2 – Movimento terra

Per movimento terra s’intende, secondo la definizione di Nichols, l’insieme delle attività atte a strutturare geometricamente un ambito di territorio (o parte di questo) generalmente allo stato naturale, al fine di renderlo atto ad accogliere, secondo indirizzo progettuale, uno o più manufatti funzionali modificandone morfologia, relazioni e destinazione d’uso.

L’attività di movimento terra, di norma, si esplica attraverso l’impianto di aree di cantiere, finalizzate alla realizzazione di opere civili (dalla costruzione di edifici fino alle grandi infrastrutture), laddove lo scenario ambientale esistente necessita di modifiche più o meno sostanziali al fine di consentire il prosieguo funzionale del sistema in fieri.

2.1 – Introduzione

La lavorazione e la movimentazione delle terre, nelle moderne operazioni di cantiere, viene effettuata unicamente mediante l’utilizzo di mezzi meccanici; risulta, quindi, di fondamentale importanza, per la riuscita di un lavoro, predisporre ed attivare un cantiere meccanizzato per la lavorazione delle terre che sia funzionalmente rispondente alle esigenze tecnico-economiche del lavoro da eseguire.

Al fine d’impiantare correttamente un cantiere deve essere allora avviata una progettazione sulla base di una attenta valutazione degli elementi noti e di uno studio accurato delle condizioni specifiche del lavoro, in modo che la soluzione del problema possa consentire di arrivare alle seguenti conclusioni :

–       scelta dei singoli mezzi meccanici occorrenti per ogni lavorazione, determinandone le relative caratteristiche: tipo, potenza, quantità o numero;

–       determinazione del ciclo di lavoro delle singole macchine e del ciclo delle lavorazioni effettuate da più macchine fra loro interdipendenti;

–       predisposizione di diagrammi di lavorazione da cui derivare lo schema dell’organizzazione generale del cantiere.

Gli elementi, che occorre preventivamente valutare e definire sono generalmente i seguenti:

–       lavorazioni da eseguire;

–       natura delle terre da lavorare e caratteristiche delle medesime;

–       volume delle terre da lavorare;

–       volume di terre di opportuna qualità e di materiali lapidei da aggiungere alle terre disponibili al fine di correggerne le caratteristiche;

–       livelli di produzione delle macchine nelle varie lavorazioni e rendimento dei cicli di lavoro;

–       distanze di trasporto delle terre e dei materiali lapidei;

–       tempi di lavorazione disponibili.

Esaminando, infine, separatamente e in dettaglio tali elementi possono essere messi in evidenza gli aspetti più particolari e interessanti.

2.2 – Lavorazioni eseguibili

Tale elemento è, generalmente, un dato ben preciso del problema; un elenco indicativo delle possibili lavorazioni è il seguente:

2.2.1 – Terreni

a – preparazione della zona d’impianto dell’opera che s’identifica, secondo i casi, nel piano di posa delle sovrastrutture o nel piano di posa di rilevato o scavi. Tale operazione comprende in se diverse lavorazioni quali:

–       disboscamento e scopertura vegetale: eliminazione di piante di alto e basso fusto, di cespugli, di radici e dello strato superficiale di terra, ricco di materia vegetale e di sostanze organiche (humus);

–       costipamento meccanico del terreno della zona d’impianto per portare al grado di addensamento richiesto il piano di posa delle sovrastrutture e/o di rilevati o scavi.

–       bonifica del terreno della zona d’impianto, cioè sostituzione del terreno naturale del sottofondo, quando non risulti idoneo, con altro materiale di caratteristiche geotecniche migliori;

–       miglioramento del terreno della zona d’impianto, ovvero correzione delle caratteristiche del terreno naturale di sottofondo, quando non è del tutto idoneo, mediante la immissione e la miscelazione di percentuali variabili di terreno migliore o di elementi lapidei, ossia stabilizzazione del terreno in situ  mediante l’impiego di agenti stabilizzatori artificiali.

Fig. 2.1 –Operazioni base per un Movimento Terra (da Serafini).

b – lavori di scavo delle terre, nei tratti in cui il sistema è in trincea oppure a mezza costa, secondo quanto stabilito dalle quote di progetto.

c – formazione di eventuali rilevati per conseguire il piano finito del corpo strutturale secondo la livelletta di progetto e per predisporre un adeguato piano di posa alla sovrastruttura prevista.

Tale operazione comprende alcune lavorazioni quali:

— trasporto delle terre: sia ottenute nel corso dei lavori di scavo precedenti sia prelevate da cave di prestito di terreno idoneo;

— miglioramento o stabilizzazione dei terreni di riporto: quando l’assenza di cave di prestito obbliga ad impiegare per la formazione dei rilevati terreni di scavo non idonei;

— costipamento meccanico del rilevato, per strati successivi orizzontali di limitato spessore;

— livellazione del piano finito secondo le pendenze trasversali previste, in modo da ottenere un perfetto piano di posa per la sovrastruttura.

d – Esecuzione delle opere di salvaguardia del corpo strutturale quali i fossi di guardia, le cunette, i dreni, in modo da regolarizzare lo smaltimento delle acque di provenienza meteorica o di scorrimento superficiale.

2.2.2 – Materiali lapidei

a – lavorazioni in cava:

— estrazione e coltivazione della cava;

— raccolta dei materiali estratti;

— trasporto di questi agli impianti di lavorazione;

— vagliatura e lavaggio dei materiali estratti;

— frantumazione (a ciclo aperto o chiuso);

— l’immagazzinamento e predisposizione per il carico;

— caricamento e trasporto in cantiere.

b – Lavorazioni in cantiere:

– approvvigionamento (in cumuli o su strada);

– la stesa a spessore costante;

– omogeneizzazione (per tout-venant alluvionali);

– il costipamento o cilindratura.

In Tab. 2.1 sono state indicate, in modo schematico e per ogni lavorazione le macchine-base occorrenti.

2.2.3 – Volumi delle terre sottoposte a lavorazione

II volume delle terre da lavorare viene valutato generalmente, nei Capitolati d’Appalto, in uno dei seguenti modi:

1) volume (m3) di materiale misurato nella sua posizione originale, cioè in banco (bank) o in situ: (Vb);

2) volume (m3) di materiale dopo che ha subito un qualsiasi processo dalla sua posizione originale, cioè materiale smosso (loose) (Vm);

3) volume (m3) di materiale misurato sul manufatto di terra assestato naturalmente sotto l’azione degli agenti atmosferici (Vass);

4) volume (m3) di materiale, misurato sul manufatto di terra dopo che sono ultimate le lavorazioni di costipamento, sino al raggiungimento della densità richiesta, cioè volume costipato (compacted) (Vc).

Per i grandi volumi, e quindi per movimenti di terra che interessano infrastrutture (ferrovie, strade, aeroporti, dighe, gallerie, ponti), ci si riferisce generalmente alle valutazioni dei n. 1, 3 e 4.

Per i piccoli volumi e per i trasporti si fa riferimento alla valutazione del n. 2.

I prodotti lapidei, provenienti dalle cave, si valutano o in volume, come i movimenti di terra, oppure in peso (t). Il legame, tra la misura in volume e quella in peso è dato dal peso di volume γ.

Risulta evidente come il volume delle terre da lavorare non sia lo stesso a seconda che ci si riferisca ad una od all’altra delle precedenti valutazioni.

Tab. 2.1 – Lavorazioni e Macchinari corrispondenti.

Al momento dello scavo le terre posseggono, infatti, un determinato peso di volume (peso di volume in banco); dopo lo scavo le stesse presentano un peso di volume minore (peso di volume allo stato smosso o sciolto) per cui il materiale da trasportare presenta un volume superiore a quello scavato (Vm>Vb) e infine, dopo essere stato posto a rilevato (per effetto dell’assestamento naturale) raggiungono un peso di volume (peso di volume in opera) superiore a quello dello stato sciolto ma generalmente inferiore (almeno per periodi di tempo non eccessivamente lunghi) a quello in banco (Vm>Vass>Vb); oppure, per effetto del costipamento meccanico raggiungono un peso di volume (peso di volume in opera dopo il costipamento) superiore a quello che avevano allo stato sciolto ed allo stato assestato ma che può essere superiore o inferiore allo stato originale in banco (Vm>Vass>Vb ≥/≤ Vc) in dipendenza di quanto prestabilito progettualmente, della natura del terreno, dei mezzi meccanici impiegati cosicché, in definitiva, il loro volume a lavorazione ultimata risulterà inferiore a quello di partenza (Fig. 2.2).

Fig. 2.2 – Volumetrie del Movimento Terra.

È necessario quindi, per una esatta valutazione dei mezzi meccanici occorrenti nelle diverse fasi del processo di lavorazione, conoscere i rapporti fra i volumi suddetti, e definiti quali coefficienti di trasformazione. I volumi in gioco saranno a seconda dei casi: Vb e Vm nel caso di solo scavo e trasporto, oppure VbVm e Vass in caso di scavo, trasporto a rilevato e assestamento naturale; oppure VbVm, e Vc in caso di scavo, trasporto a rilevato e costipamento meccanico.

2.2.4 – Coefficienti di trasformazione

Detti VbVmVass e Vc i volumi di terra valutati in banco, su terreno smosso, su quello assestato e su quello costipato si ha, generalmente, che:

Detti γbγmγass e γc i rispettivi pesi di volume, per un determinato peso P di terreno si hanno le seguenti relazioni:

Si definiscono inoltre:

Aumento di volume % dal volume in banco allo smosso: Am,b = 100 Vm/Vb = 100 γb/γm

dal volume in banco all’assestato: Aass,b = 100 Vass/Vb = 100 γb/γass

dal volume in banco al costipato (Vb<Vc, quindi γbc): Ac,b = 100 Vc/Vb = 100 γb/γc

Assestamento % dallo smosso all’assestato: Aass,m = 100 Vass/Vm = 100 γm/γass

Diminuzione di volume % dal banco al costipato (Vb>Vc, quindi γbc): D = 100 Vc/Vb = 100 γb/γc

Costipamento % dallo smosso al costipato: χ = 100 Vc/Vm = 100 γm/γc

Le precedenti grandezze sono legate tra loro dalle relazioni:

Si indica inoltre con Vs il volume della parte solida (granuli) del terreno; tale volume, per un dato terreno, non varia durante tutte le trasformazioni dovute alle varie lavorazioni che comportano variazioni del volume totale, cioè Vs resta il medesimo sia nel terreno in banco, sia nello smosso, sia nell’assestato, che nel costipato. Indicati poi rispettivamente con Vv,bVv,mVv,ass e Vv,c il volume dei pori del terreno in banco Vb, del terreno smosso Vm, dell’assestato Vass e del costipato Vc si ha che:

Vv,m>Vv,ass>Vv,b ≥/≤ Vv,c

di conseguenza si può scrivere:

La variazione del volume dei pori nelle varie situazioni di trasformazione, variazione che coincide con quella dei volumi totali interessanti la stessa trasformazione, è data rispettivamente:

E’ da notare come qui e nel seguito del presente paragrafo il segno + sia da assumersi per Vv,b<Vv,c e quindi Vb<Vc (γbc) mentre il segno  lo sia per Vv,b>Vv,c e quindi Vb>Vc (γbc).

Indicate inoltre con nb la porosità del terreno in banco, nm la porosità del terreno smosso, nass la porosità del terreno assestato, nc la porosità del terreno costipato e γs il peso specifico dei grani della terra considerata, si possono scrivere le seguenti relazioni:

Sulla base di tali definizioni si stabiliscono quali coefficienti % di trasformazione le variazioni di porosità del terreno, e quindi di volume totale dello stesso, nelle varie condizioni rispetto al volume in banco, ed al volume smosso; precisamente:

Coefficiente % di variazione di volume iniziale (variazione della porosità dello smosso rispetto al banco):

Coefficiente % di variazione di volume intermedio (variazione della porosità dell’assestato rispetto al banco):

Coefficiente % di assestamento (variazione della porosità dell’assestato rispetto allo smosso):

Coefficiente % di variazione di volume finale (variazione della porosità del costipato rispetto al banco):

Coefficiente % di costipamento (variazione della porosità del costipato rispetto allo smosso):

I coefficienti percentuali di trasformazione sono legati tra loro nel seguente modo:

In definitiva si ricavano le seguenti relazioni tra le variazioni % di volume, le porosità, i pesi di volume, ed i coefficienti % di trasformazione (o variazioni relativedi porosità):

Non sono state considerate le relazioni intercorrenti tra le grandezze caratteristiche del volume assestato e del costipato in quanto, nella pratica operativa, il terreno o viene lasciato assestare nel tempo o lo si costipa subito artificialmente senza concedere possibilità di assestamento.

In base alle precedenti relazioni, determinate in laboratorio le porosità e nota l’entità del volume iniziale, si possono ricavare i volumi finali occupati da una terra; si può valutare il volume di materiale Vm che è necessario trasportare per ottenere un rilevato di volume finale Vass o Vc ed il relativo volume in banco Vb da scavare; si può infine determinare l’organizzazione dei veicoli di data capacità per trasportare un volume di materiale da scavare Vb.

A tale scopo si riportano le altre importanti relazioni:

È altresì opportuno notare che in tutte le trasformazioni per le terre restano sempre immutati il peso secco Ps ed il volume secco Vs mentre varia il volume dei pori Vv e quindi il volume totale V; per i materiali lapidei, viceversa, resta sempre costante il peso totale P mentre variano tutte le grandezze relative ai volumi.

Le precedenti relazioni permangono sempre valide anche considerando, in luogo dei volumi o dei pesi, i volumi nell’unità di tempo (m3/h) cioè le portate in volume o produzioni in volume, o i pesi nell’unità di tempo (ton/h) o portate in peso o produzioni in peso, riferimenti base per i computi sulle macchine da cantiere.

2.3 – Movimento terra per produzione o capacità di lavoro

2.3.1 – Definizioni

Produzione teorica – E’ il quantitativo di materiale che una macchina da cantiere può trattare (scavare, trasportare, miscelare, etc.) nell’unità di tempo (minuto, ora, giorno, mese, anno) lavorando senza interruzioni cioè: 60′ su 1h, 24h in un giorno, 30 giorni in un mese, 365 gg. in un anno. Si esprime o come portata in volume (m3/h, m3/g) e si indica con Vt, o come portata in peso (kg/h, kg/g, ton/h, ton/g) e si indica con Pt: il legame tra Vt e Pt e dato dal peso di volume γ, cioè Pt = Vt γ.

Produzione effettiva – E’ il quantitativo di materiale che una macchina da cantiere può effettivamente trattare nell’unità di tempo considerate le inevitabili interruzioni e perdite di tempo. Si esprime o come portata in volume V (m3/h, m3/g) o come portata in peso P (kg/h, kg/g, ton/h, ton/g). La produzione teorica e quella effettiva sono legate tra loro dal rendimento globale di cantiere η, cioè:

P = η Pt                         V = η Vt

E’ da sottolineare come sia erroneo definire la produzione con i termini di rendimento o resa di una macchina. Il rendimento globale η è determinante per il numero delle macchine da approntare in cantiere: se νt è il numero teorico delle macchine da impiegare per un dato lavoro, il numero v effettivo delle macchine da approntare è v = vt/η.

Rendimento globale di cantiere – E’ il rapporto tra il numero di ore di lavoro effettivo he nel quale la macchina effettivamente lavora e produce ed il numero delle ore disponibili hd in cui la macchina potrebbe teoricamente lavorare.

La differenza (hd  he) = Δt indica le perdite di tempo verificatesi nel cantiere dovute, ad es., a riparazioni, intemperie, disorganizzazione etc., quindi:

η = he/hd = (hd  Δt)/hd

Il rendimento globale di cantiere può esprimersi come prodotto di 3 rendimenti, e cioè:

η = ηh ηcl ηc

dove ηh è chiamato rendimento orario, ηcl rendimento climatico e ηc rendimento specifico di cantiere.

Rendimento orario ηh – E’ il rapporto tra il tempo (espresso in minuti primi) in cui in lungo un’ora una macchina effettivamente produce e l’ora stessa, cioè 60′. Il tempo effettivo in cui la macchina produce è in ogni caso < 60′ perché vi sono sempre delle perdite di tempo dovute a messe a punto, a regolazioni dei diversi meccanismi della macchina, a sostituzioni di breve durata di parti di ricambio, a necessità del manovratore etc.

In generale si assume il valore ηh = 50/60 = 0.83, considerando una perdita di tempo oraria fissa di 10′. Quando si considera un complesso di macchine lavoranti in dipendenza l’una dall’altra ηh va applicato a tutto il complesso.

Rendimento climatico ηcl – Indica l’incidenza delle condizioni locali (posizione geografica ed altimetrica), delle condizioni temporali (stagione, ora), e della non perfetta idoneità di una macchina per un determinato lavoro in un cantiere in cui un più idoneo mezzo non sia disponibile, sulla produzione della macchina stessa.

Per i motori a combustione interna il rendimento ηcl aumenta col diminuire della temperatura ambiente (di notte, in stagioni fredde) e con l’aumentare della pressione atmosferica e quindi col diminuire della posizione altimetrica del cantiere; viceversa, ηcl diminuisce all’aumentare della temperatura (stagione estiva, zone tropicali ed equatoriali) ed al diminuire della pressione atmosferica, cioè all’aumentare della quota.

Per i compressori d’aria il rendimento ηcl aumenta o diminuisce nello stesso senso dei motori endotermici. Per i lubrificanti delle macchine ηcl diminuisce in climi freddi, e in special modo col gelo, particolarmente nella fase d’avviamento ossia  fino a che il lubrificante non raggiunge la viscosità di regime.

Il rendimento ηcl diminuisce ancora di notte se l’illuminazione non è idonea. Un incremento ragionevole di illuminazione produce un’influenza favorevole sulla produttività di chi lavora. Si sono constatati aumenti di produttività entro 10÷25% ottenuti con illuminazioni il cui maggior costo, rispetto all’illuminazione primitiva rappresentava solo l’1÷5% del normale costo di gestione

Inoltre un’opportuna illuminazione diminuisce il numero degli infortuni. Nei cantieri è quindi opportuno realizzare un’illuminazione media notturna dell’ordine di 10÷35 lux (~W/m2) che non provochi fenomeni di abbagliamento, ciò che si ottiene portando le sorgenti luminose ad una certa altezza, che realizzi un coefficiente di uniformità d’illuminazione (rapporto tra i valori max e min che l’illuminazione raggiunge) che non sia minore di 1/3. L’illuminazione migliore è quella in cui circa metà del flusso luminoso che cade nelle aree di lavoro e transito proviene direttamente da gruppi di sorgenti di luce. Qualora i macchinari disponessero di propri fari è allora sufficiente realizzare un’illuminazione supplementare dell’ordine di 2 lux.

In tab. 2.2 sono riportati i valori orientativi per il rendimento climatico.

Tab. 2.2 – Rendimento climatico per macchine movimento terra.

Per il prosieguo dell’esposizione viene assunto ηcl = 0,95.

Rendimento specifico di cantiere ηc – Rappresenta l’incidenza, per un determinato complesso di macchine, dell’organizzazione del personale e dei preposti al cantiere sulla condotta dei lavori indicando il coordinamento tra il lavoro delle varie macchine impiegate per realizzare un’opera.

È quindi funzione del numero delle macchine che compongono le squadre di lavoro, sicché le macchine che lavorano isolatamente hanno un ηc maggiore oltre che funzione dello stato della viabilità del cantiere, del rifornimento dei materiali di consumo nonché della disponibilità di personale di rincalzo. Dipende, inoltre, dal tipo di macchine utilizzate.

In tab. 2.3 vengono forniti i valori medi assumibili per il rendimento ηc.

Tab. 2.3 – Rendimento specifico di cantiere per macchine movimento terra.

II prodotto del rendimento climatico ηcl per il rendimento specifico di cantiere ηc, detto rendimento generale del cantiere ηg, conduce ad una produzione effettiva P variabile entro 60÷90 di quella teorica Pt. In tab. 2.4 sono riportati i valori che assume tale rendimento ηg in funzione dei valori di ηcl e ηc.

Tab. 2.4 – Rendimento generale di cantiere per attività di movimento terra.

In sede di fattibilità preventiva per l’impianto di un cantiere meccanizzato di lavori in terra è opportuno non discostarsi mai dai valori medi relativi al rendimento normale, applicando cioè, alla produzione teorica delle macchine, un fattore correttivo ηg pari a 0.75.

Il rendimento globale del cantiere ηg di più frequente applicazione risulta, di conseguenza pari a:

η = ηh 0.75 = 0.625

2.3.2 – Produzione delle macchine

La valutazione della produzione delle macchine da cantiere utilizzate per la esecuzione dei movimenti di terra è uno degli elementi fondamentali per la soluzione del problema di scelta e dimensionamento del macchinario.

Sulla base delle definizioni fondamentali introdotte al paragrafo precedente si può esaminare in dettaglio la produzione delle varie macchine ed il modo di valutarla.

Produzione teorica di una macchina – La produzione teorica di una macchina è valutata in base alla sua capacità di lavoro in rapporto al tempo.

Pt = C/t

dove Pt è la produzione teorica nell’unità di tempo prescelta, C è la capacità nominale di lavorazione del macchinario in esame (generalmente espressa in volume) e t la durata del ciclo di lavorazione della macchina. Poiché, di norma, la produzione viene considerata nell’unità di tempo oraria mentre il ciclo di lavorazione si svolge e si completa nel tempo di alcuni minuti, si avrà in generale :

Pth = C 60/t

dove Pth è la produzione teorica oraria della macchina.

Dalle relazioni precedenti si ricava allora che Pt t = C. Essendo che per una data macchina il valore di C è noto e costante, si ottiene:

Pt t = cost

che è l’equazione di una iperbole equilatera riferita agli asintoti Pt e t (Fig. 2.3 e 2.4).

Fig. 2.3 – Relazione tra produzione teorica Pt e tempo t.

Risulta quindi che per una data macchina di capacità C la produzione assume valori diversi solo se variano in modo conforme le durate del ciclo di lavorazione della macchina e cioè, come era intuitivamente evidente, per avere produzioni più elevate occorre diminuire i tempi del ciclo di lavorazione. Prendendo in esame più macchine, di diversa capacità nominale di lavorazione, si ottiene un fascio di parabole equilatere del tipo Pt  t = cost.

Fig. 2.4 – Opportunità di relazione tra produzioni teoriche Pt e tempo t.

Una determinata produzione Pti si potrà di conseguenza ottenere con macchine di capacità C1C2, … Cn aventi, rispettivamente, le durate del ciclo di lavorazione t1t2, … tn.

Produzione teorica riferita al materiale pagato (pay-load) – Per tener conto del diverso modo di valutare i volumi delle terre ed avere quindi una produzione teorica riferita a quella valutazione prescritta nel Capitolato d’Appalto (in banco, smosso, assestato o costipato) e cioè, secondo una espressiva definizione yankee, al materiale effettivamente pagato, si devono utilizzare i coefficienti di trasformazione relativi. Si ha perciò:

Pth’ = C 60/Kt

dove Pth’ è la produzione teorica oraria in materiale pagato e K è il coefficiente di trasformazione tra il volume effettivamente pagato e quello cui si riferisce la capacità C della macchina. Si possono avere:

Materiale valutato in volume in banco Vb

dove Am,b è l’aumento di volume %, nm,b il coefficiente % di variazione di volume iniziale e C la capacità in m3 della macchina riferita, come d’uso, al volume smosso Vm.

Materiale valutato in volume assestato in opera Va

dove Am,b l’assestamento %, nass,m il coefficiente % di assestamento e C la capacità in m3 della macchina riferita, come d’uso, al volume smosso Vm.

Materiale valutato in volume costipato Vc

dove χ è il costipamento %, nc,m il coefficiente % di costipamento e C la capacità in m3 della macchina riferita, come d’uso, al volume smosso Vm.

Determinazione della produzione teorica di una macchina – Per determinare la produzione teorica di una macchina occorre quindi conoscere il valore della sua capacità di lavorazione C e la durata del ciclo di lavorazione. Poiché tali elementi sono variabili da un tipo all’altro di macchinario risulta opportuno esaminare i valori che essi assumono in alcuni tipi di macchine-base per la lavorazione delle terre.

2.3.2.1 – Macchine escavatrici semistazionarie (escavatori universali).

La produzione teorica oraria di queste macchine, valutata in banco, è data dalla relazione:

dove il tempo t del ciclo è espresso in secondi, il fattore K‘ é un coefficiente che tiene conto di vari coefficienti correttivi e C è la capacità nominale del cucchiaio o della benna.

La durata del ciclo è funzione del valore di C e della natura del terreno da scavare, nel senso che essa aumenta con l’aumentare della capacità e con l’aumentare delle difficoltà di scavo.

Per un escavatore a cucchiaio frontale t varia da 20” per C = 0.5 sino a 36” per C = 3 m3, nel caso sia di terreno sabbioso o ghiaioso sia di terreno misto e pietrisco frantumato.

Il coefficiente K è il prodotto di 3 coefficienti correttivi, ossia:

–       il coefficiente di riempimento KR

–       – il coefficiente di scavo            Ks

–       – il coefficiente di rotazione       Kr

così che risulta:                                             K = KR Ks Kr

Il coefficiente di riempimento KR varia con la capacità C e con la natura della terra, nel senso che aumenta all’aumentare della capacità e con la coesione del materiale (diminuisce, cioè, coi materiali incoerenti).

Esso può variare dal valore 0.45 per C = 0.2 m3 e roccia sminata di grossa pezzatura sino a 1.2 per C =3 m3 e terra comune leggera (Tab. 2.5).

Tab. 2.5 – Coefficienti di riempimento KR in funzione della natura del terreno da scavare e della capacità del cucchiaio per escavatori frontali.

Il coefficiente di scavo Ks è funzione della variazione della passata di scavo (altezza di scavo), nel senso che più la passata si allontana dalla lunghezza di passata ottima (altezza di scavo ottima, variabile a seconda della capacità) più esso diminuisce.

E’ da rilevare come non sia opportuno utilizzare totalmente l’altezza massima di scavo del mezzo e di scavare dei fronti eccessivamente alti. È preferibile non superare il 67% dell’altezza massima di scavo, riempiendo il cucchiaio non in una sola passata ma in due successive. Meglio ancora si rivela, per terreni di facile scavo, se la passata è ~25% dell’altezza massima di scavo.

Così, ad es., per un escavatore frontale di altezza massima di scavo 6 m, non è conveniente, ai fini della produzione, effettuare passate che superino i 4 m d’altezza; meglio ancora si rivela scavare procedendo per successive altezze di 1.5÷2.0 m riempiendo il cucchiaio in due successive passate.

L’altezza di scavo ottimale, perciò, varia entro 25÷40% passando da terreni di facile scavo a terreni difficili e da piccole capacità a grandi capacità. In particolare, per gli escavatori da 0.20 a 2.00 mdi capacità che lavorano terreni di facile scavo (terra comune, argilla e sabbia, sabbia, ghiaia) l’altezza di scavo ottimale si situa ad un livello pari al 25% di quella massima; per le medesime capacità e per terreni di scavo medio e difficile (argille e terreni tenaci) l’altezza ottimale è pari a 34÷36% della massima mentre per le capacità da 2 a 3 m3, con terreni di facile scavo, tale rapporto diviene pari al 34% e con terreni medi e difficili pari al 40%.

Posto Ks = 1 per l’altezza di scavo ottimale (passata ottima) tale coefficiente varia secondo i contenuti della Tab. 2.6.

Tab. 2.6 – Coefficienti di scavo KS in funzione del rapporto % tra altezza di scavo effettiva e ottimale per escavatori a cucchiaio frontale.

Così, ad es., per un escavatore frontale della capacità di 0.8 m3 la cui altezza massima di scavo sia di m 8 e che lavori in terreno medio, l’altezza ottima di scavo è pari a 0.34 8 = 2,72 m. Qualora lo scavo avvenga lungo un’altezza di scavo pari a 4.5, cioè a (4.5 100)/2.72 =160%, ai fini della determinazione della produzione del mezzo occorrerà applicare il coefficiente Ks = 0.93 (→ Tab. 2.6).

Il coefficiente di rotazione Kr varia secondo l’angolo di rotazione descritto dall’escavatore tra la posizione di scavo e quella di scarico (Tab. 2.7).

Tab. 2.7 – Coefficiente di rotazione Kr in funzione dell’angolo di rotazione tra scavo e scarico per escavatore frontale.

Si rileva pertanto che il coefficiente K può oscillare tra un valore minimo (condizioni pessime di lavoro) pari a K = KR Ks Kr = 0.45 0.87 0.71 = 0.28, fino ad uno massimo (condizioni ottime) pari a K = 1.21 1 1 = 1.21. In sede di calcolo preventivo, qualora non sussistessero condizioni di lavoro vincolative, si possono assumere Ks = 0.93 e Kr = 0.8, valutando KR in funzione del terreno da trattare e del mezzo da impiegare.

La durata per compiere un’operazione completa di scavo varia, in funzione della capacità dell’escavatore e del tipo di terreno, da un minimo di 15″ ad un massimo di 36″ (Tab. 2.8)

Tab. 2.8 – Durata t in secondi di un’operazione completa di scavo in funzione della capacità del cucchiaio frontale e della natura del terreno, per Ks=Kr=1. In t è escluso il tempo necessario per la traslazione dell’escavatore sul fronte di scavo.

Considerando anche gli spostamenti n che l’escavatore compie in un’ora lungo il fronte di scavo, compiuti ciascuno in un tempo ts espresso in secondi, la produzione teorica oraria diviene:

in media ts = 50″ ed n = 10÷15 spostamenti all’ora. Per ottenere la produzione oraria di un escavatore a benna trascinata si calcola prima la produzione dell’escavatore frontale di pari capacità e di pari situazione di lavoro, quindi si considera l’85% di questa produzione se lo scarico della benna trascinata avviene liberamente, il 70% se lo scarico della benna avviene su automezzo e il 60÷40% se la benna ha il compito di profilare la scarpata dello scavo o, peggio, deve costipare il terreno a colpi successivi.

2.3.2.2 – Macchine escavatrici soggette a periodici spostamenti

Occorre sottrarre al tempo t di durata del ciclo, un tempo /g necessario per spostarsi dalla vecchia alla nuova posizione di lavoro. Si ha, cioè, per una valutazione in banco:

Nel caso gli spostamenti, nella valutazione oraria della produzione considerata, siano n si ottiene:

2.3.2.3 – Macchine per scavo e trasporto

aApripista (bulldozer)

Per tali macchine la capacità C è data dalla relazione:

dove l è la lunghezza della lama, h l’altezza della medesima, α l’angolo della scarpata naturale della terra spostata e μ un coefficiente correttivo (0.8 per terreni sabbiosi, 1.0 per terra comune naturale).

Tale capacità è riferita a brevi percorsi ≤15 m. Per percorsi superiori è necessario diminuire C di almeno un 5%, tenendo presente che 100 m rappresentano normalmente la distanza limite per una utilizzazione economica dei bulldozers.

La durata del ciclo t, per brevissimi percorsi di lavoro, varia entro 40÷60”. Per percorsi più lunghi essa si può calcolare considerando che la velocità in avanti a pieno carico è ~2.5÷2.8 km/h in prima, la velocità di ritorno in retromarcia è ~3.5÷4 km/h circa, il tempo perso per il cambiamento della marcia è di 0.16’ per ogni inversione.

La produzione teorica oraria, valutata in materiale smosso, è data dalla relazione:

dove t viene espresso in minuti, mentre la produzione teorica oraria, valutata in materiale in banco, risulta:

In Tab. 2.9 vengono riportati alcuni valori medi delle lunghezze ed altezze delle lame per bulldozerangledozer cingolati e su pneumatici (tournadozer).

Tab. 2.9 – Valori medi di lunghezze ed altezze delle lame per diversi tipi di bulldozer.

Nella tab. 2.10 vengono riportati i valori medi dell’angolo α per alcune tipologie di terreni.

Tab. 2.10 – valori medi dell’angolo α per alcuni tipi di terreno.

La produzione effettiva oraria, valutata in materiale in banco, risulta:

E’ opportuno far notare come, per gli apripista, il valore di η non debba scendere sotto il valore 0.69.

Per lavori eseguiti su terreni in pendenza si può valutare, in termini medi, un aumento del 5÷6% della produzione per ogni % di pendenza nei lavori eseguiti in discesa ed una diminuzione del 3% per ogni % di pendenza nei lavori eseguiti in salita.

bLivellatrici (graders)

La capacità C è data dalla relazione:

dove l è la lunghezza della lama, h l’altezza, α l’angolo di naturale declivio delle terre spostate, β l’angolazione della lama e μ un coefficiente correttivo secondo la natura delle terre (0.8 per le sabbie,

1.0 per le terre comuni).

La durata del ciclo di lavoro è funzione del tipo di lavorazione nella quale il grader viene impiegato. In tab. 2.11 sono riportate le velocità medie di lavoro nelle varie operazioni.

Tab. 2.11 – Velocità medie per operazioni con grader .

cRuspe (scrapers).

Detta C la capacità nominale del cassone, la capacità effettiva C‘ è uguale a:

C’ = C KR

dove KR è un fattore di riempimento variabile entro 0.75÷0.85 secondo la natura del terreno.

Per la durata del ciclo occorre valutare le distanze di trasporto, caricamento e scarico oltre che considerare separatamente le ruspe rimorchiate da trattori a cingoli e le ruspe semoventi (motorscrapers).

1cRuspe trainate da trattore cingolato

La distanza di caricamento dc è in genere pari a 30 m e per essa occorre un tempo tc pari a ~60’.

La produzione teorica oraria, valutata in volume smosso, risulta:

I valori medi delle lunghezze (l) della lama e delle corrispondenti altezze (h) sono riportati in Tab. 2.12.

Tab. 2.12 – Valori medi lunghezza-altezza delle lame per uno scraper.

L’angolazione della lama β varia a seconda della natura del terreno e del tipo di lavorazione.

In linea di massima l’angolo della lama può variare come è indicato in Tab. 2.13

Tab. 2.13 – Valori medi dell’angolazione delle lame per uno scraper in funzione del tipo di terreno.

La distanza di scarico ds è data dalla relazione:

dove s è lo spessore dello strato sparso (in genere pari a 0.15 m) ed L la larghezza dello spandimento (2.5÷3.0 m). Il tempo di scarico viene fornito dalla relazione:

dove Vs è la velocità di scarico (in genere pari a 5 km/h).

La durata totale t del ciclo sarà quindi data dalla somma di tcts, del tempo di trasporto ttr e del tempo tg occorrente per girare e porsi nuovamente in posizione di marcia o di lavoro:

t = tc + ts + ttr + tg

Il tempo di trasporto dipende dalle due distanze, variabili secondo l’avanzamento dei lavori da (percorso di andata a pieno carico dal luogo di caricamento al luogo di scarico) e dr (percorso di ritorno a vuoto). Tale tempo, in minuti, è ricavabile dalla relazione:

ttr = (da+dr)/Vm

dove da e dr sono espresse in m (occorre tenere presente che per scrapers trainati da trattori a cingoli la distanza 2d = da+d deve essere compresa entro 80÷300 m per medie capacità ed entro 150÷800 m per grandi capacita) e Vm la velocità media, espressa in m/min, calcolabile (→ paragrafo successivo) tramite l’espressione:

Il tempo tg, necessario per le due operazioni di svolta terminali, è normalmente valutabile in 25÷30’.

Per un calcolo approssimativo della durata del ciclo si può anche utilizzare, in sede di progettazione del cantiere, la relazione:

dove entro 150÷180” sono compresi tutti i tempi tcts e tg.

La produzione teorica oraria sarà data,valutata come al solito in volume smosso, da :

mentre, valutata in volume in banco, risulta:

La produzione, effettiva oraria, valutata in volume smosso, risulta allora:

cioè, in via approssimativa:

o, valutata in volume in banco:

2cRuspe semoventi (motorscrapers)

La distanza di caricamento dc può variare entro 20÷50 m secondo le diverse capacità, e quindi anche il tempo tg è variabile. In via approssimativa possono considerarsi i tempi segnalati in Tab. 2.14.

Tab. 2.14 – Distanze di caricamento e tempo di carico per motorscraper.

La distanza di scarico ds ed il tempo di scarico ts possono essere valutati, come per le ruspe rimorchiate, secondo la relazione:

oppure, approssimativamente, secondo l’espressione:

Il tempo tg occorrente per le svolte terminali, i cambiamenti di velocità etc., può variare entro 80÷110”. Può assumersi come valore medio  tg = 90”(una più esatta valutazione può essere eseguita fruendo della relazione tg = dc/v2 dove dc è la distanza di carico in m e v2 è la velocità in seconda marcia espressa in m/min).

II tempo di trasporto si valuta, come per le precedenti macchine, con la:

avendo posto da = dr = 2d. (Le velocità medie di trasporto variano, in genere, entro 16÷30 kmh).

Il tempo totale di durata del ciclo risulta allora:

ossia:

La produzione teorica oraria e la produzione effettiva oraria si valutano nel modo usuale. Per avere un normale rendimento di cantiere, la distanza d deve essere compresa entro 0.15÷3.0 km, tenendo presente che, al di sopra di 1.5 km, il motorscraper deve poter trasportare la terra almeno con la quarta velocità (~36 km h), perché le operazioni risultino economiche.

2.3.2.4 – Macchine per il solo trasporto (dumpers)

Anche per queste macchine la produzione teorica oraria Pth è data dalla relazione:

Pth = 60 C/t

dove C è la capacità del cassone del mezzo di trasporto.

Per la valutazione del tempo t di durata del ciclo occorre tener presente che vi sono due velocità diverse: quella di andata a pieno carico va e quella di ritorno a vuoto vR.

La velocità media riferita ad un determinato percorso di lunghezza L, detti ta e tr i tempi di andata e ritorno, viene data dalla relazione:

da cui deriva che il tempo t del ciclo è pari a:

t = 2L/vm

Anche per i mezzi di trasporto, per avere la produzione in materiale pagato, essendo la valutazione della capacità C del cassone riferita al materiale smosso, si dovranno introdurre i coefficienti di trasformazione opportuni.

In tab. 2.15 sono riportati i valori minimi e massimi di capacità, più comunemente adottati, per alcune macchine speciali adibite al solo trasporto.

Tab. 2.15 – Valori minimi e massimi di capacità per macchine adibite a solo trasporto (dumpers).

2.3.2.5 – Macchine per il costipamento meccanico (compactors)

La produzione di queste macchine si può valutare con la consueta espressione:

Pth = (C 60 v)/t

dove C o, in questo caso, il volume o la superficie che la macchina riesce a costipare nel tempo t, e v è un coefficiente correttivo che tiene conto della %richiesta di addensamento rispetto alla Prova Proctor di riferimento.

Per determinare le capacità di tali macchine occorre conoscere la larghezza di costipamento e lo spessore di materiale che è possibile costipare in un ciclo di lavorazione.

In tab. 2.16 sono riportati i valori medi più comunemente adottati dai fabbricanti di macchine, per i 3 tipi classici di costipatori trainanti: il rullo a punte, il carrello gommato ed il rullo vibrante.

Tab. 2.16 – Valori medi di masse costipabili adottati per tipologia di macchinario.

Per la valutazione del tempo t di durata della lavorazione, occorre conoscere le velocità medie di lavoro, le pressioni specifiche ed il numero dei passaggi occorrenti. Infatti il tempo t è dato dalla espressione :

t = n/vm

In tab. 2.17 sono indicati i valori, statisticamente accertati per n e le corrispondenti velocità vm.

Tab. 2.17 – Valori di n in relazione a vm per macchine costipatrici.

Per la valutazione del coefficiente correttivo μ possono assumersi, in via indicativa, i valori riportati in tab. 2.18 e indicati nel grafico di Fig. 2.5, nei quali si è posto μ =1 per % di costipamento pari al 95% del Test Proctor modificato.

Tab. 2.18 – Valori di μ in relazione alla % del Test Proctor Modificato per macchine costipatrici.

Fig. 2.5 – Diagramma μ/%Proctor.

2.3.2.6 Macchine per il miscelamento e la stabilizzazione meccanica del terreno (mixers)

La produzione di queste macchine si può usualmente valutare con l’espressione:

Pth = (C 60 ε)/t

dove C è la capacità di lavorazione della macchina espressa normalmente in volume (m3) o in termini di superficie (per una profondità prefissata) di terreno miscelato nel tempo t di durata del ciclo.

La profondità massima di miscelamento varia entro 0.2÷0.3 m (le profondità minori sono, in genere, attribuibili a macchine aventi maggiori larghezze di lavorazione L).

La capacità di C, espressa in volume, è uguale alla larghezza di lavorazione L (generalmente uguale a 2 m può, nelle grosse macchine, arrivare anche ai 3.5 m) per la profondità di miscelamento.

Il tempo t è funzione della velocità di lavorazione che, di norma, in prima, è di km/h 1.5 (25 m/min) mentre ε è un coefficiente che tiene conto del grado di miscelamento che si deve ottenere in funzione della natura del terreno e del tipo di legante eventuali, dipendendo, quindi, dal numero dei passaggi n occorrenti. In tab. 2.19 sono riportati, a titolo orientativo, i valori di ε per alcuni tipi di lavorazione.

Tab. 2.19 – Valori di ε per alcune lavorazioni tipiche

2.4 – Movimento terra nel dettaglio operativo

2.4.1 – Attività preliminari

Disboscamento e scoticatura dell’area

II disboscamento o scopertura vegetale (bush-clearing) consiste nella rimozione degli alberi, radici, cespugli, erbe, colture e di tutti gli altri ostacoli materiali (fabbricati, ruderi etc.) posti entro i limiti dell’area interessata dall’inserimento del manufatto.

Precede necessariamente i movimenti di terra s.s. e varia moltissimo in quantità e qualità in ragione delle caratteristiche della zona attraversata.

Qualora siano interessate colture e zone boschive di pregio è limitata allo stretto necessario mentre in terreni poveri o a vegetazione spontanea è consuetudine sgomberare una consistente striscia di uniforme larghezza salvo dove scavi e rilevati eccezionali richiedono un allargamento; ciò per una maggiore speditezza delle operazioni, per facilitare accessi e strade di servizio da utilizzare durante i lavori e infine per dare spazio a servizi nonché a collegamenti elettrici, telefonici etc.

Lo sgombero può essere effettuato con mezzi manuali o meccanici o mediante adustione o, più sovente, con la combinazione dei 3 sistemi.

Nel caso di piante ad alto fusto è spesso richiesto oltre al loro abbattimento, il taglio dei tronchi in lunghezze commerciali ed il loro accatastamento.

Gli alberi che per particolari motivi devono essere salvati vengono contrassegnati in precedenza dalla Direzione Lavori e, qualora si trovino entro le scarpate dei rilevati, possono essere salvaguardati con la costruzione di un muretto a secco.

Nei tratti dove la lavorazione è in sterro l’asportazione della vegetazione deve essere totale includendo ceppi e radici che potrebbero ostacolare l’azione dei macchinari.

Dove invece è previsto il rilevato la procedura è diversa a seconda della sua altezza:

–       per rilevati < 1m si richiede normalmente la scoticatura o asportazione completa del terreno vegetale per circa 30 cm (in questo caso il materiale viene conservato per ricoprire in seguito la superficie sterile delle scarpate e favorire così l’inerbimento) sull’intera superficie interessata e il costipamento del piano di posa ricavato;

–       per rilevati di spessore > 1m è a volte opportuno lasciare indisturbata la crosta superficiale che con l’intreccio delle radici fornisce un buon supporto al rilevato; si tagliano, così, raso terra cespugli ed erbe intervenendo sui fusti aventi Ø > 7÷8 cm con tagli non oltre 20 cm da terra sempre che non ostacolino i movimenti delle macchine.

Esclusi i tronchi di valore commerciale, il rimanente legname, i ceppi, le radici, i cespugli etc. vengono disposti in aree previamente stabilite per successive destinazioni. Ogni eventuale adustione deve essere eseguita in conformità ai regolamenti vigenti nell’area.

Scopertura a mano

La rimozione manuale è più economica solo nel caso di vegetazione sparsa o in terreni molto accidentati o paludosi e comunque di difficile accesso alle macchine. La resa produttiva dipende ovviamente dalla quantità degli ostacoli.

Escludendo il taglio di alberi di medio ed alto fusto si possono assumere con larga approssimazione i valori indicati in Tab. 2.20 per quanto riguarda i tempi di esecuzione.

Scopertura meccanica

L’apripista o bulldozer è la macchina più efficace e redditizia sia nel caso di vegetazione in terre incolte a carattere cespuglioso, dove la mano d’opera è ostacolata da spine, rampicanti etc., che nel caso di vegetazione ad alto fusto il cui taglio e rimozione delle radici richiede sempre, se effettuato a mano, tempi considerevoli.

Tab. 2.20 – Clearing dei terreni effettuato a mano: rapporto produzione/fattori operativi.

La stagione più adatta per il clearing meccanico è quella nella quale il terreno è umido senza essere fangoso; un terreno secco e duro obbliga infatti la lama del bulldozer a strappare la vegetazione senza rimuovere le radici richiedendo inoltre uno sforzo maggiore. Il fango rende le operazioni difficili e lente.

Apripista leggeri (max 2÷3 t)vengono usati in terreni soffici e a bassa capacità portante in quanto riescono a flottare sulla crosta superficiale rafforzata dall’intreccio delle radici.

Le erbe, i cespugli, i piccoli alberi possono essere rimossi mantenendo la lama a leggero contatto del terreno; un primo passaggio ha sempre l’effetto di raccogliere il materiale più grossolano e di strappare le radici dal suolo che potranno poi essere raccolte col successivo, effettuato possibilmente in opposta direzione.

Qualora l’area interessata non presentasse eccessiva larghezza il bulldozer va impiegato in una sola direzione, da monte a valle; per larghezze > 40÷50 m è più conveniente, laddove possibile, iniziare dal centro verso i bordi oppure procedendo lungo l’asse del cantiere e spingendo a lato o al centro, ad intervalli, il materiale rimosso.

Spesso, come accennato, risulta opportuno integrare l’azione delle macchine con l’impiego di mano d’opera al fine di eliminare quei materiali per i quali un successivo passaggio del bulldozer renderebbe la rimozione più costosa.

In terreni cespugliosi si può usare con successo l’accessorio denominato pettine (rake) costituito da punte intercambiabili ed applicato mediante bulloni alla lama del bulldozer (Fig. 2.6): i denti penetrano nel terreno offrendo minor resistenza della lama, rimuovendo lo strato vegetale e le radici, lasciando le zolle di terra la cui asportazione non è richiesta.

Fig. 2.6 – Accessorio per clearing vegetale.

L’abbattimento delle piante di alto fusto può eseguirsi :

–       per scalzamento mantenendo la lama a fior di terra;

–       per spinta a lama alzata, normalmente sufficiente per tronchi con Ø 10-20 cm;

–       scoprendo e tagliando prima le radici perimetrali per poi spingere il fusto eventualmente dalla sommità di una rampa ricavata col materiale di scavo.

L’ultima operazione richiede sovente parecchio tempo e ad evitare sprechi è bene ricordare che la resistenza di un albero all’abbattimento varia nelle diverse direzioni.

Si deve, di conseguenza, ispezionare in precedenza l’aspetto delle radici onde scegliere la direzione più favorevole. Nei casi più ostinati,un cavo di acciaio passato alla sommità del tronco e trainato dal trattore riesce ad aver ragione di alberi voluminosi in un tempo relativamente breve. In zone boschive è molto efficace il sistema della catena trascinata: due trattori, cui è applicata una pesante catena da marina. procedono parallelamente lungo la striscia da sgomberare seguiti da un terzo trattore che interviene alla bisogna.

Alla catena possono essere applicate delle sfere metalliche zavorrabili che hanno lo scopo di mantenerla ad una data altezza dal suolo per ottenere a parità di sforzo, risultati migliori. In aree boschive a vegetazione fitta, operatore e macchina devono essere protetti dalla caduta degli alberi e dei rami e dal possibile aggrovigliamento di cespugli e rampicanti a parti della macchina; allo scopo è applicata ad ogni trattore una speciale intelaiatura che protegge il motore ed il posto di guida.

I ceppi e le radici possono essere rimossi con lo scarificatore (ripper) o mediante catena agganciata al trattore oppure con esplosivo. Altrettanto per rimuovere massi di dimensioni rilevanti; l’esplosivo è il sistema più sbrigativo; negli altri casi l’abilità dell’operatore nello sfruttare la conformazione del terreno e la forma del masso possono aver ragione di pesi eccedenti la capacità teorica della macchina impiegata.

Tab. 2.21 – Resa del bulldozer nella scoticatura.

Abaco 2.1 – Nomogramma di produttività nell’attività di scoticatura (η = 0.825) legante velocità, superficie trattata e larghezza della lama (da Caterpillar).

2.4.2 – La gradonatura

Quando la pendenza trasversale del terreno supera il 15% (> 9°) è richiesta la escavazione di gradoni longitudinali, paralleli, cioè, all’asse del cantiere, per dare appoggio al costruendo manufatto; meno di sovente si ricorre a gradoni trasversali o diagonali quando il profilo longitudinale lo richiede.

La larghezza dei gradoni varia col tipo, l’inclinazione del terreno e la natura dei mezzi di scavo disponibili; la loro altezza, comunque, non è mai < 50 cm. Se scavati mano la larghezza è minima (0.6÷1.0m) e, di conseguenza, elevato il numero dei gradoni; se realizzati tramite bulldozer la larghezza minima è di ~1.5 m. Il gradone di fondo nelle strade a mezza costa, ad es., è di norma formato in modo da costituire la piattaforma di partenza del rilevato e contemporaneamente come pista di accesso alle ruspe ed ai costipatori (Fig. 2.7).

Fig. 2.7 – Gradone di fondo per strade a mezza costa.

Se i gradoni sono interessati da acque d’infiltrazione occorre provvedere al necessario drenaggio.

Al fine di agevolarne il deflusso in terreni permeabili il piano dei gradoni va inclinato verso valle di circa il 5%; in caso contrario è preferibile una contropendenza di ugual valore. Sempre per motivi di drenaggio anche in senso longitudinale i gradoni presentano una pendenza e nei compluvi si deve  provvedere al convogliamento delle acque all’ esterno del corpo del manufatto.

Fig. 2.8 – Nel primo caso, la pendenza del terreno naturale non richiede la gradonatura; nel secondo è indicato un tipo di gradonatura effettuata a mano o con mezzi leggeri; nel terzo, l’eccessiva inclinazione del terreno naturale richiede anche un muro di sostegno per limitare la larghezza del rilevato.

2.4.3 – La perforazione ausiliaria

La perforazione a distruzione di nucleo, condotta sia a fini demolitivi che per l’inserimento di mine che, infine, per attività di servizio s.s. esplica una funzione collaterale al movimento terra. Prima di procedere alla descrizione dei macchinari di cantiere, pertanto, viene puntualizzata la funzione perforativa ausiliaria per il tramite della descrizione dei dispositivi (pneumatici) più utilizzati.

2.4.3.1 – Martelli perforatori

Azionati a mano servono alla preparazione dei fori da mina: all’attrezzo viene applicata un’asta d’acciaio (fioretto) munita di una speciale punta che per effetto degli impulsi ricevuti penetra nella roccia fino a qualche metro di profondità. Il peso dell’attrezzo varia entro 5÷35 kg e si distinguono (Fig.2.9): una testata, un cilindro ed un attacco tenuti assieme, senza guarnizioni, da due bulloni longitudinali. Nel cilindro trova sede un pistone mosso rapidamente in alto ed in basso dall’aria compressa (2500-3000 colpi al minuto) ed il suo collegamento ad una barra a scanalature diagonali che scorre entro una guida, fa sì che il pistone assuma un movimento rotatorio trasmesso tramite una noce al fioretto.

Fig. 2.9 – Martello perforatore tipo Wet.

L’aria compressa raggiunge la testata cui è collegato il tubo flessibile, passa attraverso un acceleratore a mano che ne regola il flusso e di qui perviene ad una valvola che la dirige alternativamente alla base ed alla sommità del cilindro; l’aria di testata fuoriesce poi dall’attrezzo mentre quella di fondo è incanalata nel foro longitudinale del fioretto dalla cui punta esce con forza per espellere i detriti di roccia e permettere quindi alla punta stessa di mordere continuamente la roccia compatta. Un’apposita leva (soffiatore), convogliando tutta l’aria alla punta, facilita la pulizia del foro quando l’accumulo dei detriti lo richiede. Nei perforatori detti Wet è possibile immettere acqua assieme all’aria per poter espellere i detriti di particolari rocce o, in galleria, per motivi igienici (prevenzione dalla silicosi).

2.4.3.2 – Perforatrici meccaniche (wagon-drillair-trackcrawler-drilljumbo etc.)

Hanno funzioni analoghe ai martelli con risultati ovviamente superiori per profondità e diametro del foro e velocità operativa. I tipi in commercio sono svariati, di massima tuttavia consistono di un telaio portante su ruote o cingoli, di un albero o di una slitta e della perforatrice che scorre su di essa.

Tutti i movimenti, attraverso anche pompe idrauliche, sono compiuti a mezzo dell’aria compressa incluso il brandeggio della slitta da parte dell’operatore per effettuare i fori in ogni direzione (Fig.2.10).

Fig. 2.10 – Adattabilità di un wagon-drill per ogni postazione di lavoro.

II peso della macchina varia dai 400 kg dei wagon-drills che azionano fioretti da 1÷1.5″(25÷40 mm) ai 5000 kg e più dei cingolati che utilizzano fioretti da 4″(100 mm) ed oltre.

2.4.3.3 – Martelli e perforatrici fondo foro (DTH o down hole)

Usati sopratutto nei fronti di cava, sono del tipo roto-percussivo con la massa battente del pistone sempre a contatto con la punta evitando così perdite d’energia; anche in questo tipo l’aria compressa che aziona l’attrezzo serve anche ad espellere i detriti di roccia.

Il martello DTH non richiede una spinta elevata, impiega aste leggere e poca potenza; pertanto offre una maggior durata delle punte, maggior velocità di penetrazione se la roccia è asciutta, riducendo quindi i costi.

Il diametro dei fori varia entro 70÷762 mm (30″) mentre la profondità massima viene dettata solamente dal peso della batteria di aste che il motore è in grado di sollevare come negli impianti rotary per la ricerca d’idrocarburi.

Profondità dell’ordine di 200 m ed oltre si raggiungono più facilmente iniettando attraverso il martello una miscela schiuma-polimero-aria che facilita l’uscita dei detriti; la schiuma funge anche da lubrificante per la punta servendo inoltre a sostenere le pareti del foro quando la roccia è friabile.

Per una maggiore durata delle punte vengono suggerite une velocità di rotazione di 20÷25 giri/min per rocce anche abrasive e diametri di punta entro 70÷160 mm mentre per diametri maggiori ed in presenza di graniti o quarziti, i giri vengono ridotti a 10÷15/min.

Per quanto riguarda la spinta che, se in eccesso, provoca anch’essa un elevato livello d’usura della punta del fioretto, deve essere inversamente proporzionale alla tenacità della roccia ed è in funzione ovviamente delle caratteristiche (peso, sopratutto) del martello.

A titolo indicativo si ottengono spinte di 50÷150 kg per martelli da 10 kg fino a 500÷1500 kg per martelli da 80÷90 kg. Il consumo d’aria varia da 2,5 m3/min per fori del diametro di 70 mm a 75 m3/min per fori da 750 mm.

2.4.3.4 – Martelli demolitori

Simili ai martelli perforatori, i vari tipi di utensili che possono montare (Fig. 2.11) non richiedono quasi sempre la rotazione contemporanea alla percussione.

Fig. 2.11 – Martelli demolitori: 1) punta; 2-3) scalpelli; 4) spatola; 5) cuneo; 6) vanga.

Esistono attrezzi leggeri (circa 10 kg ) per la demolizione di murature, argille compatte etc. e tipi pesanti (25÷40 kg ) per calcestruzzi di cemento, spuntoni di roccia etc. Sono anche usati per l’infissione di pali metallici (ad es. per guard-rails) e palancole.

Tab. 2.22 – Valori indicativi nell’impiego di martelli demolitori.

2.4.3.5 – Costipatori

Si differenziano dagli altri tipi di martelli in quanto, in luogo del fioretto, portano una piastra che col proprio peso e le vibrazioni è in grado di costipare del materiale in aree inaccessibili agli usuali costipatori come, ad es., a ridosso di spalle di ponti, manufatti etc.

2.4.3.6- Fioretti

Sono costituiti da un’asta d’acciaio di sezione esagonale od ottagonale o circolare con una punta o tagliente (bit) fissa o amovibile, sagomata a scalpello o a crociera (Fig. 2.12).

Fig. 2.12 – Punte di fioretti (bits).

L’asta è cava così da permettere all’acqua ed all’aria, immesse a pressione dal martello, di portare in superficie i detriti di roccia rimossi.

Le punte a scalpello hanno larghezze variabili entro 23 ÷42 mm con lunghezze d’asta fino a 10 m; le punte a crociera arrivano a diametri di 100 mm e più. Coi martelli perforatori manuali si usano normalmente aste da 7/8÷1.0″ con punte da 1.5÷2.0″ (37÷50 mm) per fori fino a 3.0÷3.5 m di profondità.

Nei wagon-drills o perforatori su carrello, si utilizzano aste da 1,25″ con punte da 1,75-3,0″ (43÷75 mm) con le quali si raggiungono profondità di 6÷7 m.

La punta è munita di un rinforzo centrale in carborundum o, più efficacemente, di una speciale lega di carburo di tungsteno e cobalto. I durissimi ma fragili granuli di tungsteno vengono annegati in una matrice più tenera ma tenace di cobalto e più piccole sono le dimensioni dei granuli (2÷5 μm), più alta è la resistenza all’usura della punta.

In presenza di una roccia molto abrasiva è opportuno iniziare con un tipo di punta ad elevato contenuto di cobalto per poi giungere, se, ad es., l’asta è molto lunga ed i ricondizionamenti frequenti, ad una gradazione più dura scegliendo alla fine quella più idonea.

Le punte sono contraddistinte da un numero o da una sigla che ne definiscono le caratteristiche. Nella Fig. 2.13 sono indicate quelle più idonee in base al tipo di perforazione ed alle caratteristiche della roccia.

Durante la perforazione i fioretti vengono impiegati in successive lunghezze man mano che la profondità del foro aumenta. Sono facilmente soggetti a piegarsi o a restare bloccati nel foro se la roccia è molto dura e se l’operatore non è molto esperto; nel primo caso possono essere raddrizzati in officina, nel secondo l’impiego dell’acqua e di una apposita chiave ad anello ne consente il ricupero salvo casi ostinati in cui conviene aprire un nuovo foro parallelo e vicino per poi minare.

Tab. 2.23 – Resa degli attrezzi pneumatici più comunemente usati.

Fig. 2.13 – Tipologie delle punte più idonee ai differenti utilizzi: a) forte logoramento frontale; b )medio logoramento frontale; c) forte logoramento laterale; d) per roccia fessurata; e) per roccia degradata.

Le punte inoltre sono soggette all’usura tanto più rapida quanto più è dura la roccia: possono essere ricondizionate con speciali macchine che ne riducono tuttavia il tagliente.

Fig. 2.14 – Consumo approssimato di Aria Compressa di alcuni attrezzi pneumatici: D) demolitori; P) perforatori (vario peso); Wwagon-drillB) battipali; C) costipatori; S) spade-fioretti; Po) pompe (da Atlas Copco).

2.5 – Le macchine per il movimento terra

Quanto fin qui specificato attinente alla produttività dei macchinari s.l. viene ampliato in relazione alle specifiche fasi operative di destinazione per ognuna delle singole attrezzature adibite al movimento terra anche in considerazione della versatilità e scomponibilità delle medesime di volta in volta accoppiabili o, se singoli, indirizzabili ad usi paralleli in funzione delle tipologie d’intervento incontrate.

Fig. 2.15 – Spazi tipici operativi per sistemi mobili di movimento terra (da Caterpillar).

2.5.1 – Escavatori meccanici (excavator)

L’escavatore, come suggerisce il termine, è l’attrezzatura principe del movimento terra in quanto consente lo scavo del materiale lapideo sia finalizzato al recupero del medesimo, da avviare a destinazioni d’uso successive, che per la creazione di spazi operativi atti alla realizzazione dell’erigendo manufatto. In Fig. 2.16 è raffigurato il modello schematico con le grandezze di riferimento per definire le caratteristiche produttive e qualitative.

Fig. 2.16 – Schema di escavatore e grandezze di riferimento (da Caterpillar).

I modelli di escavatore variano molto per tipo, dimensioni e capacità. Di norma, tuttavia, sono costituiti da 3 parti principali nelle quali le macchine più pesanti sono usualmente smontate per i trasferimenti:

a) il carro, poggiante su cingoli o ruote;

b) la piattaforma o ponte rotante sulla quale sono installati il motore e la cabina dell’operatore;

c) l’attrezzatura di scavo che definisce il tipo di escavatore e che può essere:

–       c1) a draga o benna trascinata (dragline) finalizzato all’escavazione di materie sciolte poste a quota inferiore del piano d’appoggio dell’escavatore;

–       c2) a cucchiaio frontale (face shovel) per scavi in parete al disopra del piano d’appoggio;

–       c3) a cucchiaio rovescio (back-acter) per lo scavo di trincee;

–       c4) a benna spingente (skimmer) per massicciate, rilevati etc.;

–       c5) a catena o a ruota (trencher) per scavi in trincea di materiale duro;

–       c6) a mascelle (grab) d’impiego analogo alla draga e/o bersagli puntuali;

–       c7) a gru (crane) per sollevare e spostare materiali.

Carro

Serve per il sostentamento e per il movimento orizzontale della macchina.

Le scarpe dei cingoli sono del tipo piatto, a collegamento diretto sulla catenaria a mezzo di spine amovibili. Sugli assali è disposto il tamburo con una corona dentata e la sede per un sistema di rulli sui quali ruota la piattaforma girevole. Un albero, al centro del tamburo, trasmette il moto ai cingoli.

Ponte rotante o piattaforma

Come si è accennato è la parte che alloggia motore, rotismi e comandi nella cabina dell’ operatore.

Il motore è quasi sempre a ciclo Diesel; l’avviamento è elettrico o ad aria compressa. La frizione idraulica di cui è dotata la maggior parte dei modelli consente una maggiore velocità operativa, trasmette tutta la potenza del motore al cucchiaio, impedisce il sovraccarico del motore ed elimina i bruschi strappi dannosi in particolare se le trasmissioni sono a cavi. Negli escavatori idraulici gran parte dei rotismi è sostituita da dispositivi oleodinamici. I comandi in cabina, numerosi e complessi negli escavatori tradizionali sono oggi automatizzati mediante centraline elettroniche.

2.5.1.1 – Equipaggiamento di scavo a draga

Parte essenziale di tale attrezzatura è il braccio, costruito in sezioni per facilitarne il trasporto e variarne la lunghezza a seconda della distanza di lavoro.

Fig. 2.17 – Equipaggiamento a draga.

La benna è azionata mediante cavi (Fig. 2.17 ), ha capacità e pesi variabili ed è fornita di un sistema di catene (Fig. 2.18) che permette di spostare verticalmente il punto di trazione e quindi mantenere l’attrezzo più o meno inclinato verso il terreno a seconda della sua consistenza.

Fig. 2.18 – Equipaggiamento a draga: rotismi e cavi  relativi alla benna.

La penetrazione della benna diminuisce con la profondità del piano di scavo in quanto l’azione del cavo di dragaggio tende sempre più verso la verticale man mano che la benna opera verso il basso; ciò si compensa o allungando il braccio oppure alzando l’attacco del cavo di dragaggio.

Fig. 2.19 – Equipaggiamento a draga: fasi di lancio (1) della benna, della caduta (2) e del carico della medesima (3). Posizionamenti successivi dell’attrezzo: a) lancio; b) inizio carico; c) sollevamento; d) trasporto allo scarico.

Il lancio della benna, schematizzato in Fig. 2.19, è reso più facile se iniziato durante la rotazione del ponte dalla posizione di scarico a quella di carico, sfruttando la forza centrifuga.

L’equipaggiamento a benna trascinata trova il suo pregio nel largo raggio d’azione e nella possibilità di scavare al disotto del piano dei cingoli e quindi anche in presenza d’acqua; consentendo un ciclo operativo veloce possiede quindi una buona resa, sopratutto negli scavi in palude con scarico a rifiuto laterale. Trova impiego ottimale nello scavo di fango, sabbia, terre organiche e comunque materiale sciolto ed anche per scarificare terreno vegetale o spandere materiale a mucchi. Sono da sottolineare il basso costo di manutenzione dell’equipaggiamento, inferiore a qualunque altro, oltre all’elevata capacità della benna che, a parità di potenza del motore, può giungere a portate di un livello > 20% rispetto ai cucchiai frontale e rovescio.

2.5.1.2 – Equipaggiamento a mascelle (benna mordente)

Si tratta di un’attrezzatura simile a quella della benna trascinata variando tuttavia la forma e l’impiego della benna. La forma può essere a coppia di mascelle, che a mezzo di un sistema di leve e cavi possono aprirsi e chiudersi attorno ad un perno centrale (Fig. 2.20 e 2.21) oppure a quattro o più bracci che si aprono e chiudono radialmente.

Fig. 2.20 – Equipaggiamento a mascelle (benna mordente).

L’operatività è intuitiva: è da rilevare l’assenza del cavo di dragaggio essendo i movimenti della benna verticali; tale funzione è sostituita da un cavo (tag-line) che, azionato da contrappesi, riduce le oscillazioni della benna. L’impiego, al di là del dragaggio tipico, è generalmente orientato alle cave di aggregato o alla rimozione di tronchi, cespugli, rottami anche a notevole profondità che dipende solamente dalla capacità del tamburo di avvolgimento del cavo.

Fig. 2.21 – Equipaggiamento a mascella: particolare della benna e dei cavi traenti.

Tab. 2. 24 – Produttività oraria di un escavatore a benna mordente.

2.5.1.3 – Equipaggiamento a cucchiaio frontale

L’impiego dei cavi in luogo dei sistemi idraulici è ancora preferito specie nelle macchine più

pesanti. Si distinguono (Fig. 2.22 e 2.23):

– un braccio massiccio fissato a cerniera al ponte rotante e sostenuto da cavi;

-un manico portante il cucchiaio e poggiante sulla sella lungo la quale può scorrere e ruotare.

Fig. 2.22 – Equipaggiamento a cucchiaio frontale. La benna o cucchiaio ha lo sportello di fondo apribile per facilitare lo svuotamento; a sportello aperto si usano i denti per disgregare la roccia da caricare successivamente.

Il cucchiaio ha il fondo apribile e la base munita di un labbro con denti in acciaio al manganese, ognuno sufficientemente robusto da sopportare da solo lo sforzo trasmesso dal cucchiaio. I denti sono soggetti a forte usura, specie nello scavo di roccia tenera o degradata (la roccia compatta richiede prima l’esplosivo), motivo per cui vanno sostituiti di frequente, anche dopo 100÷120 ore di lavoro oppure, quale rimedio temporaneo, possono essere ruotati di 180°; la resa dell’escavatore si riduce notevolmente se i denti sono consumati. I cucchiai di alcuni escavatori moderni (15÷40 t) sono resi vibranti per un più efficace effetto di penetrazione nella roccia.

Fig. 2.23 – Equipaggiamento a cucchiaio frontale: schema di trasmissione – Se) serbatoio; Pf) pompa a flusso fisso; PPv) coppia di pompe a flusso variabile; SE) selettore movimenti equipaggiamento; SmC) selettore movimento cingoli; SmR) selettore motore rotazione piattaforma; mC) motore cingoli; mR) motore rotazione piattaforma.

L’equipaggiamento si rivela il più adatto per l’escavazione di materiale posto al disopra del piano dei cingoli; sfrutta la massima potenza del motore forzando il cucchiaio entro il fronte di scavo ed è l’ideale per il carico dei mezzi di trasporto per le caratteristiche sopratutto del cucchiaio che risparmiano molti movimenti.

Il sistema a cavi prevale spesso sui modelli idraulici per le maggiori affidabilità e durata della macchina, i minori costi di riparazione e carburante (il sistema idraulico richiede maggior potenza per m3 di materiale scavato) la possibilità di accertare immediatamente l’avaria di una parte ed infine la minore sensibilità al calore ed al gelo che a volte creano problemi ai modelli idraulici.

2.5.1.4 – Equipaggiamento a cucchiaio rovescio (o testa di cavallo)

Si compone di un braccio sulla cui estremità superiore si articola il manico che a sua volta porta il cucchiaio dentato ad operare rovesciato rispetto al cucchiaio frontale per cui anche la tecnica di scavo è opposta (Fig. 2.23 e 2.24).

Fig. 2.23 – Equipaggiamento a cucchiaio rovescio.

E’ particolarmente idoneo per l’escavazione di trincee ma notevolmente versatile per altri lavori quali il rastrellamento di terreni cespugliosi, la rimozione di strati vegetali da banchi di roccia e sostituendo al cucchiaio altri attrezzi l’escavatore diventa demolitore (Fig. .2.25), posa tubi etc. Ha tuttavia un ciclo operativo lento unito ad una notevole dispersione di materiale durante la fase di carico sul veicolo da trasporto.

Fig. 2.24 – Equipaggiamento a cucchiaio rovescio: particolare della benna (da Caterpillar).

2.5.1.5 – Escavatori a nastro o catena

La macchina trova la migliore utilizzazione nello scavo di trincee dove ha una resa molto elevata per il suo movimento lineare senza spostamenti o rotazioni orizzontali per il carico del materiale di scavo che fuoriesce lateralmente mediante nastri o tramogge (Fig. 2.25)

Fig. 2.25 – Equipaggiamento a nastro in fase operativa.

2.5.1.6 – Equipaggiamento a cucchiaio spingente

Con questo tipo d’attrezzatura il cucchiaio scorre, a mezzo guide, lungo il braccio che, durante lo scavo, viene mantenuto parallelo alla superficie del terreno; ha il fondo apribile con portello comandato dalla cabina (Fig. 2.26).

Fig. 2.26 – Equipaggiamento a cucchiaio spingente.

L’escavazione è ottenuta spingendo, mediante cavi, il cucchiaio in avanti; la direzione dei denti ed il peso del braccio tendono a mantenere costante, al livello stabilito, la profondità dello scavo.

A cucchiaio pieno, il braccio è sollevato e il ponte ruota per portare il cucchiaio alla posizione di scarico che avviene con l’apertura dello sportello. L’equipaggiamento, poco comune, è particolarmente adatto per la rimozione di vecchie pavimentazioni stradali e comunque per escavazioni poco profonde.

2.5.2 – Indicazioni sull’impiego degli escavatori

Molti degli equipaggiamenti descritti sono intercambiabili sul gruppo carro-ponte con l’eventuale sostituzione anche del braccio. Tipica è la sostituzione braccio-cucchiaio frontale con braccio-benna a draga e, nei piccoli escavatori, l’intercambiabilità del cucchiaio rovescio con pala, benna a mascelle, demolitore etc. Nelle Tabb. 2.25, 2.26, 2.27, 2.28 vengono tabulati i valori relativi alle caratteristiche dei diversi tipi di escavatori descritti.

Tab. 2.25 – Produzione oraria in m3 degli escavatori a cucchiaio frontale. Valori teorici: materiale misurato in banco; rotazione del braccio per il carico 90°; 60’ lavorativi/ora; efficienza 100%; condizioni di lavoro ideali.

Tab. 2.26 – Produzione oraria in m3 degli escavatori a cucchiaio rovescio.

Tab. 2.27 – Produzione oraria in m3 degli escavatori a draga. Valori teorici: materiale misurato in banco; rotazione del braccio per il carico 90°; 60’ lavorativi/ora; efficienza 100%; condizioni di lavoro ideali.

Tab. 2.29 – Caratteristiche degli escavatori attrezzati a benna spingente e a cucchiaio rovescio.

Tab. 2.28 – Caratteristiche degli escavatori a draga di varie capacità.

In Fig. 2.27 vengono mostrati alcuni posizionamenti ideali per massimizzare la produzione nelle attività di escavazione.

Fig. 2.27 – Nel riquadro in alto, con materiali stabilizzati o consolidati, è opportuno che l’altezza del banco sia uguale a quella del braccio: con materiali non stabilizzati è conveniente che risulti minore. Il posizionamento ideale del dumper è come nella figura. Nel riquadro intermedio è mostrato il brandeggio ideale di carico-scarico (< 90°) e di centratura (±15° rispetto all’asse del dumper svuotato. Nel riquadro in basso è mostrata la posizione ottimale di caricamento completo della benna, ottenibile in concomitanza alla verticale della leva di richiamo (da Caterpillar).

2.5.3 – Valutazioni speditive dei parametri produttivi degli Escavatori

Utilizzando gli abachi in Tab. 2.28, 2.29 e 2.30 è possibile, date 2 grandezze, ricavarne una terza senza l’ausilio di calcoli.

Tab. 2.28 – Data la profondità di scavo (A) e la larghezza media dello stesso (B) si traguarda la volumetria di banco (C).

Dato, quindi, il fattore di carico (D) si risale alla volumetria del materiale sciolto (E) (da Caterpillar).

Tab. 2.29 – Ricavata la volumetria del materiale sciolto (E) traguardando la volumetria richiesta (G) si risale alla produzione oraria (K); dato il tempo del ciclo operativo in secondi (H) e il periodo di scavo in minuti (I) si risale a n° di cicli per ora (J).

Tab. 2.30 – Dati il n° di cicli per ora (J) e la produzione oraria (K) si traguarda la volumetria richiesta (L). Dato, infine, il fattore di carico della benna (M) si risale al volume di benna richiesto (N) (da Caterpillar).

La quantità reale di materiale caricabile (payload) per singola passata di benna dipende dalle misure dell’attrezzo, dalla sua forma, dalla potenza di macchina, dalle caratteristiche del terreno e dal fattore di carico. In tab. 2.31 sono tabulati i diversi fattori di carico per tipologia di terreno.

Tab. 2.31 – Fattori di carico per tipologie di terreno e riempimenti standard (da Caterpillar).

2.6 – Pale caricatrici (loading-shovels)

Le pale caricatrici sono macchine particolarmente attrezzate per il carico su automezzi di materiali sciolti (ghiaie, sabbie etc.) e sono frequentemente usate nelle aree di cava, nelle centrali di betonaggio e nei cantieri in genere.

Possono essere cingolate o gommate; le più comuni sono queste ultime (Fig. 2.28) a motivo della maggiore mobilità. Il motore, aspirato o diesel, presenta potenze variabili tra i 20 e i 200 hp. Le tipologie sono svariate: pala frontale o rovescia, a griglia, dentata e con labbro liscio, a tramoggia etc.

Fig. 2.28 – Pala caricatrice gommata e sue grandezze caratteristiche (da Caterpillar).

Tab. 2.32 – Grandezze caratteristiche per alcuni modelli di Pale caricatrici gommate (da Caterpillar).

2.6.1 – Indicazioni sull’utilizzo specifico delle Pale caricatrici

Gli equipaggiamenti descritti presentano l’intercambiabilità del cucchiaio. In Fig. 2.28 vengono definite le grandezze tipiche di riferimento per qualificare e quantificare l’attività di un mezzo mentre in Tab. 2.32 sono tabulate le caratteristiche specifiche per alcuni modelli a larga diffusione di mercato.

Tab. 2.33 – Dati tabellari relativi a una pala gommata da 110 kW a 2200 giri/min: capacità della benna 3 m3, peso operativo 16.5 t, distanza lavoro 2.8 e 1.2 m. (a) caricamento di materiale fine e trasporto a 50 m.(b) caricamento diretto materiale fine da mucchio ad autocarro. (c) caricamento da banco di argilla/sabbia altezza 2 m su autocarro.

Nelle successive tabelle vengono tabulati i rendimenti e le produzioni specifiche delle pale caricatrici in funzione di diversi parametri.

Tab. 2.34 – Rendimento delle pale caricatrici per trasporti fino a 20 m: per trasporti fino a 50 m occorre ridurre di un fattore entro 4÷18% in funzione di tipo e stato del terreno.

Tab. 2.35 – Raffronto tra i rendimenti delle pale a grande capacità e degli escavatori idraulici (m3/h) (da Caterpillar).

Tab. 2.36 – Raffronto tra la produzione oraria (ciclo completo di carico-trasporto-scarico) delle pale caricatrici a grandi capacità e dell’escavatore idraulico abbinati ad autocarri da 50 t di portata (tempi in minuti primi).

2.6.2 – Valutazioni speditive dei parametri produttivi di Pale caricatrici gommate (wheel loaders)

Utilizzando gli abachi delle Tab. 2.37 e 2.39 è possibile, date 2 grandezze, ricavarne una terza senza l’ausilio di calcoli.

Tab. 2.37 – Dato il n° di cicli per ora (A) e la produzione oraria (B) si ricava la volumetria utile di banco (C).

Dato, quindi, il fattore di carico (D) si risale alla volumetria della benna (E) (da Caterpillar).

Tab. 2.38 – Abaco che pone in relazione la densità del materiale scavato con la capacità volumetrica della benna in funzione del campo di lavoro utile per differenti tipologie costruttive di quest’ultima (da Caterpillar).

Tab. 2.39 – Data la volumetria utile di bando (C) e la densità del materiale (F) si traguarda il peso della volumetria utile di banco per ciclo (G). Dato, infine, il n° di cicli/ora (A) si risale al peso utile di materiale caricato (I) (da Caterpillar).

2.6.3 – Valutazioni speditive dei parametri produttivi di Pale caricatrici cingolate (track loaders)

Fig. 2.29 – Pala caricatrice cingolata e sue caratteristiche specifiche (da Caterpillar).

Le Pale caricatrici cingolate (Fig. 2.29) presentano parametri produttivi e rendimenti diversi da quelle gommate in funzione non solo del carico ma anche del terreno trattato.

Nella Tab. 2.40 sono tabellati i valori specifici caratteristici relativi ad alcuni modelli a larga diffusione di mercato.

Tab. 2.40 – Valori caratteristici delle specifiche geometriche per 3 modelli Caterpillar.

Tab. 2.41 – Dato il n° di cicli per ora (A) e la produzione oraria (B) si ricava la volumetria utile di banco (C).

Dato, quindi, il fattore di carico (D) si risale alla volumetria della benna (E) (da Caterpillar).

Tab. 2.42 – Data la volumetria utile di bando (C) e la densità del materiale (F) si traguarda il peso della volumetria utile di banco per ciclo (G). Dato, infine, il n° di cicli/ora (A) si risale al peso utile di materiale caricato (I) (da Caterpillar).

Tab. 2.43 – Abaco Tempi di Lavoro/Distanze – Condizioni di lettura: assenza di pendenze, velocità a pieno carico e a vuoto uguali, posizione costante della benna durante il lavoro, tempi di manovra esclusi, accelerazioni valutate quali tempi di manovra. Tempo di Lavoro = n° metri lavorati/(velocità km/h 16.67) (da Caterpillar).

2.7 – Trattori (tractors)

II termine è variamente indicativo intendendo per trattori quelle macchine su cingoli o ruote utilizzate per il traino e la manovra di ruspe, rimorchi, scarificatori, costipatori ma che possono anche compiere, se provvisti delle necessarie apparecchiature, attività diverse quali:

–       apripiste (bulldozer);

–       escavatori o pale caricatrici;

–       gru per sollevamento carichi, posa tubazioni etc.

La principale classificazione dei trattori è basata sulla potenza motore che si distingue in :

–       potenza al freno o alla cinghia, grandezza che rappresenta la resa del motore esclusa l’energia spesa per il funzionamento degli accessori (generatore, ventilatore etc);

–       potenza al gancio, sempre inferiore alla precedente (<10÷15%), che rappresenta lo sforzo di trazione, espresso in kg, ottenibile dalla macchina, sotto determinate condizioni, a meno delle perdite dovute all’attrito ed allo slittamento.

Fig. 2.30 – Equipaggiamento a gru per un trattore cingolato.

Le differenze tra trattori cingolati (track) e gommati (wheel) sono intuibili: i primi, per basse velocità e maggior adattabilità in rapporto alle asperità del terreno, sono preferiti nei trasporti brevi, lungo superfici irregolari o ricoperte da sassi, fangose o comunque a bassa portanza o, ancora, a forte inclinazione; i trattori gommati, viceversa, per la maggior velocità ed il minor logorio di parti sono da preferire in tutti gli altri casi per gli ulteriori seguenti vantaggi che offrono e cioè:

– assenza di danneggiamenti lungo la superficie operativa;

– contribuzione al costipamento degli strati lungo i rilevati;

– affinità ai comuni autocarri non richiedendo operatori particolarmente sperimentati;

Per contro presentano raggi di curvatura maggiori dei cingolati oltre che un’elevata sensibilità alle difficoltà del terreno.

In un trattore, il cambio, di particolare struttura massiccia, può avere da 3 a 6 marce avanti e da 1 a 6 marce indietro; una particolare connessione della trasmissione aziona un albero uscente dalla parte posteriore della scatola del cambio impiegato per il funzionamento di parti accessorie del trattore o per il comando di macchinario a rimorchio.

Tab. 2.44 – Valori indicativi di potenza al gancio dei trattori cingolati.

Nei moderni trattori, alla frizione è connesso un convertitore di coppia (torque converter) mentre il cambio presenta 2 sole velocità (avanti e retro); quando il trattore è sotto sforzo o il motore è a basso regime il convertitore scivola allo stesso modo di una frizione centrifuga convertendo la perdita di velocità in un incremento di potenza e agendo come cambio automatico (velocità entro 0÷16 km/h).

Tab. 2.45 – Peso trainabile in t (peso proprio escluso) da trattori cingolati di varia potenza lungo diverse pendenze del terreno, assumendo una resistenza al rotolamento di 50 kg/t corrispondente a una pista in terra non costipata e con minima manutenzione.

2.7.1 – Apripista (bulldozer)

L’apripista non è altri che un trattore cingolato cui viene applicata una lama (blade) mediante un telaio ad U cui è fissata al centro con uno speciale attacco ed ai lati mediante bracci telescopici.

Si tratta di una macchina a struttura massiccia, di forma rettangolare e leggermente concava in avanti (Figg. 2.31 e 2.32).

Al bordo inferiore della lama viene applicato un coltello unitamente 2 punte agli angoli per favorire una maggiore penetrazione nel terreno; l’inclinazione della lama è regolata, verticalmente dalla lunghezza dei 2 bracci superiori ed orizzontalmente dalle diverse posizioni di attacco dei bracci al telaio ad U (Fig. 2.33).

I movimenti verticali della lama sono assicurati o da un sistema di cavi e carrucole che, attraverso un’unità di controllo, viene azionato dal motore del trattore oppure, come accade frequentemente nei moderni dispositivi, da pistoni idraulici.

Fig. 2.31 – Bulldozer e sue caratteristiche operative (da Caterpillar).

Il sistema a cavi presenta i seguenti pregi:

–       maggior adattabilità nei trattori ad elevata potenza in quanto il peso della lama non richiede un’ulteriore azione del motore;

–       manovra d’abbassamento della lama più rapida;

–       lama abbassabile notevolmente rispetto al piano cingoli;

–       il sistema più elastico;

–       dispositivo a bulldozer facilmente smontabile e relativa disponibilità del motore, in tempi brevi, per altre operazioni.

Fig. 2.32 – Equipaggiamento di un apripista idraulico: 1) lama; 2) angolari; 3) bracci telescopici per movimento verticale lama; 4) pistone idraulico; 5) telaio ad U.

Tab. 2.46 – Caratteristiche dei trattori cingolati.

Per contro il sistema di cavi si rivela abbastanza macchinoso richiedendo notevole esperienza operativa; i cavi sono altresì soggetti ad una facile usura con  relativa rottura.

 

Fig. 2.33 – Bulldozer: movimenti della lama.

Il sistema idraulico, viceversa, risulta avere i seguenti pregi :

–       praticità d’uso per  trattori di media e piccola potenza;

–       maggior forza di penetrazione della lama nel terreno essendo spinta dal peso del trattore;

–       possibilità di un maggior controllo operativo e, per conseguenza, di una maggior precisione di lavoro.

Tab. 2.47 – Produzione oraria di un apripista in m3 di materiale sciolto: escavazione in piano; efficienza 100%; 60’ lavorativi per h; bulldozer cingolato. Valori indicativi da ridurre a seconda delle condizioni effettive di utilizzo.

Per contro la manutenzione risulta più onerosa causa la frequenza dei controlli del sistema idraulico e la relativa accurata lubrificazione; le operazioni risultano più lente, specialmente in presenza di basse temperature; permane, infine, una limitata utilizzazione del trattore per altri compiti.

Tab. 2.48 – Quantità di materiale, misurato in banco, spostato da un apripista operante a mezza costa e trattore cingolato. (valori in m3/h)

2.7.2 – Impieghi dell’apripista

Il bulldozer viene usato sopratutto nella rimozione del terreno vegetale (land clearing), di cespugliame, alberi, radici, massi e nello spianamento di superfici in genere.

Tab. 2.49 – Clearing dei terreni eseguito a mano.

Un ulteriore utilizzo consiste nello scavo e nel trasporto di materiali a brevi distanze (entro i 20÷30 m max), per realizzare riempimenti di trincee, apertura di passaggi e formazione di gradoni lungo i pendii. Infine può essere utilizzato come trattore di spinta o “pusher” nel caricamento delle ruspe (scrapers).

Tab. 2.50 – Potenza trattiva dei trattori gommati e relative velocità in km/h.

2.7.3 – Tipologia delle lame

Uno dei maggiori vantaggi consentiti dall’utilizzo del sistema bulldozer consiste nella possibilità di usufruire dell’intercambiabilità delle lame destinando ad ogni lavorazione un attrezzo caratteristico mirato all’operatività specifica richiesta.

Nella Fig. 2.34 sono configurate le diverse tipologie di lama maggiormente in uso nel movimento terra.

Con la lama mod. U (universal blade), dotata di coltello basale e cucchiaio largo dotato di piega per limitare le perdite di carico durante lo spostamento, viene svolta la maggior parte dei lavori relativi a grossi pesi sia su distanze lunghe che intermedie (impilamenti e carichi dumper).

Il mod. SU (semi-universal blade) presenta rispetto al precedente un maggiore penetrabilità dovuta alla presenza di scalpelli frontali a scapito di una minor capacità di carico. E’ il modello classico utilizzabile in assetto tilt (lama a penetrazione verticale variabile angolarmente).

 

                                                      mod. U                                                                 mod. SU

 

                                                      mod. S                                                                 mod. PAT

   

                                                      mod. VR                                                                 mod. A

   

                                                      mod. K/G                                                                 mod. C

   

                                                      mod. UB                                                                 mod. VTC

 

                                                     mod. R                                                                     mod. CD

Fig. 2.34 – Tipologie relative alle lame utilizzabili da parte di trattori-bulldozer (da Caterpillar).

Il mod. S (straight blade) é quello più versatile. Di minore efficienza di carico rispetto all’SU o all’U è invece più facile da manovrare consentendo l’utilizzo della lama su diversi materiali.

Il mod. PAT (power angle & tilt blade) e il suo simile articolato (VPATvariable power angle & tilt blade) é destinato alla spinta pura potendo giostrare angolarmente sia in senso orizzontale che verticale. E’ indicato soprattutto nelle finiture grading di spianamento.

Il mod. VR (variable radius blade) combina gli effetti di una lama SU a quelli di una maggior capacità di frantumazione (cutting) uniti ad una migliore caricabilità insieme ad una minore possibilità di perdita carico. Il sistema di movimento radiale consente il contemporaneo spostamento dei punti di spinta consentendo alla lama un movimento rolling che favorisce l’operatività soprattutto per quanto attiene alla conservazione e bonifica del suolo nonché al suo miglioramento.

Il mod. A (angling blade) consente il posizionamento della lama fino a 25° rispetto all’asse orizzontale ed è specificatamente indirizzato alle finiture laterali, all’avanzamento esplorativo, a tagli mirati oltre che a retro-riempimenti riducendo i problemi di manovrabilità per tali operazioni. Non è consigliabile, viceversa, per attacchi in roccia o per applicazioni di forza.

Il mod. C (cushion blade) è usato essenzialmente per operazioni di spinta e carico (push-loading) presentando una lama rinforzata atta ad assorbire gli impatti dei materiali frantumati nelle operazioni preparatorie al ruspaggio (scraping).

 

Fig. 2.35 – Abaco Produttività bulldozer/Distanza media di spostamento, in relazione al tipo di lama (da Caterpillar).

Il mod. UB (upper blade) consente operazioni di movimento ad alto volume per materiali non coesivi quali carboni e legnami.

Il mod. VTC (v-tree cutter) consente operazioni di taglio e strappo rasoterra ed è particolarmente indicato nelle attività di clearing e disboscamento soprattutto nelle fasi di primo avanzamento.

Il mod. R (rakes blade), dotato di pettine dentato, viene utilizzato in successione al precedente per l’eliminazione di radici, massi sub-superficiali e ramaglie con funzione di erpicamento dovute alla buona penetrabilità degli elementi.

Il mod. K/G (knife ground blade) completa la gamma operativa del clearing consentendo il rapido taglio semi-rasoterra di arbusti (Ømax 10÷12 cm) roveti e sottobosco fortemente radicato (low bush). Il mod. CD (carry-dozer) é usato principalmente per spostamenti di ingenti quantità di materiale (sia sciolti che in barre).

2.7.4 – Calcolo della capacità della lama (raccomandazione SAE J1265)

Le capacità delle lame vengono determinate secondo le raccomandazioni della norma SAE J1265 secondo cui:

VS = 0.8 WH2

VU = VS + ZH (W-Ztg X

dove VS é la capacità di una lama dritta (S) o angolare (A), VU la capacità di una lama U o semi-UW la larghezza della lama non comprendendo le punte finali, H l’altezza effettiva della lama comprendendo l’assottigliamento finale angolato, Z la profondità delle ali misurata parallelamente alla larghezza della lama lungo la linea rasoterra dei denti di taglio e X l’angolo delle ali.

2.8  Ruspe (scrapers)

Sono chiamate ruspe quelle macchine atte a scavare, trasportare e scaricare materiale in un singolo ciclo operativo.

Quando il volume degli scavi è tale da giustificarne l’impiego e la natura del terreno è adatta alle loro possibilità, la loro resa è senza dubbio maggiore di qualsiasi altro mezzo o combinazione di mezzi; se si tiene conto inoltre della loro idoneità a scaricare la terra per strati, le ruspe rappresentano le macchine più appropriate per i movimenti di terra nelle costruzioni stradali.

Le ruspe possono essere:

–       rimorchiate o a vagone (wagon-scrapers) con scarico anteriore;

–       rimorchiate o a vagone(wagon-scrapers) con scarico posteriore (poco usate);

–       semoventi (tournapull scrapers);

–       semoventi con elevatore (elevating-scrapers o rotary-scrapers);

–       semoventi a roto-lama (tandem auger scrapers).

Fig. 2.36 – Modello classico di ruspa rimorchiata da trattore: si distinguono a) espulsore; b) giogo; c) grembiule;

 d) cassone; e) collo; f) timone.

Uno scraper, pur variando a seconda di tipi e marche è in genere composto da :

–       un telaio in acciaio profilato, montato su due o quattro ruote a semiassi rigidi e portante una coda cui è applicata la piastra di spinta;

–       un cassone destinato a contenere il materiale e munito anteriormente, sul fondo, di una lama per lo scavo;

–       un espulsore che con il movimento in avanti espelle il materiale durante lo scarico;

–       un grembiule che forma la parte frontale del cassone ed è sollevabile per permettere l’uscita del materiale; i suoi movimenti sono combinati con quelli dell’espulsore;

–       un giogo sul  quale scorre il cassone nei suoi movimenti verticali;

–       un timone per l’attacco al trattore;

–       un sistema di cavi, o idraulico, per la manovra delle parti mobili.

Nello scraper rimorchiato comandato dai cavi il controllo dal posto di guida sul trattore avviene a mezzo di un’unità centralizzata.

Il funzionamento dello scraper è intuitivo: in Fig. 2.37 sono illustrate le 3 fasi di carico, trasporto e scarico della ruspa a scarico anteriore mentre nella Fig. 2.38 è schematizzato il funzionamento della ruspa a scarico posteriore.

                

             Fig. 2.36 – Funzionamento dello scraper a scarico        Fig. 2.37 – Funzionamento dello scraper a scarico

anteriore nelle 3 fasi di carico, trasporto e scarico.         posteriore nella fase di scarico.

La profondità del taglio, durante la fase di carico, è regolata dall’operatore in base alla natura del terreno (minore per le argille, massima per le terre sciolte), la potenza della macchina, le condizioni ambientali (se il terreno è bagnato o fangoso l’aderenza è ridotta) e la presenza o meno di un trattore di spinta (pusher). E’ variabile, in ogni caso, entro 10÷30 cm.

2.8.1 – Ruspa rimorchiata o a vagone

L’utilizzazione di un trattore gommato è oggi rara per quanto in passato sia stata molto comune specie nei trasporti lunghi; dalla combinazione scraper-trattore gommato si è infatti passati al moderno tournapull o ruspa semovente. Per contro il tandem scraper-trattore cingolato è tuttora usato per due ragioni:

–       il trattore cingolato lavora anche in terreni difficili (fango, roccia etc.) dove l’uso di un semovente sarebbe antieconomico (le gomme sono molto costose e delicate);

–       il trattore, staccato dallo scraper, può essere utilizzato altrimenti o sostituito in caso di rottura e viceversa il che rende più elastica l’utilizzazione delle macchine in cantiere.

Se la distanza di trasporto supera un certo limite (Tab. 2.51) il trattore cingolato non è più economico sempre che le condizioni del terreno non ne consiglino comunque l’uso.

Tab. 2.51 – Rapporto ottimale tra capacità del cassone e distanza di trasporto.

Tab. 2.52 – Rapporto tra potenza del trattore e capacità di trasporto.

Tab. 2.53 –  Caratteristiche medie delle ruspe trainate a scarico anteriore.

Tab. 2.54 –  Produzioni medie orarie per ruspe trainate da cingolato. Metri cubi di materiali misurati in banco. Condizioni: terreno piano; efficienza 100%; 60’ lavoro/ora; tempo di carico = 1.5’. Valori da adattare alle condizioni locali.

2.8.2 – Ruspe semoventi (TournapuII)

Sono quelle in cui trattore e ruspa formano una sola macchina. Il trattore, di conseguenza, non può essere staccato ed utilizzato per altri scopi. Trattandosi di un mezzo molto costoso è quindi evidente che risulta adatto ad imprese che effettuano grandi lavori in terra portando, quale vantaggio, la resa eccezionale rispetto a qualunque altro mezzo.

La ruspa ha una sola coppia di ruote molto arretrate ed anche il trattore ha un solo treno di ruote sul quale grava gran parte del peso ottenendo il massimo effetto traente.

Alcune grandi case costruttrici hanno messo in commercio ruspe semoventi con due trattori in tandem e quindi 4 ruote motrici col cassone al centro; l’operatore manovra dalla cabina del trattore anteriore.

Fig. 2.38 – Modulo di ruspa semovente.

2.8.3 – Ruspe autocaricanti (self-loading o elevating-scrapers)

Sono munite di un elevatore che facilita il riempimento del cassone nella fase di scavo-carico delle ruspe con trattore gommato (semoventi ed a traino).

Fig. 2.39 – Ruspa autocaricante con elevatore: a) carico; b) scarico.

L’accumulo di terra infatti, davanti al cassone è spesso sufficiente a far perder l’aderenza ai pneumatici per cui lo scraper richiede una spinta ausiliare per poter avanzare.

Il nastro elevatore, anche se non sempre risolve il problema, facilita comunque in misura notevole il carico abbreviandone i tempi.

Affinché un’auto-caricante possa operare efficientemente occorre accertarsi della natura e densità del materiale da scavare per stabilire l’altezza dell’elevatore, la sua velocità e l’adattamento della lama tagliante che è allo scopo costruita in sezioni (Fig. 2.40).

Le terre sciolte (sabbia) richiedono una posizione bassa dell’elevatore combinata con una sua alta velocità per prevenire che il materiale caricato scivoli fuori dal cassone; il materiale a granulometria grossolana, richiede la massima distanza elevatore-lama per prevenire che un eventuale masso trascinato blocchi la sua rotazione.

Come altre macchine. i moderni scrapers sono muniti di trasmissione automatica controllata da un minicomputer che seleziona all’istante la marcia più idonea in base ai cambiamenti del carico ed alle resistenze incontrate e segnala eventuali disfunzioni o overburden.

Il congegno può essere disattivato per passare al controllo manuale mediante un semplice interruttore.

Fig. 2.40 – 3 tipi di lame per ruspe autocaricanti: la prima è adatta a rimuovere lo strato vegetale superiore, la seconda per argille dure stratificate, la terza per rocce tenere e materiali simili.

E’ tuttavia da segnalare come in molti casi sia preferibile il dispositivo convenzionale all’autocaricante, specie se si dispone di un pusher, soprattutto quando si opera in zone isolate, con forniture e servizi resi difficoltosi, in quanto l’elevatore è facilmente soggetto a guasti.

Rimane da notare, infine, che la capacità dello scraper è riferita al materiale sciolto; per determinare la produzione oraria di materiale in banco, moltiplicare il numero dei carichi per la capacità dello scraper e per un coefficiente variante da 0.5 (roccia degradata scarificata) a 0.9 (sabbia).

Fig. 2.41 – Ruspa in attività di livellamento.

2.8.4 – II trattore di spinta (pusher)

Si è già detto che gli scrapers, soprattutto se il trattore è gommato, necessitano, durante la fase di carico che è la più critica, di un aiuto, consistente usualmente in un trackbulldozer (cingolato) che spinge posteriormente in modo da riempire completamente il cassone che altrimenti, specie se il terreno è duro, sarebbe caricato solo parzialmente ed in tempi lunghi.

Tab. 2.55 – Caratteristiche medie delle ruspe semoventi a scarico anteriore.

Tab. 2.56 – Numero dei carichi per ora effettuati da scrapers. Condizioni: terreno di media consistenza e in assenza di pendenze; efficienza 100%; 50’/h lavorativi.

2.8.5 – Tandem Powered Auger

Con questo nome viene indicato un apparato scraper autocaricante che offre un’alternativa al convenzionale push-pull system o elevatore. Una fonte motrice indipendente di tipo idrostatico locata al centro del sistema-lama consente alla medesima una rotazione (35÷55 rpm) tale da affiancarsi all’avanzamento permettendo l’eliminazione di oltre il 50% dei cuttings riducendone la resistenza e aumentando la capacità di carico del sistema (Fig. 2.42).

2.8.6 – Indicazioni sull’uso dello scraper

La ruspa è la macchina stradale che ha subito meno modifiche negli ultimi decenni a parte l’automazione dei movimenti. Il dispositivo, infatti, pare aver perduto terreno rispetto alla coppia escavatore-dumper sia per il declino dei grandi progetti di movimenti terra sia per le più diversificate utilizzazioni ottenibili da questa coppia.

Restano comunque le macchine più idonee e redditizie nella costruzione di rilevati stradali, dighe in terra etc. quando la mole dei lavori ne giustifica l’impiego.

Fig. 2.42 – Tandem Powered Auger System: modelli Caterpillar e loro caratteristiche.

Mentre gli scrapers convenzionali o a cassone aperto (open bowl) sono i più adatti in terre asciutte e granulari, quelli autocaricanti risultano più efficaci nelle terre fini tenendo presente che entrambi i tipi non lavorano al meglio nelle terre umide argillose tipiche, ad es., della Val Padana.

2.8.7 – Valutazione produzione-qualità con metodi speditivi

Per individuare il livello qualitativo raggiungibile nella produzione da parte di un dispositivo scraper gommato vengono utilizzati 3 diagrammi-abaco, rispettivamente:

–       a) diagramma trazione-velocità-resistenza (rimpull-speed-gradeability);

–       b) diagramma tempo-lavoro (travel-time);

–       c) diagramma guadagno di marcia in contropendenza (retarder curve).

La massima velocità ottenibile, il miglior rapporto di marcia e il carico ottimale possono essere ricavati conoscendo il peso dell’apparato e la pendenza totale effettiva (o resistenza totale).

Nella terminologia tecnica s’intende:

–       per Rimpull la forza (kg o kN) ottimale ricavabile tra potenza di tiro e tipo di terreno per l’avanzamento della macchina (limitatamente alla sola capacità di trazione);

–       per Gross Weight il peso lordo del sistema (macchina+carico medio smosso → pagato o payload);

–       per Total Effective Grade (Total Resistence) la pendenza effettiva totale espressa dalla pendenza reale del percorso sommata alla resistenza (→ attrito del sistema gommato opposto all’avanzamento) espressi in %.

La pendenza (grade) reale viene stimata così come la resistenza all’avanzamento (rolling): per tale dato, in genere, il valore 10 kg/t equipara circa un livello di pendenza dell’1%.

Ad es. con una pendenza del 6% e una Resistenza all’avanzamento di 40 kg/t si rileva:

Resistenza all’avanzamento in termini di pendenza % → (40 kg/t ÷10 = 4%)

per cui la Resistenza totale (reale) all’avanzamento è pari l valore (6%+4%) = 10%.

2.8.7.1 – a) Diagramma trazione-velocità resistenza

Fig. 2.43 – Diagramma Trazione-Velocità–Resistenza (da Caterpillar).

Problema: per uno scraper avente peso 46,475 t, operativo lungo una pendenza reale effettiva del 10% e con un carico payload di 34,020 t, determinare potenza di traino e velocità ottimali.

Il peso lordo (gross weight) viene determinato dalla somma peso macchina+carico (46,475 t+34,020 t) cioè 80,495 t.

Usando il grafico in Fig. 2.43 si parte dal punto A (scala del peso lordo) per traguardare in basso, lungo la scala (obliqua) della resistenza effettiva totale (total resistence), il valore corrispondente al 10% (punto B). Da B si traguarda orizzontalmente verso la scala della potenza ottimale (rimpull) corrispondente al valore 7756 kg in D, tagliando in C la curva dei rapporti di marcia del mezzo.

Traguardando infine da C ad E, sulla scala delle velocità (speed), si rileva il valore ottimale di 12.9 km/h, ottenuto procedendo in 4a marcia.

2.8.7.2 – b) Diagramma Tempo-Lavoro

Il tempo di lavoro one-way (A o R) può essere determinato utilizzando il diagramma tempo/lavoro quando sono conosciuti il percorso di lavoro e la resistenza totale effettiva (%).

Qualora la resistenza risultasse negativa (pendenza del percorso < resistenza all’avanzamento) la macchina potrebbe accelerare il proprio movimento richiedendo l’uso di freni: in questo caso il diagramma b non può essere utilizzato richiedendo l’uso del diagramma c.

Per operare correttamente vengono utilizzati 2 grafici, uno per ogni singolo viaggio: macchina carica (loaded) e macchina scarica (empty).

 

Fig. 2.44 – Diagrammi Tempo-Lavoro (da Caterpillar).

Problema: da un banco di 19.1 m3 viene lavorato un carico payload di 34,020 t lungo un percorso d’andata di 610 m con pendenza 4% e un percorso di ritorno di 760 m con pendenza 0%. Determinare i cicli di tempo lavorativo.

Andata: usando il grafico per macchine cariche (loaded) leggere lungo la scala del percorso la distanza 610 m definendo il punto A all’incrocio con la congiungente l’origine e il valore di pendenza 4% sulla relativa scala. L’ascissa corrispondente ad A determinerà il tempo (sola andata) di lavoro (1,4 minuti).

Ritorno: allo stesso modo determinare ll punto A relativo al percorso di ritorno definendo il valore del tempo (solo ritorno) di lavoro (1,0 minuti).

Ai valori trovati andranno sommati i termini relativi ai tempi di carico (A) e stendimento materiali (B) inerenti la lavorazione (generalmente il primo compreso entro 0.4÷1.3 minuti in funzione dei modelli utilizzati ed il secondo, praticamente fisso, compreso entro 0.6÷0.7 minuti).

Nel presente caso A = 0.6 e B = 0.7 per un totale di (0.6+0.7+1.0+1.3) = 3.7 minuti (3’ 42”).

Nelle Figg. 2.44 e 2.45 vengono mostrati i diagrammi tipici one-way relativi al modello 29.5R25 della Caterpillar. Nella Fig. 2.46 viene mostrato il relativo diagramma trazione-velocità-resistenza definente le 2 situazioni di andata-carico e ritorno-scarico.

Fig. 2.44 – Diagramma one-way loaded per il mod. Caterpillar 29.5R25.

Fig. 2.45 – Diagramma one-way empty per il mod. Caterpillar 29.5R25.

Fig. 2.45 – Diagramma rimpull-speed-gradeability per il mod. Caterpillar 29.5R25, condizion two-way.

2.8.7.3 – c) Diagramma Guadagno di marcia in contropendenza (retarder curve)

La velocità mantenibile del mezzo, senza dover ricorrere all’utilizzo di freni quando il macchinario carico è in discesa, può essere determinata dal diagramma retarder curve conoscendo il peso lordo del dispositivo e la resistenza totale effettiva all’avanzamento.

In questo caso la resistenza totale effettiva è data dalla pendenza (%) del percorso meno la resistenza all’avanzamento (%) del sistema gommato.

Fig. 2.45 – Diagramma retarder-curve (da Caterpillar).

Problema: uno scraper peso netto 60,950 t lavorante un carico stimato payload di 47,175 t scende con una resistenza totale effettiva pari al 10%. Determinare la velocità costante e il rapporto di marcia da mantenere per ottenere il massimo sforzo frenante. Determinare inoltre il tempo di lavoro se il percorso è pari a 610 m di lunghezza.

Il peso lordo (gross weight) ammonta a (60,950+47,175) t = 108,125 t

Soluzione: usando la retarder-curve traguardare dal valore loaded-phase 108,125 t (A) l’incrocio B con la retta obliqua relativa al valore 10% della resistenza totale effettiva. Da lì pervenire all’incrocio C con la curva gear-range determinando il rapporto di marcia più conveniente (5a). Discendere infine all’ascissa Dleggendo il valore della velocità costante ottimale (21.7 km/h) = 362 m/minuto. Il tempo di lavoro è quindi pari a 610 m/ 362 m/minuto = 1.68’ (= 141”).

2.9 – Automezzi da trasporto pesante (trucksdumpers)

Gli automezzi da trasporto pesante sono adibiti al movimento di materiali ad elevato peso specifico quali terre, rocce, manufatti in acciaio e cemento etc. e comprendono:

–       autocarri comuni e ribaltabili (trucks);

–       dumpers;

–       vagoni a rimorchio;

–       vagonetti su rotaie.

2.9.1 – Autocarri

Tali veicoli trovano larghissimo impiego nei cantieri essendo adatti per qualsiasi distanza di trasporto; devono, tuttavia, poter operare su strada data la loro sensibilità alle condizioni del terreno. Le loro caratteristiche sono molto comuni per cui la loro descrizione è limitata soltanto ad alcune particolarità. La maggioranza è oggi del tipo a cassone ribaltabile posteriormente o lateralmente per l’economia di tempo e mano d’opera ottenuta nello scarico. Il sistema di sollevamento del cassone, da considerare quale unità separata, comprende un telaio, una pompa idraulica, una valvola, un pistone idraulico e i comandi. La pompa viene azionata dalla trasmissione del motore tramite un albero addizionale a giunti universali, funzionando solo quando il particolare ingranaggio del cambio e la frizione sono innestati.

Fig. 2.46 – Autocarro ribaltabile posteriormente.

La valvola, inserita nella pompa, ha 3 posizioni ed è controllata da un comando in cabina; l’olio immesso dalla pompa al cilindro a pressione, provoca lo spostamento del pistone e quindi il sollevamento del cassone; quale ammortizzatore nella fase finale di spinta, oltre che d’aiuto a rimandare il pistone verso il basso quando la pressione è cessata viene inserita una molla tra la testa del pistone ed il fondo del cilindro.

L’efficienza di un mezzo di trasporto diminuisce rapidamente nei terreni fangosi: le ruote motrici posteriori, affondando, vengono praticamente ad operare in pendenza riducendo di conseguenza la resa del motore; nel caso lo sforzo per superare tale pendenza si riveli maggiore di quello richiesto a far slittare una ruota motrice il differenziale comune trasmette tutta la potenza del motore a tale ruota anche se l’altra si trova in piena trazione. A tale inconveniente si può rimediare:

–       aumentando la sezione degli pneumatici e quindi l’area di appoggio;

–       scegliendo un appropriato disegno del battistrada per la massima aderenza;

–       applicando differenziali ad azione limitata o a bloccaggio per cui non tutta la potenza è trasferita sulla mota slittante;

–       rendendo motrici anche le ruote anteriori.

Per quanto attiene a quest’ultimo espediente è da sottolineare:

– un veicolo a tutte ruote motrici può operare in condizioni di terreno impossibili per un veicolo normale; ciò, in generale, compensa i maggiori costi;

– la profondità dello strato fangoso o soffice o della neve deve, comunque, essere limitata altrimenti il numero delle ruote motrici non ha valore;

– le ruote motrici anteriori riducono l’angolo massimo di sterzo (da 38° a 28÷30°) mentre richiedono una maggior altezza dal suolo del telaio e, quindi, del piano di carico come accade per tutti i veicoli fuoristrada sportivi o da diporto (4 wheel drive).

Fig. 2.47 – Dumper Caterpillar classico.

2.9.2 – Dumpers

Sono dei ribaltabili che si distinguono per la maggior robustezza e manovrabilità; adottando gli accorgimenti citati in precedenza possono operare su terreni accidentati o poco consistenti e caricare materiale molto grossolano (massi e spezzoni di roccia) non sempre consentiti ad un autocarro.

Tab. 2.57 – Caratteristiche dei dumpers a media capacità (valori mediati da diversi produttori).

2.9.3 -Vagoni a rimorchio (trailers) (Fig.2.48 )

Fig. 2.48 – Vagone ribaltabile lateralmente.

Possono essere del tipo ribaltabile, generalmente laterale, o ad apertura di fondo. Non sono molto diffusi essendo solitamente applicati ai trattori gommati destinati al traino delle ruspe e che oggi, come già riferito, risultano in declino. Il vantaggio dei vagoni è, come per lo scraper, la possibilità di staccare il carro dal trattore rendendo quest’ultimo disponibile per altre funzioni.

2.9.4 – Vagonetti su rotaie

In via generale non sono economicamente competitivi nei confronti degli altri mezzi di trasporto, sopratutto nei movimenti di terra in quanto:

– richiedono superfici livellate;

– non costipano il materiale deposto;

– risulta, alla lunga, oneroso il continuo spostamento dei binari;

– sono meno versatili degli altri mezzi.

Di conseguenza vengono utilizzati quasi esclusivamente nello scavo di gallerie e cave per il trasporto del materiale dal fronte di cava ai frantoi e da questi ai depositi. Lo scartamento più comune è il Decauville (60 cm). La trazione dei vagonetti è effettuata con locomotive Diesel.

Tab. 2.58 – Caratteristiche delle locomotive Diesel utilizzate per il traino dei vagonetti.

2.9.5 – Considerazioni sui trasporti di movimento terra

Nella scelta del tipo di veicolo da usare nel trasporto di materiali, con riguardo alla capacità, è da sottolineare come un grosso automezzo trasporti il materiale, di norma, ad un costo inferiore di uno più piccolo avente la stessa velocità e specie per lunghe distanze in quanto il costo di manutenzione risulta proporzionalmente minore, le spese di guida permangono uguali mentre il caricamento è più rapido e con minor spreco.

Viceversa l’automezzo più capace richiede macchinari da carico adeguati (ad es. risulta antieconomico utilizzare un escavatore da 0,3 m3 nel carico di un cassone da 20 m3); e ancora un automezzo pesante richiede maggiori spazi e tempi di manovra e strade in migliori condizioni incidendo maggiormente, nel caso di rotture e conseguenti riparazioni, sulla produzione.

Inoltre, sebbene gli automezzi possano portare un carico maggiore di quello raccomandato dal produttore, il loro sovraccarico risulta tuttavia una cattiva economia per la maggior usura delle parti, la maggior frequenza delle rotture e la diminuita sicurezza del traffico. Se tuttavia la situazione lo richiedesse, è allora consigliabile montare pneumatici della massima taglia ammessa rinforzando opportunamente  sospensioni e cassone.

Raffrontando infine dumpers e scrapers si può dire che questi ultimi offrono svariati modelli (standard, autocaricanti, tandem) che si adattano più versatilmente ai diversi terreni (con capacità varianti da 8 a 60 m3) mentre il dumper a ribaltamento posteriore risulta di manovra molto più semplice; trainato da un trattore, infatti, l’unico apparato che subisce usura è quello idraulico per aprire il portello e rovesciare il carico. Può venire caricato, inoltre, da qualsiasi tipo di escavatore o pala con una capacità variabile da 8 a 70 m3.

Aumentando la distanza di trasporto, viceversa, i costi aumentano più rapidamente per lo scraper; il dumper diventa così più economico a partire da 500÷600 m e a 2500 m la differenza di costo risulta già dell’ordine del 70÷80%; per tratti brevi, invece, la maggior rapidità di carico e la capacità di accelerazione giocano a favore dello scraper.

Tab. 2.59 – Raffronto tra i diversi tipi di scrapersdumpers e trailersi. CO scraper convenzionale; EL scraper con elevatore; UU tournapull a 4 ruote motrici; PU tournapull con pusherFF scrapertrainato; B dumper a scarico di fondo; D dumper a scarico posteriore; D’ dumper a ruote singole; e D” dumper a ruote gemellate.

2.9.6 – Valutazione produzione-qualità con metodi speditivi

Allo stesso modo che per gli scrapers, coi quali sono stati finora posti a confronto, anche trucks e dumpers utilizzare i medesimi sistemi speditivi di valutazione parametri visti in precedenza presentando identiche problematiche di carico nonché di ottimizzazione trasporti, consumi oltre che tempi di lavorazione.

In Fig. 2.49 sono proposte le caratteristiche di alcuni mod. di Trucks Caterpillar, mentre nelle successive sono illustrati i diagrammi specifici per il mod. 789C.

Fig. 2.49 – Caratteristiche tecniche ed operative di alcuni modelli di trucks Caterpillar.

Fig. 2.50 – Diagramma Rimpull-Speed-Gradeability per truck 789C Caterpillar (GMW peso lordo).

Fig. 2.51 – Diagrammi Brake Performance su diverse distanze per truck 789C Caterpillar.

Fig. 2.52 – Diagramma Brake Performance in continuo per truck 789C Caterpillar.

Fig. 2.53 – Diagrammi Travel time per truck 789C Caterpillar.

2.10 – Livellatori (graders)

graders (o motorgraders) si rivelano senza dubbio le macchine più versatili nel movimento terra stradale e sono quindi estremamente utili nei lavori di:

–       finitura scarpate;

–       livellazione superfici;

–       preparazione siti di cantiere;

–       manutenzione strade;

–       spandimento e mescolamento materie sciolte;

–       prescarificazione (pre-ripping);

–       escavazione cunette e fossi;

–       rimozione manto nevoso.

Vengono di norma impiegate lungo percorsi entro i 600 m (tagli pesanti) oppure anche per alcuni km (livellamenti a media-bassa intensità); la penetrazione dello scarificatore si svolge entro 12÷25 cm con velocità comprese entro 4÷24 km/h.

Fig. 2.54 – Motorgrader in attività.

Le parti principali di una motolivellatrice consistono di:

– un telaio, montato su 4 o 6 ruote;

– un motore (a ciclo Diesel) di potenza variante tra i 45 e 200 HP;

– un sistema articolato di trasmissione movimenti alla lama;

– una lama e uno scarificatore (con eventuale seconda lama frontale da usare quale bulldozer);

– una cabina comandi per l’operatore.

Fig. 2.55 – Motorgrader: particolari in pianta (da Caterpillar).

Il motore è posto su treno o doppio treno ad assali indipendenti. Il doppio treno mantiene più facilmente la macchina sulla linea retta quando è sotto sforzo. Alcuni modelli sono privi di differenziale mentre le ruote anteriori, soprattutto nei modelli meno recenti, sono inclinabili rispetto al piano verticale di rotolamento nella direzione di sterzo al fine di assistere la macchina nella spinta laterale subita se la lama è a terra nella virata.

Fig. 2.56 – Sistema articolato per il direzionamento della lama (moldboard).

Il sistema articolato è costituito essenzialmente da un anello dentato mobile (Fig. 2.56) cui è solidale la lama e che può effettuare una rotazione completa sul piano orizzontale mentre due bracci snodabili ne consentono la parziale rotazione in senso verticale così che la lama (che a sua volta può essere spostata nel senso della sua lunghezza) assume ogni orientamento voluto.

Molti modelli recenti sono provvisti di telaio articolato (o angolabile al centro); l’articolazione è utilizzata nelle curve a raggio stretto e per controbilanciare la spinta laterale quando si opera a lama inclinata.

Fig. 2.57 – Decentramento della lama verso il lato in lavorazione.

Inoltre sono provvisti di sensori elettronici sia per una migliore trazione (quando un treno di ruote perde trazione il sensore combina la giusta velocità e potenza dell’altro treno) che per mantenere la livelletta stabilita riferita ad un filo teso a lato della piattaforma.

Fig. 2.58 – Massima angolazione della lama e massimo spostamento laterale della medesima.

2.10.1 – Utilizzazione del grader

La macchina opera di massima in avanti anche se può essere utilizzata in retromarcia, con la lama sfiorante il terreno, per leggeri spandimenti e livellamenti; poiché il dispositivo richiede spazio e tempo nelle virate ad U è buona regola evitarle operando a strisciate fino a 200-250 m e ritornando a marcia indietro.

Fig. 2.59 – Organo scarificatore (ripper) e particolare della posizione verticale della lama.

La lama viene mantenuta per gran parte dei lavori di spianamento o spandimento ad angoli variabili entro 15÷45° rispetto alla normale con la direzione di marcia; angolazioni forti riducono la distanza di trasporto del materiale davanti alla lama, permettendo, per contro, tagli più profondi.

Nel senso verticale la lama inclinata in avanti (pos. B in Fig. 2.59) riduce il taglio, comporta un buon effetto dragante ed è adatta a preparare una superficie da compattare; la lama inclinata all’indietro facilita il taglio ma perde più rapidamente il materiale che sospinge. Un’eccessiva pressione della lama sul terreno si risolve in un inutile sforzo del motore, un maggior logorio dei pneumatici ed un’eccessiva sollecitazione del sistema articolato senza adeguato compenso.

Fig. 2.60 – Formazione delle cunette.

Nello scavo delle cunette a V (Fig. 2.60) la macchina viene mantenuta parallela all’asse della cunetta se il terreno è buono e angolando viceversa il telaio per mantenere il tandem sul piano compattato della piattaforma stradale qualora il terreno fosse tenero; una volta orientata la lama con la punta esterna alla strada in avanti e in basso, col primo passaggio s’incide solo il terreno per marcare la linea della cunetta; nei passaggi successivi si tengono le ruote esterne entro allo scavo effettuato.

Ciclicamente, man mano che il materiale s’accumula al bordo della piattaforma si effettua una passata

per sgomberare l’area di operazione. Se la cunetta è a fondo piatto la fase iniziale di taglio è uguale alla precedente.

Per la bendatura della piattaforma stradale, scavate le cunette laterali, si porta prima il materiale dalle spalle al centro per eseguire poi una passata con la lama a 90° lungo l’asse stradale (così che il materiale esca da entrambi i lati della lama) alla quota stabilita; si procede poi sui due lati, a velocità sostenuta, con la lama angolata entro 10÷25° e leggermente alzata in modo da perdere il terreno sotto di essa, muovendo dal centro verso le spalle.

Per il mescolamento di materiali, frequente  nelle stabilizzazioni, la lama è mantenuta a circa 30° ripetendo le passate fino a mescolamento avvenuto ed a velocità maggiore se il terreno è fine.

Il grader può essere usato per riporto materiali quando, ad es., si vogliano regolarizzare piccoli dossi ed avvallamenti della piattaforma stradale; in questi casi si deve bloccare il differenziale (se la macchina ne è provvista) procedendo a velocità sostenuta con la lama a 90°.

Tab. 2.60 – Velocità operativa del grader tipo medio (A) e tipo pesante (B) in terreni di facile lavorabilità.

Nella finitura delle scarpate di piccola altezza la prima operazione da compiere è sempre quella di preparare un agevole passaggio per il grader per poter poi tagliare la scarpata uniformemente.

La lama va poi regolata opportunamente in base alla scarpa mantenendo la punta alta al disopra della gomma anteriore in modo che il materiale di risulta scorra tra le ruote del tandem posteriore.

Nelle scarpate più alte del raggio d’azione della lama il primo passaggio va eseguito possibilmente correndo a monte della scarpata; molto opportuna in queste operazioni è l’articolazione del telaio che consente di mantenere le ruote anteriori sulla scarpata (se 1 su 3 o meno) mentre il tandem corre sul terreno piatto; nelle successive passate si utilizza l’arginello creato col taglio precedente ad impedire che il tandem posteriore e quindi la macchina scivoli lungo la scarpata. Se la scarpa è ripida dopo un primo taglio dalla sommità si procederà dal basso mantenendo le due ruote anteriori sulla scarpata per poter raggiunge una quota superiore; anche in questa operazione, la possibilità di angolare il telaio semplifica il compito dell’operatore.

Prima di utilizzare lo scarificatore (ripper, Fig. 2.59) portato dal grader è opportuno accertarsi della capacità della macchina in rapporto alla durezza dello strato da scarificare. La macchina va tenuta con l’asse parallelo alla direzione di marcia per utilizzare la massima potenza, riducendo il numero dei denti anche ad uno solo se lo sforzo richiesto è notevole. E’ da evitare lo spostamento di grossi ammassi di materiale che vanno invece ulteriormente ridotti con lo scarificatore. Se lo strato da scarificare è profondo, è opportuno rimuovere man mano lo spessore sciolto utilizzando la lama del grader.

Tab. 2.61 – Caratteristiche medie dei graders in commercio.

Le motolivellatrici fino a 10 t sono adatte per i piccoli lavori di manutenzione stradale e nelle finiture in genere. Quelle da 10-15 t anche nei piccoli movimenti terra, formazione di rilevati etc. Oltre le 15 t sono idonee anche alla scopertura del terreno (clearing) con rimozione di erbe e cespugli, livellamento di aree sassose e movimenti di terra abbastanza consistenti.

Il grader è un dispositivo tuttofare che, oltre agli impieghi già citati, può essere usato per la spalatura della neve (applicando una speciale lama frontale) oltre che per il rimorchio di altro macchinario di cantiere (compressori, bitumatrici etc.).

Fig. 2.61 – Modelli di motorgraders Caterpillar e loro caratteristiche.

2.10.2 – Valutazione della produzione con metodi speditivi

Come per i macchinari precedentemente descritti anche per i graders sono utilizzabili relazioni speditive preventive per la valutazione della produzione.

2.10.2.1 –Production hourly

Pur essendo il motorgrader un dispositivo applicabile a lavorazioni assai differenti la produzione oraria viene valutata generalmente tramite la semplice relazione:

A = S (LE  LO103 E

dove A è la produzione (m2/h), S la velocità media operativa (km/h), LE la lunghezza efficace della lama (m), LO la lunghezza (m) di overlap (→differenza lineare tra terreno lavorato in andata e lavorato in ritorno, generalmente ~ 0.6 m) ed E rendimento di lavorazione (variabile entro 0.7÷0.9 in funzione delle condizioni operative valutabili di volta in volta: in genere 0.7÷0.75 per scarificazioni, 0.75÷0.8 per lavorazioni medio-pesanti, 0.8÷0.85 per miscelazioni, 0.85÷0.9 per manutenzioni).

Tab. 2.62 – Angolatura della lama e lunghezza efficace della medesima in funzione della base (da Caterpillar).

Tab. 2.63 – Velocità medie tipiche operative secondo lavorazione (da Caterpillar).

Problema: determinare la produzione relativa ad un motorgrader da 140 Hp, lunghezza della lama 3.66 m operante inclinata 30° a velocità media 13 km/h per lavori di manutenzione stradale leggera.

A = 13 (3.17-0.6) 103 0.9 = 30.069 m2/h (~ 3 ettari/ora)

2.10.2.2 – Blade Pull

Un’ulteriore interessante specifica operativa di un grader è quella relativa alla capacità di spinta della lama (drawbar pullBP (kg) dipendente dalle variabili WR(peso attivo o rear della macchina in kg) e dal Coefficiente di trazione T (coefficient of traction factor, → Tab. 2.64).

La relazione è data da:

BP = WR T

Tab. 2.64 – Coefficiente di trazione (da Caterpillar).

Problema: Calcolare la spinta di lama per un grader da 140 Hp (rear weight 10.501 kg) impegnato in un’attività di cava.

BP = 10.501 0.65 = 6825.65 kg

2.10.2.3 – Blade Down Pressure

La specifica BD o pressione di punta della lama (blade down pressure, kg)è data dalla relazione:

BD = [WB/(WB-BA)] FW

dove WB è la lunghezza base dell’asse del graderBA la lunghezza della lama rispetto al fronte assiale e FW il peso sull’interasse.

Esempio: la pressione di punta per il mod. 140H NA Caterpillar (BA = 2565 mm, WB 6086 mm ed FW = 4223 kg) è data da:

BD = [6086/(6086-2565)] 4223 = 7229 kg

Per concludere, nel considerare la qualità di produzione di un motorgrader, occorre innanzitutto individuare l’equilibrio ottimale tra i pesi fronte e retro della macchina: qualora, infatti, la macchina presentasse troppo peso sul fronte assiale finirebbe col fornire un’elevata pressione specifica di lama a scapito della capacità di spingere carichi elevati in fase di livellamento; viceversa si rischierebbe di ottenere un’elevata capacità di livellamento a scapito del necessario peso frontale, durante la fase di lavoro di taglio, per mantenere il controllo di sterzo e d’avanzamento.

2.11 – Costipatori (compactors)

compattatori (o costipatori o compressori stradali) sono mezzi del movimento terra utilizzati per la finitura del sottofondo stradale o per il miglioramento delle caratteristiche di portanza e permeabilità dei terreni di fondazione. Possono essere del tipo trainato o semovente e si distinguono in rulli compressori:

–       a cilindri lisci;

–       a cilindri vibranti o a piastre vibranti;

–       a piedi di montone

–       a ruote pneumatiche;

–       a griglia;

–       a ruote segmentate.

Fig. 2.62 – Rullo a cilindri lisci da 3 t.

2.11.1 – Rulli compressori a cilindri (smooth-drum)

Sono impiegati (Fig. 2.65) nel costipamento di massicciate di ghiaia o pietrisco, nei lavori di finitura di tappeti bituminosi ed in certi casi nel costipamento finale di strati di base a completamento dell’azione di altri costipatori. Azionati un tempo a vapore vengono oggi spinti da motori diesel (i più piccoli, per lavori su spazi stretti, anche da motori a benzina). Un rullo a cilindri si compone principalmente:

–       del telaio in acciaio a struttura rigida e col baricentro molto basso per una maggiore stabilità e maneggevolezza;

–       del motore di potenza variabile da 20 a 100 HP;

–       della trasmissione comprendente un cambio a 4 velocità avanti ed altrettante retro, un differenziale e due semiassi a trasmissione indipendente per una migliore distribuzione degli sforzi sui rulli posteriori: il differenziale viene provvisto di bloccaggio da utilizzare quando è richiesto uno sforzo maggior di trazione;

–       di un supporto a forcella che permette il libero movimento del rullo anteriore e su cui agisce un sistema di sterzo comandato da una manovella ed un albero a vite od alternativamente con mezzi idraulici;

–       di consistenti cilindri d’acciaio zavorrabili con acqua o sabbia dei quali 2 posteriori collegati alla trasmissione ed 1 anteriore, di diametro inferiore, spesso diviso in due sezioni (split-drum) per facilitare la sterzatura e per una migliore azione di rullaggio; nei tipi tandem, impiegati sopratutto nelle rullature superficiali di miscele bituminose, i rulli a tamburo sono 2 (a volte 3) di uguale forma e dimensioni.

Tab. 2.65 – Quadro guida nella scelta dei Compattatori in funzione del materiale da costipare.

In funzione del tipo d’impiego riveste grande importanza il peso della macchina e la sua distribuzione. Nello specificare il peso del rullo si deve sempre chiarire se a vuoto o zavorrato mentre il peso degli accessori (scarificatore etc.) non viene considerato.

Nella costruzione di fondazioni, massicciate e dove comunque è richiesto il massimo sforzo compattivo, si usano compressori nei quali il massimo peso è concentrato sui rulli posteriori mentre, per lavori di superficie quali bitumature e simili, è richiesto un carico leggero e possibilmente distribuito uniformemente su tutti i rulli. Di conseguenza, oltre alla possibilità della zavorra, i moderni rulli sono muniti ai lati di contrappesi mobili spostabili longitudinalmente per una distribuzione dei carichi conforme al lavoro da eseguire. La pressione esercitata sulla superficie da costipare è misurata in kg per cm di larghezza del rullo ed è sempre superiore sulle ruote posteriori. La differenza di diametro e di carico tra treno anteriore e posteriore facilita il costipamento per l’effetto favorevole all’azione d’impasto del primo.

Per ottenere i migliori risultati ci si attiene alle seguenti norme:

–       la cilindratura viene iniziata dai lati procedendo verso il centro e comunque dalla parte più bassa verso quella più alta;

–       l’avanzamento viene attivato lentamente senza interruzioni per tutta la lunghezza della striscia;

–       la rullatura non deve essere prolungata oltre il necessario; infatti, dopo un certo numero di passaggi, ogni ulteriore azione è inutile se non dannosa; nel caso di massicciate di pietrisco l’eccessiva cilindratura provoca la penetrazione del materiale tenero del fondo negli interstizi del pietrame rendendo la parte inferiore dello strato instabile mentre nel caso di tappeti superficiali bitumati rompe e polverizza le particelle di aggregato le cui superfici di rottura, sprovviste di legante, si staccano riducendo l’omogeneità del tappeto;

–       le sterzature brusche vanno evitate in ogni caso effettuando le medesime a marcia avanti per ridurre i danni alla superficie da costipare;

–       se lo strato da rullare è composto di materiale sciolto di spessore consistente quale, ad es,. una sottobase di ghiaia o pietrisco, la sovrapposizione di ogni passata del rullo rispetto alla precedente deve essere almeno pari alla metà della larghezza delle ruote posteriori.

Tab. 2.66 – Caratteristiche medie dei costipatori a cilindri.

Tab. 2.67 – Pesi idonei per rulli compressori a cilindri in funzione delle diverse lavorazioni.

Fig. 2.64 – Rullo oscillante con spaccato mostrante i 2 alberi provvisti di pesi eccentrici opposti a 180° e l’albero centrale motore.

2.11.2 – Rulli compressori a piastre vibranti

Si basano sul principio che le vibrazioni generano una forza di inerzia su ciascun granulo del materiale vibrato che, prevalendo sulla forza di gravità e quelle di coesione e attrito, consente ai granuli più piccoli di chiudere i vuoti lasciati dai più grandi riducendo quindi il volume complessivo con conseguente aumento della densità.

rulli vibranti trainati si compongono di un telaio metallico con timone di traino un cilindro vibrante su sospensioni elastiche ed un motore montato sul telaio la cui potenza innesca un generatore di vibrazioni posto interiormente al cilindro vibrante. I rulli vibranti semoventi hanno usualmente un solo cilindro vibrante, sul quale grava la maggior parte del peso del veicolo ed uno o due cilindri non vibranti di guida. Il motore (5÷50 HP) è unico e riunisce le funzioni di azionamento del vibratore e di avanzamento del mezzo.

Nei rulli vibranti ha importanza la larghezza del cilindro, che nei tipi trainati deve comunque ricoprire le tracce dei cingoli o delle ruote del mezzo traente (che ovviamente determina la larghezza della striscia costipata) ed il suo diametro che se grande evita l’inconveniente dell’ondeggiamento dello strato davanti al rullo. Per contro la maggior superficie d’appoggio diluisce l’effetto della vibrazione.

Fig. 2.63 – Vibratore a cilindri trainato.

Un requisito rilevante è la qualità delle sospensioni elastiche che collegano al cilindro vibrante e che devono permettere al primo di guidare il secondo senza subirne le vibrazioni le quali pregiudicherebbero il funzionamento del motore; oggi si utilizzano sospensioni con elementi in gomma oppure pneumatiche nelle quali il gas, come elemento elastico, porta il vantaggio di non disperdere il calore. Alcuni modelli sostituiscono ai cilindri metallici vibranti delle ruote pneumatiche di larga sezione (20÷25”) la cui azione vibrante è più efficace in molti tipi di terre e consentono velocità operative più alte.

Non è ancora ben chiaro nel meccanismo d’azione delle vibrazioni se, per i diversi materiali, sia più importante, ai fini del miglior risultato, variare la frequenza oppure l’ampiezza delle medesime ed inoltre quale debba essere la velocità d’avanzamento della macchina o il suo peso più idoneo. La presenza in commercio di costipatori provvisti di centraline elettroniche che forniscono in tempo reale la densità ottenuta ha notevolmente semplificato le operazioni.

Il sistema si basa sull’interazione tra accelerazione del rullo vibrante e l’alterazione della rigidezza della terra durante il processo. Due sensori collegati al tamburo ed opposti registrano continuamente il vettore d’accelerazione dello stesso o, in altri termini, la resistenza del materiale alla compattazione. Il computer processa 30 valori di misura al secondo e con una frequenza di vibrazione di 30 Hz e una velocità del rullo di 3000 m/h può memorizzare una passata di 150-200 m. Il controllo pone in evidenza l’utilità o meno di ulteriori passaggi.

I rulli vibranti in commercio forniscono 1200÷3000 vibrazioni al minuto (corrispondenti rispettivamente a 20÷50 Hz) con ampiezze varianti da 0,8 a 2 m; normalmente, più leggera è la macchina, più elevate risultano velocità del rullo e frequenza delle vibrazioni mentre le ampiezze maggiori sono riservate alle macchine più pesanti.

Tab. 2.68 – Risultati ottenuti con rullo gommato vibrante usando frequenze di 38 Hz.

Lo sforzo compattivo ottimale si realizza al momento della risonanza quando la frequenza generata dalla macchina incontra la frequenza naturale di eccitazione del materiale: se la prima è di molto superiore aumenta la forza centrifuga ma riduce l’efficienza compattiva, dando luogo inoltre al fenomeno detto del galoppo, con saltellamenti del sistema e danni sia per il rullo che per la superficie da compattare. A titolo indicativo, per compattare rilevati in detriti di roccia, si suggeriscono ampiezze entro 1.5÷2 mm con frequenze entro 25÷30 Hz mentre per basi e sottobasi del manto stradale sono preferibili ampiezze minori e frequenze medio-basse.

Nei lavori in bitume s’impiegano basse ampiezze (0.4÷0.8 mm) ed alte frequenze (33÷50 Hz). E’ importante che la macchina sia provvista di un sistema d’arresto del vibratore che preceda l’arresto della rotazione del rullo e che lo faccia ripartire alla ripresa del moto; ciò per evitare sicuri danni al manto bituminoso causati dalle vibrazioni del rullo fermo.

Circa la velocità d’avanzamento dei rulli vibranti a cilindri, quella ottimale si attesta attorno a valori entro 800÷1200 m/h; raddoppiando la velocità ed effettuando due passate invece di una i risultati sono decisamente inferiori.

Per i rulli gommati, su terra o materiale di sottobase, la velocità può arrivare a 2.4 km/h aumentabile, se il materiale mantiene il livello di densità per un dato numero di passaggi, fino a 7 km/h (Tab. 2.68).

SulÌe malte ed i calcestruzzi bituminosi non esiste una grande differenza di risultati impiegando rulli vibranti o statici, i tempi sono tuttavia inferiori nel primo caso mentre i rulli statici non inducono pressoché effetto sulla miscela raffreddata.

Le macchine vibro-battenti si diversificano dai rulli vibranti per l’intervento di una forza premente che integra l’azione del vibratore con una resa maggiore. Si distinguono le piastre vibranti (Fig. 2.64) e le macchine a piastre multiple poco usate nei lavori stradali.

Le prime hanno il motore montato sulla piastra (con interposizione di sospensioni elastiche) che sollecita le masse vibranti le quali, a propria volta, provocano il movimento sussultorio della piastra.

L’operatore, spostando opportunamente le masse di vibrazione, riesce a spostare l’apparecchio senza eccessivo sforzo.

Le piastre vibranti, di svariate dimensioni e pesi. sono utilizzate generalmente dove altri costipatori, per la loro mole, non possono operare (a ridosso di spalle di ponti, su marciapiedi etc.). Le macchine a piastre vibranti multiple sono molto efficaci su strati ghiaiosi o sabbiosi secchi: sono montate su cingoli o gomme e utilizzano di norma 6 piastre azionate idraulicamente ed a funzionamento indipendente mediante rotori eccentrici.

Fig. 2.64 – Vibratore a piastra unica.

Tab. 2.69 – Produzione oraria dei rulli tandem vibranti su conglomerati bituminosi.

Tab. 2.70 – Caratteristiche medie dei rulli a cilindri vibranti.

Tab. 2.71 – Caratteristiche medie delle macchine a piastre vibranti.

2.11.3 – Rulli a punte o piede di montone (sheepsfoot)

Consistono di uno o più tamburi d’acciaio del diametro di m 1.2÷1.8 cui sono fissati i piedi e di un telaio munito di timone di traino quando la macchina non è semovente.

La forma dei piedi deve essere tale da evitare il sollevamento della terra quando essi, nella rotazione del tamburo, dopo esserne penetrati ne fuoriescono; le forme più usuali sono (Fig. 2.65 e 2.66) quella tronco-piramidale oppure a piede di montone da cui appunto prendono il nome.

Fig. 2.66 – Rulli troncopiramidali e a piede di montoni.

L’area di ogni piede è di 45÷70 cm2 con una densità di circa 15 piedi per mq di superficie del rullo; superfici di 150÷200 cm2 oggi comuni,consentono l’impiego della macchina anche in terreni di medio impasto. Infatti questi rulli trovano la loro utilizzazione nelle terre argillose plastiche dove il rullo comprime leggermente la superficie mentre i piedi penetrano in profondità; coi successivi passaggi la densità aumenta ed i piedi penetrano sempre meno profondamente fino a mantenersi fuori dalla terra mentre la superficie del cilindro conseguentemente non la tocca più.

Fig. 2.66 – Rulli a piede di montone: del tipo trainato (sx) e semovente.

I tamburi sono zavorrabili con sabbia od acqua così che la pressione esercitata può arrivare a 40 kg/cm2; la velocità operativa è di 3÷4 Km/h ed operando con l’ottimale di umidità, che per le argille è sempre elevato, occorrono 8÷12 passaggi per costipare uno strato di 20÷30 cm di spessore.

Tab. 2.72 – Produzione oraria in m3 di materiale costipato con rullo a punte largo m 1.2; velocità 4 km/h; 45’ lavorativi; colonna A ad un solo rullo; colonna B a due rulli.

2.11.4 – Rulli oscillanti

Mentre il rullo vibrante trasmette al terreno dei piccoli e rapidi impatti verticali creati dall’eccentrico, il rullo oscillante trasferisce la propria energia con effetto alternato a mezzo di 3 alberi contenuti nel tamburo e dei quali quello centrale pone in movimento i due estremi muniti di masse eccentriche contrapposte. Poiché il rullo oscillante non lascia mai il terreno (contrariamente a quello vibrante) l’instabilità dinamica (o effetto risonanza di cui già si è detto) non hanno luogo così come le onde superficiali che tendono a disgregare la compattezza già ottenuta, causate dall’eccesso di vibrazione.

2.11.5 – Costipatori a ruote pneumatiche o carrelli pigiatori

Sono costituiti da un rimorchio a cassone zavorrarle; meno frequenti i semoventi (Fig. 2.67) con due assi portanti un numero dispari di ruote (4÷5 avanti e rispettivamente 6÷7 dietro) distanziate tra loro in modo che il treno posteriore vada a costipare gli spazi lasciati dall’anteriore.

L’indipendenza sul piano verticale delle ruote consente una uniformità di compattazione ed i tipi ad oscillazione (wobble-wheel) che consentono alle ruote di ondeggiare durante l’avanzamento lasciando una traccia sinusoidale, imprimono anche un’azione dinamica che facilita il processo; la duplice azione dei costipatori gommati, verticale per effetto del carico e tangenziale per l’affondamento dei pneumatici, li rende molto adatti per la compattazione delle terre fini, preferibilmente plastiche e delle miscele granulari per sottobasi con buone % di sabbia e limo.

Le caratteristiche che li distinguono sono la pressione di gonfiamento delle gomme e la loro area di contatto mentre il peso complessivo della macchina riveste un ruolo secondario. La velocità operativa e il carico vengono variati con la natura del terreno da costipare e sovente i risultati migliori si ottengono con carico medio e bassa velocità che evitano la formazione di una crosta superficiale che limita il costipamento in profondità. Velocità usuali: 8÷12 km/h; pressione delle gomme 1.4÷2.5 atm.

Tab. 2.73 – Caratteristiche medie di compressori gommati trainati.

2.11.6 – Rulli a griglia o a maglia (tamping)

Sono usati sulle massicciate in pietrame, nella demolizione di pavimenti bituminosi ed anche nel costipamento di strati non argillosi. Consentono una elevata velocità operativa (20÷25 km/ora) e frantumano i blocchi di roccia riducendoli a dimensioni più appropriate; impiegati sui manti bituminosi precedentemente scarificati, separano il pietrisco dal legante permettendo il ricupero del primo. Consistono di due rulli montati su un assale rigido e di un telaio portante due cassoni zavorrabili e timone di traino. La superficie cilindrica dei rulli è costituita da una maglia di acciaio (Fig. 2.68) mentre nel loro interno sono disposti due coni di lamiera aventi lo scopo di far uscire lateralmente il materiale penetrato attraverso le griglie.

Fig. 2.67 – Costipatore con carrelli pigiatori: normali (sx) e oscillanti.

Il Ø dei rulli è 1.5÷1.8 m mentre la larghezza della striscia costipata è di circa 2 m; il loro peso, a vuoto, varia entro 50÷100 q. e la pressione esercitata sul terreno a carico massimo (60÷150 q) raggiunge 80 kg(cm2.

Fig. 2.68 – Rullo a griglia.

2.11.7 – Compressori a rulli segmentati

Rappresentano, in ordine di tempo, l’ultimo tipo di costipatori ed i risultati sono stati tanto incoraggianti da classificarli tra i più efficaci nei rilevati argillosi sostituendo vantaggiosamente i rulli a piedi di montone. Le superfici cilindriche anziché lisce ed uniformi, portano delle ciabatte in acciaio oscillanti, di forma rettangolare(~ cm 50×30) e spaziate tra loro ~10 cm.

La macchina, semovente, pesa intorno a 150 q e col movimento rotatorio dei cilindri, le ciabatte esercitano una pressione continua dell’ordine di 40-50 kg/cm2.

Tab. 2.74 – Specifiche per modelli di Compattatori Caterpillar.

2.11.8 – Valutazione della produzione dei costipatori

Viene generalmente utilizzata la relazione:

P = (L V S)/N

dove P è la produzione in m3/h di materiale costipato, L la larghezza in m costipata ad ogni passaggio, V la velocità media di lavorazione in km/h, S lo spessore compattato in mm ed N il numero dei passaggi per raggiungere la densità richiesta.

Il medesimo risultato si può ottenere utilizzando le Tavole di Produzione Specifica (Tab. 2.75) relative al mezzo applicato fornite dai produttori e contenenti già il valore di larghezza.

Tab. 2.75 – Esempio di Tavola di Produzione Specifica (da Caterpillar).

Esempio: determinare la produzione oraria in m3 di un costipatore classe 815F Caterpillar che procede ad una velocità media di 10 km/h su un terreno da compattare avente uno spessore di 100 mm, dopo 5 passate.

Utilizzando la tabella allegata si legge nella prima colonna, relativa al tipo di dispositivo, il n° di passate (5); nell’ambito delle velocità proposte per tale valore si cerca nella seconda colonna il valore che più s’avvicina al valore richiesto (9.5) per leggere infine, nella colonna corrispondente allo spessore richiesto (100 mm), la quantità producibile oraria (in questo caso 377 m3/h).

Tale valore risulta approssimato per difetto causa la differenza tra il valore tabellato della velocità e quello reale (- 5%). Arrotondando risulta quindi un valore ~395 m3/h.

Volendo applicare la formula precisa questa deve tener conto della larghezza esatta dello strato costipato dovuta ai 2 cilindri della macchina (2×0.978 mm = 1,956 m come dai dati segnalati dal produttore in Tab. 2.75). Si ha allora:

P = (1,956 m 10 km/h 100 mm)/5 = 391,2 m3/h

ossia un valore praticamente coincidente con quello determinato in termini speditivi.

2.11.9 – Qualità sedimentologica nella compattazione

Per compattazione s’intende l’attuazione di un processo d’addensamento fisico, o packing, del terreno risultante da un incremento di peso per unità di volume, essendo provato che la capacità portante di un terreno può incrementare con l’aumento della sua densità. I fattori principali governanti la compattazione sono:

–       la distribuzione granulometrica dei materiali costituenti il terreno;

–       il contenuto in acqua del medesimo (umidità);

–       lo sforzo di compattazione.

2.11.9.1 – Distribuzione granulometrica

La distribuzione granulometrica viene riferita (in % di peso) alle differenti misure delle particelle costituenti un campione del terreno. Un campione viene definito ben classato (well-graded) quando contiene, in termini equamente distribuiti, particelle rappresentative di tutte le granulometrie; viceversa viene definito poco classato (poorly-graded) un campione dove predomina una granulometria sola di particelle. In termini di compattazione un terreno ben classato risulta più facilmente compattabile di uno poco classato: nei terreni ben classati, infatti, le particelle più piccole tendono a riempire gli spazi tra le particelle più larghe lasciando pochi vuoti dopo la compattazione.

Fig. 2.69 – Classazione dei materiali.

2.11.9.2 – Contenuto d’acqua

L’umidità, o contenuto d’acqua presente in un suolo, è molto importante per la compattazione. L’acqua, infatti, lubrifica le particelle di terreno aiutandole a scivolare in posizioni più addensate. L’acqua governa inoltre i legami tra le particelle argillose conferendo ai materiali coesivi la loro capacità d’aggregamento.

Fig. 2.70 – Funzione densità-umidità (curva di Proctor).

L’esperienza ha mostrato che è veramente difficile, se non del tutto impossibile, ottenere un appropriato grado di compattazione su materiali troppo secchi o troppi umidi. Ulteriori studi hanno inoltre confermato che per tutti i terreni esiste un livello d’umidità, chiamato optimum del contenuto d’acqua, per il quale è possibile ottenere il massimo (maximum) di densità a seguito di un dato sforzo di compattazione. Il grafico in Fig. 2.70 mostra la relazione tra densità secca e contenuto d’acqua in un terreno. La funzione è chiamata curva di compattazione o d’umidità-densità o, anche, curva di Proctor.

2.11.9.3 – Sforzo di compattazione

Il termine è riferito al metodo impiegato da un sistema costipatore per trasmettere energia al terreno che subisce l’azione compattiva. Tali dispositivi sono progettati per utilizzare uno oppure una combinazione dei seguenti tipi di sforzo di compattazione:

–       peso statico (o pressione);

–       azione di rimpasto (o manipolazione);

–       azione d’impatto (o colpo netto);

–       vibrazione (o agitazione).

Fig. 2.71 – Scala dei tipi di terreno in funzione dei dispositivi di compattazione (da Caterpillar)

2.12 – Scarificatori (rippers)

rippers , o scarificatori, sono macchinari del movimento terra che vengono impiegati per la rottura di croste superficiali, manti bituminosi, massicciate, banchi di roccia degradata o stratificata di media consistenza oltre che per l’asportazione di radici e, in genere, per facilitare il compito delle ruspe e di altre macchine da scavo.

Si compongono di uno o più denti fissati a un telaio che, per effetto della loro particolare sagomatura, del peso applicato e della trazione esercitata dal mezzo di traino o portante, penetrano nel terreno a profondità variabile rompendone la coesione.

Ogni dente amovibile è protetto da una scarpa che può essere rigenerata o sostituita quando è eccessivamente consumata.

Gli scarificatori trainati (Fig. 2.72) sono montati su ruote metalliche e, a mezzo di un timone, sono agganciabili al trattore la cui unità remota ne comanda la manovra mediante cavo.

Fig. 2.72 – Ripper trainato e sue parti caratteristiche.

Gli scarificatori portati sono fissati sul retro del trattore con sistema a cerniera, oppure a parellelogramma regolabile (Fig. 2.73); quest’ultimo è il più perfezionato consentendo di variare l’angolo di penetrazione del dente tenendolo poi in posizione una volta effettuata la modifica.

Fig. 2.73 – Equipaggio ripper a parallelogramma regolabile.

Altri modelli sono quelli a spinta radiale (Fig. 2.74) e a parallelogramma fisso (Fig. 2.75).

Fig. 2.74 – Equipaggio ripper a spinta radiale.

Fig. 2.75 – Equipaggio ripper a parallelogramma fisso.

Gli scarificatori portati sono azionati idraulicamente coi vantaggi di una maggiore sicurezza e dolcezza di funzionamento, maggiore maneggevolezza ed inoltre i denti, sotto pressione, sono facilitati nella loro azione penetrante.

Tali dispositivi, soprattutto quando la durezza ed omogeneità della roccia ne consentono l’uso, sono più economici dell’esplosivo ( 30÷50%) ed inoltre la rimozione del materiale è più facile, spedita e sicura. La loro resa è funzione della coesione del terreno, della potenza del traino e delle caratteristiche dell’attrezzo; costituisce un elemento importante l’utilizzo di scarpe adeguate ed appuntite.

Stabilita comunque la natura del materiale da scarificare, per scegliere l’equipaggiamento più adatto è necessario conoscere la potenza del trattore, il suo peso e la pressione disponibile al dente per sapere se la profondità di rottura voluta può essere ottenuta e conservata.

Norme utili da seguire sono:

– evitare possibilmente di scarificare lungo curve strette e in salita;

– usare per l’avanzamento la 1a velocità: è preferibile, infatti, aumentare il numero dei denti qualora il terreno si mostri facilmente rippabile, piuttosto che la velocità;

– iniziare con un solo dente salvo aumentarne il numero; l’equipaggio a 3 denti va comunque usato solo lungo terreni particolarmente friabili;

– scarificare alla massima profondità possibile ma sopratutto per uno spessore uniforme al fine di facilitare il carico del materiale quando si impieghino ruspe;

– scarificare nella direzione più redditizia nei confronti di particolari stratificazioni della roccia e, possibilmente, nella direzione di carico delle ruspe;

– rocce troppo dure possono essere parzialmente smosse o fessurate con l’esplosivo prima di scarificarle; non decidere comunque in tal senso dall’esame dei primi passaggi dello scarificatore che sono sempre i più difficoltosi;

– si può ricorrere, per un maggior effetto, alla spinta ausiliaria di un secondo trattore sempre che lo scarificatore ne possa sopportare l’effetto;

– i cingoli del trattore in operazione contribuiscono a ridurre le dimensioni dei blocchi di roccia spostati dal dente; prove eseguite su strati di basalto hanno pure dimostrato l’efficacia di un rullo a punte vibranti seguito da un rullo tandem a cilindri vibranti per ridurre ulteriormente la pezzatura della roccia stratificata.

Tab. 2.76 – Modelli tipici Caterpillar e loro caratteristiche.

Nel preventivare la produzione di uno scarificatore si deve tener conto che lo strato interessato si disgrega per una larghezza eccedente 40÷100 cm a seconda del tipo di roccia, della distanza tra i denti estremi presentando valori massimi per le rocce stratificate.

Tab. 2.77 -Caratteristiche dei rippers portati.

2.12.1 – Valutazioni speditive della capacità produttiva

La produttività di un ripper, pur legata alle condizioni operative, al tipo di terreno ed alla capacità ed esperienza dell’operatore, viene solitamente valutata in termini orari relazionando il volume (bank o sciolto) smosso nell’unità di tempo.

Negli ultimi anni ha preso tuttavia piede tra i grandi produttori, seguiti poi dal resto del mercato, la scelta di affiancare ad ogni modello di ripper un grafico che ponga in relazione la velocità sismica di alcuni gruppi di rocce omogenee nei confronti della loro più o meno facile rippabilità (e conseguente produzione) da parte del dispositivo medesimo.

Nelle Figg. 2.76, 2,77, 2.78 sono mostrati alcuni diagrammi di facile comprensione relativi a modelli Caterpillar.

Fig. 2.76 – Rippabilità in funzione della velocità sismica delle rocce per il mod. D8R Caterpillar.

Fig. 2.77 – Rippabilità in funzione della velocità sismica delle rocce per il mod. D10R Caterpillar.

Fig. 2.78 – Produttività in condizioni ideali (A) e avverse (B) in funzione della velocità sismica delle rocce per i mod. D10R e D11R Caterpillar.

2.12.2 – Coltivatori e mescolatori

Vanno sotto questi nomi svariati tipi di erpici a punte e a dischi, gli aratri rotativi a palette elicoidali rotanti, le zappatrici etc., assimilabili agli scarificatori per l’azione primaria svolta che è quella di svellere e trattare un terreno per avviarlo a successive fasi di lavorazione nell’ambito del medesimo dispositivo.

Si tratta di macchine trainate da trattori gommati da 30÷60 Hp, utilizzate per sminuzzare strati di materiale sciolto ma contenente grossi grumi per renderne più agevole il costipamento e/o mescolarlo con uno stabilizzante (calce, cemento e simili). Si trovano in commercio nelle più svariate dimensioni e forme; i tipi più semplici e leggeri (Fig. 2.79) trovano impiego nella costruzione di spalle e banchine stradali.

Nei lavori importanti, quali ad esempio la stabilizzazione di strati di base e sottobase di tronchi stradali, si ricorre oggi a macchine complesse, generalmente semoventi e chiamate centrali mobili, che svolgono in successione varie operazioni, dalla frantumazione al mescolamento con lo stabilizzante, in grado, inoltre, di provvedere al costipamento dello strato trattato.

Fig. 2.79 – Macchine per la miscelazione. In basso 3 diversi schemi di dispositivo.

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