.3 – Capacità portante del rivestimento protettivo (secondo Rabcewicz)

Come visto, per il rivestimento della galleria secondo la metodologia NATM si procede secondo lo schema:

aRivestimento protettivo (o arco esterno) costituito da:

– anello di roccia deformata plasticamente;

– ancoraggi con tiranti o bulloni da roccia;

– rete elettrosaldata;

– céntine metalliche;

– shotcrete.

bArco interno in calcestruzzo

Ognuno di questi elementi contribuisce alla definizione della capacità portante complessiva del rivestimento; il calcolo viene eseguito considerando i seguenti parametri:

 Resistenza dello shotcrete

pi = s/(sinα

dove d é lo spessore dello shotcreteτs la resistenza al taglio dello shotcrete = 0.23 Rbk (con Rbk resistenza a compressione dello shotcrete), αs l’angolo di resistenza al taglio dello shotcrete b/2 = 2 cosα R = semialtezza del cuneo di taglio (con α angolo di taglio dell’ammasso; R = raggio del cavo).

– Ponendo in opera un’ulteriore armatura, costituita ad esempio da céntine metalliche, la resistenza di queste è data da:

pist = st/(sinα b/2)

dove Fst è l’area dell’armatura metallica per metro lineare di tunnel, τst = τs Est/Es = 15τs resistenza al taglio dell’armatura metallica La resistenza all’arco interno è data quindi da:

piL = pis + pist

  Gli ancoraggi forniscono una pressione radiale:

piA = fst σpst/et

dove fst é l’area della sezione dei bulloni, σpst il limite di snervamento dei bulloni, e e t i lati della maglia seconda la quale sono disposti i bulloni. La realizzazione di un sostegno con questi 3 elementi induce nella roccia una pressione di contenimento computabile come somma dei 3 contributi:

σ3 = pis + pist + pA

Con la costruzione dell’inviluppo di rottura di Mohr, si determinano la resistenza al taglio τR e l’angolo di taglio α dell’ammasso roccioso e lo sforzo normale al piano di taglio, σnR da introdurre nel calcolo della resistenza fornita dall’anello di roccia:

piR = s τR cos ψ/(b/2) – s σR sin ψ/(b/2)

dove s è la lunghezza della superficie di taglio nella roccia e ψ l’angolo di inclinazione medio della superficie di taglio. Giunti a questo momento occorre considerare la resistenza degli ancoraggi che contrasta il movimento del cuneo di taglio verso il cavo, che può essere determinata come:

piA = a fst σpst cos β/e t (b/2)

dove β è l’angolo di inclinazione medio degli ancoraggi interessati dal piano che separa il cuneo di taglio. La resistenza totale del rivestimento e dell’anello di roccia è quindi computabile come:

piw = pis pist piR piA

Il rapporto tra questo valore ed il carico agente sul cavo da una prima indicazione sul fattore di sicurezza:

piw/pv = FS

8.10.4 – Osservazioni sul Metodo NATM

II metodo NATM si basa, in sintesi, su alcuni concetti-base.

1) Mobilizzazione della resistenza dell’ammasso roccioso: il sostegno primario ha il compito fondamentale di permettere alla roccia di collaborare al suo sostegno. L’armatura deve quindi possedere determinate caratteristiche di resistenza e deformazioni e deve essere messo in opera nel momento opportuno.

2) Posa dello strato di shotcrete: uno strato di shotcrete, eventualmente rinforzato con bulloni da roccia, costituisce il sostegno primario. Esso permette di contenere le deformazioni dell’ammasso e di realizzare un arco di roccia che collabora al proprio sostegno.

3) Esecuzione di misure: la strumentazione della galleria va posta in opera immediatamente dopo l’avanzamento. Fornirà indicazioni sulla stabilità del cavo e consentirà l’ottimizzazione degli interventi di sostegno.

4) Uso di sostegni flessibili: i sostegni previsti dal metodo NATM sono flessibili sia in senso meccanico sia nel senso che, in corso d’opera, possono subire variazioni ed aggiustamenti. L’armatura può costituire solo in parte o totalmente il sostegno finale e il dimensionamento del rivestimento dipende dai risultati delle misurazioni (oltre che dal fattore di sicurezza che s’intenda  introdurre).

8.10.5 – NATM come classificazione

Al di là dei calcoli proposti originariamente da Rabcewicz, l’NATM, ha avuto applicazione anche come classificazione geomeccanica. Vengono distinte, nella versione più aggiornata, 7 classi di ammasso roccioso in base al comportamento di questo dopo l’avanzamento (Fig. 8.42).

Fig. 8.42 – Classificazione NATM.

Per ciascuna classe vengono date indicazioni sulla parzializzazione, o meno, del fronte, sul metodo di scavo e sul tempo di autosostentamento. Inoltre (Fig. 8.43) vengono forniti dettagli circa il tipo di supporto da impiegare.

Fig. 8.43 – Opere di sostegno dello scavo per la classi di roccia del Sistema NATM.

Per ogni progetto in cui viene impiegata la classificazione vengono previste le classi di comportamento degli ammassi rocciosi alle diverse progressive della galleria e il tipo di sostegno necessario, sintetizzando il tutto in schemi semplici (Fig. 8.43 e 8.44).

Alla critica mossa al NATM di classificare le rocce in modo decisamente semplicistico i sostenitori del metodo rispondono che la scelta del tipo di sostegno da adottare è direttamente funzione del comportamento dell’ammasso roccioso appena scavato, più che del valore dei singoli parametri geomeccanici che lo descrivono.

Fig. 8.44 – Avanzamento NATM: deformazione radiale e pressione al supporto.

8.11 – Rock-Support Interaction Analysis (Hook & Brown)

II rivestimento di uno scavo sotterraneo viene realizzato, come visto, per aiutare la roccia a sostenere se stessa. Per comprendere cosa avvenga, effettivamente, nella roccia durante uno scavo (supposto realizzato con esplosivo e a sezione piena ed armato con céntine metalliche) si osservi la sezione X-X della Fig. 8.44.

Inizialmente (1) il fronte del tunnel non ha ancora raggiunto la sezione considerata e la roccia, a destra della sezione X-X, è in equilibrio; la pressione interna cioè, il contrasto fornito dalla roccia in posto, o uguale alla tensione geostatica p0 (punto A).

Con l’avanzamento poco oltre la sezione X-X (2), il contrasto fornito dalla roccia scende a 0; il tunnel non collassa poiché la deformazione radiale u è limitata dalla prossimità del fronte, il quale oppone una significativa resistenza. Se questa resistenza non vi fosse, come accade, ad es., in rocce con scarse caratteristiche geomeccaniche, sarebbe necessario fornire, in corrispondenza della sezione X-X una pressione interna di contrasto pi per limitare la deformazione u.

Occorre notare che, per limitare la deformazione allo stesso valore in calotta e sui piedritti, la pressione di contrasto richiesta all’armatura ha valori differenti (ordinate dei punti B e C); ciò è dovuto all’azione, in calotta, del peso della zona di roccia rotta (zona plastica) che ha perso qualsiasi capacità autoportante per cui, per avere le medesime deformazioni che si hanno sui piedritti, occorre che la reazione dell’armatura sia maggiore.

Nella terza fase (3) le centine metalliche appena installate in prossimità del fronte non sostengono ancora alcun carico (punto D della figura) poiché la roccia non ha avuto il tempo di deformarsi ulteriormente e di aderire alle centine e non ne ha quindi ancora mobilitato la reazione.

Avanzando ulteriormente con lo scavo (4) di circa una volta e mezzo il diametro del tunnel oltre la sezione X-X, la resistenza fornita dalla roccia presente al fronte si riduce notevolmente e si registrano ulteriori deformazioni radiali (curve BF e CE).

Le deformazioni radiali verso l’interno del tunnel (convergenza), inducono un carico sull’armatura, la quale reagisce secondo una propria retta pressione interna pi/deformazioni u rappresentata dal segmento DEF che interseca le curve relative alle pareti ed alla calotta del tunnel.

Quando l’avanzamento è molto oltre la sezione X-X (5), la roccia al fronte di scavo non contrasta in alcun modo la deformazione del tunnel e, in assenza di un’armatura, le deformazioni progrediscono: nel caso dei piedritti, la pressione interna necessaria ad impedire ogni ulteriore deformazione tende a 0 (punto G) e si raggiunge una condizione di equilibrio stabile; viceversa, la pressione interna necessaria a limitare la deformazione in calotta scende ad un minimo per poi

aumentare lungo un ramo di curva ascendente. Questo comportamento è dovuto al continuo incremento di peso conseguente al progressivo aumento di spessore della zona di roccia rilassata; se non si interviene con un’armatura adeguata si arriva al crollo del tunnel (crollo che viene

ipotizzato nel punto di minor ordinata della curva).

Come si può osservare nella Fig. 8.44, la retta di reazione dell’armatura interseca le curve delle deformazioni nei loro rami discendenti, in corrispondenza dei punti E ed F; in questi punti la pressione di contrasto richiesta per impedire ulteriori deformazioni è esattamente bilanciata dalla reazione delle centine metalliche: la roccia ed il sistema di sostegno sono in equilibrio stabile.

8.11.1 – Ipotesi semplificative

L’analisi completa dell’interazione ammasso-rivestimento si presenta come un problema teorico di formidabile complessità per la natura e il numero delle variabili coinvolte nell’analisi. E’ opportuno ricorrere, almeno per il fine perseguito in questa trattazione, ad una soluzione approssimata, basata su un certo numero di ipotesi semplificative, che consenta, comunque, di illustrare un metodo di calcolo corretto.

Le ipotesi semplificative adottate sono le seguenti:

Geometria dello scavo: l’analisi assume un tunnel la cui geometria iniziale sia circolare con raggio ri e con una lunghezza sufficiente per cui si possa trattare il problema in campo bidimensionale.

Campo tensionale in situ: gli sforzi verticali ed orizzontali sono considerati uguali e pari a p0; e tale assunto si rivela, probabilmente, la limitazione pratica maggiore di questo metodo semplificato. Pressione di contrasto fornita dal sostegno: si presuppone che il sostegno installato eserciti una pressione di contrasto pi uniforme sulle pareti del tunnel.

Caratteristiche dell’ammasso roccioso integro: l’ammasso integro è considerato elastico lineare e caratterizzato da un modulo elastico E ed un coefficiente di Poisson (ν).

Il criterio di rottura è quello originale di Hoek & Brown:

σ1’ = σ3’+ √ mσcσ3’ + sσc2

dove m ed s sono le costanti ricavabili dalla tabella di Fig. 8.45.

Fig. 8.45 – Relazioni (approssimate) tra Qualità dell’ammasso roccioso e costanti geomeccaniche.

Caratteristiche dell’ammasso disturbato: il comportamento dell’ammasso fratturato a causa delle operazioni di scavo, è considerato perfettamente plastico; il criterio di rottura per tale ammasso è espresso come:

σ1’ = σ3’+ √ mrσcσ3’ + srσc2

dove mr e sr sono le costanti riferite all’ammasso fratturato. Nel caso di avanzamento con esplosivo mr ed sr si ricavano dalla tabella di Fig. 8.45 considerando una classe di qualità della roccia inferiore a quella utilizzata per ottenere m ed s. Per semplicità si assume che il passaggio tra comportamento elastico e comportamento plastico sia immediato.

Deformazione di volume: nella regione elastica, governata dal modulo E e dal coefficiente di Poisson v, a rottura si ha una dilatazione e quindi un aumento di volume; le deformazioni sono calcolate secondo le regole proprie della teoria della plasticità.

Comportamento tempo-dipendente: s’ipotizza che l’ammasso non presenti, in nessun caso, caratteristiche variabili in funzione del tempo.

Estensione della zona plastica: la zona plastica viene considerata estesa sino ad un raggio re (Fig. 8.46) dipendente dalle tensioni in situ p0, dalla pressione di sostegno pi e dalle caratteristiche elastiche e plastiche del materiale. Occorre notare che, così come il raggio del cavo si modifica passando da ri0 a ri (Fig. 8.47) con una deformazione pari a vi anche il raggio della zona plastica subisce una riduzione da re0 a re con una convergenza pari a ve.

Fig. 8.46 – Geometria del tunnel (assunto semplificativo – Hoek & Brown).)

Simmetria radiale: in questa analisi si assume una simmetria circolare rispetto l’asse del tunnel; quando viene incluso il peso della zona di roccia rotta della zona plastica che grava sulla calotta, questa semplificazione si perde. E’ comunque possibile considerare questa situazione separatamente e sovrapporne gli effetti ai risultati dell’analisi con simmetria circolare; si ottiene cosi, come accennato in precedenza, una curva sforzi/deformazioni per la calotta che può presentare un minimo seguito da un ramo crescente.

Fig. 8.47 – Notazioni per deformazioni attorno al cavo (assunto semplificativo – Hoek & Brown).)

8.11.2 – Sequenza di calcolo

Il metodo Rock-support Interaction Analysis consente di disegnare per punti, assumendo diversi valori per la pressione di contrasto che deve essere fornita dal sostegno, le curve pressione/deformazione; queste si riferiscono alla calotta, ai piedritti ed alla platea.

Calcolo della curva caratteristica dell’ammasso roccioso

La soluzione è valida per ammassi rocciosi caratterizzati da comportamento elastoplastico di tipo fragile (Fig. 8.48)

Fig. 8.48 – Modello di Hoek & Brown.

Il confine tra risposta elastica e risposta elastoplastica è dato dal valore della pressione di rottura propria dell’ammasso:

Pc = P – c

per:

quando Pc < (P – c) la deformazione è quindi elastica mentre la deformazione totale è:

U = P R (1+μ)/E

quando Pc > (P – c) la deformazione avviene in campo elastoplastico e lo spostamento al confine del passaggio fra campo plastico (caratterizzato dal suo raggio Rp) e campo elastico si può scrivere:

Ue/Rp = c (1+μ)/E

Il raggio plastico è definito dalla:

dove Pi è la pressione fittizia interna.

La deformazione plastica volumetrica media associata al passaggio dal comportamento elastico al comportamento plastico può essere scritta:

dove ρ dipende dallo spessore della zona plastica e prende i valori:

Il parametro D è dato dalla:

Comparando il volume della zona plastica prima e dopo la sua formazione si può scrivere:

con:

Ui deformazione corrispondente a Pi.

E poiché in campo elastico si ha:

Volendo calcolare Ui si definisce:

ottenendo per sostituzione:

Le pressioni in calotta e ai piedritti saranno:

Pcalotta = Pi + γr (Rp – R)

Ppiedritti = Pi

8.12 – Metodologie di scavo e d’avanzamento

Gli scavi in sotterraneo si eseguono con metodi diversi, a seconda delle dimensioni dell’opera, dell’assetto strutturale dell’ammasso e delle proprietà meccaniche dei terreni, dei tempi assegnati per il completamento dei lavori e dell’ambiente fisico nel quale si opera (urbano, extraurbano etc.). Fra i sistemi di scavo più comuni si distinguono il sistema a piena sezione da quelli a sezione parziale, articolati in due o più fasi, come in Fig. 8.49.

L’abbattimento, e quindi l’avanzamento, possono ottenersi con martelli demolitori, esplosivo, frese meccaniche e macchine operatrici continue (tunneller). Per lo scavo di pozzi è frequente l’uso di raise-borers. Nel caso di gallerie di piccolo diametro si ricorre sempre più frequentemente all’impiego di micro-tunnellertelecomandati ed alla robotizzazione delle operazioni costruttive.

Fig. 8.49 – Esempi di metodi di scavo.

Specie ai fini contrattuali è utile definire classi di scavo come, ad es., nella Tab. 8.1, in dipendenza del grado di difficoltà, valutato secondo il rallentamento determinato nel ritmo dei lavori dai provvedimenti per garantire la stabilità del fronte e delle pareti dello scavo e la sicurezza del cantiere.

Tab. 8.1 – Classi di scavo.

Se le proprietà della roccia sono tanto uniformi lungo l’asse della galleria che la suddivisione in classi di scavo ha importanza secondaria, gli oneri di scavo possono valutarsi solo in base al sistema di scavo; al contrario, se un solo sistema di scavo è possibile o previsto, la valutazione può effettuarsi in base alle classi di scavo; più in generale, si può operare con criterio misto, tenendo conto ad un tempo del sistema e della classe.

Vengono distinti, in ogni caso, i metodi di scavo tradizionali da quelli con tunneller.

8.12.1 – Metodi tradizionali

Per lo scavo di gallerie in terreni difficili, specie quando il ricoprimento è piccolo e comunque in terreni di alta deformabilità, spesso la sezione viene suddivisa in sottosezioni, in ognuna delle quali, subito dopo lo scavo, viene posta in opera un’armatura provvisoria di sostegno. Lo scopo principale è quello di salvaguardare la stabilità del fronte e delle pareti della galleria avvalendosi anche degli effetti tridimensionali e delle più ridotte dimensioni della sezione di volta in volta scavata.

Se l’abbattimento della roccia viene eseguito su tutta la sezione della galleria, in unica fase, si ha lo scavo a piena sezione, mentre se viene eseguito in più riprese si ha lo scavo parziale; si adotta l’uno o l’altro in dipendenza delle caratteristiche dell’ammasso e delle dimensioni della sezione. L’abbattimento può essere eseguito con esplosivo oppure con mezzi meccanici. S’impiega l’esplosivo prevalentemente (ma non esclusivamente) negli ammassi rocciosi, di regola se essi non sono intensamente fratturati. Il tipo di esplosivo, gli schemi di volata, l’utilizzazione di microritardi nel brillamento delle mine sono tutti fattori dei quali si deve tener conto per ottenere un adeguato rendimento e ridurre i fuori-sagoma, da un lato, e per limitare gli effetti delle vibrazioni prodotte dallo scoppio delle mine sulle costruzioni esistenti e sull’ammasso stesso, ovvero sui terreni ricadenti entro il volume geotecnicamente significativo. L’impiego dell’esplosivo nei centri urbani è da evitare o da sottoporre a severe condizioni.

I mezzi più comunemente usati per l’abbattimento meccanico comprendono i martelli demolitori, le frese puntuali semoventi, gli escavatori etc.

I metodi d’avanzamento classici in terreni cosiddetti spingenti e ormai del tutto abbandonati, sono i metodi d’avanzamento inglese, austriaco, belga, tedesco e italiano, dettagliatamente descritti nei trattati storici di costruzione gallerie (ad es. De Simon e Szechy) ai quali si rimanda (→ § 8.13). In questa sede preme solo segnalare che tutti questi metodi si basano sui seguenti criteri:

– lo scavo parziale, di volta in volta eseguito, presenta sezione molto modesta, in modo da poter contare su un più lungo tempo di autosostentamento dell’ammasso di terreno e roccia attraversato; la sezione, in ogni caso, è tale da consentire la realizzazione del pre-rivestimento o del rivestimento prima che si verifichino fenomeni di rottura. E’ da rimarcare come, con scavi parziali di piccola sezione, la stabilità del fronte possa essere più agevolmente assicurata;

– i rivestimenti, anche quelli degli scavi parziali, sono normalmente di tipo chiuso in modo da costituire un anello: quest’accorgimento consente un miglior controllo dei processi di deformazione dei terreni e riduce il rischio di rottura per sollevamento del fondo dello scavo;

– la successione delle operazioni di scavo e di rivestimento viene prescelta in primo luogo con l’obiettivo di evitare fenomeni di collasso. La posa in opera di sostegni e rivestimenti o di altri provvedimenti di stabilizzazione viene effettuata il più rapidamente possibile, ma avviene tuttavia in modo piuttosto graduale tanto da consentire deformazioni del rivestimento sufficienti perché si mobiliti la resistenza a taglio dei terreni e delle rocce interessate.

Fig. 8.50 – Metodi tradizionali di scavo per una galleria in terreni difficili: a) scavo del cunicolo d’avanzamento; b) sostegno con conglomerato proiettato in calotta; c) allarghi e sostegno con céntine e conglomerato proiettato eventualmente contro un pre-rivestimento; d) rivestimento definitivo della calotta; e) scavo dello strozzo; f) scavo dei piedritti; g) getto dei piedritti; h) scavo dell’arco rovescio; i) getto dell’arco rovescio.

Con riferimento alla Fig. 8.50, il procedimento generale può essere descritto come segue. Nella metà superiore della sezione lo scavo viene effettuato in fasi, quindi, nella medesima semisezione, viene subito posto in opera un rivestimento provvisorio al fine di limitare gli spostamenti; successivamente, nella medesima parte della sezione si colloca il rivestimento definitivo; quindi, si procede allo scavo della parte inferiore della sezione in 3 o 4 fasi; allo scavo segue la rapida posa in opera di un sostegno provvisorio e la costruzione dei piedritti e dell’arco rovescio che completano il rivestimento definitivo.

È appena il caso di notare che questo complesso procedimento è incompatibile con un rapido avanzamento del cantiere; inoltre, esso non è esente da rischi. Infatti, m alcune fasi costruttive, come, per esempio, durante lo scavo dei piedritti al di sotto del rivestimento di calotta, si possono indurre elevate sollecitazioni nei terreni con conseguenti deformazioni o addirittura la formazione di meccanismi sia nel terreno che nella struttura di rivestimento già realizzata. Inoltre, il tempo necessario per la completa chiusura dell’anello del rivestimento può risultare lungo.

Si spiega perciò anche così la tendenza ad abbandonare i metodi tradizionali in favore delle tecniche più moderne: queste, a loro volta, possono suddividersi in 2 categorie; nella prima rientrano i procedimenti basati sulla bullonatura, sul conglomerato proiettato e simili mentre nella seconda possono collocarsi quei metodi, come gli ombrelli e il jet-grouting in avanzamento, con i quali il sostegno del terreno viene creato, almeno parzialmente, in anticipo rispetto allo scavo.

L’organizzazione del cantiere con i metodi tradizionali è alquanto complessa; inoltre e necessario un notevole impegno di manodopera. In gallerie sotto falda o in presenza di venute d’acqua localizzate, le difficoltà costruttive si moltiplicano e la sicurezza del cantiere si riduce. Tra i metodi tradizionali d’avanzamento sono ancora da segnalare quelli con scudo metallico semplice, con funzione di protezione del personale di cantiere e di sostegno provvisorio delle pareti di scavo.

8.12.2 – Macchine operatrici continue

I metodi tradizionali di scavo sono ormai quasi del tutto sostituiti dai metodi meccanizzati che consentono lo scavo continuo delle gallerie senza l’uso di esplosivo (Fig. 8.51).

Fig. 8.51 – Schema di dettaglio di un tunneller1)testa porta-fresa monoblocco; 2) passo d’uomo per accedere al fronte; 3) utensili di taglio (dischi); 4) braccio porta-fresa (alesatore) retraibile per maggiorare il diametro di scavo; 5) nastro trasportatore per lo smarino; 6)sonda per esplorative in avanzamento; 7) motori; 8) cambio; 9) martinetti di spinta; 10) cabina; 11) gripper.

Queste macchine operatrici continue, o tunneller, trovano impiego sia nei terreni che negli ammassi di roccia lapidea; sono costituite da un organo rotante (testa porta-fresa), sul quale sono montati utensili di vario tipo, secondo la natura e le proprietà meccaniche della roccia, per la frantumazione o la disgregazione di quest’ultima.

La fresa può interessare parte del fronte (frese puntuali) o l’intero fronte (macchine a sezione totale). Queste ultime sono montate su un supporto circolare animato di moto rotatorio, eventualmente alternato, intorno all’asse della galleria e spinto verso il fronte di avanzamento da martinetti, che trovano la necessaria reazione sulle pareti della galleria per mezzo di gripper o sul pre-rivestimento già posto in opera,

La macchina viene spesso montata all’interno di un rivestimento metallico cilindrico di protezione detto scudo; altri organi, come, ad es., i nastri trasportatori, provvedono all’allontanamento della roccia scavata (marino). Con queste macchine si possono ottenere, in situazioni particolarmente favorevoli, avanzamenti di alcune decine di metri al giorno.

Tra i vantaggi dei tunneller rispetto ai metodi di scavo tradizionali si citano: la sicurezza, la rapidità di esecuzione e il minore impiego di manodopera; il minore disturbo  dei terreni e dell’assetto della roccia, la regolarità del profilo dello scavo finito e la riduzione dei fuori-sagoma, col conseguente risparmio nelle opere di sostegno provvisorio e definitivo; il minore disturbo ai manufatti eventualmente esistenti sul suolo o nel sottosuolo.

Per contro i tunneller hanno un elevato costo e ciò ne riduce la convenienza per le gallerie di piccola lunghezza e di grande diametro; lo spazio disponibile per la lavorazione al fronte di avanzamento e limitato; i tunneller sono poco flessibili quando si debbano attraversare formazioni di rocce o terreni con proprietà geotecniche rapidamente variabili; infine, i tracciati in curva e l’accesso da discenderie o pozzi comportano difficoltà e limitazioni all’impiego di questi mezzi di scavo. Con i tunneller più recenti l’accesso al fronte, l’esplorazione dei terreni a partire dal fronte e l’esecuzione di interventi di consolidamento sono stati resi più agevoli.

8.12.3 – Perforazioni raise-borer

Analogamente agli scavi di gallerie, sono stati meccanizzati anche gli scavi in verticale, ad es. per pozzi di ventilazione. Con la tecnica della trivellazione dal basso (raise-borer) (Fig. 8.52) si esegue dapprima una perforazione verticale di piccolo diametro fino alla galleria preesistente (a); dal foro si procede, quindi, se necessario, a un’iniezione di consolidamento del terreno circostante (b); si riperfora (c) per installare l’utensile di scavo (borer) dotato di teste rotanti; questo viene montato, lavorando dalla galleria; l’utensile viene quindi posto in azione e tratto dall’alto con una fune metallica per allargare il foro; il detrito, ricadente sul fondo, viene smarinato dalla galleria (d). A questo punto. si procede allo scavo del pozzo col prescelto diametro ed al corrispondente rivestimento; il marinoviene allontanato attraverso il foro precedentemente eseguito e la galleria (e); il lavoro viene completato come nelle fasi (f) e (g).

Fig. 8.52 – Costruzione di un pozzo verticale con la tecnica raise-borer da una preesistente galleria. a)esecuzione del foro; b)consolidamento dell’ammasso; c) riperforazione; d) montaggio e azionamento del raise-borere) allargamento del foro a partire dall’alto; f) posa in opera di un’eventuale guaina impermeabile; g) rivestimento definitivo del pozzo.

8.12.4 – Spingitura

La tecnica del pipe-jacking può applicarsi alla costruzione di brevi gallerie di piccoli Dh per sottopassare strade, ferrovie, corsi d’acqua (Fig. 8.53).

Fig. 8.53 – Spingi-tubo (pipe-jacking) per il sottopasso di un corso d’acqua.

Lo scavo è protetto da un tubo che s’infigge per la spinta statica di un martinetto da un pozzo. II tubo è di metallo o formato di conci prefabbricati di conglomerato armato. Lo scavo al fronte di avanzamento si esegue a mano o a macchina; se necessario, anche per fratturazione idraulica. Il marino si estrae manualmente o con dispositivi meccanici. Speciali strumenti garantiscono la correzione della direzione. Ai fini della scelta delle tecniche appropriate d’infissione, scavo e controllo della direzione intervengono la resistenza del terreno, le azioni del terreno sul tubo e la stabilità del fronte di avanzamento, le caratteristiche del detrito da smarinare.

8.12.5 – Il metodo di scavo col NATM

Come definito in precedenza il NATM si avvale di un metodologia di progettazione e costruzione gallerie basata sull’assunto che la stabilità dipenda fondamentalmente dalla roccia intorno alla galleria la quale, unitamente al rivestimento o ad altri elementi strutturali resistenti eventualmente installati nell’ammasso roccioso, costituisce un’ideale struttura anulare di sostegno.

Le numerose applicazioni del NATM hanno posto in evidenza che, fermo restando il concetto ispiratore originario, l’essenza del metodo e in realtà il ricorso all’approccio al metodo osservazionale per determinare, sezione per sezione della galleria, il tipo e il proporzionamento del prerivestimenti (ad es. conglomerato proiettato) e degli interventi di stabilizzazione (chiodi, bulloni, céntine metalliche, céntine reticolari etc.) necessari per assicurare la stabilità delle pareti dello scavo e per ottenere il controllo degli spostamenti del rivestimento e dell’ammasso, e in particolare della convergenza (ossia il rapporto Ira spostamento radiale e una dimensione significativa della sezione di scavo; ad es. il diametro). Il comportamento della galleria e della roccia circostante viene adeguatamente tenuto sotto osservazione con idonea strumentazione geotecnica oltre che con frequenti osservazioni e ispezioni visive.

Con l’analisi dei risultati di osservazioni e misure (che è necessario ripetere frequentemente) si valuta se il processo di deformazione dell’ammasso tende a stabilizzarsi o se è, viceversa, necessario porre in atto interventi integrativi. Anche la strumentazione può essere integrata in corso d’opera: l’esperienza via via acquisita può essere reinvestita in situazioni geotecniche simili lungo la rimanente parte del tracciato della stessa galleria.

I criteri da seguire secondo la metodologia NATM sono quelli del metodo osservazionale:

–       identificazione dei vari tipi di situazioni geotecniche possono incontrarsi lungo il tracciato;

–       previsione per ciascuna situazione (che deve potersi riconoscere agevolmente in situ) del tipo di pre-rivestimento e degli interventi da attuare;

–       previsioni dei possibili scostamenti delle situazioni reali rispetto a quelle prevalenti previste, e predisposizione, in fase di progetto, dei relativi provvedimenti e interventi integrativi;

–       progetto del piano di strumentazione.

Requisito indispensabile degli interventi integrativi è che devono poter essere attuati rapidamente, adeguandone tipo e intensità in base all’accertamento diretto della costituzione dell’ammasso e ai risultati delle misure in situ. Se si temono fenomeni di rottura repentini l’approccio osservazionale non può essere utilizzato.

Il NATM si utilizza sia per gallerie m rocce lapidee, che in rocce sciolte. I principali vantaggi sono la flessibilità del sistema di avanzamento, la possibilità di cornmisurare rivestimenti e interventi alle reali situazioni incontrate lungo il tracciato, la possibilità di fronteggiare rapidamente e tempestivamente eventuali fenomeni di instabilità. La disponibilità di efficaci tecniche d’intervento, sui terreni e sulle rocce, di rapida attuazione è imprescindibile per far fronte alla maggior parte delle situazioni impreviste.

Per l’utilizzazione del NATM è necessario il continuo aggiornamento delle previsioni progettuali nel corso dei lavori; ciò si può attuare tramite un efficiente sistema di monitoraggio modulare. I metodi di calcolo numerico più avanzati, dei quali oggi si dispone, consentono di migliorare la qualità dell’analisi, in tempo reale, del comportamento osservato, costituendo perciò un supporto di grande ausilio per adottare razionali decisioni operative.

8.12.6 – Cunicolo pilota

II cunicolo, o foro pilota, è una galleria di piccola o modesta sezione, comunque con dimensioni tali che risulti accessibile a mezzi d’opera e maestranze; viene realizzato con congrue anticipo rispetto alla galleria o all’opera in sotterraneo principale. Il cunicolo ha dimensioni tipiche di 2.5 X 3.0 m.

Sempre più frequentemente per costruire il cunicolo pilota si ricorre al tunneller; in tal caso, il diametro della sezione non è generalmente < 3 m.

La più importante funzione del cunicolo pilota e quella esplorativa; esso consente l’accertamento diretto della costituzione del sottosuolo, il rilievo dell’assetto strutturale dell’ammasso attraversato, l’accertamento dei caratteri della circolazione idrica sotterranea.

A differenza di altri metodi d’indagine, il cunicolo pilota consente di esplorare un volume di terreno relativamente grande rilevandone la costituzione di dettaglio; a partire dal cunicolo pilota le conoscenze sull’ammasso attraversato possono essere, se necessario, agevolmente integrate, ad es. con sondaggi inclinati o radiali.

Nel cunicolo pilota possono essere eseguite prove in situ di vario tipo, e di regola su campioni di terreno di ragguardevoli dimensioni, per la caratterizzazione meccanica del terreni e delle rocce. Se opportunamente strumentato, il cunicolo pilota costituisce, inoltre, un valido ausilio alla progettazione, in quanto dall’interpretazione del suo comportamento possono ricavarsi dati e informazioni, non altrimenti acquisibili, utili per la scelta dei parametri geotecnici da usare per la progettazione dell’opera e non di rado anche per la convalida degli stessi modelli di calcolo.

Durante la costruzione del cunicolo si sperimentano, di fatto, anche le modalità di scavo. Conviene ricorrere al cunicolo pilota a scopo d’indagine quando l’ammasso interessato presenta assetto complesso e se le coperture dell’opera da realizzare sono grandi, come nel caso delle gallerie di valico; per piccole coperture, e nel sottosuolo dei centri urbani, normalmente non si ricorre al cunicolo pilota.

La fattibilità, la costruibilità e la convenienza del cunicolo pilota (come del resto di tutti i cunicoli) derivano fondamentalmente dal fatto che le difficoltà di costruzione di una galleria di piccola sezione, le sollecitazioni sul rivestimento, gli spostamenti indotti nell’ammasso sono assai più piccoli di quelli indotti dalla costruzione dell’opera principale. Anche con conoscenze sul sottosuolo inizialmente limitate, o del lutto inesistenti, e dunque più agevole attuare eventuali interventi e provvedimenti di stabilizzazione e controllare gli effetti dello scavo sulle opere esistenti.

Partendo dal cunicolo pilota si può realizzare l’opera principale per allargo; il cunicolo può essere utilizzato per lo smarino.

In alternativa, il cunicolo può essere adibito alla ventilazione o come via di servizio p di soccorso e per attuare eventuali interventi di consolidamento futuri senza interrompere l’esercizio dell’opera principale. La realizzazione del cunicolo pilota richiede tempi di norma più lunghi rispetto ad altri mezzi d’indagine diretta, come i sondaggi; i vantaggi che ne derivano, per quanto riguarda attendibilità delle previsioni progettuali e riduzione dei rischi esecutivi, sono frequentemente sufficienti a giustificarne la scelta.

8.13 – La tecnica tradizionale di perforazione e sparo (drilling & blasting)

La tecnica di scavo con esplosivi prevede diverse fasi esecutive: inizialmente si realizza, tramite perforatrici idrauliche a rotopercussione, una serie di fori all’interno dei quali vengono successivamente inserite e fatte brillare le cariche di esplosivo, in opportuna quantità e spaziatura (Fig. 8.54).

Fig. 8.54 – Schema tipologico per esplosione controllata.

Le perforatrici sono montate in parallelo su una macchina, detta jumbo,  in grado di operare anche automaticamente. I fori hanno Ø ~ 2″ e sono realizzati a circolazione diretta di acqua per limitare la diffusione di polveri.

Nella tecnica di scavo basata su perforazione e sparo devono essere soddisfatte due diverse esigenze: la realizzazione di una frammentazione della roccia in blocchi con dimensioni comprese in un ambito prefissato (per un comodo smarino) e la realizzazione di un perimetro di scavo quanto più possibile prossimo alla sezione prevista; la volata ideale deve permettere un adeguato compromesso tra queste due necessità variando opportunamente la disposizione, la lunghezza e l’interdistanza tra i fori, la quantità e qualità dell’esplosivo, la sequenza dei microritardi (i fori non vengono fatti brillare contemporaneamente, ma a gruppi, di cui il primo, centrale, è detto rinora o cut holes, con intervalli di frazioni di secondo (Fig. 8.55).

Nella coltivazione di una miniera è essenziale effettuare l’estrazione della maggiore quantità di minerale al minor costo possibile, con un ritmo che mantenga costanti le scorte, riducendo le spese di perforazione e di esplosivo; è essenziale, inoltre, che si ottengano blocchi le cui forme e dimensioni consentano un facile caricamento e trasporto, siano adatte alla lavorazione, e non richiedano un trattamento di frammentazione prima di essere inviati agli impianti di produzione. E’ altrettanto importante evitare la diluizione della roccia mineralizzata con la roccia sterile incassante e, quindi, la volata non deve strappare porzioni di roccia oltre la geometria del corpo mineralizzato.

Fig. 8.55 – Configurazioni di esplosione controllata.

L’esecuzione di uno scavo sotterraneo finalizzato alla realizzazione di una galleria stradale o ferroviaria deve pervenire innanzitutto ad una precisa geometria, minimizzando le irregolarità e i fuori-sagoma del cavo ed inducendo il minore disturbo possibile nell’ammasso roccioso.

Il controllo sulla forma del cavo si può ottenere con diverse tecniche; le più note sono lo smooth blasting ed il presplitting.

Lo smooth blasting (abbattimento liscio) è un abbattimento controllato, una tecnica cioè che prevede che le mine di contorno siano innescate per ultime e possano quindi sfruttare le superfici libere che si formano in seguito al lavoro eseguito dalle mine interne (di produzione). Il diametro del foro deve essere almeno doppio del diametro della carica, ottenendo un basso rendimento dell’esplosivo ma una buona profilatura delle pareti del cavo.

Il presplitting è una tecnica di pre-taglio, una tecnica cioè che prevede di creare una superficie che separi l’ammasso di roccia che deve essere abbattuto dalla roccia che invece deve restare in posto integra ed indisturbata.

Tale superficie ha una duplice funzione: come superficie libera permette di ottimizzare il lavoro di frantumazione delle mine di produzione; come superficie di separazione costituisce un ostacolo al propagarsi delle sollecitazioni al di fuori della zona di abbattimento.

Il presplitting prevede un allineamento di fori paralleli, ravvicinati, lungo il contorno dello scavo, un rapporto diametro foro/diametro carica come per lo smooth blasting, il brillamento delle cariche simultaneo e antecedente alle mine di produzione.

Indicativamente, per la realizzazione di gallerie con Ø < 8m, in rocce di buona qualità, si mina tutto il fronte in un’unica soluzione (full face), mentre in rocce di qualità inferiore o per diametri maggiori si ricorre all’avanzamento a sezione parziale, normalmente scavando prima la parte superiore del cavo; dopo il brillamento si smarina, si disgaggiano eventuali blocchi in condizioni di equilibrio precario, si arma eventualmente la calotta, e si completa lo scavo con la perforazione ed il brillamento nella parte inferiore (ribasso). Particolari condizioni possono suggerire di frazionare ulteriormente le volate al fronte.

Normalmente si riescono a fare in un giorno uno o due cicli. La lunghezza di avanzamento per ciclo è funzione della qualità della roccia e del diametro dello scavo. L’avanzamento è pari al 50÷95% di quanto scavato col jumbo e varia da 0.5 m in rocce molto fratturate che richiedono un supporto immediato a ~ 4 m in roccia massiva ed autoportante in uno scavo di grande diametro (solo eccezionalmente si realizzano volate più lunghe).

Fig. 8.56 – Metodi d’avanzamento tradizionali.

8.13.1 – Metodi d’avanzamento a cunicoli

Metodo tedesco o del nocciolo (Fig. 8.56): tale sistema viene utilizzato quando la roccia non è autoportante: consiste nel lasciare al centro un nocciolo di materiale sano su cui appoggiare le armature. La caratteristica principale è quella di presentare cunicoli disposti uno sopra l’altro tino in calotta, lasciando al centro un nucleo di roccia intatta che in seguito viene abbattuto. Perché questo metodo sia possibile, è necessario che vi sia un nucleo di roccia relativamente sano capace di sopportare l’armamento e che non vi siano eccessive sottospinte. E’ un metodo lento e costoso, utilizzato in gallerie a grande sezione.

Metodo italiano: si realizza in terreni molto deboli e con forti pressioni laterali. Il cantiere di scavo in questi casi si limita anche a pochi metri in modo da far seguire allo scavo, rapidamente, la muratura. Si esegue (Fig. 8.57) dapprima il cunicolo di base (1) armandolo fortemente con quadri semplici o doppi e longherine; si prosegue lo scavo delle zone (2) puntellando e sbatacchiando opportunamente. Successivamente si scava la zona (3) corrispondente all’arco rovescio: l’armatura si forma aggiungendo longherine che ad un’estremità si appoggiano alla muratura già eseguita e all’altra alla parete cieca. Si costruiscono, quindi, piedritti ed arco rovescio, man mano togliendo i puntelli e sostituendoli con altri più corti poggiami sulla muratura che si va eseguendo. Eseguito un certo avanzamento in cunetta, si attacca in calotta scavando prima un cunicolo (4) che si allarga, poi, in (5). Si completa con gli scavi (6) ed infine si esegue la costruzione della calotta. Questo sistema d’attacco viene applicato normalmente in zone caratterizzate dalla presenza di rocce particolarmente spingenti e dove è impossibile procedere con altri metodi. Scavando e rivestendo dapprima l’arco rovescio ed i piedritti vi è anche il vantaggio che si possono fare canali di scolo per lo smaltimento delle venute d’acqua.

Fig. 8.57 – Metodo di scavo Italiano.

Metodo belga o in sottomurazione (Fig. 8.56): è un metodo diffuso per la facilità di esecuzione e la rapidità di avanzamento che può essere adoperato, tuttavia, solo in terreni poco spingenti. Il sistema belga si applica iniziando il cunicolo in alto (sistema d’attacco in calotta). Con il cunicolo in alto, lo scavo si allarga agli slarghi di calotta (2). Eseguito lo scavo della zona di calotta (123) e la relativa armatura per una certa lunghezza, si completa la muratura di tutto l’arco di calotta e solo dopo che questa è ultimata si da corso allo scavo della zona di strozzo (4) e degli slarghi di strozzo (o abbattaggi) (5) sostenendo opportunamente la muratura già eseguita. In ultimo si scava eventualmente la zona (6) dell’arco rovescio. Ultimato lo scavo si completa la muratura dei piedritti e dell’arco rovescio. L’armatura della calotta è costituita da longherine (travi disposte in parallelo all’asse della galleria), sostenute da armature trasversali e da puntelli disposti a ventaglio. Quando si scava al di sotto della calotta, negli slarghi di strozzo, le tavole o la trave su cui poggia la muratura viene sostenuta da traversine e puntoni. Il metodo non può adoperarsi per terreni molto spingenti, perché, completata la muratura della calotta, per effetto delle spinte del terreno, questa tende ad abbassarsi, mentre le imposte tendono ad avvicinarsi. Quando si prevedono abbassamenti sensibili (50÷100 cm) si dispone lo scavo più in alto in modo che, con il calo, la sagoma effettiva non risulti interna alla sagoma libera prefissata e si dispongono forti puntellature tra le imposte. La lunghezza del cantiere (dalla fonte d’attacco del cunicolo alla parte già murata) arriva fino > 120 m in terreni poco spingenti; se aumentano le spinte é necessario accorciare il cantiere a 40 m o meno, in modo da ridurre il tempo che intercorre fra scavo e muratura. Una variante più recente è costituita dal Metodo belga con due cunicoli, uno in basso ed uno in alto collegati tra loro con pozzi verticali detti fornelli o camini. Il fronte del cunicolo basso sopravanza quello inferiore di circa 25÷30 m. Eseguita la muratura della volta si passa allo scavo degli strozzi ed alla muratura dei piedritti. La muratura della calotta si esegue disponendo centine e procedendo simmetricamente sui due fianchi. La muratura poggia direttamente sul terreno non ancora scavato tramite un robusto concio prefabbricato (un tempo si poneva una trave in legno) opportunamente puntellato quando si completano le operazioni di scavo del relativo piedritto. Il metodo dei due cunicoli può essere realizzato in terreni uniformi, e può essere giustificato in caso di sezioni notevoli, in quanto si accelerano le operazioni di scavo e di smarino, quando è necessario realizzare un buon drenaggio delle acque (col cunicolo inferiore) e, ancora, quando si devono realizzare tunnel di notevole lunghezza. Entrambi i metodi sono caratterizzati dal fatto che il rivestimento viene posto in opera inizialmente in calotta procedendo via via verso il basso (sottomurazione).

8.13.2 – Metodi d’avanzamento a sezione piena

Metodo Inglese (Fig. 8.56): la caratteristica principale è che le operazioni di scavo, armatura e rivestimento non si svolgono contemporaneamente in cantieri diversi (come per gli altri sistemi), ma, in ogni tratto della galleria, allo scavo segue l’armatura e poi la muratura. Per ciascun tratto si procede con lo scavo per fasi successive come mostrato in figura. Ultimato il rivestimento di un tratto, s’inizia lo scavo, normalmente ≤ 5 m, di quello successivo, armando con travi orizzontali che poggiano, da una parte all’estradosso della volta già eseguita e dall’altra sulla roccia stessa del fronte d’attacco. In tal modo si ha una notevole economia nell’armatura e le travi di corona lasciano libera completamente tutta la sezione della galleria; inoltre, le murature possono essere completate senza che su queste, prima della chiusura della calotta, abbiano ad agire le spinte del terreno. Lo spazio fra l’estradosso del rivestimento ed il terreno sarà riempito da materiale lapideo o con iniezioni di cemento. Nel caso di terreni spingenti vi sono delle complicazioni poiché l’avanzamento di scavo deve assumere una lunghezza molto limitata (2÷3 m) ed occorre armate tutto il fronte di scavo con uno scudo di legname.  Il metodo inglese, quindi, può adottarsi convenientemente in terreni poco spingenti.

Metodo austriaco (Fig. 8.56): si realizzano due cunicoli (uno in platea e uno in calotta) e si procede nello scavo come indicato in figura. L’armatura è formata da una serie di cavalletti (armature disposte a raggiera giacenti in piani normali all’asse della galleria) che lavorano a compressione. Il rivestimento interessa prima i piedritti, poi la calotta e infine l’arco rovescio. E’ utilizzabile anche in terreni con scadenti caratteristiche, anche se economicamente impegnativo.

Metodo svedese: è un sistema d’attacco che si applica in rocce sane e resistenti che non richiedono armature e rivestimenti provvisori. Si apre simultaneamente tutto lo scavo con minaggio dell’intera sezione.

Utensili taglienti

Uno dei punti critici delle frese è l’utensile tagliente montato sulla testa che deve essere scelto in funzione del tipo di materiale che deve essere scavato. Le punte dei roadheaders, utilizzate con una velocità di taglio > 50 giri/min e una profondità di taglio di pochi mm non possono penetrare efficacemente rocce che abbiano una resistenza alla compressione monoassiale > 80 MPa; operando invece < 15 giri/min e con profondità 10÷15 mm, si possono scavare rocce con resistenza alla compressione monoassiale ≤ 300 MPa. Le rocce dure sono rotte più facilmente dall’azione di taglienti a dischi singoli o multipli costruiti in acciaio al Nickel-Molibdeno e rinforzati da inserti di carburo di tungsteno.

Rulli tronco-conici con inserzioni di questi stessi materiali sono impiegati efficacemente in rocce la cui resistenza alla compressione monoassiale è compresa entro 190÷280 MPa.

I dischi e i rulli esercitano una forte spinta lungo una sottile linea di contatto generando tensioni che determinano la rottura della roccia: i dischi con un profilo a 55°÷60° permettono una penetrazione veloce ma devono essere sostituiti frequentemente, mentre profili di 100°÷110° permettono velocità minori ma hanno una durata media maggiore.

In funzione delle caratteristiche mineralogiche e tecniche delle rocce viene definito l’Indice di fresabilità (bq) (Jenni & Balissat) con la suddivisione delle rocce in 4 classi (Fig. 8.58):

bq = (IsHr) / [A/(1+qtz)]

dove Is è l’Indice Point Load StrenghtHr la durezza misurata col martello di SchmidtA la resistenza all’abrasione derivata dal Los Angeles Rattle Test e qtz il contenuto % di minerali con durezza superiore al Quarzo.

Fig. 8.58 – Indice di Fresabilità e Classi di suddivisione delle rocce.

8.13.3 – Altri metodi di avanzamento

Metodo d’avanzamento con lo scudo: é un metodo applicabile in terreni alluvionali o sciolti molto imbevuti d’acqua. Lo scudo è costituito da un cilindro metallico di diametro un po’ maggiore di quello dell’estradosso della galleria ultimata, aperto ad entrambe le estremità. Dall’estremità anteriore a quella posteriore si distinguono 3 parti: la lama, il corpo centrale e la coda (Fig. 8.59).

Lo scudo viene sospinto da martinetti idraulici posti fra la parte già ultimata e rivestita e la parete posteriore della lama. Dopo un avanzamento di 70÷80 cm si completa il rivestimento costituito da anelli di elementi di acciaio o cls larghi 80÷100 cm e spessi alcuni cm. L’avanzamento con lo scudo offre, in terreni sciolti, alcuni vantaggi: l’avanzamento avviene a piena sezione, non occorre installare l’armatura, il cavo è sempre protetto o dallo scudo o dal rivestimento.

Fig. 8.59 – Sistema a Scudo e suo avanzamento.

Nei sistemi più perfezionati lo scavo è eseguito da un escavatore meccanico del tipo a noria, ritirato solo per la messa in posa del nuovo anello di rivestimento. Il metodo dello scudo non può adoperarsi in terreni alluvionali o sciolti caratterizzati dalla presenza di grossi massi che potrebbero impedire l’avanzamento dello scudo. Un ulteriore inconveniente è rappresentato dalla presenza di forti infiltrazioni sul fronte dello scavo che darebbero luogo anche ad instabilità del fronte. In questi casi si ricorre all’utilizzo dell’aria compressa ad una pressione pari a quella idrostatica controllando le eventuali infiltrazioni minori d’acqua con pompe. Il metodo prevede di realizzare una o due pareti stagne nella parte di galleria già ultimata (Fig. 8.60).

Metodo dei cassoni autoaffondanti: se il terreno non è omogeneo, il metodo con lo scudo non può essere adottato. In questi casi, se la galleria deve essere realizzata a piccola profondità, si costruisce all’aperto un tronco del rivestimento della galleria e si affonda successivamente lo stesso per mezzo di un cassone pneumatico. I singoli tronchi, in calcestruzzo, possono essere lunghi anche 30 m e sono chiusi alle due estremità. Il cassone si sistema sulla superficie con il suo asse coincidente con quello definitivo della galleria (se ci si trova su un corso d’acqua lo si fa affondare fino all’alveo); i successivi affondamenti entro strati sottostanti si ottengono asportando il materiale al di sotto del cassone.

Fig. 8.60 – Metodo d’avanzamento a Scudo: particolare.

Le maestranze impegnate a permettere l’affondamento del cassone entrano prima in una camera d’equilibrio collegata alla camera di lavoro per mezzo di un cilindro verticale (caminata). La pressione interna è mantenuta superiore a quella della pressione atmosferica ed all’incirca uguale a quella esercitata dall’acqua alla base. La camera d’equilibrio ha la funzione di abituare gli operai alla pressione esistente nella camera di lavoro e nel cassone. Raggiunta la profondità voluta, si riempie di calcestruzzo la camera di lavoro. I vari cassoni si saldano fra loro mediante altri cassoni di piccole dimensioni e quindi si collegano i vari tronconi abbattendo le pareti trasversali che chiudono le estremità.

Smaltimento del marino

Per smarino si intende l’operazione di allontanamento dal fronte di scavo e dalla galleria del materiale frantumato. La velocità d’avanzamento dello scavo può essere limitata dalla velocità con cui avviene il trasporto del marino di galleria. In un tunnel la scelta tra un sistema su binari, su ruote o su nastro dipende soprattutto dal diametro e dalla lunghezza del tunnel. Il sistema a vagoncini è utilizzato in tunnel lunghi e dalla sezione piccola, mentre camion di grosse dimensioni (dumper) sono più efficienti in gallerie dalla sezione ampia. I dumper possono inoltre lavorare in condizioni di pendenza maggiori rispetto al trasporto su rotaia. Il sistema di trasporto su nastro ha la migliore applicazione in tunnel molto ampi e lunghi scavati in rocce caratterizzate da un elevato fattore di carico; è utilizzato soprattutto negli scavi minerari ma il loro impiego nei tunnel stradali è interessante per la velocità con cui riesce a smaltire grosse quantità di materiali.

I pozzi sono, a parità di tutte le altre condizioni, più lenti da costruire poiché lo scavo deve essere interrotto ripetutamente per rimuovere il materiale che si accumula sul fondo.

Ventilazione

Una buona ventilazione è importante se il metodo di scavo è la fresatura ma diviene essenziale se si usano esplosivi. Il condotto di aerazione viene posto in calotta e viene allungato via via che il fronte di scavo avanza. Anche la presenza di veicoli rende necessario un sistema di ventilazione permanente. Quando la galleria è lunga il sistema di ventilazione può prendere una notevole porzione della sezione della galleria e può rendere necessario lo scavo di un volume maggiore rispetto a quello necessario per l’uso finale del tunnel. Nelle lunghe gallerie si può ricorrere allo scavo di pozzi intermedi di diametro limitato, per favorire la ventilazione.

8.14 – Metodi di scavo e di sostegno per gallerie in roccia

La progettazione di una galleria presuppone un insieme di azioni tra le quali le più rilevanti sono la conoscenza della struttura e della litologia del terreno al fine di scegliere il livello geotecnico nel quale si va a scavare, così come lo spessore di terreno resistente che rimane al di sopra della calotta, la possibile presenza d’acqua, le caratteristiche geotecniche del terreno e i danni che lo scavo può originare, tra gli altri. Una volta chiarito il tracciato e il tipo di problemi geotecnici prevedibili deve essere progettato il metodo costruttivo che porti alla sezione definitiva, partendo dal diametro stabilito dalle condizioni funzionali e di sfruttamento. Questo procedimento si decide in funzione del tipo di terreno, della dimensione della sezione, della lunghezza dell’opera, del livello di sicurezza desiderato, degli effetti ambientali (compresi i movimenti e gli effetti indotti dallo scavo e le loro ripercussioni su strutture e impianti limitrofi), dei tempi dei lavori, di possibili instabilità (in caso di basse coperture) etc.

A questo punto, in funzione del metodo costruttivo scelto, si progetta e calcola sia il sostegno di prima fase sia il rivestimento definitivo. Quest’ultimo deve essere realizzato in funzione della sicurezza dell’opera a lungo termine, delle condizioni di avanzamento e ventilazione etc., considerando, o meno. che parte del carico del terreno viene assorbito dal sostegno di prima fase. Si deve inoltre verificare, durante e dopo lo scavo, che l’insieme terreno-sostegno si comporti come previsto; a questo scopo il monitoraggio (misure di convergenza, misura delle pressioni al contorno etc.) è imprescindibile, sia per la verifica sia per motivi di sicurezza.

Fig. 8.61 – Variazione delle tensioni sul fronte della galleria.

D’altro canto, e dal punto di vista esecutivo, la realizzazione di una galleria implica anche la soluzione di diversi problemi: occorre, infatti, procedere nell’avanzamento della galleria in modo che il fronte sia stabile per un certo tempo durante il quale possa essere posto in opera un sostegno che regga calotta e piedritti nella zona appena scavata e in quella immediatamente adiacente; e questo implica che la variazione delle tensioni indotta dallo scavo deve essere compatibile con le caratteristiche  del terreno e del sostegno, in modo che non avvenga una rottura.

In Fig. 8.61a viene rappresentato lo stato tensionale iniziale del terreno prima dello scavo: al momento dello scavo, lontano dal fronte e davanti ad esso, lo stato tensionale (punti 1 e 6) é il medesimo che all’inizio ma intorno al fronte (punti 2, 3, 7 e 8, Fig. 8.61b) lo stato tensionale cambia in quanto la pressione verticale (σv) viene a diminuire in funzione degli spostamenti (u) ossia, il detensionamento causato dallo scavo (Fig. 8.61b), per stabilizzarsi nel punto 5 (lontano dal fronte) quando già è in corso l’interazione terreno-sostegno ed entrambi giungono ad una pressione di equilibrio (punto 5). Nello stesso tempo mutano le tensioni orizzontali (σh) per cui il cerchio di Mohr iniziale (quello dei punti 1 e 6) va a occupare posizioni diverse. Il cerchio 1 (calotta della galleria) s’avvicina, prima che agisca completamente il sostegno, alla linea di resistenza intrinseca (cerchi 2 e 3, corrispondente ai punti 2 e 3) motivo per cui si corre il rischio di rottura. Per contro, nel momento in cui agisce il sostegno si giunge al cerchio 5 e ad una situazione più stabile e sicura. Un effetto analogo si verifica nel punto 6, che evolve dal cerchio 6 all’8.

Risulta opportuno, in ogni caso, ottenere la resa di scavo più alta possibile, cercando di fare in modo che lo scavo della galleria si sviluppi con il minor numero possibile di fasi, il che deve essere compatibile con il problema precedente; quanto più piccolo è il cavo perforato, minore è la variazione globale delle pressioni e maggiore la stabilità dell’insieme (Fig. 8.62).

Fig. 8.62 – Influenza della dimensione di una galleria sulla sua stabilità.

Risulta altresì conveniente eseguire un rivestimento definitivo che permetta lo sfruttamento della galleria a breve e lungo termine, con le dovute condizioni di sicurezza realizzando un equilibrio economico tra gli stadi di esecuzione e i mezzi materiali utilizzati per scavare e rinforzare la sezione.

Lo scavo implica sempre una decompressione del terreno, potendo permettere che questo si rilassi parzialmente, in modo che, al momento della posa in opera dei sostegni, la pressione di equilibrio sia relativamente bassa. In Fig. 8.63 si rappresenta la relazione fra pressione del terreno (σy) – spostamenti (u), cioè quella che viene chiamata linea caratteristica del terreno. Scavando la galleria le pressioni diminuiscono, a causa degli spostamenti (o detensionamenti) che si verificano. Se si assume che il terreno sia elastico, la linea caratteristica è una retta. Altrimenti è una curva, che arriva a essere, parallela all’asse u nel caso che la cavità sia instabile. Il sostegno viene posto in opera quando si è già verificato un certo spostamento, o, e avrà anche una sua linea caratteristica (nella quale gli spostamenti aumenteranno con l’aumentare delle pressioni). Il punto d’incontro delle due linee caratteristiche è il punto di equilibrio dello scavo. In seguito, con il passare del tempo e la spinta dei materiali, quel punto potrà spostarsi di una certa entità (Fig. 8.63).

Fig. 8.63 – Caratteristiche in una galleria.

Su quest’ipotesi si basa il NATM che considera che gli spostamenti cui dà luogo il rilascio nell’intorno dello scavo; ciò permette, insieme alla posa di un sostegno flessibile, di raggiungere pressioni di carico relativamente basse, per cui il rivestimento definitivo, in fasi successive deve assorbire piccole pressioni, oltre alle variazioni di pressione che dovessero prodursi a lungo termine, in funzione dei materiali. Per contro, poiché lo scavo altera sempre e decomprime il terreno circostante, non sempre risulta conveniente lasciare che il terreno si rilassi sensibilmente, anzi: per materiali rocciosi molto fratturati e tettonizzati, con talune formazioni vulcaniche (lapilli, tufi, piroclasti etc.) e in terreni sciolti (nei quali l’estrapolazione del NATM può risultare inaffidabile a motivo della perdita di cementazione che si verifica nei materiali sabbie-argillosi e nelle argille fessurate), il detensionamento può non essere ammissibile (Fig. 8.64); in questi casi conviene scavare il terreno col minor disturbo possibile, a mezzo di sostegni semirigidi e con la realizzazione immediata del rivestimento.

Fig. 8.64 – Decompressione intorno ad uno scavo ed effetti relativi in rocce fratturate o poco cementate.

L’influenza geologica e geotecnica sulle modalità costruttive delle gallerie è fondamentale, al punto che sia lo scavo sia i sostegni sono direttamente in relazione con la qualità geomeccanica del terreno; si devono considerare, allora, le modalità di scavo e sostegno.  Le indicazioni normative internazionali sul progetto di opere sotterranee specificano che si includano, tra gli altri, i seguenti aspetti:

–       raccomandazioni sui tipi di sostegno da adottare per i diversi settori stabiliti lungo il tracciato;

–       raccomandazioni orientate a definire i metodi esecutivi;

–       determinazione dei parametri che indirettamente possano servire quale base anche per il progetto della sezione tipo;

–       calcolo di subsidenze o movimenti del terreno indotti dalla galleria, in caso di condizioni al contorno suscettibili alle deformazioni dello stesso;

–       studio specifico delle aree di imbocco e possibili opere speciali.

8.15 – Fasi di scavo

Quando la sezione della galleria è superiore ad un certo valore, intorno ai 40÷50 m2, conviene realizzare lo scavo in varie fasi, soprattutto se la qualità e la stabilità del terreno sono basse. La prima fase di scavo è definita avanzamento e la seguente strozzo (Fig. 10.23); la strozzo può a sua volta essere scavato in una fase unica o in varie fasi: setti centrale e laterali (Figura 10.24). In terreni di qualità scadente può essere scavata in una terza fase l’arco rovescio, allo scopo di creare un anello chiuso di calcestruzzo.

8.15.1 – Elementi di sostegno

II sostegno fornisce alla galleria il principale elemento di stabilizzazione in relazione:

– ad evitare che il terreno perda le proprie caratteristiche di resistenza;

– ad evitare il distacco di cunei o zone libere del terreno durante lo scavo;

– limitare le deformazioni nella cavità;

– controllare le venute d’acqua e proteggere le rocce dall’alterazione;

Al fine di raggiungere tali obiettivi si deve installare il sostegno il più presto possibile. Questo sostegno di tipo immediato o provvisorio viene definito sostegno di prima fase. È possibile che lo scavo richieda elementi di sostegno addizionali per cercare di rinforzare il terreno in zone deboli, nel cui caso viene definito sostegno di seconda fase. Una volta stabilizzato lo scavo e ultimata l’installazione dei sostegni, le gallerie si coprono con uno strato di calcestruzzo (rivestimento) le cui funzioni consistono nel contribuire alla stabilità a lungo termine della galleria, accogliere servizi e condutture e diminuire l’attrito dell’aria o dell’acqua. I principali tipi di sostegno utilizzati in gallerie in roccia si descrivono nel seguito, rimandando a pubblicazioni specifiche per l’approfondimento.

8.15.1.1 – Sostegni provvisori

Come visto, i sostegni provvisori devono installarsi durante o subito dopo i lavori di scavo per rispettare le sagome previste, prevenire crolli locali o addirittura fornelli e contenere le deformazioni entro limiti ammissibili, in relazione alla sicurezza del lavoro e in anticipo rispetto alla collocazione del rivestimento definitivo (Fig. 8.65, 8.66 e 8.67).

Fig. 8.65 – Nomenclatura delle opere di sostegno provvisorie.

Fig. 8.66 – Sezioni tipo di gallerie scavate con metodi tradizionali: 1,2,3 con céntine metalliche variamente disposte; nel caso 2 la sagomatura in chiave consente l’introduzione del condotto per il getto del conglomerato; 4,5 con rivestimento provvisorio di gunite; 6 con pre-rivestimento formato di gunite, rete metallica e ancoraggi. Il rivestimento definitivo è di conglomerato ordinario o armato.

Fig. 8.67 – Sezioni tipo di gallerie circolari scavate con macchine operatrici continue: 1 con ancoraggi per il sostenimento della calotta; 2 rivestimento di gunite su tutto il contorno, eventualmente con arco rovescio prefabbricato; 3 rivestimento in conci di conglomerato prefabbricati e successiva iniezione d’intasamento; se necessario il rivestimento può essere ancorato all’ammasso roccioso; 4 rivestimento di conglomerato e céntine metalliche poste in opera preventivamente su tutto il contorno o soltanto in calotta.

Bulloni: a cono, a espansione o aderenti per tutta la lunghezza, sono costituiti da una barra d’acciaio che, di regola, viene introdotta in un foro Ø 40 mm, con lunghezza da 3÷6m circa; contribuiscono ad assicurare la stabilità dello scavo fino alla collocazione del rivestimento definitivo, o anche a lungo termine. In base al principio di funzionamento e alla tecnica d’installazione i bulloni passivi possono essere distinti in bulloni ad attrito e bulloni cementati.

Il fusto dei bulloni ad attrito è un profilato d’acciaio a tubo chiuso o spaccato da un taglio longitudinale (Fig. 8.68). Eseguito il foro nella roccia, la parete esterna del tubo viene deformata plasticamente e fatta aderire a forza contro la superficie del foro: per ottenere questo accoppiamento meccanico fra roccia e fusto del bullone vengono utilizzate tecniche diverse.

Fig. 8.68 – Esempi di bulloni ad ancoraggio ripartito: a) bullone ad attrito Split Set; b) bullone ad attrito Swellex; c) barra a fusto cementato (a e b si usano in roccia lapidea):

Il primo tipo (Fig. 8.68a) sfrutta l’infilaggio forzato a spinta del profilato, il cui Øest è 1÷2 mm > Ø foro. Nel secondo tipo (Fig. 8.68b) l’espansione viene provocata da acqua in pressione in una cavità interna del tubo che, inizialmente, ha una sezione collassata o accartocciata come in Fig. 8.68b; la pressione fa ri-espandere la sezione, schiacciandola contro la roccia. I bulloni a fusto cementato (Fig. 8.68c) sono costituiti da un tondino d’acciaio (liscio, nervato, filettato); la barra viene posizionata in un foro di diametro maggiore e l’interstizio anulare viene intasato con resine o malte cementizie.

Con l’accorgimento di usare resina a pronta presa (< 1 min) nel tratto più profondo e resina normale lungo il rimanente tratto del fusto, è anche possibile una parziale pretensione; in ogni caso, all’estremità delle barre sulla parete della galleria viene applicata una piastra di ripartizione contro roccia.

Ancoraggi: tali dispositivi, anche di notevole lunghezza, vengono realizzali con trefoli d’acciaio o con barre d’acciaio (tipo Dywidag); essi vengono impiegati prevalentemente per grandi opere in sotterraneo, quali stazioni di metropolitane e centrali di servizio in caverna.

Conglomerato proiettato: il conglomerato proiettato (denominato anche conglomerato spruzzato, gunite, spritz-beton) viene applicalo comunemente alle superfici di scavo, con o senza armatura di rete metallica elettrosaldata, fissata alta roccia con spilloni, ganci, funi metalliche; in piccoli spessori (ad es. 5 cm) ha funzione  protettiva per la stabilizzazione temporanea delle pareti di scavo, specie per preservare il terreno dal contatto con l’atmosfera, che ne può favorire l’alterazione, il rigonfiamento, fino al collasso locale; in spessori maggiori, fino anche ad alcuni decimetri, il conglomerato proiettato può costituire una struttura sottile resistente, specialmente quando e rinforzato con fibre d’acciaio, e anche impermeabile, spesso ha, ad un tempo, funzione protettiva, resistente e impermeabilizzante (Fig. 8.69).

Fig. 8.69 – Impiego del conglomerato proiettato per la stabilizzazione di un ammasso roccioso nella camera di lavoro di un Tunneller; dopo ogni avanzamento (a) di 1.2 m la macchina retrocede di 1.2÷2.4 m (b) per consentire l’applicazione nel primo tratto (c) del conglomerato proiettato; quindi la macchina avanza di nuovo per 1.2 m (d).

Céntine metalliche: sono profilati d’acciaio generalmente ad H o strutture reticolari in anelli chiusi o a segmenti con adeguate giunzioni e piastre d’appoggio con o senza traversa di base; l’interasse dipende dalle caratteristiche dei terreni. Le centine sono collegate da distanziatori metallici, bloccate contro la parete con l’interposizione di cunei, generalmente di legno. Fra céntine contigue possono interporsi elementi prefabbricati di calcestruzzo, di piccola sezione e modesto peso detti panconcelli, quando sia necessario un pre-rivestimento continuo. Le céntine vengono frequentemente ricoperte dal conglomerato proiettato, di cui al punto precedente, e restano inglobate nel rivestimento definitivo.

Armature di legname: assicurano la stabilità di scavi parziali o in sezioni speciali di raccordo; sono ancora adoperate perché costituiscono un sostegno flessibile e facilmente adattabile alle esigenze locali; preferibilmente vengono rimosse prima del getto del rivestimento definitivo.

Blindaggio: si realizza con tavoloni di legno, lamiere di metallo o lastre di conglomerato armato ed eventualmente precompresso; un caso particolare sono i cosiddetti marciavanti, che vengono collocati in opera a partire dall’estradosso dell’ultima céntina in terreni difficili.

Regolarizzazione: trattasi di un intervento che riguarda pareti di scavo fuori sagoma; si realizza con sacchi di geotessile a tergo delle centine, con il triplice scopo di limitare distacchi che potrebbero propagarsi nel terreno sovrastante, di distribuire meglio i carichi sulle centine di sostegno, di ridurre l’impegno di successive iniezioni d’intasamento a tergo del rivestimento definitivo.

8.15.1.2 – Consolidamento in avanzamento

In casi particolari, ma sempre più frequenti, lo scavo di un manufatto sotterraneo è reso possibile, (o più spedito e sicuro) da interventi speciali attuati per migliorare le caratteristiche dei terreni prima dello scavo oppure al fine di prevenire distacchi, dissesti, e/o allentamenti nell’intorno del fronte d’avanzamento (Fig. 8.70). Le corrispondenti tecniche hanno subito notevoli evoluzioni e consentono oggi d’intervenire per realizzare condizioni di scavo favorevoli anche in terreni molto difficili.

Fig. 8.70 – Tecniche per migliorare le caratteristiche del terreno in avanzamento: a) iniezioni tradizionali; bjet-grouting o gettiniezione; c) drenaggi; d) congelamento; bullonatura.

Per quanto costoso, il consolidamento in avanzamento si adotta principalmente per aumentare la sicurezza del lavoro, come nelle rocce fratturate o nelle sabbie sature, ma anche per limitare il disturbo del terreno e le interferenze con i manufatti esistenti, e infine per consentire una più elevata velocità di avanzamento. Dei vantaggi offerti dai moderni metodi (che richiedono, tuttavia, l’installazione di complesse attrezzature di cantiere per il trattamento dei terreni) conviene tenere conto, quindi, anche nella scelta del tracciato e del metodo di scavo. L’effetto di miglioramento può essere solo temporaneo (congelamento, aria compressa) oppure, almeno in parte, permanente (iniezioni, bulloni) e in tal caso consente anche un risparmio nel proporzionamento del rivestimento. Il congelamento, l’aria compressa e il drenaggio possono ovviamente impiegarsi solo sottofalda (in terreni saturi d’acqua). Gli interventi di consolidamento possono attuarsi dall’esterno, con piccoli ricoprimenti h, o dall’interno, come, ad es., dal fronte di scavo.

Fig. 8.71 – Congelamento del terreno per la costruzione di una galleria sottofalda con interventi dall’esterno (a) o dall’interno (b).

Congelamento: l’intervento si realizza facendo circolare nel terreno miscele refrigeranti (salamoia, azoto liquido) attraverso tubazioni installate dall’esterno se hè piccolo (Fig. 8.71a), oppure con perforazioni dall’interno della galleria a partire da cunicoli in avanzamento interni o esterni alla sagoma del manufatto (Fig. 8.71b). Può essere utile per consentire la sostituzione degli utensili durante la sosta di una macchina operatrice continua. Il costo del trattamento dipende essenzialmente dal tempo t occorrente per ottenere il congelamento di un certo volume di terreno per un assegnato schema geometrico dei corpi refrigeranti: questo tempo varia con la temperatura iniziale T0 della miscela, con la composizione e il contenuto d’acqua wn del terreno ed è tanto più grande quanto più fina é la grana del materiale. In un’argilla con wn = 0.3 nell’ipotesi che sia T0 = -20°C risulta t variabile da ~ 6 giorni (con tubi refrigeranti i posti alla distanza di m 0.7) fino > 20 giorni se questa si raddoppia. Il congelamento trova applicazioni prevalentemente nei terreni a grana media e grossa.

Aria compressa: con questa tecnica un tronco del cantiere di scavo viene posto sotto pressione, allo scopo di bilanciare le pressioni neutre sul fronte di avanzamento e bloccare quindi le filtrazioni e i fenomeni di sifonamento, particolarmente pericolosi in sabbie fine uniformi sature d’acqua, Tuttavia, le norme che disciplinano i lavori in presenza di aria compressa limitano l’utilizzazione del metodo. In terreni a grana fina l’aria compressa contribuisce ad assicurare la stabilità a breve termine del fronte. Se la copertura è modesta occorre controllare che l’impiego dell’aria compressa non dia luogo alla rottura del terreno per sollevamento (blow-up).

Drenaggio: l’intervento, come visto, si realizza da perforazioni eseguite generalmente a partire dal fronte di avanzamento, con lo scopo di ridurre le pressioni neutre nei punti della formazione non ancora raggiunti dallo scavo, regolare le filtrazioni e accelerare, eventualmente, la consolidazione di terreni a grana fina e media.

Iniezioni: l’intervento si esegue attraverso perforazioni dall’esterno se il ricoprimento è piccolo, oppure dal fronte di avanzamento dopo aver realizzato un tampone di conglomerato o anche da un cunicolo che precede lo scavo di allargo (Fig. 8.72).

Fig. 8.72 – Consolidamento con iniezioni per la costruzione di gallerie in terreni non coesivi sottofalda: a) dall’esterno per gallerie con piccolo ricoprimento; b) dal cunicolo pilota per scavo a piena sezione; c) dal fronte di avanzamento; d) da un cunicolo laterale.

S’impiegano miscele di varia composizione secondo le caratteristiche dei terreni; l’iniezione vera e propria si fa precedere spesso da pre-iniezioni stabilizzanti. Il volume di miscela si valuta come % del volume di terreno da trattare, in dipendenza del tipo e delle caratteristiche della miscela e della porosità del terreno. Le iniezioni possono anche essere limitate al riempimento di cavità e dei vuoti per un buon collegamento fra rivestimento e superficie della roccia; in tal caso prendono il nome di iniezioni d’intasamento.

Ombrelli: vengono eseguiti con tecniche diverse, con lo scopo di creare una protezione in zona di avanzamento. Possono assumere forma continua o discontinua e si realizzano con infilaggi, gettiniezione o con la tecnica dei pali trivellati di piccolo diametro (micropali)(Fig. 8.73).

Fig. 8.73 – Ombrelli per la protezione del fronte d’avanzamento di una galleria; a) con micropali trivellati; b) con colonne di jet-grouting.

Infilaggi: tali interventi costituiscono un tipico provvedimento di sicurezza che viene applicato, sistematicamente o saltuariamente, in anticipo sui lavori di scavo in avanzamento. Gli infilaggi consistono generalmente di armature (tubi o profilati) disposte secondo superfici coniche in successiva sovrapposizione, al fine di offrire una resistenza a flessione e taglio (ad es., 20÷30 tubi in acciaio Ø 90÷114 cm, L 12÷20, avanzamento di 8÷16 m) con sovrapposizione tra ombrelli successivi di ~4 m).

Gettiniezione (jet-grouting): si tratta di una tecnica assai diffusa per la formazione in situ di colonne resistenti, a mezzo d’iniezioni di miscele cementizie ad altissima pressione, è stata impiegata anche per la creazione di elementi accostati resistenti a flessione e taglio con funzione di ombrello. L’avanzamento con la tecnica degli ombrelli di micropali o di colonne di gettiniezione procede in modo discontinuo, a tratti successivi (10÷20 m): per ciascun tratto si procede all’esecuzione dell’ombrello e al consolidamento del fronte; successivamente, si avanza con lo scavo della galleria.

Chiodature del fronte: l’intervento si effettua in rocce fratturate, quando le discontinuità sono orientate in senso sfavorevole alla stabilità; s’impiegano materiali (vetroresina) che, pur avendo una discreta resistenza a trazione e a taglio, possano asportarsi con facilità successivamente con l’utensile di scavo (Fig. 8.74). Talvolta la funzione di chiodatura del fronte viene affidata a colonne di gettiniezione che, tuttavia, si rimuovono con maggiore difficoltà.

Fig. 8.74 – Chiodatura del fronte d’avanzamento con chiodi in vetroresina (in figura provvedimento integrativo mediante ombrello di protezione con colonne gettiniettate: a) sezione longitudinale; b) sezione trasversale.

Forzamenti: si tratta di interventi di precompressione di un anello di terreno esterno alla sezione da scavare; i forzamenti si effettuano con speciali iniezioni di miscele stabilizzate con effetto di serraggio o compattazione a partire dal fronte di avanzamento. Fra gli interventi che tendono a evitare l’allentamento dei terreni e quindi a prevenire i crolli, possono citarsi i metodi di sostegno che si applicano al fronte di avanzamento quando lo scavo è eseguito con Tunnellerscudato. La funzione di sostegno, in questo caso, si esplica nel corso stesso dello scavo: a tal fine si fa ricorso al fango bentonitico o all’aria compressa (Fig. 8.75 e 8.76) con tecniche speciali.

Fig. 8.75 – Metodi per il sostegno continuo del frontale di avanzamento nei tunneller con scudo: a) con fanghi di bentonite; b) con aria compressa.

La convenienza del ricorso alla protezione con elementi strutturali formati nel terreno, ad es. con la gettiniezione, si valuta per via sperimentale prima dell’uso su larga scala perché gli elementi possono risultare difettosi secondo le caratteristiche del terreno; in tal caso l’ombrello non garantisce buone prestazioni statiche nelle gravose condizioni di sollecitazione di taglio e momento flettente che prevalgono al fronte di avanzamento.

8.15.1.3 – Consolidamento di fornelli

I fornelli sono cavità che si formano a seguito di franamenti o distacchi provocati da meccanismi di rottura conseguenti allo scavo o a rilasci; si verificano spesso durante le lavorazioni in avanzamento o per effetto di filtrazione di acqua verso il fronte. Il terreno interessato da un fornello perde il suo assetto originario. Nelle gallerie con piccolo ricoprimento, al fornello si accompagna spesso una depressione della superficie topografica. Per la prosecuzione del lavoro, ovvero per l’attraversamento del fornello, si richiede in generale la stabilizzazione dell’ammasso franato: il lavoro, di norma complesso, può effettuarsi dall’interno della galleria, come in Fig. 8.76 oppure operando dall’esterno se il ricoprimento non è grande.

8.16 – Rivestimento

Il rivestimento (generalmente di conglomerato, ossia calcestruzzo s.s. armato, più raramente metallico) viene creato in opera sul pre-rivestimento, della cui collaborazione si tiene conto; il rivestimento può essere prefabbricato in conci che vengono collocati in opera con macchine speciali. I rivestimenti in muratura sono ormai quasi del tutto abbandonati. La scelta del materiale di cui è costituito il rivestimento deve essere eseguita tenendo conto dell’ambiente fisico e chimico in cui esso è inserito; decisiva importanza ha, ad es., il tipo di cemento in ambiente chimicamente aggressivo per la presenza di solfati, cloruri etc. nelle acque sotterranee. In tali casi l’impiego erroneo di cemento Portland compromette la durabilità e la medesima stabilità dell’opera. Per la formazione del rivestimento, in luogo del conglomerato armato tradizionale, si va diffondendo oggi la tecnica del conglomerato fibro-rinforzato; si tratta di un materiale composito costituito da una matrice di conglomerato cementizio e da aghi o fibre di acciaio o di carbonio.

Fig. 8.76 – Schema di Tunneller con sostegno del fronte mediante fango bentonitico con impianto di depurazione e recupero.

Le dimensioni massime degli inerti nella matrice sono scelte in relazione alle caratteristiche dell’armatura: questa è costituita da un insieme di fibre o piccoli aghi, quasi sempre metallici, di lunghezza generalmente compresa entro 20÷80 mm, in dipendenza dello spessore del rivestimento; il rapporto L/Ø è compreso fra 50÷150. Le fibre possono essere anche a sezione non circolare e con forma e superfici atte a migliorare la loro aderenza alla matrice; la quantità di fibre è di regola  25 e < 100 kg/m3. Rispetto al conglomerato tradizionale le proprietà del conglomerato fibro-rinforzato sono caratterizzate da un accentuato incremento della duttilità e da un migliore comportamento alla fessurazione: si tenga conto, tuttavia, che la presenza delle fibre comporta un incremento della consistenza e pertanto una diminuzione della lavorabilità del conglomerato. Particolari accorgimenti durante l’impasto assicurano l’uniforme distribuzione e, durante la posa in opera con la pompa, limitano la segregazione delle fibre, anche col ricorso ad additivi fluidificanti.

Il calcestruzzo fibro-rinforzato può essere posto in opera con la tecnica della proiezione in umido. Anche con la tecnica del calcestruzzo proiettato risulta necessario prendere accorgimenti per garantire un’uniforme distribuzione delle fibre. In galleria il conglomerato rinforzato con fibre di acciaio è oggi frequentemente impiegato, specie con la tecnica della proiezione, sia per l’applicazione del prerivestimenti sia per il getto del rivestimento definitivo. I motivi di questo crescente impiego risiedono essenzialmente nel vantaggio, offerto dal fibro-rinforzato, di una facile posa in opera che, con un rapido avanzamento del cantiere, consente di realizzare un ottimo e immediato contatto con la superficie, spesso irregolare, del terreno o della roccia, laddove questo contatto (in presenza di reti elettrosaldate o comunque di una fitta armatura) non è sempre continuo o efficace sotto l’aspetto meccanico, specie in calotta.

In definitiva il conglomerato fibro-rinforzato viene raccomandato per la realizzazione del pre-rivestimento e del rivestimento purché il suo impiego sia attentamente considerato in una specifica di progettazione che faccia riferimento ad una sperimentazione in laboratorio e in situ. Indagini sperimentali dimostrano infatti che la resistenza, e più in generale le caratteristiche meccaniche del conglomerato fibro-rinforzato per gli impieghi in galleria, non sono inferiori a quelle del conglomerato armato tradizionale.

Fig. 8.77 – Attraversamento di un fornello: a) crollo del terreno in corrispondenza del fronte d’avanzamento di un Tunneller per lo scavo di una galleria; b) la macchina retrocede, il materiale sciolto franato si dispone secondo l’angolo di naturale declivio; c) sul cumulo di materiale sciolto viene applicata della gunite fino a creare un blocco con fronte sub-verticale; d), e) i vuoti nella zona del fornello vengono intasati con conglomerato pompato o con miscela cementizia iniettata; f) la macchina riprende il ciclo di scavo nel materiale consolidato.

Spesso risulta opportuno inserire nel rivestimento definitivo dispositivi che conferiscono al sistema particolari requisiti di drenaggio, tenuta o entrambi; la Fig. 8.78 rappresenta il sistema di drenaggio e smaltimento delle acque che affluiscono a una galleria ferroviaria dal terreno circostante.

Fig. 8.78 – Schema del sistema di drenaggio in una galleria ferroviaria; l’acqua (1) proveniente dal terreno (2) attraversa la gunite (3) avente funzione di filtraggio e di sostegno e i fogli forellati drenanti (4) affluendo ai tubi di drenaggio longitudinali (5); 6,7 rivestimento armato; 8muretta di conglomerato magro; 9) cavidotto; 10) arco rovescio; 12ballast d’inerti selezionati (fondazione dell’armamento ferroviario). La tubazione trasversale (11) collega il dreno longitudinale (5) col tubo di raccolta drenaggi in asse all’arco rovescio.

Per l’impermeabilizzazione s’impiegano sempre più frequentemente geo-membrane costituite da associazioni di vari materiali, essenzialmente elastomeri. Le geo-membrane, che appartengono alla grande famiglia dei geo-sintetici, sono prodotte dall’industria chimica in fogli sottili (qualche millimetro) saldabili; oltre che i necessari requisiti d’impermeabilità, esse hanno grande flessibilità, leggerezza, notevole resistenza a trazione, al punzonamento, all’abrasione e sono dotate di un grande allungamento a rottura.

8.16.1 – Fasi di costruzione

L’ordine e la successione nel tempo delle fasi di scavo. di posa in opera del rivestimento e di attuazione di eventuali interventi sui terreni o sulle rocce costituiscono parte essenziale del metodo d’avanzamento: essi devono essere specificati in progetto definitivo ed esecutivo, sperimentati all’inizio dei lavori e, se necessario, modificati in corso d’opera sulla base dei risultati di misure e di controlli geotecnici. La sequenza delle fasi esecutive influenza in modo apprezzabile, e spesso decisivo, la stabilità a breve termine delle pareti dello scavo, l’entità e l’evoluzione delle deformazioni dell’ammasso, oltre che l’intensità e la distribuzione delle sollecitazioni sul rivestimento; una possibile successione delle fasi costruttive è indicata in Fig. 8.79.

Fig. 8.79 – Fasi di costruzione di una galleria autostradale: 1) scavo in calotta; 2) posa in opera della rete elettrosaldata, di un sottile strato di gunite e delle céntine metalliche indi completamento del pre-rivestimento con gunite34) scavo; 5) come fase (2); 6) scavo; 7) getto dell’arco rovescio; 8) posa della membrana per l’isolamento acustico; 9) getto del rivestimento.

Le tecniche di costruzione e di scavo delle gallerie hanno subito profonde modifiche negli ultimi decenni e sono tuttora in evoluzione, per incrementare la velocità di avanzamento e per ridurre i rischi connessi con i metodi tradizionali.

8.16.2 – Tipi di rivestimenti definitivi

Rivestimenti metallici

Molti tunnel di piccolo diametro sono sostenuti da parti in acciaio saldate sul posto a formare un tubo, e cementate nell’intercapedine tra roccia e acciaio. I costi del materiale sono alti, ma il metodo richiede una tecnica semplice di costruzione e può essere installato abbastanza rapidamente, con poca supervisione, monitoraggi e tests. Rivestimenti in acciai sono spesso usati in canali per il trasporto di acqua ad alta pressione come le condotte forzate, soprattutto in sezioni dove la pressione dell’acqua raggiunge la pressione litostatica delle rocce in sito. Con questo tipo di rivestimento si hanno inoltre buone garanzie di tenuta idraulica.

Rivestimenti in calcestruzzo

II cemento gettato in sito costituisce generalmente la migliore soluzione se il profilo dello scavo risulta irregolare. Il cemento viene pompato dietro una cassaforma, talvolta con aggiunta di additivi che, riducendo il calore di idratazione, riducono la formazione di cavillature nel calcestruzzo. Il rinforzo del cemento con l’armatura d’acciaio spesso non è richiesto, ma può prevenire lo sviluppo di fratturazioni per contrazione durante la maturazione. La cassaforma viene spostata al tratto successivo quando il calcestruzzo ha raggiunto una resistenza alla compressione tra 4÷5 MPa, cioè, spesso, 8÷10 h dopo la gettata. Poiché le acque sotterranee contenenti solfati sono fortemente aggressive sul normale cemento Portland sovente si ricorre all’uso di cementi speciali resistenti a questo tipo di attacco chimico. Il sistema Bernold (Fig. 8.80) fa uso di lastre di acciaio forate che fungono sia come cassaforma che come armatura mentre i segmenti incurvati sono uniti da perni. Il cemento pompato dietro questa struttura riempie lo spazio tra roccia e cemento e, in parte, emerge dai fori creando una struttura ad alta resistenza.

Fig. 8.80 – Sistema Bernold.

L’impiego di segmenti prefabbricati costituisce generalmente la migliore soluzione in tunnel che presentano una sezione circolare come quelli scavati da una fresa a sezione piena in cui si siano verificati pochi collassi e fuori-sagoma. La qualità del cemento in questo caso è maggiore grazie ai migliori controlli che si possono effettuare durante la loro fabbricazioni. I segmenti possono essere armati o meno a seconda delle applicazioni mentre giunti di contatto sono ad incastro e possono essere impermeabilizzati.

I segmenti prefabbricati possono altresì essere imbullonati ma spesso si autosostengono. Nei sistemi più moderni gli elementi prefabbricati sono messi in opera da speciali bracci meccanizzati situati subito dietro la testa della TBM.

8.16.3 – Criteri di scelta del tipo di sostegno

I sistemi di sostegno di un tunnel non possono essere progettati come i pilastri e le fondazioni di un edificio in quanto sussistono troppe incognite mentre le condizioni del sottosuolo possono essere grandemente variabili lungo la galleria; lo stesso dicasi dei carichi che si sviluppano quando si installano i diversi segmenti di rivestimento oppure quando si sposta la TMB, difficili da stimare e in grado di creare più danni che la pressione in situ della roccia. Tutto questo ha portato allo sviluppo, al fianco della progettazione per via analitica, come visto, di metodi diversi per la scelta del tipo di sostegno più adatto come quelli basati sulla osservazione degli effetti dello scavo ed i metodi empirici.

Rivestimenti rigidi o flessibili

Un errore abbastanza comune è quello di ritenere che più alta sia la pressione in situ della roccia, maggiore debba essere la rigidezza e lo spessore del rivestimento. E’ vero piuttosto che un sostegno rigido concentra gli sforzi senza che avvenga una redistribuzione di questi; al contrario sistemi come lo spritz-beton armato e segmenti prefabbricati e giuntati senza bulloni, dotati di una certa flessione, tendono a equilibrare le pressioni di contatto limitandone la concentrazione in punti critici. La rigidezza di un rivestimento è proporzionale al cubo del suo spessore, così che una piccola riduzione di questo può aumentarne di molto la flessibilità.

Scelta del tipo di sostegno e del suo spessore

II primo passo consiste nello scegliere tra un sistema flessibile come il NATM o un sistema a segmenti o uno gettato in opera. In ogni caso il metodo di scavo e quello di supporto sono interdipendenti e non possono essere scelti senza tenerli in considerazione entrambi. Ad es., se il tunnel è scavato con una fresa a sezione piena, è difficile applicare lo spritz-beton a breve distanza dalla testa; per contro il tunnel circolare e ben arrotondato prodotto dalla TBM è ideale per essere sostenuto da segmenti di cemento prefabbricati o da rivestimenti tubolari.

Il costo, calcolato tenendo conto non solo del prezzo dei materiali da impiegare ma anche dell’incidenza della posa in opera, è un ulteriore elemento da prendere in considerazione.

Nel caso del NATM le misure di supporto sono diverse per le diverse classi di roccia.

I metodi di progettazione empirica sono ideali per determinare quale classe di supporto sia necessario utilizzare attraverso l’osservazione diretta delle condizioni della roccia e della velocità d’avanzamento. Il rivestimento definitivo viene messo in opera dopo che il terreno e l’armatura si sono deformati e stabilizzati in modo da dover sopportare solo l’eventuale pressione dell’acqua sotterranea e tensioni dovute a deformazioni (creep) a lungo termine. Se, viceversa, il tunnel deve resistere a pressioni idrostatiche (esterne o interne) è l’effetto a determinare il tipo di supporto.

Lo spessore del rivestimento di cemento gettato in opera deve essere sufficiente da permettere l’afflusso di cemento dalla calotta in tutti i punti tra la roccia e l’armatura. Questo spessore, indicativamente, varia tra 200 mm per tunnel Ø < 9 m e 300 mm per gallerie più larghe. Lo spessore totale del rivestimento include questo spazio e ogni supporto primario lasciato in posto. Quando sono utilizzati anche rinforzi in acciaio lo spessore totale è spesso più grande di quello strettamente necessario a sostenere il cavo.

Lo spessore di elementi in calcestruzzo prefabbricato è controllato dalla necessità di prevenire danneggiamenti durante il trasporto ed è legato anche al tipo di giunto. Segmenti imbullonati hanno in genere spessore minimo di 200 mm per elementi di cemento e 150 mm per elementi in metallo.

Tunnel non rivestiti

I tunnel in pressione e i pozzi privi di rivestimento sono stati introdotti nelle costruzioni idroelettriche norvegesi in risposta alla scarsità di acciaio avutasi dopo la prima guerra mondiale.

La roccia doveva essere impermeabile e la copertura sopra il tunnel sufficientemente spessa per assicurare che lo stress principale minore calcolato non venisse superato dalla pressione dell’acqua.

I pozzi e i tunnel idraulici non rivestiti sono monitorati per misurare le perdite d’acqua che, usualmente, variano entro 0.5÷5 l/s per km. Il mancato rivestimento di un tunnel idroelettrico porta ad un risparmio di almeno il 5% dei costi di costruzione oltre ad una più breve durata dei lavori. La massima velocità dell’acqua in tunnel in pressione non rivestiti dovrebbe essere tenuta sotto i 2 m/s.

Nei tunnel stradali in roccia compatta, fino a 2/3 dei costi possono essere risparmiati evitando costosi rivestimenti in calcestruzzo.

I tunnel alpini sono rivestiti con spritz-beton, una membrana impermeabile ed un arco in calcestruzzo per mantenere l’interno del tunnel completamente asciutto. Per contro ~ 98% dei tunnel stradali norvegesi sono rivestiti solo in corrispondenza degli imbocchi e dove la roccia presenta scadenti qualità. Le infiltrazioni sono controllate da locali coperture in alluminio che convogliano l’acqua ai lati della galleria o da altri semplici sistemi isolanti.

Rigonfiamento (swellinge deformazione plastica (squeezingdel terreno

Oltre alle deformazioni, sempre presenti sebbene talvolta minime, che avvengono in campo elastico all’apertura di un cavo, possono verificarsi altre deformazioni, normalmente di grande entità, dovute a due fattori.

–       il primo è costituito dal cedimento della roccia che si manifesta con un flusso viscoplastico (squeezing) causato dagli sforzi indotti dallo scavo. Vi sono in questo caso sia deformazioni del materiale roccia intatta, sia scorrimenti lungo le fratture;

–       il secondo (spesso confuso col primo) è dovuto all’espansione chimico-fisica di alcuni minerali delle argille o da anidrite, in seguito ad un assorbimento d’acqua (swelling).

Spesso gli strati di argilla rigonfiante vengono sovraescavati e sostituiti da un imbottitura di lana di roccia o altri materiali flessibili prima della gettata di cemento in modo da permetterne l’espansione. In aree con roccia di pessima qualità caratterizzata squeezing e swelling si sono riscontrate convergenze di più del 20% del diametro del cavo e la pressione sul supporto ha superato i 2 Mpa.

Definendo la deformabilità della roccia in termini di fattore di competenza Cf:

Cf = σc/γD

dove σc è la resistenza a compressione uniassiale, γ il peso di volume del sovraccarico e D la profondità della copertura

II comportamento sotto pressione del tunnel è stato posto in relazione al fattore di competenza nel modo seguente:

Cf > 10                      pressione della roccia leggera o nulla;

4 < Cf < 10                      pressione della roccia limitata;

2 < Cf < 4                        deformazione da leggera a moderata;

Cf < 2                        deformazione da intensa a molto intensa.

Le condizioni di squeezing e di swelling richiedono un rivestimento circolare che includa un arco rovescio e sia abbastanza flessibile per deformarsi senza subire eccessivi danni.

In caso si prevedano grandi riduzioni del cavo si può intervenire con lo scavo di un diametro maggiore rispetto a quello richiesto e l’installazione di un’interfaccia deformabile tra roccia e rivestimento oppure forzando il rivestimento contro la roccia per ridurre l’entità della deformazione. La dilatazione per aumento del contenuto d’acqua può anche essere contenuta mantenendo le condizioni di umidità naturale della roccia applicando un rivestimento impermeabile.

Controlli durante la costruzione

Durante la costruzione di un tunnel devono essere predisposte accurate misure di controllo che vanno dal controllo delle caratteristiche della roccia e dell’ammasso roccioso alla verifica del rivestimento e dei materiali.

Le previsioni sul sistema di scavo e di supporto fatte in sede progettuale possono così essere confermate o riviste in funzione dei risultati che si vanno via via ottenendo.

Fig. 8.81 – Sistemi di monitoraggio di una galleria.

Le variazioni nelle condizioni del sottosuolo sono registrate con ispezioni al fronte di scavo e, talvolta, con sondaggi che partano da questo. La registrazione sistematica di parametri quali le dimensioni dei blocchi, la resistenza alla compressione, le caratteristiche delle discontinuità, la presenza di faglie e di venute d’acqua si rivela comunque la procedura più opportuna.

L’ammasso roccioso viene poi classificato secondo il metodo usato per il progetto e i risultati ottenuti vengono continuamente confrontati con quelli previsti in precedenza.

Nel caso in cui sia stato impossibile acquisire sufficienti informazioni dalla superficie oppure quando le condizioni incontrate dallo scavo differiscono in peggio, in modo sostanziale da quanto previsto, é possibile eseguire sondaggi orizzontali dal fronte di scavo. Per non interrompere lo scavo del tunnel possono essere scavate delle nicchie laterali per posizionare le sonde (Fig. 8.81). Particolari sistemi di perforazione possono raggiungere fino a 200÷500 m in fori orizzontali. In questo caso, oltre ai campioni di roccia prelevati, anche la velocità di penetrazione, la pressione dell’acqua e il consumo dei macchinari forniscono dati utili.

Controllo geologico-geotecnico

La costruzione di una galleria si affronta sempre con un grado di indeterminatezza dovuto alle difficoltà d’indagine e riconoscimento del terreno prima e durante lo scavo. Di conseguenza non si può fare a meno di effettuare un controllo permanente durante tutto il processo costruttivo, in accordo coi seguenti obiettivi:

– verificare i criteri e le specifiche del progetto relativi a sostegni, scavi e trattamenti;

– controllare i problemi di stabilità, deformazioni e venute d’acqua;

– adattare i sostegni, gli avanzamenti e il metodo costruttivo alle condizioni d’opera;

– prevedere e adottare le contromisure adeguate per evitare frane, crolli, grandi venute d’acqua o altri possibili problemi del terreno;

– monitorare la risposta del terreno e degli acquiferi in relazione ad altre strutture o edifici adiacenti, che possano essere interessati dallo scavo;

– controllo ambientale: inquinamento di corsi d’acqua, terreni, smaltimento dei materiali di scavo non riutilizzabili etc;

– controllo di qualità e di sicurezza in corso d’opera.

I dati geologico-geotecnici da ottenere durante lo scavo sono i seguenti:

– litologia e struttura dei fronti e sezioni di avanzamento:

– faglie e zone di fratture;

– discontinuità particolari;

– dati per le classificazioni geomeccaniche;

– venute d’acqua e gas.

Questi dati, come visto, devono essere analizzati in relazione alla stabilità dello scavo e restituiti su carte e profili geologico-geotecnici di fronte, calotta e piedritti. Quando le condizioni geologiche previste nel progetto considerano la possibilità di attraversare accidenti tettonici importanti o situazioni fonti di possibili rischi (terreni rigonfianti, carsici etc.), è necessario effettuare sondaggi sul fronte di scavo, dalla superficie, e anche gallerie esplorative, in funzione dell’importanza dei problemi.

Il monitoraggio geologico-geotecnico apporta i criteri di base per definire i sostegni e i metodi costruttivi; ad ogni modo, è necessario affiancare a queste informazioni i dati del monitoraggio, vale a dire la misura sistematica delle deformazioni e delle tensioni come conseguenza del processo di scavo e sostegno di prima fase. Queste misure si adottano in sezioni la cui spaziatura dipende dalla qualità geomeccanica del materiale di scavo, dell’ordine di 20÷50 m, e anche inferiori, in terreni di qualità scadente. Le misure si effettuano ad intervalli frequenti nelle fasi inmediatamente successive all’apertura dello scavo, dell’ordine di una misura quotidiana nella prima settimana e più distanziate man mano che passa il tempo (per esempio, una misura settimanale durante il primo mese).

Il sistema di monitoraggio (Fig. 8.81) si compone di:

–       controllo dei movimenti del sostegno e/o rivestimento della galleria, utilizzando rotelle di convergenza (distometri)  o altri procedimenti ottici che permettano di controllare movimenti orizzontali e spostamenti relativi tra calotta e piedritti:

–       controllo delle portate relative alle venute d’acqua per conoscere i possibili condizionamenti nei confronti dei livelli freatico e piezometrico;

–       misura degli spostamenti in superficie e all’interno del terreno, con estensimetri ad asta singoli e multibase, ed inclinometri;

–       controllo di movimenti in edifici vicini: cedimenti e crolli;

–       controllo delle pressioni nei terreni sovrastanti la galleria (celle di carico) e delle deformazioni (estensimetri a corda vibrante, ad es., nel sostegno o nel rivestimento.

I risultati del monitoraggio devono essere disponibili quotidianamente e raccolti in grafici di movimenti/tempo, o movimenti/distanza dal fronte. L’interpretazione dell’insieme delle misure permette di conoscere il grado di sicurezza dell’opera e il suo possibile effetto nei confronti delle strutture vicine.

Influenza dello scavo in strutture limitrofe

Nel caso di gallerie urbane è necessario tenere in conto le ripercussioni su edifici e impianti vicini, dato che i movimenti indotti dagli scavi possono oscillare da pochi mm fino a 20 cm, secondo la consistenza del terreno, il metodo costruttivo seguito etc. Di norma la legge dei cedimenti superficiali, frutto della decompressione originata dalla galleria, si assimila ad una funzione Gaussiana definibile con 2 parametri: la distanza dal centro di simmetria della curva alla posizione del punto di flessione, i, e il cedimento massimo (δmax; o il volume dei cedimenti, VS); la relazione tra questi parametri è:

VS = 2.5 i δmax

II volume VS varia normalmente tra 0.25 e 8÷10% della sezione della galleria scavata, secondo la qualità del processo, la velocità di avanzamento, il tipo di terreno attraversato etc.

Prendendo avvio da esperienze ottenute nelle operazioni di strumentazione dell’allargamento di una Metropolitana è stato dedotto quello che è stato definito Calcolo di subsidenza.

Fig. 8.82 – Calcolo di Subsidenza.

Partendo da un modello semplificato del terreno (Fig. 8.82), in cui si assume che vi sia un terreno più soffice superiore e uno più rigido inferiore, il volume di cedimenti si deduce da detta figura, nella quale si può ottenere il volume di cedimenti, VS espresso quale % della sezione scavata, in funzione della profondità dell’asse della galleria. In questa figura si definiscono 3 posizioni della galleria (profondità fino al suo asse, H, di 1.5 D, 1 D e 2.5 D, essendo D il suo diametro) e, in ogni caso, si disegna una linea inclinata che indica lo spessore di riempimento al di sopra del Pliocene (secondo lo schema stratigrafico della medesima Fig. 8.82). Definito H lo spessore di riempimento sull’arco di carico della galleria, si può determinare il volume di cedimenti VS; l’espressione per i risulta:

i/D = (η 0.52 H)/(D – 0.21)

dove D è il diametro della galleria. H la profondità del suo asse mentre η vale tra 0.75 e 1.25 (maggior valore quanto più è sabbioso il terreno rigido). In caso di pressurizzazione del fronte e applicazione di pressioni apprezzabili, può essere ridotto il valore del cedimento calcolato ai valori inferiori tra quelli indicati in figura, e anche al 60% di quei valori. Per pressioni alte possono verificarsi sollevamenti di 1÷2 mm. In gallerie contenute da paratie continue può essere utilizzata la Fig. 8.83 per stimare i movimenti che avvengono al suo estradosso.

Fig. 8.83 – Variazione dei movimenti prodotti in superficie dallo scavo di diaframmi.

Una volta confermato che il movimento dedotto è in grado di danneggiare edifici limitrofi (studiando il loro stato di conservazione e la loro rigidezza relativa), si può decidere di:

– sottofondare l’edificio con gli inconvenienti relativi;

– utilizzare barriere di iniezioni tra edificio e galleria per bloccare i cedimenti;

– effettuare iniezioni di compensazione per limitare e compensare i cedimenti interessanti l’edificio o l’impianto.

8.17 – Progettazione geotecnica

Per il proporzionamento della struttura sono disponibili numerosi metodi che possono raggrupparsi in due distinte classi.

La prima comprende i metodi dell’Equilibrio Limite, con i quali si determinano le sollecitazioni sul rivestimento nell’ipotesi che nell’ammasso circostante alla galleria si sia completamente mobilitata la resistenza al taglio del terreno; questi metodi non tengono conto delle caratteristiche di deformabilità del terreno e del rivestimento.

Con i metodi della seconda classe le azioni al contatto (spinte) vengono determinate imponendo il rispetto delle condizioni di equilibrio e di congruenza degli spostamenti, risolvendo cioè un problema d’interazione terreno-struttura di sostegno. Intervengono in questi calcoli, oltre ai fattori geometrici, lo Stato tensionale preesistente, le caratteristiche meccaniche del terreno e del rivestimento, le modalità e la successione delle operazioni di costruzione.

Il problema può essere risolto analiticamente in alcuni casi riguardanti quasi sempre gallerie a sezione circolare, o con metodi numerici; tra questi ultimi si segnala il metodo degli Elementi Finiti, che consente di risolvere il problema per sezioni di qualsiasi forma, in terreni eterogenei e a struttura comunque orientata, e tenendo conto delle differenti leggi costitutive dei vari materiali presenti nell’intorno significativo dell’opera e del rivestimento.

Tuttavia, alla precisione delle elaborazioni numeriche spesso non fanno riscontro una conoscenza dettagliata del sottosuolo né una valutazione corretta dei valori dei numerosi parametri necessari per simulare il comportamento meccanico del sistema terreno-rivestimento. Risulta pertanto raccomandabile il ricorso a procedimenti che, partendo da analisi razionali ma semplificate, si basino su parametri geotecnici affidabili.

Tab. 8.2 – Valutazione qualitativa della sicurezza del fronte d’avanzamento negli scavi a piena sezione con Tunneller:

Tali analisi semplificate possono consentire almeno l’utile impostazione di calcoli parametrici per verificare l’influenza di alcuni fattori fondamentali sul proporzionamento, e indirizzano inoltre la ricerca progettuale verso un sistematico ricorso al metodo osservazionale in tutti quei casi, molto frequenti, in cui siano da prevedere consistenti deviazioni dalle ipotesi di base, la cui validità nei confronti della sicurezza debba essere caso per caso controllata con misure sperimentali in corso d’opera, di cui si raccomanda la previsione in progetto.

Si osservi ancora che la stabilità del fronte negli ammassi rocciosi con giunti o fratture dipende principalmente dall’orientazione e dalle caratteristiche delle discontinuità; poiché l’assetto e la distribuzione di queste ultime sono note in fase di progetto solo approssimativamente, salvo quando si ricorre al cunicolo pilota, le verifiche di stabilità possono fornire solo risultati orientativi. Verifiche più affidabili devono eseguirsi in corso d’opera (in tempo reale) dopo aver eseguito il rilievo diretto dell’assetto strutturale e determinato la resistenza a taglio lungo le discontinuità.

La stabilità del fronte di gallerie in terreni a grana fina a struttura non orientata dipende essenzialmente dalla resistenza non drenata cu. Per una valutazione orientativa della stabilità del fronte di gallerie scavate a piena sezione mediante tunneller in terreni diversi può essere utile la Tab. 8.2. In Fig. 8.84 sono illustrati tipici andamenti delle tensioni radiale (σ1) e circonferenziale (σ3) nelle ipotesi indicate per il comportamento del terreno.

Fig. 8.84 – Andamento delle tensioni principali radiale (σr) e circonferenziale (συ) nei terreni attorno a gallerie circolari non rivestite per differenti tipi di comportamento del terreno; a, raggio della galleria; R, raggio della frontiera della corona plasticizzata; S tensione verticale e orizzontale originaria in corrispondenza dell’asse della galleria dovuta al peso proprio del terreno.

8.17.1 – Analisi qualitativa dell’interazione terreno-rivestimento

Se gli sforzi di taglio, che aumentano per effetto dello scavo, sono prossimi alla resistenza, si verifica la rottura del terreno; la principale funzione del rivestimento è quella di ripristinare un sistema di sforzi, normali e tangenziali, sulla parete dello scavo tali da evitare la rottura e bloccare il processo di deformazione a un accettabile livello (Fig. 8.85).

Fig. 8.85 – Analisi quantitativa dell’influenza di alcuni fattori relativi agli sforzi sul rivestimento di una galleria; a) posizione del rivestimento R rispetto al fronte di scavo prima dell’avanzamento; b) spostamenti del terreno T dopo l’avanzamento; c) spostamenti radiali prima della posa in opera di Rd) curve caratteristiche di T (a tratto continuo) e R.

In Fig. 8.85d sono rappresentate alcune curve caratteristiche, dalle quali si può rilevare in via qualitativa l’influenza della deformabilità del rivestimento R e del terreno T, nonché del ritardo della posa in opera di R, sulle sollecitazioni σua) un R rigido (KR elevato), posto in opera con piccolo ritardo o subito dopo lo scavo (u0 piccolo) è molto sollecitato; c) un R flessibile (KR basso), posto in opera con apprezzabile ritardo (u0 grande) è assoggettato a pressioni più alte della minima a causa del decadimento delle caratteristiche meccaniche del terreno conseguenti alle eccessive deformazioni subite; b1) e b2) rappresentano possibili soluzioni per un R sottoposto a sforzi minimi: gli sforzi s’incrementano se il comportamento di T si discosta da quello corrispondente all’elasticità lineare.

8.17.2 – Soluzioni analitiche del problema d’interazione

Le soluzioni disponibili, nelle due ipotesi limiti sul contatto terreno-rivestimento (S, liscio; NS, ruvido), dipendono dai valori numerici di due parametri adimensionali di rigidezza relativa CF (Fig. 8.86). Le espressioni ricavate da Einstein & Schwartz (Tab. 8.3) forniscono le tensioni normale σR e tangenziale τRal contatto terreno-rivestimento, nonché lo sforzo normale N e il momento flettente M nel rivestimento, in funzione del rapporto k fra le tensioni verticale e orizzontale nel terreno preesistenti allo scavo della galleria. La soluzione e valida per gallerie circolari profonde e nelle ipotesi di posa in opera immediata del rivestimento, terreno omogeneo, isotropo e linearmente elastico, e in assenza di pressioni neutre al contatto; nell’imporre la condizione di congruenza si è tenuto conto del fatto che gli spostamenti dovuti al peso proprio del terreno si sono verificati prima dello scavo.

Fig. 8.86 – Posizione del problema del calcolo delle sollecitazioni sul rivestimento e definizione degli Indici di rigidezza relativa; Eν, modulo di Young e coefficiente di Poisson del terreno; Esvsmodulo di Young e coefficiente di Poisson del rivestimento; t, spessore del rivestimento.

Dai grafici di Fig. 8.87 tracciati nelle due ipotesi SNS per il contatto terreno-rivestimento, per v = vs = 0.25k = 0.5 si ottengono gli spostamenti us e le corrispondenti caratteristiche NM della sollecitazione nel rivestimento in funzione degli indici di rigidezza CF (Fig. 8.86). Nelle Tab. 8.4 si indicano alcuni intervalli tipici dei rapporti E/Es e t/R dai quali dipendono gli indici di rigidezza rappresentati in ascissa in Fig. 8.87.

Si osserva che al crescere della rigidezza relativa del rivestimento (E/Es decrescente; t/R crescente) quest’ultimo risulta più sollecitato; rivestimenti molto flessibili in rapporto alla deformabilità del terreno risultano sollecitati da momenti trascurabili. Si avverte che le sollecitazioni ottenute con la precedente soluzione possono risultare molto cautelative, specie quando l’installazione del rivestimento è differita.

Tab. 8.3 – Formule per il calcolo delle azioni di contatto e delle caratteristiche della sollecitazione sul rivestimento di una galleria circolare profonda di raggio R.

Tab. 8.4 – Valori tipici dei rapporti E/Es e t/R.

Fig. 8.87 – Spostamenti us, sforzi normali N, momenti flettenti M nel rivestimento nella sezione d’imposta di calotta di una galleria di raggio R e di spessore t per differenti valori dei rapporti E/Es e t/R in un campo di sollecitazioni iniziale PkP con k = 0.5 e v = vs = 0.25.

8.17.3 – Effetti del ritardo della posa in opera del rivestimento e della plasticizzazione del terreno

Ritardo: così come emerge evidente dalla Fig. 8.85d, il ritardo dell’installazione del rivestimento dà luogo a parità di altre condizioni, a notevoli riduzioni delle pressioni di contatto e, naturalmente a spostamenti delle pareti di scavo non trascurabili. Nell’ipotesi di comportamento linearmente elastico sia del rivestimento che del terreno, si può agevolmente tener conto del ritardo con un coefficiente λd (per gallerie circolari):

N‘ = N λd            M‘ = M λd           0 ≤ λd ≤ 1

essendo NM caratteristiche della sollecitazione calcolate con le formule della Tab. 8.3;

λd = 1 – 0.57 (LD/R)

dove LD/R è il ritardo nell’installazione del rivestimento, espresso in termini di lunghezza LD del tronco di galleria scavata prima dell’installazione del rivestimento, normalizzata rispetto al raggio R della sezione di scavo. Il coefficiente λd  risulta sostanzialmente indipendente dalla rigidezza relativa del rivestimento rispetto al terreno.

Effetti della plasticizzazione del terreno. Se il comportamento del terreno non è linearmente elastico, la curva caratteristica non è rettilinea, ma volge la concavità verso l’alto nel diagramma di Fig. 8.85d; ne segue che, a parità di altri fattori e condizioni, la pressione di contatto ps* per assegnato rivestimento, installato con un dato ritardo, risulta > ps che si avrebbe se la curva caratteristica fosse rettilinea. A questo punto le caratteristiche della sollecitazione si modificano come segue:

N” = N’ λd            M” = M’ λd           λy = ps*/ps

II coefficiente correttivo λy, dipende da numerosi fattori: il ritardo nell’installazione del rivestimento, il coefficiente di spinta laterale k del terreno, e naturalmente la reale forma della curva caratteristica; per ritardi espressi da valori dell’indice λd ≤ 1, λy risulta tipicamente compreso tra 1÷1.5, per k compreso entro 0.5÷2.

Effetti tridimensionali: gli stati di tensione e di deformazione del terreno in prossimità del fronte non possono considerarsi piani, almeno fino a distanze dal fronte di due diametri circa; infatti, il terreno non ancora scavato a tergo del fronte agisce come un nucleo di materiale resistente di rigidezza non nulla; perciò l’intensità, le deformazioni del terreno e le azioni sul tronco di rivestimento già in opera si modificano rispetto alle corrispondenti grandezze calcolate nell’ipotesi di deformazione piana.

Le pressioni di contatto e gli spostamenti del terreno e del rivestimento possono determinarsi risolvendo un problema d’interazione terreno-struttura tridimensionale.

Un modo approssimativo per ricondurre l’analisi del problema allo schema di deformazione piana consiste nel simulare gli effetti del fronte con una pressione fittizia ausiliario uniforme pi applicata alla parete di scavo; si pone:

pi = (1λp0      0 ≤ λ ≤ 1

essendo λ un coefficiente dipendente dalle caratteristiche meccaniche del sistema e dalla distanza x dal fronte della sezione della galleria che si considera; si pone λ = 0 se la sezione coincide con il fronte (x = 0); λ = 1 se gli effetti tridimensionali sono trascurabili ossia per valori di x > 2D (D = diametro della galleria), p0 è la pressione verticale esistente nell’ammasso prima della costruzione della galleria (Fig. 8.88a).

Il coefficiente λ dipende principalmente da: stato tensionale efficace iniziale, comportamento meccanico del terreno o della roccia (elastico-lineare, non lineare, elasto-plastico, viscoso etc.), assetto strutturale dell’ammasso, metodo di avanzamento, rigidezza del rivestimento e ritardo della sua installazione, tempo intercorrente tra scavo e rivestimento.

Nel caso di comportamento elastico lineare λ è pari al rapporto tra lo spostamento radiale u(x), alla sezione di ascissa x, e lo spostamento radiale massimo umax che si avrebbe nella medesima sezione in condizioni di deformazione piana.

Per comportamento elasto-plastico del terreno, per galleria circolare scavata a piena sezione, con stato tensionale originario uniforme (k=1), nell’ipotesi che il terreno obbedisca al criterio di plasticizzazione di Von Mises, λ può ricavarsi dal diagramma di Fig. 8.88b dovuto a Panet-Guellec nel quale Ns = p0/cu essendo cu la coesione non drenata del terreno se si tratta di terreni a grana fina saturi d’acqua e se si tratta di problemi a breve termine, ossia in condizioni non drenate.

Nel caso di ammassi rocciosi privi di discontinuità si considera la coesione c della roccia. Il fattore Ns influisce notevolmente sul valore di λ e sull’intensità degli spostamenti radiali (Fig. 8.88c).

Fig. 8.88 – Influenza del fronte di scavo sulle azioni di contatto; a) introduzione della pressione ausiliari pi  per simulare gli effetti tridimensionali dovuti alla presenza del fronte; b) diagramma per la determinazione di λ secondo le ipotesi indicate; c) condizioni non drenate, influenza di Ns (rapporto tra p0 e la coesione non drenata del terreno) e della distanza del fronte sugli spostamenti radiali ur.

8.17.4 – Metodi dell’Equilibrio Limite

Se le operazioni di scavo e la posa in opera del rivestimento sono condotti in modo tale da favorire la mobilitazione (parziale o totale) della resistenza del terreno o della roccia, le condizioni di stabilità nell’intorno del cavo si modificano e le sollecitazioni sul rivestimento si riducono rispetto a quelle che possono valutarsi con la teoria dell’elasticità. Si giustifica, così, in alcuni metodi di calcolo, il riferimento allo stato di sollecitazione che si desta in condizioni di completa mobilitazione della resistenza a taglio del terreno. Vengono riportati alcuni esempi di calcolo basati sull’ipotesi di problema piano nei due casi in cui la galleria attraversi una formazione di rocce sciolte omogenee e una di rocce lapidee stratificate.

8.17.4.1 – Rocce sciolte

Se le operazioni di costruzione della galleria determinano spostamenti di entità tale da giustificare l’ipotesi di una mobilitazione integrale della resistenza a taglio del terreno, la spinta può valutarsi con riferimento alle condizioni di equilibrio limite del masso abc-c’b’a’ indicato in Fig. 8.89.

Fig. 8.89 – Schema di calcolo di una galleria nel caso in cui la resistenza del terreno sia completamente mobilitata.

Per l’equilibrio alla traslazione verticale di un elemento di altezza dz e larghezza 2B:

da cui:

Risolvendo, con la condizione σs = q per z = 0:

che per z = z2 consente di calcolare σs agente sulla superficie bb’ (cielo della galleria). Le sollecitazioni sui piedritti possono calcolarsi come se questi siano muri di sostegno con terrapieno sottoposto a un sovraccarico σs (agente alla profondità z2).

L’esperienza mostra, tuttavia, che l’effetto della presenza della galleria si fa risentire solo in un tratto z2 – z1 ≈ 4B (Fig. 8.90); ed é logico supporre, perciò, che la resistenza del materiale si mobiliti solo in questo tratto e che per z < z1 = z2 – 4B sia σs – γz nel caso particolare c‘=0 risulta z = z2.

Nei casi particolari q = 0 (c’ = 0) si ha:

Se il ricoprimento è notevole (z2/B → ∞) si ha:

Fig. 8.90 – Casi particolari: a) galleria con piccolo ricoprimento (z2 < 4B); b) gallerie con grande ricoprimento (z2 ≥ 4B).

8.17.4.2 – Rocce lapidee

Se le operazioni di costruzione della galleria sono tali da favorire il rilascio della roccia nell’immediato intorno del cavo, la spinta sul rivestimento può valutarsi studiando le condizioni di equilibrio limite di blocchi di roccia delimitati dai giunti, sulle cui superfici si mobilitano le corrispondenti forze resistenti (Fig. 8.91); la condizione in figura, risolta per via grafica, riguarda il caso c‘ = 0.

Fig. 8.91 – Ricerca grafica della spinta sul rivestimento di gallerie in ammassi stratificati.

8.17.5 – Progettazione coi metodi di verifica semiempirici

Nonostante i progressi compiuti nella meccanica teorica delle rocce, i metodi di calcolo delle opere di sostegno delle gallerie richiedono ipotesi molto restrittive per il comportamento meccanico dell’ammasso roccioso. L’esperienza e l’osservazione sistematica dei complessi fenomeni che si verificano nel corso della costruzione delle gallerie hanno fornito un valido supporto per superare le difficoltà incontrabili nella caratterizzazione geotecnica degli ammassi rocciosi e per lo sviluppo di metodi semiempirici, che si fondano su semplici correlazioni fra i provvedimenti di sicurezza e i valori di parametri geotecnici facilmente misurabili o addirittura sui risultati di sole descrizioni delle caratteristiche, con particolare riguardo all’assetto strutturale.

8.92 – Definizione dei parametri α e β per identificare l’orientazione di una superficie di discontinuità nello spazio. La pendenza del piano di discontinuità nel caso indicato in figura è concorde col verso d’avanzamento indicato. α è l’inclinazione o dip mentre β è l’azimuth o dip direction.

Fig. 8.93 – Stima degli indici n1÷n6 degli ammassi rocciosi (Bieniawski): (1) materiale di riempimento < 5mm.

Si riporta in questa sede il metodo RMR di Bieniawski che, come visto, si applica agli ammassi rocciosi basandosi su una classificazione geotecnica finalizzata al problema considerando i 6 parametri canonici, ossia resistenza alla compressione semplice (σf kg/cm2); indice di qualità RQD dell’ammasso; frequenza (dmm) dei giunti; apertura (Δ mm), scabrezza qualitativa dei giunti, caratteristiche del materiale di riempimento e persistenza; orientazione (αβ) dei giunti (Fig. 8.92); indice di pressione neutra nei giunti (Rw = pw/σ1pw pressione neutra nei giunti e σ1 tensione totale principale agente nella zona considerata). Q10 l/s è la portata che filtra dall’ammasso verso un tronco di galleria della lunghezza di 10 m.

L’influenza di ciascuno di questi parametri, misurati o valutati con prove in situ e laboratorio, come visto, viene tradotta in un indice numerico n con l’uso della Fig. 8.93 con l’avvertenza che per la valutazione del parametro n6, sempre < 0, è necessario utilizzare la Tab. 8.5.

Tab. 8.5 – Stima degli effetti dell’orientazione dei giunti sull’indice parziale n6 in gallerie orizzontali (Fig. 8.83)

Dalla relazione Σni = N (indicato con la sigla RMR Rock Mass Rating), si ricava l’indice generale N attribuito poi all’ammasso. Secondo il valore di N gli ammassi rocciosi vengono raggruppati in 5 classi come in Tab. 8.6 dalla quale si ottengono informazioni sul comportamento meccanico in termini di coesione e di angolo di resistenza a taglio e sul comportamento dell’ammasso nei riguardi del lavoro in galleria sulla base di una valutazione delle difficoltà di scavo, ed inoltre mediante la considerazione del tempo T di autosostentamento che intercorre fra l’istante in cui e stato eseguito lo scavo e l’istante in cui si verificato il crollo di un tronco di galleria non rivestita di lunghezza L, non superiore al diametro della galleria, scavata coi metodi tradizionali.

I punti rappresentativi del comportamento del sistema terreno-galleria, espresso con le grandezze L e T prima definite, ricadono per ciascuna delle 5 classi di qualità degli ammassi rocciosi nei limiti rappresentati nel grafico di Fig. 8.94. I metodi di scavo e i provvedimenti di sostegno consigliati dall’autore per ciascuna classe sono indicati nella Tab. 8.7.

Tab. 8.6 – Classificazione degli ammassi rocciosi secondo Bieniawski.

Fig. 8.94 – Relazione semiempirica fra il tempo di autosostentamento T, la lunghezza caratteristica L della galleria e l’indice N.

E’ opportuno ricordare che sono state proposte relazioni dell’indice N (RMR) con la pressione p da introdurre nel calcolo del rivestimento o con il modulo di Young, EM, dell’ammasso roccioso: EM = 2N – 102 (per N > 50); per N < 50 allora  EM = [(N10)/40] e p = [(100-N)/100B γ, dove B è la larghezza della galleria in m, γ il peso dell’unità di volume della roccia in kg/m2EM in GPa (109 Pa).

Tab. 8.7 – Modalità d’avanzamento e principali provvedimenti di sicurezza in funzione dell’indice RMR.

Le più recenti esperienze hanno dimostrato che il criterio innanzi esposto é relativamente cautelativo, specie nel campo dei valori elevati dei parametri T ed L. Si avverte, peraltro, che l’argomento, come molti altri nel settore, è in via di rapido sviluppo, nello sforzo di ricerca di d’interi di proporzionamento geotecnico sempre più aderenti alla continua evoluzione della tecnica delle costruzioni in sotterraneo. Gli effetti della qualità dell’ammasso roccioso (sinteticamente rappresentata dall’indice RMR) sull’avanzamento dello scavo mediante Tunneller sono indicati in Tab. 8.8 unitamente ai provvedimenti più comunemente adottati per assicurare la stabilità delle pareti della galleria.

Tab. 8.8 – Classificazione degli ammassi rocciosi per la stima dell’avanzamento del Tunneller e dei provvedimenti per il sostegno delle pareti di scavo di gallerie Ø 3.5÷4 m (NATM).

8.17.6 – Dimensionamento di massima dei bulloni e dei tiranti

Lo schema di calcolo riportato è basato su ipotesi semplificative e può valere soltanto per un dimensionamento di larga massima. Il calcolo trae origine dalla considerazione che la roccia adiacente allo scavo ha limitata capacità di sopportare sollecitazioni circonferenziali di compressione, perché è libera di dilatarsi m direziono radiale in assenza dei tiranti e del rivestimento, e che la funzione dei tiranti è quella di confinare la roccia formando di conseguenza una sorta di arco armato precompresso nella direzione radiale.

Lo sforzo normale addizionale ΔN che tale arco, di spessore Ls, può sopportare è funzione della lunghezza L dei tiranti, della spaziatura s dei medesimi supposta identica nelle direzioni circonferenziale e longitudinale, del tiro T applicato a ciascun tirante e delle caratteristiche meccaniche della roccia. Con riferimento alla Fig. 8.95 si ha:

dove Δσ1 è l’incremento di tensione normale che l’elemento di roccia può sopportare in seguito all’applicazione della pressione di confinamento Δσ3 ottenuta mediante i tiranti.

Scelto il coefficiente di sicurezza, con le precedenti formule si possono fissare LsT note le sollecitazioni sull’arco.

Fig. 8.95 – Schema di calcolo dei bulloni e dei tiranti per gallerie in ammassi rocciosi a struttura con orientata: a) arco di roccia compresa dai tiranti; b) inviluppo di rottura della roccia e incremento Δσ1 dello sforzo di compressione ammissibile conseguente all’applicazione della sollecitazione radiale di compressione Δσ3 indotta dai tiranti (σc è la resistenza a compressione semplice della roccia o dell’ammasso roccioso).

Nel caso di ammassi a struttura orientata, la posizione e la direzione più favorevoli dei tiranti devono essere stabilite in funzione dell’assetto delle discontinuità e della resistenza a taglio disponibile su di esse.

8.17.7 – Sollecitazioni da sisma

Le gallerie, specie se di grande diametro, costruite in terreni teneri o molli, possono essere sottoposte durante il sisma a spostamenti differenziali (orizzontali e verticali) e a rilevanti sollecitazioni di taglio, flettenti e torcenti.

Il problema, assai complesso, dell’interazione dinamica non rientra nei limiti della trattazione: è sufficiente segnalare che sforzi di taglio e momenti flettenti possono ridursi adeguatamente, introducendo nella struttura giunti che interessino l’intera sezione trasversale, posti a distanza (usualmente 3÷5 Ø) dipendente dalle caratteristiche del sisma di progetto

I giunti sono comunque da prevedersi tutte le volte che la galleria attraversa faglie e zone di disturbo tettonico e in corrispondenza di contatti fra terreni o rocce di deformabilità molto differente.

8.17.8 – Spostamenti della superficie dei terreno

Dipendono dalle caratteristiche del terreno, dalla profondità della galleria, dalle modalità costruttive: variano nel tempo in dipendenza di deformazioni viscose della roccia, e dello stadio raggiunto dal processo di consolidazione (nel caso dei terreni) innescato dalla costruzione della galleria.

Gli spostamenti, orizzontali e verticali, possono calcolarsi per via numerica (metodi degli elementi finiti, degli elementi di contorno, degli elementi distinti).

Metodi semiempirici sono stati anche proposti per valutare l’entità degli spostamenti della superficie topografica per effetto dello scavo di una galleria con piccolo ricoprimento. Per caratterizzare l’ampiezza della zona interessata dalle deformazioni, Peck ha proposto d’interpolare la deformata della superficie topografica con una curva di Gauss e di assumere quale dimensione caratteristica la distanza i misurata in orizzontale fra l’asse della galleria e il punto di flesso della curva.

Fig. 8.96 – Spostamenti del piano campagna per effetto della costruzione di gallerie con piccolo ricoprimento; a) rocce, argille dure, sabbie sopra falda; b) argille da molli a dure; c) sabbie sotto falda.

I dati sul comportamento di opere in vera grandezza mostrano che il rapporto i/2R cresce al crescere di a/2R con leggi diverse per i diversi terreni come in Fig. 8.96. Se necessario, per limitare gli effetti sulla stabilità di manufatti preesistenti, gli spostamenti possono ridursi al minimo con un’appropriata scelta del metodo di scavo e della successione delle varie fasi della lavorazione e di posa del rivestimento. La moderna tecnica di scavo, con macchine operatrici continue e posa immediata del rivestimento in elementi prefabbricati, consente di ridurre al minimo gli spostamenti anche nelle gallerie con piccolo ricoprimento.

8.17.9 – Progettazione in terreni e rocce tenere

I principi della meccanica delle terre, applicabili al comportamento di pendii, fondazioni, opere di sostegno etc., si utilizzano allo stesso modo nello studio della stabilità di gallerie in terreni e rocce tenere e all’analisi dei cedimenti indotti dallo scavo.

Gli operatori in sotterraneo, tuttavia, attribuiscono alla viscosità (creep) quei fenomeni dipendenti dal tempo che, nella geotecnica pratica, vengono attribuiti alla consolidazione primaria.

In particolare risulta importante, applicando il principio degli sforzi efficaci, distinguere fra condizioni drenate, non drenate e parzialmente drenate dovute alla dissipazione delle sovrapressioni interstiziali (indicato in genere come processo di consolidazione primaria) sia per i problemi di stabilità di un galleria che per le analisi dei cedimenti indotti dallo scavo di una galleria superficiale.

Facendo riferimento alla Fig. 8.97 il tratto AB di compressione e il tratto BD di scarico (o di rigonfiamento) rappresentano i possibili stati tensionali di un deposito: più in particolare, il punto B rappresenta i possibili stati di un campione di terreno normalconsolidato, il punto C un campione leggermente sovraconsolidato, mentre il punto D rappresenta un campione fortemente sovraconsolidato.

Fig. 8.97 – Consolidazione, scarico e linea dello stato critico per un terreno.

Nella pratica operativa risultano tuttavia pochi i terreni naturali realmente normalconsolidati mentre gli stati relativi ad argille tenere e sabbie sciolte sono generalmente rappresentati dal punto C della Fig. 8.97 risultando leggermente sovraconsolidati. Gli stati di argille consistenti e di sabbie dense, viceversa, sono rappresentati dal punto D; risultando fortemente sovraconsolidati.

La doppia linea mostrata in figura rappresenta la linea di stato critico di tutti i campioni, per la quale il campione può continuare a deformarsi senza cambio del volume e variazione delle tensioni efficaci. La linea dello stato critico, nel piano t’-s’, viene espressa dall’equazione

t’ = s’ sin φcs

dove φcs è l’angolo di attrito allo stato critico.

In alternativa, la rottura ultima del terreno è data dalla relazione:

τn’ = σn’ tg φcs

dove τn’ = τn e σn’ = σn – u sono rispettivamente la tensione di taglio e la tensione normale agenti sulla superficie lungo la quale avviene la rottura del terreno.

Le equazioni esprimono il medesimo criterio di rottura di Mohr-Coulomb (a coesione nulla) per lo stato critico del terreno rimaneggiato.

Per campioni sovraconsolidati, di terreno rimaneggiato, la resistenza di picco è più grande della resistenza allo stato critico. Tuttavia la resistenza di picco è mobilitata per piccole deformazioni. Per terreni naturali (non rimaneggiati), la resistenza di picco può essere più grande di quella di picco dello stesso terreno rimaneggiato, tuttavia essa è mobilitata per piccole deformazioni e, dopo modeste deformazioni, la resistenza dei terreni naturali raggiunge la resistenza ultima o la resistenza allo stato critico del medesimo terreno rimaneggiato.

Fig. 8.98 – Fasi di costruzione di una galleria in un terreno: a) prima dello scavo; b) in prossimità del fronte; c) in corrispondenza del cavo rivestito.

In pratica è estremamente probabile che, durante la costruzione, le deformazioni indotte siano tali da portare il terreno in prossimità dello stato limite ultimo del terreno e risulti plausibile impostare la progettazione sulla resistenza ultima del terreno come indicato nelle equazioni viste in precedenza. Per quest’approccio conservativo sarebbe ragionevole utilizzare, nella progettazione, coefficienti di sicurezza più bassi rispetto a quelli usati nel caso nel quale si utilizzi la resistenza di picco.

La Fig. 8.98 mostra la variazione dello stato tensionale, per effetto dell’avanzamento di una galleria nel caso di presenza di una falda freatica per le diverse fasi costruttive.

   

Fig. 8.99 – Percorsi delle sollecitazioni in sforzi totali ed efficaci per un campione di terreno in prossimità del fronte durante lo scavo di una galleria: sx) condizioni non drenate; dx) condizioni drenate.

Le Fig. 8.99 mostra il percorso delle sollecitazioni, rispettivamente, per una galleria scavata in condizioni non drenate e drenate, per un elemento di terreno in prossimità della galleria.

8.17.10 – Coefficiente di sicurezza e stabilità della galleria

Le gallerie realizzate in terreni poco consistenti sono, di norma, relativamente poco profonde e sia gli sforzi totali sia le pressioni idrostatiche, applicati dal terreno, risultano troppo piccoli per causare la rottura dello scudo (nel caso di uno scavo meccanizzato) o di un rivestimento definitivo. Di conseguenza possono verificarsi possibili fenomeni d’instabilità al fronte e in corrispondenza delle sezioni non ancora sostenute o sostenute in maniera insufficiente con aria o fanghi bentonitici.

Una presa di decisione importante, nella progettazione di una galleria superficiale, è quella relativa alla domanda se la galleria possa essere scavata in sicurezza senza aria compressa, fanghi bentonitici o altri sistemi di supporto temporaneo, prima dell’installazione del rivestimento definitivo. Inoltre, come per la maggior parte dei problemi geotecnici, si rivela necessario valutare e minimizzare le deformazioni indotte dallo scavo. Tuttavia nel caso delle gallerie l’aspetto fondamentale riguarda la valutazione della stabilità globale della galleria per determinare il coefficiente di sicurezza per le diverse fasi costruttive.

Coi terreni argillosi, per i quali lo scavo della galleria può essere considerato in condizioni non drenate, le analisi di stabilità, come visto, devono essere effettuate in termini di tensioni totali utilizzando la resistenza al taglio non drenata cu. Particolare attenzione deve, tuttavia, essere prestata alla presenza di strati sabbiosi o comunque più permeabili che, se presenti, possono sensibilmente accelerare la consolidazione, rendendo pertanto non più valida l’ipotesi di condizioni non drenate. Per i casi nei quali si può applicare l’ipotesi di condizioni non drenate, la pressione agente sulla galleria σT, necessaria per mantenere la stabilità del cavo con un coefficiente di sicurezza Fs, è data dall’espressione:

dove Tc è un fattore adimensionale e gli altri termini sono riportati in Fig. 8.100.

Fig. 8.100 – Influenza della geometria del fronte e della profondità sul valore di Tc.

Per terreni incoerenti, per i quali lo scavo della galleria può essere considerato realizzato in condizioni drenate, le analisi di stabilità devono essere effettuate in termini di sforzi efficaci e, per una progettazione cautelativa, risulta corretto assumere, quale caratteristiche di resistenza al taglio, c‘ = 0 e φ‘ = φcs‘.

Per terreni sopra la falda e per il caso σs = 0, la pressione σT necessaria per mantenere la stabilità della galleria è data dalla σT = γ D Tγ mentre nel caso della presenza di un sovraccarico σs agente in superficie e se il peso del terreno può essere trascurato, la pressione necessaria viene espressa dalla σT = σs Tsdove Ts e Tγ. sono fattori adimensionali di stabilità.

Allo scopo di valutare la pressione agente sulla galleria a rottura, la resistenza al taglio, assunta pari a φcs è ridotta per tenere in conto un opportuno coefficiente di sicurezza dalla:

tg φa = tg φcs/Fs

I fattori TcTs e Tγ sono analoghi ai fattori di capacità portante NcNγ e Nq e i loro valori dipendono dalla geometria della galleria e dalla resistenza al taglio del terreno. I valori di tali coefficienti sono stati ottenuti mediante la teoria della plasticità insieme con prove su modelli fisici.

La stabilità di gallerie in argilla è influenzata dalla lunghezza del tratto non sostenuto P (Fig. 8.100), dalla copertura C e dal diametro della galleria D. Valori di Tcottenuti da analisi teoriche e da modelli in centrifuga, per differenti valori di P/D e C/D, sono mostrati in Fig. 8.100.

I risultati mostrati sono relativi a gallerie in argilla con valore costante della resistenza al taglio non drenata cu. I numeri Ts e Tγ basati su analisi teoriche e risultati di prove su modello fisico sono riportati in Fig. 8.101.

 

Fig. 8.101 – Influenze della resistenza al taglio del terreno sul valore Tγ (sx) ; della resistenza al taglio e profondità della galleria sul valore di Ts (dx).

8.17.11 – La subsidenza

L’insieme delle osservazioni raccolte evidenzia come gli andamenti della curva di subsidenza in direzione trasversale rispetto all’asse di una galleria siano ben rappresentabili con una funzione probabilistica di tipo gaussiano, caratterizzata da 2 parametri (Figg. 8.102 e 8.103): wmax (cedimento verticale massimo in corrispondenza dell’asse della galleria) ed iy (distanza corrispondente al punto di flesso della curva del cedimento in funzione della distanza dall’asse della galleria).

Fig. 8.102 – Curva di subsidenza.

Rankine propone le seguenti relazioni che permettono di definire compiutamente il bacino di subsidenza:

dove y è la distanza dal punto relativo al cedimento massimo wmax

iy = k z0

con k variabile in un campo compreso entro 0.2÷0.7.

wmax = 0.0125 Vl r2/iv

dove r è il raggio della galleria e Vl è la % del volume perso che può essere espressa in funzione del tipo di terreno (Fig. 8.104).

Fig. 8.103 – Profilo longitudinale di subsidenza all’asse della galleria.

Sulla base di osservazioni sperimentali, Rankine suggerisce che i primi cedimenti superficiali si manifestano ad una distanza davanti al fronte pari a circa due volte z0 (copertura dal piano dei centri della galleria). In tale punto l’entità dei cedimenti è pari al 16% del cedimento massimo atteso. In prossimità del fronte il cedimento superficiale è circa il 50% del cedimento massimo, mentre ad una distanza dopo il fronte pari a circa 2 volte la copertura della galleria, il cedimento raggiunge una quota parte pari all’84% del cedimento atteso. I cedimenti massimi vengono raggiunti ad una distanza dietro al fronte pari a 4÷6 volte z0.

Per quanto riguarda gli effetti arrecati dallo scavo sugli edifici, nel caso di strutture intelaiate, il parametro più significativo è costituito dalla distorsione angolare β.

Fig. 8.104 – Valori di K e della % di volume perso.

Fig. 8.105 – Tabella dei parametri per la valutazione della subsidenza.

8.18 – Progettazione di gallerie in rocce rigonfianti e/o spingenti

Lo scavo di gallerie in rocce rigonfianti o spingenti è caratterizzato da un comportamento deformativo del cavo che evolve nel tempo con convergenze che, qualora il sostegno risulti inadeguato, possono raggiungere anche un 1 m o più con la tendenza alla chiusura del cavo.

8.18.1 – Comportamento rigonfiante

II comportamento rigonfiante viene definito come un incremento di volume dipendente dal tempo, causato da reazioni chimico-fisiche di alcuni minerali contenuti nella roccia con l’acqua. I minerali interessati dal fenomeno del rigonfiamento sono principalmente l’anidrite e l’argilla. La prima, in particolari condizioni, si trasforma in gesso con assorbimento d’acqua dall’esterno e conseguente aumento di volume. L’argilla, invece, può andare incontro ad assorbimento di acqua per osmosi, oppure ad un processo di consolidazione inversa che, in seguito ad un rilascio tensionale, causa incremento negativo della pressione neutra e quindi un richiamo di acqua all’interno dei pori.

Il rigonfiamento, in pratica, si manifesta come un processo reologico che evolve nel tempo sotto forma di aumento di volume del materiale, incremento delle deformazioni ed incremento della pressione esercitata su un’eventuale struttura che cerchi di impedire tali deformazioni.

La valutazione del comportamento rigonfiante dei materiali (→ vol. 1°) viene tuttora effettuata a mezzo dell’edometro trovando giustificazione, nel campo della progettazione di gallerie, in quanto il campione edometrico rappresenta un modello sufficientemente realistico del sollevamento che, in terreni rigonfianti, si rileva in corrispondenza dell’arco rovescio della galleria sebbene il percorso delle sollecitazioni in un edometro risulti sensibilmente diverso da quanto rilevabile effettivamente durante lo scavo di una galleria. La valutazione del reale percorso delle sollecitazioni durante lo scavo di una galleria ha inoltre permesso di chiarire meglio come spesso il comportamento deformativo del cavo, con elevate deformazioni, sia dovuto al comportamento sia rigonfiante sia spingente dell’ammasso.

Fig. 8.106 – Percorso delle sollecitazioni per una galleria situata in rocce argillose.

Quello che avviene in prossimità del cavo è mostrato in Fig. 8.106 dove, in un materiale dilatante e in condizioni non drenate, si hanno sovrapressioni interstiziali negative in corrispondenza sia del piedritto sia dell’arco rovescio (e in calotta). Il percorso delle sollecitazioni, espresso in termini di tensioni totali, è prossimo al percorso tensionale di estensione – carico, nell’arco rovescio, e ad un percorso tensionale di compressione – scarico in corrispondenza dei piedritti.

Le argille fortemente sovraconsolidate, come è il caso di molte rocce argillose, manifestano tale comportamento dilatante.

Tali materiali, usualmente, hanno una permeabilità molto bassa e la velocità di avanzamento della galleria è tale che le condizioni dei carichi esterni cambiano molto più rapidamente rispetto all’acqua che filtra attraverso i pori; avendosi pertanto l’insorgere di sovrapressioni interstiziali negative.

Dopo tale carico non drenato, per effetto della filtrazione attraverso i pori, le sovrapressioni interstiziali negative si riducono, avendosi un aumento di volume che è stato definito rigonfiamento. Come mostrato in Fig. 8.106 la corrispondente curva l‘-I, rappresentante il rigonfiamento dell’arco rovescio, non raggiunge l’inviluppo di rottura sebbene sia molto prossima ad esso favorendo situazioni di possibile innesco di fenomeni di deformazione dipendenti dal tempo.

Di conseguenza si rivela altamente probabile che i comportamenti rigonfiante e spingente avvengano simultaneamente in numerose rocce argillose; e ancora, se il rigonfiamento e il raggiungimento della resistenza ultima del materiale risultano concomitanti, la maggior parte delle elevate deformazioni finiscono per essere causate dal raggiungimento della resistenza ultima più  che dal comportamento rigonfiante del materiale.

Tale considerazione è applicabile soprattutto ai materiali dilatanti (con variazioni di volume negative) i quali, superato il valore di picco della resistenza, presentano un brusco crollo del deviatore, caratteristico di un incrudimento negativo (strain-softening).

Per quanto concerne l’importanza di valutare correttamente il percorso delle sollecitazioni ed apprezzare l’influenza della forma adottata, per la sezione di scavo della galleria, sulla stabilità del cavo ed il valore della spinta orizzontale a riposo k0, viene riportato uno studio di Steiner dove l’autore confronta, per lo scavo di una galleria in rocce rigonfianti, una sezione a ferro di cavallo con una circolare. La profondità della galleria analizzata è pari a 400 m.

Lo stato di tensione iniziale è definito da una componente verticale di 10 MPa e da un coefficiente di spinta a riposo k0 pari rispettivamente a 0.7, 1.0 e 1.5.

Il problema può essere affrontato ricorrendo, per l’ammasso roccioso, all’ipotesi di mezzo continuo equivalente ed al modello elastico lineare. Con il metodo degli elementi di contorno si possono valutare, per un certo numero di punti sul contorno della galleria e nel suo intorno, la tensione media (p) e la corrispondente tensione di taglio massimo q, in seguito alle operazioni di scavo [p = (σ1+σ3)/2 e q = (σ1σ3)/2].

È’ opportuno rappresentare, per i due casi, nel piano p-q, il percorso di sollecitazione, come mostrato in Fig. 8.107. La semplice analisi del percorso delle sollecitazioni consente di effettuare subito alcune considerazioni importanti sullo scavo di gallerie in rocce rigonfianti.

Se infatti si confrontano le condizioni che si verificano al piede della galleria in condizioni di sforzo originario isotropo (k0 =1) si osserva (punti D e D1) che per la galleria circolare la tensione media p rimane invariata, mentre per la galleria a ferro di cavallo si ha una riduzione del valore della stessa tensione media.

Si può inoltre osservare che, qualunque sia il valore k0, per la galleria a ferro di cavallo si verifica sempre una riduzione della tensione media al piede, a differenza di quanto accade per la galleria di forma circolare.

Poiché lo scarico tensionale costituisce una delle cause che provocano richiamo d’acqua e quindi fenomeni di rigonfiamento, appare evidente che la forma a ferro di cavallo è certamente da evitare all’interno di rocce ad elevato potenziale rigonfiante mentre è da preferire la forma circolare.

Le considerazioni presentate si riferiscono a risultati ottenuti in termini di tensioni totali.

Ragionamenti analoghi possono essere fatti tenendo conto delle pressioni neutre, ossia utilizzando percorsi di sollecitazione in termini di tensioni efficaci.

Fig. 8.107 – Percorsi delle sollecitazioni intorno a gallerie.

8.18.2 – Comportamento spingente

II comportamento spingente si manifesta quando la variazione dello stato di equilibrio originario, indotta dallo scavo della galleria, e il relativo incremento delle sollecitazioni sul contorno sono tali da provocare il raggiungimento dei valori di resistenza dell’ammasso roccioso, con l’innesco di fenomeni deformativi dipendenti dal tempo (creep). Le deformazioni possono terminare durante lo scavo o proseguire per lunghi periodi. Il comportamento spingente può avvenire sia in roccia sia in terra, purché la particolare combinazione degli sforzi indotti e le proprietà del materiale in alcune zone, attorno alla galleria, si spingano oltre la tensione limite di taglio per la quale si ha l’innesco di fenomeni deformativi dipendenti dal tempo.

Per quanto riguarda la valutazione del comportamento spingente delle rocce non sono ancora state codificate prove sperimentali per quantificare il comportamento spingente oltre le usuali prove di comportamento meccanico (prove di compressione monoassiale e triassiale). La Fig. 8.108 mostra le 3 differenti possibilità di collasso, nell’intorno dello scavo, dell’ammasso roccioso.

Fig. 8.108 – Differenti meccanismi di rottura in rocce spingenti.

Un metodo semi-empirico per quantificare il comportamento spingente è stato proposto da Jethwa et al. ed ha come scopo la determinazione della pressione finale che grava sulla struttura di sostegno della galleria. Si è notato, infatti, che la pressione ultima risulta influenzata dal valore assunto dal rapporto:

σcm/2γH

dove σcm rappresenta la resistenza a compressione monoassiale dell’ammasso roccioso e γH la tensione originaria isotropa, assunta pari alla pressione verticale dovuta alla copertura. La pressione ultima risulta inoltre influenzata dall’angolo d’attrito interno di picco e residuo dell’ammasso roccioso.

Sulla base di calcoli effettuati per valori dell’angolo di attrito di picco compresi entro 25°÷40° e per valori del rapporto σcm/2γH compresi entro 0.05÷0.4, è stato messo a punto un grafico che può essere utilizzato in fase di progetto per definire la pressione ultima agente sulla struttura di sostegno.

Tale diagramma, riportato in Fig. 8.109, permette anche di individuare il comportamento spingente dell’ammasso roccioso che è definito in funzione del rapporto σcm/2γH.

Fig. 8.109 – Diagramma della pressione ultima del supporto per gallerie soggette a comportamento spingente.

8.19 – Criteri di progettazione delle gallerie idrauliche in pressione

Una galleria idraulica in pressione ha la funzione di convogliare l’acqua riducendo al minimo le perdite di carico e di portata e, pere conseguenza, deve risultare, entro determinati limiti operativi, liscia ed impermeabile.

Una volta definito il tracciato della galleria, e completata l’indagine geologico-geotecnica. è necessario definire le sezioni tipo, in particolare modo per quanto riguarda le caratteristiche del rivestimento, allo scopo di garantire l’impermeabilità della galleria in pressione.

L’impermeabilità è assicurata in primo luogo dall’ammasso roccioso circostante, mediante la sua compattezza derivante dalle caratteristiche geomeccaniche e dal grado di fratturazione e dalla sua estensione, intesa come lunghezza del ricoprimento roccioso orizzontale interposto fra la galleria e la superficie esterna dell’ammasso roccioso.

L’impermeabilità di una galleria può essere assicurata anche dall’esistenza di una falda freatica con un livello d’acqua maggiore della linea piezometrica. In tal caso però la presenza di una contropressione pc, può condizionare il tipo e lo spessore del rivestimento della galleria, soprattutto se un’anisotropia accentuata dell’ammasso roccioso determinasse una distribuzione non uniforme della pressione esterna.

Se le caratteristiche geomeccaniche ed idrogeologiche dell’ammasso roccioso non sono in grado di assicurare l’impermeabilità della galleria, si deve ricorrere ad un rivestimento impermeabile collaborante o non collaborante con l’ammasso roccioso.

I tipi di rivestimento possibili, in pratica, sono: il calcestruzzo non armato od armato, il calcestruzzo precompresso, il manto impermeabile in polivinile cloruro, armato o semplice con contro getto in calcestruzzo e la lamiera d’acciaio. Alcuni di questi rivestimenti possono essere integrati da una precompressione in situmediante iniezioni in pressione.

La scelta del tipo di rivestimento, a parità di pressione e diametro, è condizionata in generale dalle caratteristiche geomeccaniche dell’ammasso roccioso ed in particolare dal suo modulo di deformabilità che determina l’entità della collaborazione dell’ammasso stesso.

In linea generale si possono adottare i seguenti criteri:

–       rivestimento in calcestruzzo semplice per gallerie di diametro interno Φi ridotto (≤ 3m), pressioni interne pi basse (≤ 0.5 MPa) e moduli di deformabilità Eddella roccia elevati (≥ 20 103 MPa);

–       rivestimenti in calcestruzzo precompresso per valori di Φi e pi elevati e di Ed bassi fino a valori nulli;

–       rivestimenti in manto impermeabile in pvc semplice o armato e contro getto per valori elevati di Φi e di pi e valori di Ed bassi ma non nulli.

Fig. 8.110 – Sezioni tipo di gallerie idrauliche in pressione.

Il rivestimento in calcestruzzo fortemente armato, usato nel passato per gallerie di diametro e pressione interne intermedie Φi = 3÷4 m; pi = 0.5÷0.6 MPa) realizzate in ammassi rocciosi di caratteristiche geomeccaniche scadenti, è tecnicamente inadeguato alle odierne gallerie di diametro e pressioni notevoli ed è, in ogni caso, economicamente incompatibile con i moderni e rapidi mezzi di getto del rivestimento stesso. La Fig. 8.110 mostra delle sezioni tipo di gallerie idrauliche in pressione.

Il progetto di una galleria in pressione prevede quindi i seguenti passi:

–       suddivisione della galleria in tratti, ai quali associare un determinato modulo di elasticità dell’ammasso roccioso;

–       scelta della sezione tipo per ciascun tratto e calcolo delle sollecitazioni di trazione nel calcestruzzo del rivestimento all’interno dei singoli tratti ed individuazione dei tratti di galleria ove il rivestimento stesso si fessura;

–       stima della permeabilità media dell’ammasso roccioso, utilizzando sia la misura delle portate delle sorgenti sia le prove Lugeon eseguite nell’ammasso roccioso;

–       calcolo delle probabili perdite della galleria nei tratti ove il rivestimento in calcestruzzo può fessurarsi, in funzione della permeabilità k dell’ammasso roccioso, della copertura rocciosa orizzontale e della quota dell’eventuale falda freatica;

–       individuazione dei tratti di galleria ove le probabili perdite sono maggiori delle perdite ammissibili (generalmente una galleria può essere considerata impermeabile se le perdite sono pari a ~10 l/s per km, per pressioni interne pi pari a 50÷100 m d’acqua e diametri Φi ~ 3 m; ~20 l/s al km, per valori di pi pari a 100÷150 m d’acqua e diametri Φi = 5÷6 m con un limite di circa 50 l/s al km nel caso di pressioni e diametri elevati;

–       scelta del tipo di rivestimento (acciaio, c.a. precompresso, guaina in pvc, in ordine di costo), in relazione all’onere complessivo delle singole soluzioni.

Di seguito viene illustrato il procedimento per valutare le perdite d’acqua e l’andamento delle pressioni dell’acqua nell’ammasso roccioso in funzione della distanza dalla galleria, per entrambi i casi di galleria non rivestita e rivestita. Harr, in particolare, ha fornito la soluzione per valutare la portata attraverso una galleria (mezzo omogeneo ed isotropo) adattando le soluzioni fornite per valutare il flusso attraverso due pozzi (Fig. 8.111); allo stesso modo, e sulla base del reticolo di filtrazione da lui proposto, Fernandez & Alvarez hanno proposto le seguente espressione per valutare le sovrapressioni interstiziali indotte dalla pressione interna di una galleria in pressione:

dove γw è il peso di volume dell’acqua; hi il carico piezometrico all’interno della galleria; h0 la profondità della galleria con riferimento al livello della falda; r la distanza dal centro della galleria del punto nel quale si vuole valutare la pressione dell’acqua; b il raggio della galleria; L, in riferimento alla Fig. 8.111, è pari a 2 volte h0 e θ l’angolo misurato in senso orario tra la linea verticale che passa attraverso il centro della galleria ed il raggio con il punto d’interesse.

La Fig. 8.111 riporta le espressioni per valutare le portate a metro lineare di galleria.

Con riferimento a tali espressioni e all’andamento delle perdite di carico attraverso il rivestimento e l’ammasso roccioso (Fig. 8.112) si ha che, in una galleria rivestita, le portate attraverso il rivestimento e la distribuzione delle pressioni interstiziali nell’ammasso roccioso circostante la galleria sono funzioni non solo della permeabilità media dell’ammasso Km ma anche della permeabilità KL del rivestimento.

Fig. 8.111 – Modello idraulico per la valutazione delle portate senza e con il rivestimento.

Pertanto l’interazione idraulica e meccanica tra il rivestimento e l’ammasso deve essere tenuta in

conto per stimare sia le portate che le perdite di carico attraverso il rivestimento.

Goodman aveva ricavato il valore della portata attraverso il rivestimento tramite la relazione:

dove qL è la portata attraverso il rivestimento per unità di lunghezza; KL la permeabilità del rivestimento; ΔhL perdita di carico piezometrico attraverso il rivestimento; b e a1 il raggio esterno ed interno del rivestimento.

ΔhL può essere espresso come (hi – hwi) dove hi è il carico piezometrico all’interno della galleria e hwi è il carico piezometrico al contatto fra la roccia ed il rivestimento come mostrato in Fig. 8.112. Inoltre l’interazione idraulica dei due sistemi richiede che la differenza fra il carico all’interno della galleria e all’esterno nell’ammasso roccioso Δhw = (hi – h0) sia uguale alla somma della perdita di carico attraverso il rivestimento ΔhL più la perdita di carico piezometrico all’interno dell’ammasso: Δhw = ΔhL – Δhw1.

Il carico piezometrico esternamente al rivestimento è dato dall’espressione:

dove

Fig. 8.112 – Perdite di carico piezometrico attraverso il rivestimento e l’ammasso roccioso circostante.

II valore di C generalmente varia entro 10÷50, per la maggior parte delle gallerie in pressione. Una rappresentazione grafica delle perdite di carico normalizzate attraverso il rivestimento, in funzione del rapporto b/a1, per differenti valori di kL/km, è riportato in Fig. 8.112.

In pratica lo spessore dei rivestimenti è tale che il rapporto b/a1 è usualmente compreso entro 1.1÷1.2.

Dalla figura si può notare inoltre:

–       per rivestimenti impermeabili con valori di kL/km, approssimativamente uguale a 1/80÷1/100 la perdita di carico attraverso il rivestimento può essere ~ 80-90% del carico piezometrico netto;

–       per rivestimenti semi-permeabili con valori di kL/km prossimi a 1/20 – 1/10, la perdita di carico piezometrico attraverso il rivestimento è ~ 50% del carico piezometrico netto;

–       per rivestimenti con permeabilità prossime a quelle dell’ammasso circostante, le perdite di carico attraverso il rivestimento non eccedono il 5% del carico piezometrico netto.

E’ opportuno infine ricordare che, per quanto concerne la permeabilità kL del rivestimento. essa è funzione dell’eventuale fessurazione dovuta all’interazione fra il rivestimento e l’ammasso roccioso circostante.

Fig. 8.113 – Perdite di carico piezometrico attraverso il rivestimento e rapporto tra la portata di una galleria rivestita e la portata di una galleria non rivestita in funzione di diversi spessori del rivestimento e differenti valori di permeabilità dell’ammasso roccioso.

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